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L’importanza dei legami personali all’interno del mondo del lavoro

I destini economici dei migranti dipendono in maniera determinante dal contesto socio- economico nel quale sono immersi e dalle possibilità che la società di destinazione offre loro, ma dipendono anche dal contesto sociale dei connazionali. Detto in altri termini i legami contano e attraverso i legami è possibile fronteggiare (in parte) le difficoltà del contesto socio- economico. I legami personali, che come sostiene Bourdieu necessitano di una cura regolare e sistematica (cfr. Paola Di Nicola, 2007a), forniscono importanti risorse per affrontare le difficoltà del mondo del lavoro in Italia. È attraverso i contatti personali che una componente straniera può inserirsi all’interno di un settore particolare del mercato del lavoro ed è sempre attraverso i legami che questa componente può radicarsi all’interno di un settore specifico. Il caso degli srilankesi, soprattutto della parte femminile di questa componente straniera, è esemplare per il lavoro domestico. Tendenzialmente i migranti srilankesi sono favoriti rispetto a migranti di altre nazionalità per il fatto di poter contare su numerosi contatti con persone che già lavorano all’interno del settore specifico e che possono quindi trovare lavoro per propri parenti, amici o conoscenti. Questa specializzazione nell’abito domestico è favorita dalla reputazione positiva che gli srilankesi si sono costruiti nel tempo nei confronti della popolazione autoctona.

I legami risultano quindi decisivi per trovare lavoro (1). Ma non solo. Attraverso i legami gli srilankesi possono farsi sostituire al lavoro per determinati periodi di tempo nei quali magari devono tornare in Sri Lanka (2). Attraverso i contatti possono risolvere il problema del contratto di lavoro che all’interno dell’economia informale non sempre è facile “strappare” al datore di lavoro ma che risulta indispensabile per il rinnovo del permesso di soggiorno (3). Essi inoltre possono trovare lavoro sotto propri connazionali che hanno aperto attività indipendenti e ricercano forza lavoro, allargando per tutti i connazionali le opzioni di lavoro

casi c’è anche spazio per possibili conflittualità, per problematiche che possono rompere le relazioni e far crescere il senso di diffidenza generalizzato verso i connazionali. Come spesso capita, quando problemi di grande rilevanza, come quelli legati al lavoro, vengono lasciati completamente alla gestione diretta dei rapporti interpersonali e senza la mediazione delle istituzioni, le possibilità di conflitto sono costantemente presenti.

1. Trovare lavoro attraverso i legami

È molto difficile che un migrante srilankese dichiari di non aver mai trovato lavoro attraverso la mediazione di un proprio connazionale: attraverso il passa parola su un posto di lavoro disponibile o attraverso la presentazione e promozione fatta da un connazionale direttamente ad un datore di lavoro. Soprattutto nel caso di un migrante irregolare questa modalità risulta l’unico accesso possibile al lavoro e tende a ripetersi più volte per tutto il periodo contraddistinto dall’irregolarità. Ma questo sistema risulta quello prevalente anche all’interno di percorsi migratori in regola. Sono numerosi i migranti che più volte durante la loro migrazione hanno fatto ricorso ai legami con connazionali per la ricerca del lavoro.

Spesso sono proprio gli stessi settori dell’economia nei quali è forte la presenza migrante e in particolare quella srilankese, a funzionare prevalentemente se non esclusivamente attraverso la logica dei legami interpersonali. Sia la ricerca del lavoro, sia il reclutamento tendono a basarsi sui legami interpersonali piuttosto che su altri canali (colpisce la mancanza delle agenzie pubbliche di collocamento tra i modi che i migranti utilizzano per trovare lavoro); i criteri di selezione dei lavoratori risultano principalmente la raccomandazione e la fiducia.

