Se davvero, come ipotizzato da Gamow, l’Universo ebbe un inizio caldissimo, con lo spazio inondato di fotoni d’altissima energia, ne conseguiva che anche ai nostri giorni si dovrebbe poter rilevare qualche traccia di quella fase. Ovviamente, solo una pallida traccia, poiché c’è da attendersi che l’espansione dell’Universo inter-venuta da allora abbia avuto buon gioco nel “raffreddare” il torrido ambiente dei primordi. Gamow e Alpher*1calcolarono che si sarebbe dovuta misurare una
ra-diazione diffusa, proveniente da ogni punto della volta celeste, con una distribu-zione spettrale caratteristica di un corpo nero (si veda il box a pag. 136) alla tem-peratura di soli 5 gradi centigradi sopra lo zero assoluto (5 K = –268 °C). Questa era la previsione, che però non poteva essere verificata perché i due ritenevano (er-roneamente) che non esistessero a quel tempo gli strumenti idonei per farlo.
Restando in sospeso la verifica empirica, la previsione passò quasi inosservata, tanto è vero che pochi se ne ricordarono nel 1965, quando, del tutto casualmente, quell’emissione venne effettivamente scoperta: era la radiazione cosmica di fondo (nel seguito useremo la sigla CBR, acronimo dell’inglese Cosmic Background Ra-diation). Autori della scoperta furono Arno Penzias e Robert Wilson, ricercatori della Bell Telephone, che per questo si guadagnarono il Premio Nobel nel 1978.
I due lavoravano a una potente antenna radio, sita in Holmdel, nel New Jersey, che per forma e modalità di puntamento agiva come un cornetto acustico, con un’ampia superficie entro la quale segnali radio anche molto deboli potevano essere raccolti e convogliati al ricevitore, ospitato in una struttura fissa all’apice del corno.
L’antenna era mobile sia in azimut che in altezza, ed era stata costruita per miglio-rare i sistemi di comunicazione con i satelliti in orbita: in particolare, avrebbe do-vuto partecipare a un esperimento di trasmissione di dati (voce e immagini) dagli Stati Uniti all’Europa, con il satellite Telestar come ripetitore orbitale. Nelle onde radio, il corno di Holmdel era tra gli strumenti più sensibili di quegli anni, ma non era mai stato utilizzato a scopi radioastronomici.
Per tutto il 1964, Penzias e Wilson avevano lavorato alla misura della sensibilità della loro antenna, che cercarono di incrementare dotando il ricevitore di uno speciale dispositivo maser, raffreddato a pochi gradi sopra lo zero assoluto. Lo scopo era di ridurre il più possibile l’entità dei disturbi elettronici interni, del “rumore”, come si dice in gergo, al fine di elevare il rapporto segnale/rumore e garantire la buona qualità delle immagini televisive trasmesse. Tuttavia, per quanti sforzi i due facessero, c’era un fastidioso rumore di fondo che pareva resistere a ogni tentativo di eliminazione.
Dopo aver ispezionato ogni parte dell’antenna, assicurandosi che l’origine non fosse interna, e dopo aver escluso ogni possibile interferenza esterna terrestre, si convinsero che la sorgente non poteva che essere il cielo: quel debole segnale, tuttavia, non pro-veniva da alcun oggetto celeste localizzato, essendo presente qualunque fosse la re-gione che l’antenna puntava, di giorno, di notte, in ogni stare-gione. La situazione era decisamente imbarazzante: Penzias e Wilson ne fecero solo un cenno fugace all’in-terno di un corposo articolo in cui davano conto del loro lavoro. Era il classico na-scondere la polvere sotto il tappeto. E infatti la polvere era sempre lì, con quel sibilo fioco, insopportabilmente insistente, che toglieva il sonno ai nostri.
Curiosamente, in quegli stessi mesi c’erano due gruppi che, operando all’insa-puta l’uno dell’altro, ed entrambi all’insaall’insa-puta di ciò che angustiava i due futuri Premi Nobel, si stavano chiedendo se non fosse possibile organizzare una campa-gna per verificare la correttezza dell’ormai datata previsione di Gamow e Alpher.
Nell’Unione Sovietica, A.G. Doroshkevich e I. Novikov si erano imbattuti nel vecchio articolo del 1948 e, atteso che il picco dell’emissione della CBR doveva cadere nel dominio delle microonde, avevano indicato proprio l’antenna di Holmdel come lo strumento più consono per tentarne la rivelazione.
Negli Stati Uniti, a Princeton, distante solo una cinquantina di chilometri da Holmdel, Robert Dicke già nel 1946 aveva sviluppato un particolare radiometro sensibile alle microonde e ora stava progettando di realizzarne un altro, più mo-derno ed efficiente, nella convinzione di poter rilevare in quella banda spettrale
l’eventuale presenza di una radiazione cosmica diffusa su tutta la volta celeste. A dire il vero, le motivazioni di Dicke derivavano da tutt’altre premesse: egli non era al corrente della previsione di Gamow e si aspettava semmai di trovare radiazione a una temperatura dell’ordine di una quarantina di gradi sopra lo zero assoluto.
