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Lo spazio sociale della migrazione Sri Lanka-Italia: percezioni e rappresentazion

All’interno dell’ambiente della concentrazione, all’interno dello spazio sociale della migrazione esistono percezioni e rappresentazioni diffuse e condivise sulla realtà della migrazione e sull’altro srilankese generalizzato e su suoi comportamenti. Tra queste percezioni e rappresentazioni è possibile considerare: 1) la percezione della concorrenza tra migranti e il senso di superiorità percepito con le rappresentazioni del connazionale come concorrente, invidioso e geloso; 2) la percezione che numerosi migranti evitino i contatti con connazionali e la rappresentazione degli altri come egoisti; 3) la percezione del pettegolezzo e la rappresentazione degli altri come persone che possono diffondere “voci pericolose” e dei quali quindi non ci si può fidare.

1. Il senso di superiorità e la “gara per soldi”

Una percezione e visione condivisa tra migranti srilankesi è che il migrante arricchito tenda a sentirsi e a volersi mostrare come superiore rispetto agli altri connazionali. (Dato che manca un volto preciso all’altro generalizzato, ognuno potrebbe essere contemporaneamente accusatore e accusato, e nel tempo, col tempo di migrazione, passare da essere

prevalentemente accusatore ad essere, soprattutto se ha successo economico, bersaglio di accuse). Questa percezione dei migranti è già presente in Sri Lanka. L’amico di prima dopo essere stato in Italia, è cambiato, i soldi lo hanno cambiato. Adesso non parla più, saluta solamente e mostra tutta la sua superiorità attraverso le cose che possiede. Per il nuovo arrivato le difficoltà della situazione e l’indifferenza che percepisce nei suoi confronti, alimentano la visione dell’altro come qualcuno che si sente superiore, che pensa solo a se stesso e al denaro, “c’è soldi, niente gentile” (Suranjan), che vuole andare su (up), ma anche sopra (gli altri) e che per essere sopra ha quindi bisogno di qualcuno che stia sotto e che non deve emergere. Il senso di superiorità negli atteggiamenti e nei comportamenti degli altri srilankesi è una percezione condivisa che si basa su un’altra percezione condivisa: quella della concorrenza tra connazionali o della “gare per soldi”. È come se la lotta sociale per l’accumulazione del capitale economico fosse una lotta combattuta solo tra connazionali. L’accettazione della distinzione e della diversità italiani/stranieri, quasi come se con gli italiani non fosse per principio possibile o conveniente gareggiare, porta la lotta tra connazionali. Questa lotta genera gelosia e invidia diffuse tra connazionali. Ma è una lotta ambivalente e contraddittoria, perché in contesto di immigrazione, coloro che si fronteggiano spesso si conoscono personalmente e nel contesto di immigrazione l’aiuto di quegli stessi connazionali risulta spesso fondamentale per il benessere dei migranti. Da queste considerazioni deriva la percezione che la “gara per soldi”, sia anche una gara contro gli altri.

George è arrivato in Italia negli anni Novanta e non ha ancora lasciato del tutto l’Italia, in quanto, a partire dal 2002, il suo anno si divide in sei mesi di Sri Lanka e in sei d’Italia. È George che parla di “gara per soldi” e che racconta come le relazioni tra srilankesi in Italia siano andate progressivamente deteriorandosi. “Adesso personalmente sono preoccupato degli srilankesi a Verona, perché ce n’erano tanti, quando noi abbiamo cominciato ad andare in Italia, che avevano fatto scuola, qualcuno aveva diploma. Era una comunità [nella quale le] persone avevano studiato qualcosa. Ma dopo, invece, hanno cominciato a entrare tutti questi che non hanno studiato, non hanno fatto abbastanza scuola, tutti venuti in Italia. Dopo è diventato come una gare di fare soldi. Una gara, veramente. Uno vuole fare più soldi degli altri. Ma sempre sul lavoro, non di altro tipo. Quando comincia questo tipo di gara per soldi, amicizie vanno via. Dopo qualcuno comincia a dare soldi come banca, per interessi. […] Adesso gente va in Italia solo per soldi. Quando non riescono, quando non vengono soldi, vengono problemi. […] Adesso quel senso di comunità si sta perdendo, non ce più”. (Note di campo, Wennapuwa, 11.08).