I migranti srilankesi trovano spesso lavoro grazie al flusso di informazioni che circolano all’interno e tra le reti migranti (srilankesi). Tendenzialmente all’interno del contesto della concentrazione, le informazioni circolano attraverso i legami forti – quelli tra persone legate da rapporti di parentela e amicizia basati sulla fiducia e che prevedono una comunicazione frequente e in diversi settori dell’esistenza sociale – in interazione con quelli deboli – o di semplice conoscenza – che risultano quindi di notevole importanza per trovare lavoro. Nella ricerca del lavoro parenti e amici sono spesso determinanti. Quando una persona ha un contatto diretto con un datore di lavoro in cerca di lavoratori tenderà a utilizzare il contatto a favore dei suoi legami forti. Non sono però rari i casi nei quali parenti e amici che offrono il contatto decisivo per il lavoro non sono coloro che hanno ricevuto l’informazione direttamente dal datore di lavoro, ma l’hanno ricevuta da altri srilankesi (cfr. Granovetter,

1973, trad. it. 1998; 1974, trad. it. 2001). Tutto ciò mostra che all’interno dello spazio della concentrazione dei migranti srilankesi la comunicazione è costante, ampia ed efficace. Nella ricerca di lavoro risultano inoltre di notevole importanza i legami deboli o comunque limitati alla sfera lavorativa con italiani. Questi possono fornire contatti con datori di lavoro italiani che il migrante può sfruttare a suo vantaggio o a vantaggio di suoi connazionali. In quest’ultimo caso srilankese e italiano, spesso legati da un rapporto datore di lavoro/lavoratore, possono essere i mediatori che favoriscono la formazione di un altro rapporto di lavoro, quello tra un altro italiano (legato al datore di lavoro italiano) in cerca di forza lavoro e un altro srilankese (legato al lavoratore srilankese) in cerca di lavoro.

L’economia informale o l’economia sommersa funziona esclusivamente attraverso queste logiche di ricerca di lavoro e di reclutamento della forza lavoro. Sono queste le modalità attraverso le quali si trova lavoro nel servizio di cura agli anziani, nei lavori part-time nelle case, nei lavori provvisori nei ristoranti e in molti lavori che rientrano tra i servizi a bassa qualificazione. Questi lavori prevedono solitamente iter piuttosto lunghi prima della regolarizzazione del contratto di lavoro, che non è assicurata perché questi lavori sono spesso legati esclusivamente alle esigenze del momento e del datore di lavoro.

Secondo quanto riferiscono numerosi migranti la logica della referenza, molto più di quella del curriculum, è il principio di reclutamento più importante utilizzato anche dalle cooperative e agenzie somministratrici, seguito dal principio della “prestanza fisica”, necessaria per sostenere i pesanti carichi di lavoro. “Se vedono che sopra c’è il nome di uno che già lavora lì, guardano domanda. Se no mettono nel mucchio”, sostiene un migrante con esperienza di lavoro in cooperative. Il “mucchio” di richieste rivela la difficoltà di trovare lavoro e allo stesso tempo l’importanza della referenza, dell’aiuto del connazionale.

I legami tra connazionali risultano quindi determinanti per trovare lavoro. Eppure questo sistema di reclutamento tutto basato sui rapporti interpersonali presenta i suoi lati negativi. All’interno dello spazio sociale delle reti migranti circolano discorsi, letture condivise che li mettono in luce: “adesso gli srilankesi non danno più lavoro” e anche “adesso chiedono soldi per lavoro”. Le richieste di aiuto che non trovano seguito o risposta, evidenziano più che altro il fatto che tutti i settori del mercato del lavoro stanno attraversando un periodo di crisi e che l’ampiezza del numero degli stranieri significa anche concorrenza e disoccupazione nei settori in cui la forza straniera è maggiormente impegnata. L’esperienza di ricerca mi porta a sostenere che si continua a “dar lavoro”, a trovare lavoro per i propri connazionali. Ma trovare lavoro per altri è diventato sempre più difficile e impone una maggiore selezione, in pratica si

questa situazione tende a favorire le accuse di egoismo e gelosia e i discorsi condivisi secondo i quali, ad esempio, quelli di Wennapuwa aiuterebbero solo quelli della loro città; ma anche il discorso contrario secondo cui si tenderebbe ad evitare di aiutare i vicini, perché tra i vicini si è originata la “gara per soldi”, una gara a costruire la casa più bella in Sri Lanka, con la conseguenza che uno di Wennapuwa potrebbe non voler aiutare un suo “rivale”. Le difficoltà favoriscono quindi l’emergere e il riprodursi dei discorsi della gelosia, dei campanilismi (all’interno della componente srilankese) e della concorrenza tra connazionali.