Quanto a Gamow e Alpher, essi non sospettavano minimamente che qualcuno stesse operando per sottoporre a verifica il loro vecchio lavoro. La comunicazione tra scienziati a quei tempi lasciava non poco a desiderare.
Per puro accidente, Penzias confidò il problema del sibilo misterioso al collega Bernard Burke, parlandone in via confidenziale nel viaggio di ritorno da una con-ferenza a cui entrambi avevano partecipato verso la fine del 1964, esprimendo al-tresì la convinzione che il segnale fosse reale e d’origine celeste, non un rumore strumentale. Se non aveva pubblicato nulla al riguardo, pur essendo convinto del-l’importanza del suo significato, era perché temeva di finire impallinato dalle cri-tiche dei colleghi. Burke, che aveva avuto notizia di ciò che si stava preparando a Princeton, scrisse subito a Dicke per invitarlo a mettersi in contatto con i due ri-cercatori di Holmdel. Dicke non aspettava altro. Così, pochi mesi dopo, verso la metà del 1965, a seguito della pubblicazione in contemporanea di due articoli sul The Astrophysical Journal Letters, l’uno a firma di Dicke e colleghi, più di stampo
Arno Penzias e Robert Wilson davanti all’antenna di Holmdel con la quale scoprirono, nel 1965, la radiazione di fondo nelle microonde.
teorico, tendente a inquadrare la portata scientifica della scoperta, l’altro, di ca-rattere eminentemente empirico, a firma di Penzias e Wilson, la comunità astro-nomica e l’opinione pubblica mondiale vennero informate che era stata scoperta quella che fu presentata come l’“eco”
del Big Bang, l’oceano di fotoni dentro i quali aveva preso forma il nostro Uni-verso.
Nei mesi successivi, altre antenne ri-levarono la CBR a lunghezze d’onda di-verse da quelle su cui era sintonizzato il corno di Holmdel, con l’intento di trac-ciare la curva completa della distribu-zione dell’energia, onde verificare se si trattasse proprio di uno spettro di corpo nero alla temperatura di soli pochi gradi sopra lo zero assoluto, come predetto da Gamow e Alpher. Le misure di Penzias e Wilson suggerivano un valore intorno a 3 K e le altre lo convalidarono. Il picco dell’emissione si verificava alle lun-ghezze d’onda millimetriche.
In anni più recenti, diversi esperimenti condotti con strumentazione in volo su palloni sonda, e soprattutto le due fondamentali missioni spaziali COBE (Cosmic Background Explorer, 1992) e WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe, 2001) della NASA, espressamente dedicate a misure sulla CBR, hanno rilevato che la distribuzione d’energia è esattamente quella di un corpo nero e che la temperatura è di 2,725 K, confermando altresì la sua straordinaria isotropia: da un punto al-l’altro della volta celeste le differenze di temperatura non vanno oltre qualche parte su centomila!
La conferma che l’alba dell’Universo fu calda, anzi torrida, calò la pietra tom-bale sopra la Teoria dello Stato Stazionario, pure se il modello non fu estromesso dal dibattito cosmologico subito e del tutto, anche grazie all’autorevolezza e alle indubbie capacità dialettiche dei suoi sostenitori. Il Principio Cosmologico Perfetto aveva subito un durissimo colpo, ma Hoyle e compagni organizzarono un’orgo-gliosa e caparbia difesa imboccando altre strade. Una di queste fu l’annosa disputa sul significato da attribuire al redshift dei quasar, una classe molto particolare di galassie dal nucleo attivo: per i sostenitori del Big Bang non v’è dubbio che il red-shift sia di natura cosmologica, espressione dell’espansione del Cosmo, e indicativo della distanza di quelle sorgenti; sarebbe invece un semplice effetto Doppler per gli altri, indicativo di moti spaziali ad altissima velocità, da mettere in relazione con i processi energetici esplosivi che vanno creando sempre nuova materia. Ormai è chiaro che la disputa è da considerarsi chiusa, e perduta dai fautori dello Stato Stazionario, ma ci sono voluti più di trent’anni per smantellare le argomentazioni di quel manipolo di teorici geniali. Quella del Principio Cosmologico Perfetto è stata una lenta, inarrestabile agonia, iniziata proprio con la formidabile scoperta dell’antenna a corno di Holmdel.
Misure in diverse bande della radiazione co-smica di fondo effettuate nei primi anni Settanta.
Le misure si accordano bene con uno spettro di corpo nero alla temperatura di 2,7 K (curva continua).