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Scopo di questo capitolo è quello di descrivere e analizzare il momento dell’arrivo in Italia e l’ambiente, il contesto sociale in cui si trova immerso il neo-migrante. Per la maggioranza dei migranti quello dell’arrivo è un periodo particolarmente critico, durante il quale le difficoltà di ordine personale sono interconnesse con quelle di ordine oggettivo, quelle cioè legate alle modalità di governo dell’immigrazione.

“I primi 3 giorni non ho mangiato niente, ho solo bevuto whisky. Pensavo sempre allo Sri Lanka, a moglie e figlio”. Le parole di Rohan, a qualche mese di distanza dal suo arrivo in Italia ben illustrano il senso di solitudine, talvolta di disperazione, che si accompagna al distacco dai propri familiari, dai propri affetti. La migrazione è un momento di rottura all’interno della vita del migrante, un cambiamento radicale. I momenti di entusiasmo per una migrazione conquistata a fatica e che è pensata come via d’accesso ad un futuro migliore, si alternano ai momenti di ansia e di depressione. La migrazione è prima di tutto un investimento, nelle quali le perdite (da recuperare) precedono i guadagni. La migrazione, questo percorso per guadagnare, paradossalmente inizia in perdita e questo fatto trasforma la prima parte del tragitto in uno sforzo teso solamente a trovare il denaro necessario per coprire le spese della migrazione e ripagare i debiti. L’arrivo è il momento negativo del guadagno. Bisogna percorrere una parte di tragitto per raggiungere il punto zero, quello dove lo scopo della migrazione ha inizio. Questa situazione crea ansia che può diventare depressione quando le difficoltà si devono affrontare, oltretutto, senza le persone più care, nella solitudine.

La ricerca etnografica rende possibile la creazioni di relazioni interpersonali che vanno al di là del semplice rapporto strumentale finalizzato alla ricerca. Quando le relazioni (d’amicizia) sono durature ciò rende possibile cogliere le pratica, (e la vita degli attori sociali), nel suo svolgersi, al di là della fotografia del momento. Il privilegio delle relazioni per la ricerca è quello di offrire una profondità e una continuità di analisi nel tempo. Durante il periodo di ricerca, Malindu, è passato da essere uno dei tanti aspiranti emigranti di Wennapuwa, ad un immigrato srilankese in Italia, a Roma.

Quando lascio lo Sri Lanka, nel dicembre del 2008, Malindu è in attesa di una risposta che inciderà sul suo futuro. Qualcuno dei suoi amici in Italia ha fatto richiesta per lui, per farlo arrivare attraverso un visto di lavoro. Le sue speranze sono deboli. Per cinque anni ha tentato di raggiungere l’Italia senza riuscirci, da quando ha deciso di lasciare la scuola per tentare la migrazione. Non sa quello che sta capitando in Italia alla sua richiesta, non sa se verrà rifiutata ancora una volta o sarà finalmente accettata. È in attesa, ma dice che sarà uno degli ultimi tentativi e che poi inizierà a pensare ad altre soluzioni per il suo futuro. Attraverso internet mantengo i contatti con Malindu. A inizio 2009 inizia un corso a Colombo per ottenere i requisiti necessari per lavorare su grandi imbarcazioni, un corso per diventare

seaman, che sostiene possa essere una carriera professionale con delle prospettiva di ascesa. A

luglio 2009 ricevo una telefonata da Malindu, il corso non serve più: Malindu ha ottenuto il visto ed è arrivato a Roma. Per arrivare in Italia ha dovuto pagare 9.000 euro, soldi presi in prestito in Sri Lanka e che dovrà quindi restituire. Appena arrivato in Italia per sostenere le spese e iniziare a ripagare il debito, ha preso in prestito altri 1.000 euro, al 5% di interessi mensili, (50 euro al mese). Malindu è arrivato in Italia un venerdì, e il giorno successivo ha iniziato a lavorare. Grazie alla mediazione del suo contatto in Italia ha trovato subito lavoro come domestico in casa di una signora italiana che parla inglese. Malindu così non ha avuto nemmeno il problema di imparare un po’ di italiano per trovare lavoro. Mi dice che il periodo sarà intenso e faticoso, dovrà lavorare il più possibile per recuperare i debiti. Abita nella casa dove lavora e quindi la situazione dal punto di vista economico è ideale perché non deve pagare l’affitto anche se, dall’altro lato, dice di avere poche occasioni per il divertimento e per incontrare gli amici. (Note di campo, Sri Lanka-Italia, 11.08-07.09)

La situazione di Malindu è piuttosto fortunata. Non tutti, trovano immediatamente lavoro. La fatica del lavoro e la solitudine nel lavoro sono meno pesanti del tempo vuoto dell’inattività, dominato da ansie e depressione. Il lavoro, riempie il tempo dandogli senso e dando senso al progetto migratorio. Le contraddizioni della gestione istituzionale della migrazione, da un lato chiudendo le porte e dall’altro concedendo il potere di gestione della migrazione alle relazioni interpersonali, si traducono nelle incertezze dell’arrivo e nell’assenza del lavoro al momento dell’arrivo. Rohan, sperimenta nei mesi dell’arrivo, (che la ricerca partecipante e la coabitazione mi hanno dato la possibilità di condividere), il peso del tempo, il tempo vuoto e pesante del non-lavoro, tempo in cui le difficoltà oggettive della migrazione provocano problematiche personali (ansie, depressione, senso di solitudine) e interpersonali (litigi, richiesta di aiuto, diffidenza). La gestione istituzionale della migrazione produce situazioni, come quella di Rohan, nelle quali il migrante è costretto a far affidamento sugli altri, sui legami che già possiede prima di arrivare in Italia. La situazione in cui si trova è quella dell’aiuto necessario. Le strategie che i migranti mettono in atto all’interno di un contesto istituzionale come quello italiano con le sue specifiche modalità di governo delle migrazioni e dell’immigrazione producono la concentrazione nel medesimo luogo, nelle stesse città, di migranti della stessa nazionalità. Si forma uno spazio sociale specifico all’interno del quale pratiche e dinamiche relazionali possiedono delle logiche e delle ragioni

sociali specifiche. Questo spazio attraversa i confini in quanto al suo interno trovano spiegazione rappresentazioni, pratiche e dinamiche relazionali che riguardano sia migranti nelle aree di destinazione, sia non migranti in quelle di origine e le loro relazioni a molteplici livelli. Diversi studiosi delle migrazioni per questo motivo hanno parlato di spazi (o campi) sociali transnazionali all’interno dei quali prendono forma le differenti vite migranti e i differenti percorsi migratori (cfr. Glick Schiller, 2003; Levitt, 2001, Riccio, 2007 e Vertovec, 2001). In linea con questo quadro teorico, Guarnizo (1997), (riprendendo le analisi di Bourdieu), ha proposto inoltre il concetto di habitus transazionale. Questo è costituito da disposizioni (consce e inconsce) attraverso le quali gli attori sociali leggono la realtà sociale della migrazione, si relazionano alle differenti situazioni in cui si trovano e agiscono all’interno degli spazi sociali transnazionali, in linea con le posizioni sociali che occupano.

In questo capitolo l’attenzione è rivolta principalmente ai migranti in Italia, alle loro pratiche e dinamiche relazionali. È comunque importante per comprendere ciò che avviene in Italia e all’interno della spazio sociale specifico della migrazione non dimenticare le caratteristiche della società di origine all’interno della quale i migranti si formano (attraverso processi di socializzazione) una visione e una rappresentazione della migrazione.