Va sottolineato comunque il fatto che trovare un lavoro può risultare controproducente proprio per chi fornisce l’aiuto. All’interno di un mondo del lavoro che funziona secondo la logica dei legami interpersonali, “portare” qualcuno a lavorare dove si lavora (in un ristorante, in una cooperativa, ecc.), significa anche, in un certo senso, garantire per lui ed esserne responsabile agli occhi del datore di lavoro.

Suresh lavora da diversi anni in una cooperativa. Un suo coinquilino da poco tornato in Italia, dopo anni di assenza, fa domanda per la stessa cooperativa, mettendo come referenza il suo nome. Questi, anche se non rinfaccia nulla al coinquilino, è contrariato e preoccupato. Il coinquilino ha una certa età e sicuramente anche se fosse preso a lavorare non durerebbe a lungo. Portare all’interno forza lavoro non efficiente squalificherebbe automaticamente lo stesso Suresh agli occhi dei datori di lavoro. La sua referenza per nuove assunzioni perderebbe di valore e questo risulterebbe un problema, dato che due tra i suoi fratelli, con cui abita, sono arrivati da poco in Italia e ancora non hanno trovato lavoro. Vorrebbe, innanzitutto aiutare loro, trovare a loro un lavoro all’interno della cooperativa, senza rischiare di perdere le proprie credenziali di referente prima di risolvere la situazione di difficoltà in cui verte la famiglia (Note di campo, Verona, 09.09).

L’altro discorso che circola tra srilankesi è quello della vendita del lavoro. Nei settori di lavoro sopra accennati, i contatti personali forniscono le maggiori chance per trovare un lavoro. Qualcuno, si dice, vorrebbe come contro-partita per l’aiuto nella ricerca del lavoro una quota del primo stipendio. Questa situazione mi è sempre stata riferita come un sentito dire, “a me non è mai capitato, ma ho sentito da altri che qualcuno chiede soldi”. È possibile ipotizzare che la compra-vendita di posti di lavoro tra connazionali non sia una pratica diffusa, ma ciò nonostante questi discorsi che circolano aumentano la diffidenza generalizzata.

2. Farsi sostituire al lavoro

I cognati di Nial, i mariti delle due sorelle, sono tornati per qualche mese a casa, dalle loro famiglie in Sri Lanka. Nial è contrariato: sono tornati troppo presto, hanno trascorso in Italia solo poco più di un anno e già sono tornati a casa per le vacanze. Entrambi a causa di questo

rientro, sostiene Nial, hanno perso il lavoro in Italia. Le conseguenze del rientro e del conseguente licenziamento sono che le pratiche per il ricongiungimento familiare delle mogli e delle figlie (entrambe le coppie hanno una figlia di circa cinque anni), devono essere posticipate a data indefinita, a quando cioè i rispettivi mariti riusciranno a trovare un altro lavoro, perché senza un contratto di lavoro (reddito minimo) è impossibile avviare le pratiche del ricongiungimento. Nial vede le sorelle preoccupate. I progetti comuni di entrambe le famiglie hanno subito un rallentamento. Questo progetto prevede infatti una decina d’anni di lavoro in Italia, di entrambe le mogli e di entrambi i mariti, per poter poi tornare in Sri Lanka con maggiori possibilità economiche ed offrire alle figlie migliori opportunità per il loro futuro. Le sorelle sono anche preoccupate perché non tutti i debiti contratti per poter partire, nonostante gli aiuti di Nial e della madre, sono stati ripagati. Il ritorno a casa ha quindi comportato un rallentamento nei progetti delle famiglie, un aumento dei debiti rimanenti poiché il periodo in Sri Lanka è un periodo esclusivamente di spese e di nessun guadagno, un rientro incerto in Italia, segnato probabilmente dalla necessità di ulteriori debiti (per le spese di affitto e del vivere quotidiano) e dalle enormi difficoltà per trovare un nuovo lavoro. (Note di campo, Wennapuwa, 09.08)

Il caso dei cognati di Nial risulta particolarmente problematico perché oltre all’aver perso il posto di lavoro, il rientro in Sri Lanka ha anche comportato l’incremento dei debiti e un ritardo indefinito per il ricongiungimento familiare. Non è comunque un caso raro quello della perdita del lavoro in conseguenza di una vacanza in un periodo insolito dell’anno o prolungata oltre i termini concessi. A volte la lontananza da casa e dai famigliari porta a decisioni che si rivelano negative per l’intero progetto migratorio e che comportano pesanti conseguenze al rientro in Italia. Mi sono imbattuto spesso, durante la ricerca, in migranti alla “disperata” ricerca di un lavoro, poiché al loro rientro dallo Sri Lanka si sono trovati disoccupati.

