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Una breve storia del flusso Sri Lanka-Italia

Il flusso migratorio Sri Lanka-Italia ha una storia di oltre trent’anni. Ripercorrere questa storia significa imbattersi nel problema dell’inizio della migrazione. Prima di presentare un’ipotesi su questa origine va sottolineato che affinché si sviluppi una migrazione ed assuma dimensioni quantitativamente importanti sono necessarie diverse fasi di migrazione “fortunata” che possono sfruttare canali notevolmente differenti tra loro. È questo il caso della migrazione srilankese verso l’Italia.

Sia Näre (2008)1, che ha condotta una ricerca sui migranti srilankesi a Napoli, identificati come in maggioranza singalesi provenienti dalla costa occidentale, (quindi gli stessi migranti di cui si tratta nella presente ricerca) e Pathirage e Collyer, che studiano l’emigrazione da Wennapuwa verso l’Italia2, sostengono che il flusso Sri Lanka-Italia abbia avuto origine verso l’inizio degli anni Settanta e che sia stato facilitato dai contatti tra istituzioni religiose, cioè attraverso una sorta di transnazionalismo delle istituzioni Cattoliche.

Sono però gli anni Novanta che fanno registrare il pieno sviluppo di questo flusso migratorio che assume dimensioni via via maggiori (Näre, 2008). Questo stesso periodo si caratterizza in Italia per una chiusura nella politica degli ingressi e per un clima culturale segnato dall’emergenza immigrazione (Dal Lago, 1999; Colombo e Sciortino 2004). Gli ingressi clandestini, capaci di sfruttare la porosità dei confini e di oltrepassarli, sono una delle conseguenze delle politiche restrittive dell’immigrazione. Questi tipi di ingressi sono legati a viaggi pericolosi, talvolta tragici poiché causano spesso la morte di migranti lungo il tragitto e sono condotti per lo più da organizzazioni criminali. Questi viaggi hanno alimentato il flusso Sri Lanka-Italia nel periodo del suo pieno sviluppo.

Il controllo dei confini e la lotta all’immigrazione irregolare è una carta politica che in Italia è stata giocata e viene giocata da diversi partiti politici. Il controllo è un obiettivo che deriva anche dall’appartenenza alla Comunità Europa, e a Schengen, come Stato posto ai suoi confini. L’implementazione dei controlli è dunque un compito che l’Italia ha portato avanti sempre con maggiore vigore attuando diverse strategie e strumenti di controllo. Il controllo si

attua non solo con la sorveglianza diretta dei propri confini, ma anche attraverso una serie di accordi bilaterali con paesi di partenza e di transito. Questi accordi mirano ad ottenere una collaborazione per contrastare l’immigrazione clandestina e favoriscono la proliferazione dei luoghi del controllo (aeroporti, ambasciate, ecc.) interconnessi e in costante comunicazione tra loro. Il controllo diventa così diffuso e i confini si moltiplicano diventando reticolari, cioè dislocati su più punti interconnessi (cfr. Walters, 2004).

Lo Sri Lanka ha stipulato accordi bilaterali sia con l’Italia, sia con l’Unione Europea. L’inizio degli anni Duemila segna una drastica riduzione dei viaggi clandestini verso l’Italia. Il 2002 risulta un anno decisivo. È l’anno della Conferenza ministeriale sulla cooperazione in materia dei flussi migratori fra Asia ed Europa, a cui partecipa anche lo Sri Lanka (Düvell, 2004). In questo stesso anno Italia e Sri Lanka stipulano un accordo bilaterale nel quale viene “barattato” una (piccola) quota di ingressi privilegiati (che l’Italia concede annualmente allo Sri Lanka) con una collaborazione (da parte dello Sri Lanka) sia per il controllo delle frontiere sia per il problema del rimpatrio degli espulsi. La libertà di movimento delle persone viene così trasformata in valore di scambio tra stati (Rigo, 2004). Le rotte clandestine, soprattutto quelle via mare attraverso il canale di Suez vengono bloccate. Non è un caso dunque che Manoj, un pescatore di Wennapuwa, ricordi l’ultima partenza dalla costa della sua città di una nave diretta verso l’Italia proprio in questo anno. Inoltre il 2002 è anche l’anno della legge Bossi-Fini che ha tra suoi obiettivi quello di contrastare in maniera sempre più decisa e severa l’immigrazione irregolare rendendo un azzardo anche quegli ingressi regolari ma già virtualmente irregolari poiché legati a visti temporanei o a documenti falsi.

A partire dagli anni Settanta e con maggiore intensità negli anni Novanta questo flusso migratorio ha presentato un incremento annuo costante. Una grande quantità di migranti irregolari è riuscita ad ottenere lo status di regolare attraverso i contatti con i datori di lavoro o utilizzando il sistema delle sanatorie, che soprattutto negli anni Novanta si sono susseguite con elevata frequenza (1990, 1995, 1998). La regolarizzazione permette i ricongiungimenti familiari che presentano un incremento costante negli anni e che alimentano nuova immigrazione regolare. Con la regolarizzazione la migrazione srilankese presente in diverse città dell’Italia (Milano, Verona, Roma, Napoli, Palermo), tende a muoversi verso il Nord Italia attratta da un mercato del lavoro che offre maggiori opportunità. La migrazione srilankese non scompare del tutto dalle altre città del Centro, del Sud e della Sicilia, anche se tende ad avere nelle città del Nord la maggiore concentrazione. Attualmente Milano è la prima città dell’immigrazione srilankese seguita da un’altra città del Nord, Verona.

Gli anni Duemila rappresentano tendenzialmente il periodo degli ingressi regolari e dei viaggi in regola. I viaggi clandestini, sia via mare attraverso il canale di Suez, sia via terra attraverso l’Europa dell’Est, sono stati per lo più fermati e gli ingressi attraverso documenti falsi o visti temporanei che portano alla condizione di irregolare sono diventati in seguito all’aumento dei controlli sul territorio italiano molto più rischiosi rispetto al passato.

È dunque possibile fissare approssimativamente tre fasi nella storia del flusso migratorio tra Sri Lanka e Italia in relazione alle modalità dei viaggi e degli ingressi. Un’ipotetica origine legata soprattutto ai contatti tra istituzioni religiose, uno sviluppo segnato da ingressi clandestini e da irregolarità diffusa e la condizione attuale dei viaggi e degli ingressi regolari. I ricongiungimenti familiari e gli ingressi alternativi (e talvolta creativi), con documenti falsi o con visti temporanei e quindi già virtualmente irregolari, rientrano all’interno di tutte le diverse fasi della migrazione e, a seconda delle congiunture, diventano più o meno rilevanti in una fase o nell’altra del processo migratorio. Va detto inoltre che quando si parla di immigrazioni alimentata da ingressi clandestini e irregolari ciò non significa che questa sia stata la modalità di ingresso esclusiva. Anche in questa fase sono presenti ingressi regolari per motivi di lavoro.

Le tre fasi non vanno lette come dei periodi in cui tutti i viaggi e tutti gli ingressi sono avvenuti allo stesso modo ma come fasi attraversate da tendenze legate sia alle condizioni della società di partenza, che a quella di destinazione, nonché allo stato dello stesso flusso migratorio. Queste tendenze incidono inevitabilmente su viaggi, sugli ingressi e sulle strategie che i migranti attuano per raggiungere l’Italia e incidono poi sulla loro permanenza come immigrati in Italia.