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L’unificazione delle forze

Ritorniamo ora alle forze di natura e al problema della loro unificazione. Per inco-minciare: è possibile stabilire una scala di intensità tra le quattro interazioni fon-damentali? Qual è la più forte e quale la più debole? Verrebbe subito da dire che la gravità è la più debole di tutte, e avremmo ragione, ma giustificare tale afferma-zione non è così immediato.

Prendiamo in considerazione le due interazioni a noi più familiari, la gravita-zionale e l’elettromagnetica, e ragioniamo su quelle, cercando di stabilire una gerarchia di valori. Ci verrebbe naturale confrontare direttamente le due forze, comparando l’espressione della legge di gravitazione universale di Newton (FG= Gm1m2/r2) con la legge di Coulomb che descrive la forza elettrostatica agente tra due cariche elettriche (FE= kq1q2/r2). Poiché entrambe le forze variano come l’inverso del quadrato della distanza, il confronto si riduce a quello fra il

ter-mine Gm1m2 e il termine kq1q2. E a questo punto ci chiediamo se tutto ciò abbia un senso, poiché l’intensità delle due forze dipende dalla scelta, del tutto arbitraria, delle masse e delle cariche campione. Se prendessimo masse elevate e piccole ca-riche elettca-riche, l’attrazione gravitazionale sarebbe maggiore di quella elettrostatica, ma naturalmente vale anche l’inverso. Come uscirne, allora? Una scelta ragionevole è quella di assumere la carica elettrica e la “carica gravitazionale”, ossia la massa, portate dalla stessa particella, che potrebbe essere il protone: in questo caso, sosti-tuendo i valori, si ottiene che la forza elettrica supera di ben 1036volte quella gra-vitazionale. Ma è questo il genuino rapporto d’intensità tra le due? È perlomeno discutibile. Se avessimo scelto come particella-campione l’elettrone, invece del protone, il rapporto sarebbe salito di un milione di volte, addirittura a 1042. In-somma, che l’interazione elettromagnetica sia più forte di quella gravitazionale sembra indubitabile, ma in che misura lo sia realmente è difficile da stabilire in modo univoco e oggettivo.

Per superare l’impasse, si suole ridefinire le due espressioni delle forze più sopra riportate combinandole adeguatamente con altre costanti fisiche al fine di renderle adimensionali: quindi, in un certo senso, per conferire loro valori più “oggettivi”, oltretutto sottraendoli anche all’arbitrarietà della scelta delle unità di misura. Per esempio, per la forza gravitazionale l’espressione Gm1m2, depurata dal termine della distanza, diventa adimensionale se la si divide per la costante di Planck e per la velocità della luce. Procedendo in modo analogo anche per le altre forze, alla fine si ottengono quelle che vengono definite le costanti d’accoppiamento delle ri-spettive interazioni: indicata con la lettera α, la costante d’accoppiamento è un ter-mine che si può assumere come rappresentativo dell’intensità intrinseca dell’interazione e di cui ora i fisici possono avvalersi per fissare la gerarchia delle forze.

In tal modo, risulta che la costante d’accoppiamento dell’interazione elettroma-gnetica (αE), la cui espressione analitica contiene solo costanti fisiche fondamentali,

Teoria del Tutto

1019 GeV T = 1032 K; t = 10_44S

T = 1028 K; t = 10_36S

T = 1015 K; t = 10_10S

GUT

unificazione elettrodebole 1015 GeV

102- 103 GeV

elettromagnetismo interazione debole

interazione forte

gravitazione

Lo schema mostra a quali energie di scambio, a quali temperature e a quali tempi, a partire dal Big Bang, si pensa si realizzino le unificazioni delle forze di Natura.

ha un valore numerico fisso*5, pari a 1/137 = 0,0073, coincidente con quello della costante di struttura fine, una costante adimensionale che gioca un ruolo importante nell’elettromagnetismo e nella fisica teorica. Invece, la αD, costante d’accoppia-mento dell’interazione debole, contiene anche un termine di massa che la rende una falsa costante, nel senso che il suo valore cambia a seconda della massa delle particelle coinvolte nell’interazione. In generale, alle basse temperature (basse ener-gie di scambio, basse masse equivalenti) la αD è minore della αE, ossia l’interazione debole è meno intensa di quella elettromagnetica. Visto però che la αDva crescendo con la massa, a una certa temperatura (e relativa energia di scambio, nonché massa equivalente) essa giungerà a uguagliare la αE: ciò avviene attorno a 102-103GeV.

A questi valori dell’energia di scambio, corrispondenti a una temperatura di 1014 -1015K, le due interazioni hanno praticamente la stessa intensità e, poiché hanno pure una descrizione matematica comune all’interno della teoria quantistica dei campi, ecco realizzata l’unificazione: al di sopra di questa energia, le due interazioni sono praticamente la stessa cosa – si parla infatti di interazione elettrodebole, che viene mediata indifferentemente sia dai fotoni, sia dai tre bosoni W+, We Z0.

Per l’interazione forte, la costante d’accoppiamento αFè parecchio più com-plessa da definire. Il suo valore dipende da quanti sono i diversi “sapori” dei quark (oggi si pensa siano sei, v. tabella a pag. 144) e comunque non è possibile dare un’espressione analitica che la rappresenti per bassi valori della massa di scambio.

Qui ci basti dire che, contrariamente alla αD, il suo valore va calando all’aumentare delle energie coinvolte. Alle basse energie l’interazione forte è di gran lunga più intensa delle altre, ma al crescere dell’energia il divario si riduce, fino ad annullarsi attorno a 1015GeV, che viene perciò considerata dai fisici l’energia alla quale l’in-terazione forte si unifica con l’elettrodebole, di modo che una sola forza governe-rebbe unitariamente i processi forti, deboli ed elettromagnetici, mediata indifferentemente dai fotoni, dai bosoni W±e Z0e dai gluoni. Si realizza in tal modo la Grande Unificazione (GUT). L’energia a cui ciò si verifica è assolutamente al di fuori delle nostre possibilità sperimentali attuali, e forse anche future: al CERN di Ginevra, sede del più potente acceleratore al mondo, ci si ferma a energie che sono migliaia di miliardi di volte inferiori.

Il valore estremamente elevato della costante d’accoppiamento dell’interazione forte alle basse energie spiega la proprietà di confinamento dei quark: sono così fortemente legati fra loro da non poter essere osservati singolarmente.

L’ultimo passo da compiere è il più astruso e speculativo. Si tratta di accorpare alle tre interazioni già unificate anche la quarta, la gravità, un’impresa che sembra disperata perché non sappiamo se anche la gravità ha una natura quantistica e se esiste la particella mediatrice di quella forza (il gravitone). I fisici teorici non sono riusciti finora a scalare o ad abbattere questo muro, che li separa dalla Teoria del Tutto. In ogni caso, se unificazione generale ci dev’essere, si pensa che potrebbe verificarsi a un’energia tra mille e diecimila volte ancora più elevata della GUT, forse a quella che viene detta energia di Planck (EP), una grandezza definita in ter-mini di costanti fisiche universali: EP= c2· (ch/G)1/2≈ 1028eV = 1019GeV.