I migranti tendono ad allungare i periodi dei rientri in Sri Lanka il più a lungo possibile. Molti di questi rientri avvengono in periodi e per tempi che sono per lo più inconciliabili con i ritmi del lavoro in Italia e con i periodi di ferie previsti. Diversi sono i motivi di queste vacanze allungate. La lontananza prolungata da casa rende comprensibile la volontà di trascorrere il maggior tempo possibile con i propri famigliari una volta che si è deciso di tornare. L’elevato costo del biglietto rende difficile tornare più volte in Sri Lanka per brevi periodi. Le vacanze tendono quindi ad essere poche ma prolungate. La necessità di rimanere in Sri Lanka per un tempo relativamente lungo, comunque maggiore rispetto ai normali periodi di vacanza, trova ragione anche nel fatto che in corrispondenza di questi ritorni sono concentrati gli investimenti dei migranti. Serve tempo per trovare l’occasione giusta, il giusto terreno da comprare e serve tempo per avviare o controllare i lavori di costruzione della propria casa o dei propri locali e negozi.

Per evitare di perdere il lavoro e affinché un’assenza prolungata non provochi troppi problemi al datore di lavoro, una pratica diffusa tra srilankesi è quella di trovare tra i propri

connazionali un sostituto temporaneo. Naturalmente il datore di lavoro deve essere d’accordo e tendenzialmente è più facile accordarsi col proprio datore di lavoro in tutti quei lavori che rientrano all’interno dell’economia informale. Nel lavoro sotto srilankesi questo è più facile, poiché è molto probabile che le reti sociali del datore di lavoro e del lavoratore prevedano molte relazioni comuni tra le persone che le compongono, siano cioè, per usare un’espressione di Bott (1957, trad. it. 2001) a “maglie strette”, ed è dunque facile trovare qualche sostituto che vada bene sia al datore di lavoro che al lavoratore e che sia disponibile a lavorare per qualche mese.

La pratica della sostituzione sembra essere vantaggiosa per tutti coloro che sono implicati. Il datore di lavoro non perde forza lavoro. Il lavoratore può tornare in Sri Lanka per un periodo piuttosto lungo senza perdere il suo posto di lavoro, trovando spazio e tempo anche per l’altra vita, per gli affari e gli affetti della vita in Sri Lanka. La sostituzione è un vantaggio anche per il sostituto. Molti migranti si trovano senza lavoro. Un mese o due mesi di lavoro sostitutivo per un migrante disoccupato possono risultare di estrema importanza. Questi infatti si trova senza reddito, spesso nella difficile situazione della dipendenza dall’aiuto dei legami prossimi e talvolta in situazioni di dover restituire dei debiti. Una persona che ha estremo bisogno di guadagnare può quindi accettare anche un lavoro breve. Inoltre inserirsi in un ambiente di lavoro significa anche creare dei contatti che poi potrebbero risultare utili per un lavoro futuro.

La sostituzione non è priva di rischi. Si basa su una doppia fiducia, quella che lega datore di lavoro e lavoratore e quella che lega lavoratore e sostituto. La fiducia può sempre essere tradita, i legami possono rompersi e i vantaggi tramutarsi in svantaggi, se non per tutti coloro che sono implicati almeno per qualcuna delle parti. Talvolta i vantaggi di una parte possono diventare gli svantaggi dell’altra. Il datore di lavoro accetta la sostituzione perché si fida del lavoratore, o meglio fa affidamento sul sostituto basandosi sulle referenze fornite dal lavoratore e su quella che può essere chiamata la sua garanzia. Un sostituto che lavora male, che crea problemi, provoca dei danni al datore di lavoro e pone a serio rischio la relazione tra datore di lavoro e lavoratore. Quest’ultimo potrebbe perdere la fiducia del suo datore di lavoro. Per evitare questo problema è necessario farsi sostituire da qualcuno di cui ci si fida, da qualcuno che lavori pensando anche alle conseguenze che un suo lavoro mal fatto possano avere sul lavatore che gli ha chiesto di sostituirlo. Ma il rapporto di fiducia nei confronti del sostituto è importante anche per un altro motivo. Tra srilankesi sono noti i casi nei quali qualcuno ha “fregato” il lavoro al proprio connazionale sfruttando proprio il periodo di sostituzione. La situazione di necessità in cui si trova chi entra per il breve periodo possono

