Benché fisici e cosmologi brancolino nel buio per ciò che riguarda il meccanismo scatenante, l’idea dell’inflazione s’è via via affermata negli ultimi decenni per il fatto che fornisce risposte relativamente semplici e naturali ad alcuni dei principali problemi, apparentemente insolubili, che trent’anni fa mettevano in crisi il modello classico del Big Bang.
Uno di questi è noto come problema dell’orizzonte. Se puntiamo il telescopio in parti opposte del cielo e facciamo un’osservazione profonda, inquadrando oggetti lontani molti miliardi di anni luce, possiamo essere certi che tali oggetti non hanno mai avuto modo di scambiarsi informazioni, ossia di entrare in contatto causale l’uno con l’altro. Se ci spingiamo fino alla sorgente più lontana in assoluto che ci è dato osservare, che è la superficie dell’ultimo scattering, i cosmologi ci assicurano che due punti A e B di tale superficie che in cielo siano separati più di un paio di gradi in precedenza non erano mai entrati l’uno nell’orizzonte osservativo dell’al-tro, perché a quella distanza angolare corrisponde una distanza lineare maggiore dello spazio che la luce avrebbe potuto percorrere dall’inizio dei tempi fino all’era in cui osserviamo i due punti, che è l’era della ricombinazione. Dunque, A e B non possono sapere niente l’uno dell’altro, né hanno mai potuto stabilire un contatto fisico fra loro: eppure, le misure di due recenti missioni spaziali, la COBE e la WMAP, ci dicono che hanno la stessa temperatura, a meno di una parte su cento-mila. E così tutti i punti della superficie dell’ultimo scattering, separati da distanze angolari ancora maggiori.
Tutto ciò pare semplicemente assurdo. Come possono essersi accordate con tale perfetta sintonia le varie parti della superficie senza mai aver avuto la possibilità di “parlarsi”, di mettersi in equilibrio attraverso urti termalizzanti? Questo è il succo del problema dell’orizzonte. Se una bella mattina mille impiegati di Milano, altret-tanti di New York, di Londra e di Shanghai, persone che mai hanno avuto occasione di conoscersi e di parlarsi, che non leggono gli stessi giornali e non vedono gli stessi programmi TV, entrassero nei loro uffici sfoggiando la stessa cravatta gialla a pois verdi su una camicia amaranto infilata in pantaloni arancione, forse che non ci sarebbe da restare esterrefatti (per la coincidenza, s’intende, più che per la mise orripilante)?
L’inflazione può dare una spiegazione molto naturale alla condizione di generale uniformità termica della superficie dell’ultimo scattering: i suoi punti hanno la stessa temperatura perché avevano già raggiunto una situazione d’equilibrio prima che avvenisse la super-espansione, quando erano tutti molto più vicini fra loro, in contatto causale, ciascuno all’interno dell’orizzonte osservativo di ciascun altro.
Fu l’espansione esponenziale dell’inflazione a dilatare a dismisura quelle minuscole
regioni omogenee e termalizzate. L’apparente paradosso dell’omogeneità nasce dal fatto che la super-espansione ha dilatato così fortemente il fattore di scala che le attuali distanze tra due punti, un tempo in contatto, sono divenute più estese degli orizzonti causali.
Altro grave problema che affliggeva la teoria standard del Big Bang era quello noto come problema della piattezza. Si tratta di questo. Nel capitolo 6 abbiamo in-trodotto il concetto di densità critica e il parametro di densità Ω0, che è pari a 1 se la densità dell’Universo è proprio quella critica. A priori, la densità attuale del Cosmo potrebbe essere anche molto diversa dal valore critico, per esempio mille volte maggiore o minore. Invece, le osservazioni degli anni Settanta e Ottanta for-nivano stime per Ω0che poco si discostavano dall’unità.
Ebbene, in tutti i modelli FRW risulta che il valore del parametro di densità va sempre più divergendo da 1 con il trascorrere del tempo cosmico: se nel lontano passato era maggiore di 1, oggi deve esserlo ancora di più; se era minore di 1, oggi deve esserlo in misura ancora maggiore. Ω = 1 è una sorta di situazione d’equilibrio instabile, come quando sulla sommità aguzza di una collinetta viene posata una sfera: se all’inizio l’equilibrio è perfetto, la sfera se ne rimarrà lassù per sempre, se non lo è, rotolerà verso il basso, indifferentemente da un versante o dall’altro, allontanandosi sempre più dalla vetta. Analogamente, il parametro di densità o vale 1, e così sarà per sempre, oppure si discosta sempre più da 1 con l’andare del tempo.
Se oggi è solo poco diverso da 1, per esempio se fosse Ω0= 0,8, all’era della ri-combinazione doveva essere molto più vicino all’unità – precisamente Ω = 0,9998 – e in tempi precedenti lo scostamento da 1 sarebbe stato ancora minore, interes-sando semmai la decima, la ventesima o la trentesima cifra decimale, a seconda dell’epoca cosmica a cui ci si riferisce. Analogamente, se oggi fosse Ω0= 1,2, al-l’era della ricombinazione doveva essere Ω = 1,0002 e sarebbe stato ancora più vi-cino a 1 in epoche precedenti. In definitiva, il fatto che stimiamo (con tutte le incertezze del caso) la densità attuale poco diversa da quella critica implica che, verosimilmente, l’Universo nacque proprio con la densità critica. Se così fosse, anche nell’Universo attuale si dovrebbe misurare esattamente Ω0 = 1.
C’è una ragione per cui l’Universo dovrebbe essere nato con la densità critica?