È una gara che si gioca su due campi: in Italia e in Sri Lanka. In Italia sono soprattutto i beni di consumo che fanno la differenza e tra questi un ruolo importante spetta alla macchina, che è il bene simbolico e di distinzione per eccellenza. All’inizio della ricerca mi stupivo di

vedere spesso nelle case fotografie di ragazzi vicino alla macchina comprata in Italia attraverso i guadagni della migrazione. Nelle pagine personali su internet sovente le foto di presentazione del sé sono fatte vicino a macchine o motori di lusso. Questa particolarità si chiarisce se si considera che in Sri Lanka la macchina non è un bene accessibile a tutti. La sua conquista in Italia possiede quindi un elevato valore simbolico perché certifica che la migrazione sta andando bene e che le cose stanno realmente migliorando. In Sri Lanka la distinzione si basa principalmente sulla casa, che è il bene a maggior valore simbolico e che è spesso l’obiettivo principale della migrazione. La costruzione delle lussuose case di Wennapuwa è presentata e raccontata dai migranti come una sorta di sfida tra vicini e più in generale tra connazionali. Il discorso è più o meno questo: se uno, che lavora in Italia, costruisce una casa lussuosa ad un piano, quell’altro, che lavora anche lui in Italia, ne vuole costruire una a due piani, all’ora il primo a quel punto vorrà ampliare la sua casa fino a tre piani. Discorsi come questi, a cui fanno seguito critiche feroci alle sontuose case in costruzione per anni e mai terminate, “ha voluto fare una casa a tre piani e adesso non riesce a finirla”, piuttosto che raccontare situazioni reali mettono in evidenza delle percezioni e rappresentazioni diffuse. Il connazionale viene considerato come invidioso e geloso, sempre impegnato ad avere più degli altri, sempre desideroso di vedere gli altri “stare sotto”.

2. Contatti evitati

Se le parole sono un dono, come sostiene Caillé (1998, trad. it. 1998) e il suo circolare crea legame e fiducia tra le persone, la situazione contraria, quella del rifiuto della parola crea diffidenza e sfiducia nel prossimo. Per numerosi migranti la comune appartenenza nazionale è sufficiente per uno scambio di sorrisi, un saluto e talvolta anche una conversazione che può diventare il pretesto per uno scambio di informazioni preziose. In diverse interviste, in riferimento all’argomento relazioni tra srilankesi in Italia, le persone hanno spesso sottolineato il comportamento di coloro che quando li si incrocia per strada cambiano percorso, evitano lo sguardo e rifiutano il discorso, coloro cioè che non donano parole. Il riferimento a questi atteggiamenti e comportamenti è fatto dai migranti con lo scopo di illustrare che tra srilankesi in Italia non tutto va bene, che non con tutti si è in buoni rapporti, che la comune appartenenza può essere un elemento che attrae ma anche che respinge, che tra srilankesi ci può essere aiuto, ma anche rifiuto e conflitto.

Vi sono due interpretazioni condivise per spiegare questi atteggiamenti e comportamenti. La prima è quella, in linea con quanto detto sopra, che porta a percepire questi comportamenti

come quelli di chi sentendosi superiore non perde neppure tempo a parlare con gli altri. Questi atteggiamenti e questa interpretazione giocano a favore della visione condivisa della “gara per soldi”, nella quale i connazionali diventano rivali. Una seconda interpretazione condivisa è quella che le persone rifiutano di donare le parole per evitare la richiesta di un altro dono più concreto, in particolare la richiesta di denaro. L’altro generalizzato, dunque, oltre che concorrente geloso e invidioso può anche essere egoista.

Il rifiuto del saluto e della parola diventano comportamenti percepiti e valutati in maniera fortemente critica e concorrono a diffondere un senso di diffidenza generalizzata. Per comprendere la capacità che questi comportamenti hanno di incidere profondamente sulle percezioni condivise e sulle dinamiche relazionali tra connazionali va considerato il contesto sociale all’interno del quale questi avvengono. All’interno della società italiana, la comune estraneità (l’essere straniero) e la comune appartenenza nazionale (l’essere srilankese) contraddistinguono costantemente la vita dei migranti. La gestione istituzionale dell’immigrazione in cui si formano le strategie migratorie tendono a favorire la concentrazione. Una migrazione strutturata finisce per favorire incontri in luoghi connotati dalla comune appartenenza nazionale. Le difficoltà della migrazione e l’indifferenza della società di destinazione, che come sostiene Dal Lago (1999), sarebbe paradossale definire società d’accoglienza, portano alla ricerca di un qualche sostegno, di qualche forma d’aiuto, che non trovandosi nelle istituzioni, finiscono per dipendere dalle relazioni interpersonali, prime tra tutte quelle con propri connazionali. Dunque, esistono situazioni e ragioni sociali che spingono all’incontro con connazionali. Quando questi incontri vanno “a buon fine”, quando c’è dono di parole e di sorrisi, tutto questo favorisce il formarsi di una sorta di spirito

