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Il miraggio della dream land fa dimenticare le difficoltà della migrazione anche se tutte le sconfitte, i rischi e le sofferenze delle migrazioni sono ben conosciute a Wennapuwa. Ci sono molti rischi nel pagare grosse cifre di denaro per andare in Italia. Persone hanno perso la casa di famiglia perché hanno preso in prestito il denaro necessario per partire e poi non sono stati in grado di ripagare il debito. Altri sono stati truffati da broker, che dopo aver promesso loro l’Italia, sono spariti con i soldi. Dopo aver perso tutto, in molti riprovano ad andare in Italia perché ritengono che sia l’unico modo per ricominciare. Come in un casinò si deve scommettere ancora per recuperare le perdite, aumentando così i rischi. Quelli che hanno raggiunto l’Italia devono continuare a tutti i costi con la loro scommessa anche se le difficoltà possono trasformare il sogno in incubo.

Numerosi migranti hanno scoperto durante la migrazione il prezzo, il lato oscuro della migrazione stessa. La migrazione può spezzare famiglie, al di là del fatto che nel contesto specifico il mantenimento del legame tra marito-moglie sia fortemente legato all’onore del nome delle famiglie. Le persone che desiderano partire conoscono la storia di famiglie rovinate, di legami matrimoniali andati in frantumi, “yea, I heard about it”, e considerano questi fatti come una conseguenza normale della doppia distanza, temporale e spaziale, che divide chi parte e chi resta. Sono problemi che molti aspiranti migranti sono convinti di superare progettando di vivere sempre assieme alla famiglia senza considerare ad esempio quanto sia difficile avviare il ricongiungimento familiari per migranti in Italia e quanto spesso sia complicato vivere e mantenere l’intera famiglia in Italia, specie se numerosa e soprattutto quando non tutti i membri lavorano.

Tutti i problemi delle precedenti migrazioni sono considerate e attribuiti da una parte alla cattiva sorte, dall’altra agli errori strategici dei migranti. L’Italia e la migrazione rimangono positive, sono l’occasione per migliorare il futuro. “I will manage it. I don’t know how, but I will manage it”. C’è una fede in sé stessi, che è naturalmente il presupposto per l’avverarsi di ogni profezia positiva, ma che talvolta può sembrare eccessiva e che soprattutto sottostima

difficoltà di trovare spazio in un mercato del lavoro sempre più ristretto. La forma italiana di capitalismo è infatti caratterizzata dalla scarsità del lavoro, dai bassi salari e da un welfare minimale (cfr. Nobil, 2009).

Questa fede può essere considerata come basata principalmente su due atteggiamenti: da una parte, la fiducia nell’aiuto incondizionato degli altri srilankesi e dall’altra la volontà di sacrificio, la capacità di accettare ogni situazione e condizione. Molte persone partono o sono disposte a partire per l’Italia senza avere informazioni sull’Italia e sul loro possibile futuro in Italia. La maggioranza è pronta a partire anche senza avere la certezza del lavoro e talvolta senza avere tutti i documenti in regola. Ciò che rende questa impresa qualcosa di diverso da un salto nel vuoto è la presenza in Italia di molti cittadini dello Sri Lanka, qualche famigliare, qualche amico e qualche conoscente originario dalla stessa zona. Non tutti possono contare su tutti questi tipi di legami. Molti fanno affidamento anche solo su legami deboli, ciò nonostante non si teme di rimanere disoccupati e non si ha paura di non trovare dove dormire e alloggiarsi.

Are you afraid not to find a job? No, because I have my brother that’s why… I’m not afraid

because when he sponsor me he can find a job for me. Otherwise would you still go to Italy

without the certainty of a job? Yea, but I’m going and I’ll try to find a job. No problem.

Because I have friends in Rome, Verona… But you said you have no good friends… No good friends but I know some people so I can ask them some job. Do you think they will

help you or ask you for money? No-no when someone for me… they will not ask money.

Only sponsor they will ask money so… because they are not going to give me a job, they know some Italian guy, he gives a job for me… so maybe he likes to help, otherwise… Do

you think they will help you or you don’t know? I don’t know… I have to see when I am

there. (Intervista a Mark, Wennapuwa, 11.08)

Paradossalmente, in molti fanno affidamento su persone che sono spesso viste con invidia e criticate per il loro egoismo e per il fatto che una volta riusciti ad andare in Italia hanno iniziato a darsi delle arie e hanno dimenticato gli amici. Tutto ciò mostra quanto la figura del migrante abbia assunto una forma ambigua e come le relazioni tra migranti e non migranti nelle zone di emigrazioni possono diventare ambivalenti.

Il secondo atteggiamento che sostiene la fiducia di riuscire nella migrazione è quello della disponibilità ad ogni compromesso, ad ogni fatica, “work is not a problem”. Le persone si muovono senza conoscere quale sarà il loro lavoro in Italia ma con la volontà e l’umiltà di fare qualsiasi tipo di lavoro. Coloro che vogliono partire ben conoscono la doppia posizione e il doppio movimento che il migrante compie attraversando i confini e le società. Li aspetta un duro lavoro e un lavoro umile, uno di quei lavori secondo la letteratura che i cittadini dei paesi

a sviluppo avanzato non sarebbero più disposti ad accettare e che dunque diventano lavori per immigrati, lavori da immigrati. È un curioso movimento quello che i migranti affrontano: sanno bene che per salire la scala sociale nella società di partenza devono prima scendere dei gradini nella società di arrivo. La posizione lavorativa in Italia è spesso notevolmente inferiore a quella che si possedeva in Sri Lanka. Con questa discesa si vuole e si spera poi di migliorare le proprie condizioni nel ritorno. È una posizione marginale che in Sri Lanka non sarebbe accettata e accettabile:

Job is not a matter. If I go to Italy, I don’t know which kind of job I will find, doesn’t matter, I want money… I can do many things. I can help others. But if I stay in Sri Lanka I must do white collar job, good job. So the thing is… Sri Lanka… if I do some black collar job it is bad to my character and my dignity. Black collar job is not good, like helper, like that person. Do something under some persons, under the rules. (Intervista a Malindu, Wennapuwa, 11.08)

Trovare una propria posizione soddisfacente e in linea con le aspettative all’interno del nuovo contesto sociale è un processo lento ed è un processo durante il quale è facile perdere, cadere e dover ricominciare. Trovare una posizione è una lotta nella quale si deve lavorare duramente non solo durante l’orario di lavoro ma anche in tutti quei lavori senza paga che sono l’apprendimento della lingua straniera e di come muoversi nel nuovo Paese dove anche le logiche relazionali con propri conoscenti e connazionali possono cambiare. In questo processo fortuna ed abilità, intesa anche e soprattutto come capacità di osare e di saper leggere il contesto, diventano entrambe importanti. Anche l’aiuto di altri, specialmente di propri connazionali, può far cambiare rapidamente le traiettorie della migrazione. Le componenti del successo sono così numerose e di varia natura, e l’impresa della migrazione così complessa, che il fallimento è sempre possibile ma raramente preso in considerazione prima di partire verso l’Italia, prima di imbarcarsi nel processo migratorio.

La disposizione ad accettare ogni tipo di lavoro, di compromesso, di caduta sociale e la disposizione a sottovalutare tutti i pericoli strutturali e la volontà di affrontare il rischio sono tutte disposizioni che più di altre accompagnano il migrante e che possono considerarsi come fondate su quello che è possibile definire il mito del ritorno, che è qualcosa intrinseco alla partenza e allo stesso progetto migratorio, cioè il mito che promette che un giorno tutte le sofferenze verranno ripagate.