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Il periodo migratorio è quasi sempre pensato come provvisorio e transitorio, un periodo duro in una terra lontana prima del ritorno e dei bei tempi a casa. Questa promessa diventa nei termini di Sayad, una delle illusioni che supportano il processo migratorio e la riproduzione di questo stesso processo (Sayad, 2000; Bourdieu e Wacquant, 2000). È vero che le difficoltà della migrazione possono trasformare il ritorno in un’illusione, in quanto la migrazione diventa in molti casi qualcosa che non ha mai fine, una rincorsa verso obiettivi che le difficoltà della migrazione di giorno in giorno allontanano contribuendo ad allontanare nel tempo il momento del ritorno. Questo tipo di vita in cui il ritorno definitivo diventa particolarmente difficoltoso è stata letta con connotazioni differenti dai vari studiosi, e in riferimento a differenti percorsi migratori. Sayad (1999, trad. it. 2002), con riferimento alle migrazioni Algeria-Francia a partire dagli anni Settanta del XX secolo, ha parlato di doppia assenza, cioè di una posizione marginale sia nella società di destinazione sia, a seguito della migrazione e a causa della distanza spaziale e temporale, in quella di partenza. Gli studiosi del

transnazionalismo in riferimento alle migrazioni contemporanee offrono un’immagine più

positiva parlando di vita e cittadinanza duale e di una doppia presenza legata alla possibilità del migrante di condurre una vita soddisfacente su entrambe le sponde della migrazione senza dovere giungere ad una scelta definitiva tra una delle due società (cfr. Portes, Guarnizo e Landolt, 1999 e Portes, 1999). Al di là di come viene letta la realtà dei migranti, il ritorno risulta un traguardo difficile da raggiungere, ma che va considerato implicito e intrinseco allo stesso desiderio migratorio e un supporto per le stesse migrazioni. L’analisi quindi deve mettere in luce come questo mito influenzi la partenza e il processo migratorio stesso e riveli caratteristiche della società di partenza, nella quale questo mito ha origine e presa sugli agenti sociali.

Il ritorno è strettamente legato al raggiungimento di mezzi economici, che rendono possibile la pianificazione di un futuro migliore o di quella che i ragazzi del Malindu’s

Bhawana definiscono una luxurious life. E il luogo ed il contesto di questa vita migliore è

Wennapuwa e non l’Italia.

When I earns enough, when it is enough my rich, I will come back to Sri Lanka because there is no life if I stay in Italy. Definitely I must come back. If you think I can be a rich person within four or five years, after I will leave Italy and I will do a job in this country and I will manage my life […] I have an idea, buy a car, buy a vehicle and build up a house and get married. (Intervista a Malindu, Wennapuwa, 11.08)

Questi obiettivi rendono estremamente difficile fissare il ritorno in un punto esatto nel tempo e rendono il ritorno stesso qualcosa di difficile da raggiungere. Per questa ragione l’espressione “illusione del provvisorio” (Sayad, 2006, trad. it. 2008) non è del tutto inappropriato per descrivere il processo migratorio. Comunque, il mito del ritorno può essere considerato ed analizzato come mito del successo, che nelle società complesse è legato a logiche economiche.

[…] Yea if you are living in Sri Lanka… we must have a car, or bike, like… you know, life style… you must move with life style […] (Intervista a Harris, Wennapuwa, 11.08)

Questo mito ha le sue fondamenta in desideri che potrebbero essere definiti come desideri

globali. Quel seguire o inseguire il life style, attraverso il possesso di beni di consumo, che

sono anche dei simboli che definiscono l’essere all’interno dello spazio sociale, è legato ad una cultura del consumo che è difficile limitare e contestualizzare, poiché le forze della globalizzazione l’hanno diffusa ovunque. Questa cultura dei consumi globale diventa particolarmente evidente quando si prendono come esempio i ragazzi del Malindu’s

Bhawana: definiscono i loro vestiti come appartenenti al sistema della moda occidentale e i

loro desideri non sono differenti da quelli dei giovani che abitano il resto del mondo e soprattutto il cosiddetto Occidente. L’immagine che Harris dipinge di ciò che significa per lui

luxurious life, che è anche una western life, dando così all’Occidente quel ruolo di guida e

modello anche a livello culturale, è piena di esagerazioni, legate alla giovane età e appare molto simile alle immagini dei telefilm americani, dei video musicali delle pop star più in voga. È possibile scovare nell’immagine che fornisce il giovane, la figura della celebrità di cui parla Bauman (1998, trad. it. 2007), persone globali e abitanti dei media globali il cui potere è fondato sulla capacità di sedurre, la cui vita seduce e chiede di essere imitata, anche se poi raggiungerla è tutt’altro che facile. È questo il modello della luxurious life a cui si legano speranze e aspirazioni di tanti giovani:

