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L’ordine sociale nelle società complesse

L’analisi del desiderio migratorio inizia dal contesto di partenza e dalle condizioni socio- economiche all’interno delle quali sono immersi gli attori sociali che desiderano raggiungere l’Italia. La frase “everything depends on money”, che sta alla base e alla conclusione di molti dei discorsi di Malindu pur presentandosi come estrema semplificazione del reale, dice comunque molto della realtà sociale nella quale sono immersi migranti e aspiranti tali, e in cui si origina il desiderio di partire. È l’estrema sintesi, infatti, di quello che con Bourdieu (2000a) si potrebbe definire un habitus economico legato ad un cosmo sociale dominato dalla dimensione economica e dalla logica capitalistica, che, nell’era della globalizzazione, ha conquistato, a forza, pressoché ogni parte del globo. Nelle società complesse contemporanee, caratterizzate dallo Stato come forma politica e dal fatto di essere immerse in un’economia globale ed egemone, l’ambito economico, o campo economico, ha assunto un ruolo privilegiato e così pure i comportamenti economici, come lo spirito del calcolo, il lavoro salariato, il credito, il controllo delle nascite, ecc. Questo ordine economico, piuttosto che essere naturale, è il frutto di una storia sociale specifica (cfr. Polanyi, 1944, trad. it. 1974) e di una storia globale, fatta di connessioni, all’interno della quale ogni storia particolare di qualsiasi determinata società è inserita.

Il discorso globale, che ha conquistato tanto i dominanti, quanto i dominati a livello planetario, e che distingue, semplificando, il mondo in paesi sviluppati e in paesi in via di sviluppo, inserisce questi ultimi all’interno di un processo di sviluppo che si pensa, o si vuol far pensare, porterà benefici a tutti e che guiderà questi paesi sulla retta via dell’Occidente. Questo discorso, che pone l’Occidente come modello, guida e talvolta aiutante, è possibile anche sentirlo dalle persone intervistate in Sri Lanka che definiscono il proprio Paese come Paese del Terzo Mondo e in via di sviluppo. Lo sviluppo, inoltre, è spesso pensato attraverso i termini di occidentalizzazione e modernizzazione, usati come sinonimi. Talvolta quando il discorso fa riferimento alla storia coloniale diventa possibile sentire associare il dominio coloniale allo sviluppo, alla modernizzazione a cui gli inglesi avrebbero dato inizio e che ora va completata. Questo discorso tende ad occultare diverse realtà e rapporti di forza e di potere storici e contemporanei svelando una violenza simbolica che legittima l’ordine dei dominanti. Innanzitutto la storia scompare di scena. La condizione dell’Occidente, che oggi è ritenuta come quella guida, è il frutto non di uno sviluppo autonomo, non di una peculiarità o superiorità innata, ma di tutta una serie, una storia di contatti e connessioni con il resto del mondo. Il divario tecnologico ed economico tra Occidente e resto del mondo che soprattutto

con la rivoluzione industriale ha assunto dimensioni sempre più ampie, non è solamente il frutto di meriti specifici, come spesso si vorrebbe far credere parlando di Civiltà occidentale, ma anche di rapporti di potere, in cui l’uso della forza ha fatto la differenza (cfr. Goody, 2004, trad. it. 2005 e 2006, trad. it 2008). Nella storia dello sviluppo delle economie occidentali ci sono molti lati oscuri, sfruttamento, violenze e stermini, spesso giustificati da più parti dalla retorica dell’opera di civilizzazione tesa ad occultare interessi economici (cfr. Losurdo, 2006). Un altro fatto che il discorso attuale sullo sviluppo tende ad occultare è che il cosiddetto Occidente, o mondo sviluppato, non è solo un modello, e che il rapporto tra Occidente e resto del mondo non è solo quello di guida verso lo sviluppo. I forti e i deboli giocano all’interno di un’economia globale de-regolamentata in cui la debolezza degli stati nel controllo dei processi economici globali favorisce i dominanti, cioè i grandi proprietari di capitali e i grandi azionisti della finanza globale (cfr. Bauman, 1998, trad. it. 2007 e Bourdieu, 2001, trad. it. 2001). In questo gioco, ciò che spesso viene occultato è che le ragioni dei forti si scontrano proprio con lo sviluppo delle economie deboli e dei paesi deboli, e che i meccanismi dell’economia globale favoriscono la riproduzione dei rapporti di potere, lasciando i paesi in via di sviluppo in una posizione marginale dalla quale diventa difficile emergere.