spingerlo ad osare e a tentare di accaparrarsi il lavoro attraverso prestazioni che vadano al di là del necessario, al di là dei tempi di lavoro prestabiliti e che suggeriscano al datore di lavoro che lui/lei lavora meglio della persona che sostituisce; oppure, e in questo caso l’intenzione di ottenere il lavoro del proprio connazionale è ancora più esplicita, offrendosi al datore di lavoro per un salario inferiore. Altre volte l’offerta può arrivare dallo stesso datore di lavoro che trovandosi meglio con il nuovo lavoratore può decidere a suo piacimento di lasciare il lavoro al nuovo arrivato e toglierlo al precedente, poiché nell’economia informale tutto è permesso al datore di lavoro e anche nei casi di contratti atipici il margine di libertà del datore di lavoro è piuttosto ampia.

Sandhamali sostituisce una sua amica che lavora in una casa e fa assistenza ad un’anziana. L’amica è tornata in Sri Lanka per prendere i documenti necessari per entrare in Italia come regolare dato che proprio il suo datore di lavoro (figlio dell’anziana) ha fatto domanda di lavoro per lei, dopo un periodo di irregolarità durante il quale ha lavorato in nero. Il datore di lavoro preferisce Sandhamali ed è disponibile ad assumerla al posto della precedente lavoratrice che ancora si trova in Sri Lanka. Sandhamali decide di non accettare, proprio per non essere accusata di aver “fregato il lavoro” e per non danneggiare la relazione con l’amica. (Note di campo, Verona, 09.09)

Nei casi nei quali c’è un tentativo volontario di assicurarsi il lavoro del proprio connazionale, o nei casi in cui alla fine il sostituto accetta l’offerta del datore di lavoro, sacrificando il legame alla necessità del lavoro e del guadagno, il rapporto che legava il precedente lavoratore e il sostituto si chiude, “erano amici, adesso non si parlano più”. Inoltre, se non sempre è facile trovare un parente o amico, qualcuno di cui ci si possa fidare veramente, è però estremamente facile trovare un proprio connazionale – conoscente, amico di un amico, parente di un amico – disponibile alla sostituzione temporanea. Chiedere ad un connazionale con cui non si hanno legami forti è una scommessa sulla fiducia della solidarietà del noi generalizzato dei connazionali. Perderla significa che la diffidenza verso il noi ha maggiore ragion d’essere rispetto alla fiducia.

3. “Rimediare” un contratto di lavoro

Il lavoratore irregolare si trova ad ogni decreto flussi o ad ogni sanatoria in cerca di un datore di lavoro per ottenere i documenti. Anche il migrante regolare si trova spesso nella situazione di dover trovare, “rimediare” (in un modo o nell’altro), un contratto di lavoro. Essere regolare in Italia non è una qualità stabile della persona, ma è piuttosto un processo. È facile passare dall’essere al non essere, condizione in cui, di fatto, si ritrova un irregolare. Ad

ogni rinnovo del permesso di soggiorno il migrante deve dimostrare di possedere un regolare contratto di lavoro. Il migrante che lavora in nero per un datore di lavoro italiano o srilankese cercherà di rivolgersi al suo datore di lavoro per ottenere il contratto necessario a mantenere lo status di regolare. Se, utilizzando le espressioni spesso usate dai migranti, il “padrone” (italiano) o il “padroncino” (srilankese) è “buono”, il lavoratore otterrà il suo contratto e potrà così rinnovare il permesso di soggiorno. Le persone che non possiedono un datore di lavoro a cui rivolgersi per ottenere il contratto di lavoro perché si trovano disoccupati o perché svolgono lavori autonomi, informali e invisibili, come ad esempio il barbiere srilankese a domicilio, sono costretti a trovare altre soluzioni per ottenere il contratto di lavoro necessario