Yea. Like… to have nice cars, servants, big houses, hot chicks all around me, like that [risata]. In my brain I think I wanna do a business. I don’t know what it is, but I’ll do something. Yea, I don’t know what it is but I’ll do something. And what do you mean when

you say Western life? Western life means… it means living luxurious life. Having cars,

servants, hot chicks around me, like that. Enjoy with my friend, like that. Do you like the

È possibile anche fornire un’immagine più sobria e meno legata ai miti dell’eccesso e della celebrità, su cui rimane forte l’impronta globale, quando si vogliono cercare le spinte all’emigrazione. Molti giovani intervistati circa i loro desideri legati alla migrazione verso l’Italia hanno fatto riferimento alla costruzione di una casa, alla necessità del risparmio per una migliore gestione della vita familiare, che è pensata come differente dalla vita familiare occidentale, dove le relazioni sono troppo fluide, il matrimonio non è importante e troppo spesso sostituito dalla convivenza. Questi pensieri sulla diversità relazionale tra Sri Lanka e Occidente non tengono in considerazione il fatto che la migrazione stessa risulta un pericolo e spesso una causa riconosciuta della disintegrazione dei legami e delle famiglie. A tutti i desideri cui aspirano i giovani con la migrazione, che sarebbe difficile non considerare globali per definirli invece specifici di una determinata società e cultura, si aggiunge un altro desiderio, altrettanto globale, che è quello di viaggiare e vedere il mondo. Per molti giovani ottenere il visto per l’Italia significa anche ottenere la possibilità di oltrepassare confini e di poter così visitare altri paesi. Viaggiare per il mondo, come turista, è una possibilità che non tutti hanno e la causa non è da ricercarsi solamente nelle impossibilità economiche, ma anche all’interno di normative politiche, che impediscono di attraversare i confini a persone che non hanno una cittadinanza abbastanza affidabile, legata soprattutto alle condizioni economiche del Paese di appartenenza. A questi cittadini, secondo i paesi economicamente dominanti, sarebbe troppo rischioso concedere un visto turistico.

Solitamente a Wennapuwa l’Italia è vista come il motore di ogni cambiamento, non solo a livello economico, ma anche a livello culturale e degli stili di vita. Questo è senza dubbio legato all’alto valore simbolico che l’Italia ha assunto nell’immaginario di Wennapuwa.

In Wennapuwa western life means Italy western life. Yea they just copy everything in Italy and show back in Wennapuwa. Almost Wennapuwa and Italy the same. So people in

Wennapuwa live a western life… Ah… yeah, western… modernize culture, modernize

culture [risata] (Intervista a Haris, Wennapuwa, 11.08)

Nonostante l’innegabile peso dell’impatto dell’Italia sulla vita di Wennapuwa e dei suoi abitanti, c’è qualcosa nel desiderio di Italia che non è possibile attribuire esclusivamente all’Italia. Questo desiderio è un desiderio di successo, principalmente successo economico che porta anche successo simbolico e sociale. È un successo legato a logiche economiche, valide all’interno di un cosmo sociale capitalistico che accumuna quasi l’intero globo. Il successo economico dà alla persona un importante status all’interno della società e dà la possibilità di realizzare quindi quelli che sono stati chiamati desideri globali e che sono il

frutto di una cultura dei consumi globale, di immaginari globali. Anche se non è possibile negare gli effetti di localizzazione su questi immaginari, ciò nonostante questi hanno molte caratteristiche in comune nelle diverse zone del mondo globalizzato.

I giovani di Wennapuwa non cercano un nuovo mondo ma piuttosto i mezzi economici per realizzare a Wennapuwa quello che considerano una luxurious life, una western life che rispetti alcuni valori culturali specifici come quelli, ad esempio, legati alla famiglia. L’Italia e la migrazione diventano in questo particolare contesto un mezzo per colmare il gap che esiste tra desideri globali e possibilità locali. Quindi per comprendere l’attuale fase della migrazione verso l’Italia, la debolezza dell’economia nazionale srilankese, i legami Sri Lanka e Italia e gli effetti di ritorno (materiali e simbolici) delle precedenti migrazioni sono tutti importanti fattori, ma non completano il quadro. L’emigrazione può portare confusione all’interno degli equilibri sociali ma non cambia le logiche sociali che guidano la pratica e la visione del mondo, logiche legate ad un habitus economico (Bourdieu, 2000a) e a un cosmo sociale in cui la dimensione dell’economico gioca un ruolo determinante. E questo cosmo sociale e l’habitus economico legato a quel contesto sociale, sono il risultato di una storia di connessioni globali, all’interno della quale il colonialismo risulta un capitolo importante, che precedono dunque lo specifico flusso verso l’Italia. Inoltre, gli effetti della migrazione sono una parte e non l’intero di un enorme flusso di contatti che caratterizzano l’era della globalizzazione e che possono far parlare di una cultura dei consumi globale e globalizzante. E tutte le connessioni e tutte le disuguaglianze contribuiscono al muoversi attraverso il pianeta delle persone. Per queste ragioni, l’Italia è una terra immaginata, una dream land, dalla quale le persone, già prima di andarci, già sognano il ritorno.