del noi, di fiducia generalizzata verso i propri connazionali. Ma quando si verifica il contrario,

quando gli incontri con propri connazionali che tutte le circostanze rendono inevitabili e ripetuti in più occasioni, vengono rifiutati e respinti il noi tende ad assumere connotazioni negative. Questi incontri (evitati), invece di contribuire al formarsi della fiducia generalizzata favoriscono il diffondersi della sfiducia generalizzata e il formarsi di una lettura condivisa che considera l’altro generalizzato come egoista, invidioso, geloso e rivale. La diffidenza può quindi entrare all’interno dello spazio sociale della migrazione, all’interno del noi.

3. Pettegolezzo

Esiste una comunicazione costante e frenetica tra connazionali in Italia. Nelle occasioni di incontro i cellulari squillano continuamente e i migranti appaiono essere sempre informati sulle tariffe telefoniche migliori e più economiche. La comunicazione è costante anche tra Italia e Sri Lanka. I call center e gli internet point sono tra i negozi maggiormente presenti nelle zone ad elevata concentrazione di immigranti, come Veronetta (quartiere di Verona) e in quella ad elevata presenza di emigranti, come la Main Road di Wennapuwa.

Negli ultimi dieci anni i progressi della tecnologia della comunicazione hanno subito un’ulteriore accelerazione lungo un cammino che registra da decenni costanti e rapidi passi in avanti. Gli ultimi dieci anni si sono caratterizzati per un costante abbassamento dei costi della comunicazione che ha anche cambiato il modo di vivere la migrazione. Le parole di Amali, arrivata in Italia nel 1991, sono indicative per comprendere come fino a non molti anni fa fosse molto più difficile mantenere una comunicazione costante con lo Sri Lanka e con i propri cari.

Io stavo senza permesso di soggiorno, quindi non sono riuscita neanche a venire in Sri Lanka per vedere i miei figli. Passato tre anni senza vedere figli, neanche riuscito a parlare perché costava troppo, non come adesso… Allora non parlavo, parlavo solo ogni tanto, ogni due mesi. Mandavo lettere…(Intervista ad Amali, Wennapuwa, 11.08)

La comunicazione tra Sri Lanka e Italia oggi si è fatta quasi quotidiana per l’accesso ai cellulari. Le tariffe da una parta all’altra del mondo diventano più accessibili. Lungo la Main

Road di Wennapuwa un gigantesco cartello pubblicitario di una delle multinazionali della

comunicazioni pubblicizza una tariffa vantaggiosa verso l’Italia. Internet ha ulteriormente abbassato i costi e facilitato la comunicazione internazionale. Tramite skype, durante la ricerca mi sono trovato spesso, talvolta in Sri Lanka con chi è rimasto, talvolta in Italia con chi è partito, a salutare, vedere e parlare con le persone sull’altra sponda della migrazione. Il personal computer e la connessione internet si stanno diffondendo sia all’interno degli appartamenti di srilankesi in Italia, sia nelle case in Sri Lanka.

La connessione è arrivata da poco a casa di Suranjan a Verona e da poco è arrivata anche a casa di Indika, in Sri Lanka. Indika può ora chiamare e vedere sul video la sua famiglia. Ci sono la madre, la sorella, i nipoti, e Lasitha (cognato), che da qualche mese è tornato definitivamente in Sri Lanka e con cui Indika ha vissuto nello stesso appartamento per diversi anni a Verona. (Note di campo, Verona, 06.09)

La prima volta che vado a casa di Mark, a Wennapuwa, lo vedo seduto nel mezzo del cortile davanti ad un computer portatile con in testa delle cuffie. Dietro di lui ci sono la moglie del

fratello e i loro due figli. Stanno parlando con il fratello di Mark che si trova a Lucca. (Note di campo, Wennapuwa, 11.08)