Per quanti sforzi facessero, i cosmologi non sapevano dare una spiegazione a questa singolare circostanza. Certo è che se la densità all’origine fosse stata molto mag-giore di quella critica, il destino dell’Universo sarebbe stato di collassare su se stesso in un tempo breve, e noi non saremmo qui a parlarne; ugualmente, la nostra esistenza sarebbe stata impossibile se la densità iniziale fosse stata molto minore di quella critica, perché allora l’espansione avrebbe impedito alla materia di ag-gregarsi in galassie, stelle e pianeti. Per i fautori del Principio Antropico forte, l’idea filosofica secondo la quale ci sarebbe un fine nell’Universo, riconducibile alla comparsa dell’uomo sulla Terra, quello della densità iniziale è uno degli argo-menti più persuasivi: il Cosmo è nato proprio con quella densità perché solo in tal modo, a un certo punto della sua storia evolutiva, dalla materia è potuta scaturire la vita intelligente. Per i fisici, che all’inizio dovesse essere proprio Ω = 1 era una di quelle strane, curiose coincidenze a cui in genere si guarda con sospetto. Quando però fu proposta l’inflazione, la spiegazione apparve subito naturale.
Consideriamo la nostra esperienza quotidiana. Noi ci muoviamo sulla superficie di un pianeta sferico, con un raggio di curvatura di circa 6400 km, ma la sensazione che abbiamo è di stare su una superficie piatta. Quando, seduti sulla spiaggia, guar-diamo il lontano orizzonte, la linea che si presenta ai nostri occhi è un segmento
rettilineo. Si dice che dovremmo accorgerci della curvatura della superficie del mare osservando un lontano veliero che, scomparendo all’orizzonte, dapprima s’af-fossa con lo scafo e solo in seguito con l’albero e le vele più alte; in realtà, senza ausili ottici è abbastanza difficile fare quest’esperienza nel concreto. E, d’altra parte, il prato attorno alla casa è pianeggiante; l’autostrada è un nastro d’asfalto che corre in piano per chilometri e chilometri; nel deserto, la distesa di sabbia sem-bra estendersi all’infinito senza alcuna curvatura, proprio come l’acqua del mare.
Tutto lo spazio che ci circonda ci appare piatto, come se la superficie terrestre fosse una sconfinata area piana. Sappiamo bene che è sferica, ma il raggio di curvatura è così grande, se rapportato alle distanze con cui ci misuriamo nella vita di tutti i giorni, che non avvertiamo alcun accenno di convessità. Sarebbe ben diverso se la Terra fosse mille volte più piccola, una sfera di 6-7 km di raggio: in tal caso, l’oriz-zonte si paleserebbe curvo e ci convincerebbe subito della forma sferica del pia-neta.
Tutto questo per dire che se qualche meccanismo operante su un oggetto sferico lo potesse dilatare di colpo di un fattore mille, oppure un milione, diventerebbe arduo rendersi conto della curvatura della sua superficie. Nell’Universo dei pri-mordi l’inflazione dilata la struttura spaziotemporale non di un milione (106) di volte, ma addirittura di un fattore 1045-1050: qualunque fosse la curvatura prima
L’espansione di una sfera rende la sua superficie via via sempre più piatta. La super-espansione cau-sata dall’inflazione ha imposto all’Universo una geometria piana, il che comporta, per la Relatività Generale, che la densità sia pari a quella critica. (adattato da un articolo divulgativo di A. Guth)
dello scatenarsi della super-espansione, alla fine lo spaziotempo risulta essere piatto.
Uno spazio piano, euclideo, comporta che alla fine del periodo inflattivo la den-sità d’energia dell’Universo sia praticamente quella critica: “praticamente” significa che non è necessariamente pari al valore critico, ma che semmai se ne discosta di un soffio.
Da notare che tutti i diversi modelli d’inflazione fin qui proposti contemplano che la densità e la temperatura dell’Universo alla fine di quella fase abbiano gli stessi valori che c’erano all’inizio. Con una differenza, però. La densità permane costante per tutta la fase dell’inflazione e alla fine si ritrova ad essere quella critica per l’Uni-verso emerso dalla super-espansione. Invece, la temperatura non resta costante. Men-tre lo spazio cresce poderosamente, essa cala di molto e si pensa che l’Universo si doti di una forma di energia del vuoto che è quella indicata per conferire allo spazio una geometria piana; solo alla fine dell’inflazione parte di quell’energia viene libe-rata sotto forma di radiazione e di particelle, che si troveranno in perfetto equilibrio a valori di temperatura ritornati quelli del periodo pre-inflazione.
La super-espansione fa piazza pulita di tutto quanto esisteva prima dell’infla-zione. Le eventuali particelle preesistenti si diluiscono ancor più dei monopoli, che erano la componente materiale predominante, riducendo la loro densità a valori as-solutamente trascurabili. Di fatto, è come se svanissero nel nulla. Tutto quanto com-pone l’Universo che conosciamo nasce dunque a seguito dell’inflazione, da quella frazione dell’energia del vuoto che viene convertita in particelle e radiazione.
Se l’espansione fosse sempre proceduta ai tassi di crescita attuali (linea spessa), estrapoleremmo per l’Universo primordiale un fattore di scala 1045-1050volte maggiore di quello che fu veramente.
Bisogna invece ipotizzare un evento come l’inflazione (linea sottile), che in una frazione infinitesi-male di secondo espanse poderosamente il Cosmo, per dare una spiegazione accettabile al pro-blema dell’orizzonte e al propro-blema della piattezza.
il fattore di scala cresce esponenzialmente
10–40 10–60 10–40 10–20 1020 1040
1
10–30 10–20 10–10 1010
tempo (s)
fattore di scala R
ora 10
espansione attuale
×10
fase dell’inflazione