Nelle società complesse dove la dimensione economica ha raggiunto un peso determinante i principi di differenziazioni che distinguono gli individui tra loro sono principalmente quelli del capitale economico e quelli del capitale culturale (istituzionalizzato in titoli)3, spesso correlati tra loro. Questi principi di differenziazione, all’interno di cosmi sociali legati alla logica capitalistica, sono quelli che più incidono sulla posizione e sulle pratiche (comportamenti, modi di pensare e valutare) degli individui all’interno dello spazio sociale. Le modalità per incrementare queste forme di capitali e le dinamiche di conversione dei capitali da una forma all’altra possono variare anche tra società che seguono le medesime logiche sociali ed economiche. È possibile sostenere che dove queste due forme di capitali sono maggiormente legate assieme, la mobilità sociale diventa più difficile e probabilmente diventa maggiore il valore e la valorizzazione della differenza. Il sistema educativo in Sri Lanka, se paragonato a molti di quelli dei cosiddetti paesi occidentali, risulta estremamente competitivo. L’ingresso all’università è infatti vincolata ai voti ottenuti all’esame di A/L (Advanced Level), e anche tra coloro che riescono a superarlo, non tutti possono, volendo, proseguire negli studi. Diventa dunque plausibile sostenere che la correlazione tra i due capitali è elevata, o comunque, rilevante. Un’interessante immagine per questa relazione può

essere trovata in un messaggio pubblicitario che ho visto in un piccolo chiosco che vendeva i biglietti di una lotteria in una città vicina a Wennapuwa, in cui i fortunati vincitori sorridevano con una laurea in mano. Come Bourdieu e Passeron (1970, trad. it. 1972) hanno mostrato in altro contesto la meritocrazia del sistema scolastico spesso nasconde differenze di opportunità che sono legate a differenti background socio-economici delle famiglie di provenienza e che risultano poi determinanti per i percorsi e i successi scolastici (e sociali) dei figli. Dove la via del sistema educativo è “stretta” e complicata, diventa più rilevante la dimensione dell’investimento materiale e simbolico (valorizzazione, attese, aspettative e gratificazioni) della famiglia sul percorso educativo dei figli. L’impatto dell’investimento della famiglia sulle possibilità dell’attore sociale è solo parzialmente limitato dal fatto che l’università in Sri Lanka sia pubblica. L’investimento non è solo trasmissione del capitale culturale sotto forma di possibilità e opportunità alla conoscenza e sotto forma di amore per la conoscenza, ma è anche un investimento economico, il prezzo di una prolungata dipendenza e il costo dello studio. Un’altra caratteristica del sistema educativo in Sri Lanka è rappresentata dalla differenza tra scuole statali e scuole private che precedono l’ingresso all’università. Solitamente le scuole private, definite come internazionali (principalmente inglesi o americane) possiedono un elevato valore simbolico. Le scuole private oltre ad un maggior prestigio, conferivano fino a qualche anno fa anche un ulteriore vantaggio: l’insegnamento in inglese diversamente dalle scuole statali la cui lingua di insegnamento era il singalese. Attualmente anche nelle scuole statali è possibile scegliere l’inglese, ma per molte persone uscite negli anni precedenti dalla scuola statale questa differenza conta per l’inserimento lavorativo, dato che l’inglese, in Sri Lanka, è la lingua del mondo del lavoro e degli affari. Bourdieu e Passeron hanno visto nel sistema educativo un meccanismo sociale per la riproduzione delle posizioni differenziate di potere sociale. Dove il mercato dei titoli scolastici è relativamente chiuso, i titoli sono difesi e mantengono un alto valore. Tendenzialmente questi titoli permettono l’accesso a lavori con stipendi relativamente elevati.

Molti giovani che non possono contare su titoli scolastici elevati, coloro che hanno solo il diploma di O/L, ma spesso anche coloro che posseggono quello di A/L, non riescono a trovare un “buon lavoro” e si sentono deprivati della possibilità di programmare un futuro, che qui come altrove, è legato alla possibilità di mettere da parte un po’ di denaro dalle spese quotidiane, per migliorare il proprio standard di vita. La stessa creazione di una famiglia e il progetto di avere dei figli sono legate per i giovani intervistati alle possibilità economiche e alla sicurezza del lavoro, esattamente come accade nel cosiddetto Ovest.