Tra Sri Lanka e Italia si è verificata una vera e propria esplosione della parola. I lati positivi dell’espandersi della capacità comunicative sono numerosi. È possibile mantenere un contatto continuo con i familiari divisi dalla migrazione. I media della comunicazione contribuiscono anche al crearsi di nuove relazioni. Grazie alle numerose chat, i migranti possono stringere nuove amicizie con altri migranti nelle diverse città dell’immigrazione srilankese in Italia o con propri connazionali in Sri Lanka. La chat può anche creare nuove relazioni affettive a distanza favorendo il formarsi di nuove coppie tra srilankesi divisi tra Sri Lanka, Italia o altri paesi dell’emigrazione srilankese.

La circolazione della parola non solo può contribuire alla costruzione e al mantenimento dei legami, ma può anche provocare incomprensioni e senso di diffidenza verso gli altri. Esistono diversi modi di dire tra srilankesi per esprimere il concetto che una cosa che succede in Italia si sente, (fa rumore), in Sri Lanka. Ci sono, per usare una nota espressione all’interno degli studi sulle reti sociali, troppo pochi gradi di separazione tra un migrante ed un altro per evitare che la parola si propaghi. La comune provenienza di numerosi migranti e la concentrazione di migranti srilankesi nelle medesime città italiane fa si che i legami tra connazionali si creino facilmente o quanto meno la comunicazione tra connazionali sia frequente. È facile incontrare in Italia “vicini di casa in Sri Lanka” dei quali si ignorava l’esistenza prima della migrazione. Una notizia (e poco importa che sia totalmente o parzialmente corrispondente ai fatti o persino del tutto falsa), può rimbalzare da un contatto ad un altro, fino ad arrivare in Sri Lanka, dove può continuare a propagarsi e a distorcersi. Lo sguardo degli altri srilankesi può dunque essere pericoloso e soprattutto l’interpretazione degli altri su quello che uno fa o non fa può provocare conseguenze dannose a colui che diventa l’oggetto del pettegolezzo.

Tra migranti circolano diversi luoghi comuni legati alla migrazione e ai comportamenti dei migranti srilankesi considerati e interpretati spesso in termini culturali e quindi considerati come peculiari dei cittadini srilankesi. È un luogo comune, ad esempio, che la migrazione sia una rovina per molte famiglie. Sia in terra d’emigrazione sia in quella di immigrazione, si pensa che una conseguenza diffusa della lontananza tra i coniugi sia il tradimento. Un altro luogo comune è quello che gli srilankesi bevano troppo e quando ubriachi siano facilmente irascibili e che per questo le feste e i concerti tra srilankesi finirebbero spesso in liti, violenza e sangue. Questi luoghi comuni, esempi particolarmente significativi tra i tanti, mostrano

quanto sia differente, anzi diametralmente opposto l’immagine del noi che gli srilankesi tendono a proporre all’esterno e quella che circola all’interno del noi. Da una parte gli srilankesi appaiono come gente mite, tranquilla e della quale ci si può fidare. Per dimostrarlo i riferimenti comuni vanno dai buoni rapporti che istaurano con i datori di lavoro nei settori domestico e di cura e all’assenza della nazionalità srilankese dai media e dalle notizie della criminalità straniera. L’immagine che circola fra srilankesi è totalmente differente. Tradimenti e comportamenti anti-sociali caratterizzati in termini culturali sono luoghi comuni che circolano tra srilankesi in Italia e su cui è comunque forte la critica sociale. Questi luoghi comuni possono avere una base di verità ma soprattutto forniscono il repertorio su cui costruire storie e pettegolezzi. I luoghi comuni diventano storie su qualcuno e contro qualcuno, storie che iniziano a circolare. Queste storie possono avere conseguenze particolarmente spiacevoli quando rappresentano in negativo il soggetto della storia, (oggetto del pettegolezzo) e quando giungono ai familiari all’altro lato della migrazione.

La percezione del pettegolezzo e delle dicerie è dunque condivisa dai migranti srilankesi. La parola come veleno che dall’Italia si diffonde verso lo Sri Lanka (e viceversa), crea un senso di diffidenza generalizzato verso i propri connazionali in Italia, coloro che potrebbero aver sparlato di te o che comunque potrebbero sempre farlo.