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All’interno degli studi sulle migrazioni contemporanee, il paradigma del

transnazionalismo1 tende a sottolineare e a metter in luce soprattutto le opportunità e le capacità dei migranti di vivere una vita duale, una vita fatta di contatti continui tra società di partenza e società di destinazione, che i progressi costanti della tecnologia delle comunicazioni e dei trasporti rendono sempre più facili ed economici. Un sempre maggior numero di migranti, secondo questa prospettiva, parla due lingue, ha casa in due stati

differenti, ha sviluppato attività economiche che attraversano i confini, ha

contemporaneamente interessi di vario genere in entrambe le società e spesso interconnessi tra loro (Portes, Guarnizo e Landolt 1999; Portes 1999). Naturalmente questa prospettiva sottolinea la variabilità delle migrazioni, cioè delle varie forme di transnazionalismo, legate soprattutto alle differenti modalità di gestione della migrazione che caratterizzano le diverse società di destinazione. Ciò nonostante la tendenza di parte dei lavori sul transnazionalismo è quella di mettere in luce le opportunità per i migranti transazionali, che non devono neppure più scegliere tra ritorno definitivo a casa o definitivo abbandono della società di origine, poiché la loro vita può progredire su entrambe le sponde della migrazione2.

La vita doppia dei transmigranti potrebbe essere letta in opposizione a quella doppia

assenza messa in luce da Sayad (1999 trad. it. 2002), per sottolineare come alla marginalità

senza uscita che il migrante esperisce nella società di arrivo si sommi la perdita della propria posizione socio-economica e dei legami nella società di partenza. La vita dei migranti, all’interno di questa ottica, diventa una vita segnata dalla discontinuità, una vita in frammenti difficile da ricomporre.

Pur condividendo il paradigma del transnazionalismo e riconoscendo il fatto che il migrante abbia sempre maggiori possibilità di andare e tornare, di comunicare, di avviare attività e interessi tra i confini, ciò che questo capitolo mette in luce, in relazione alla migrazione Sri Lanka e Italia, sono le difficoltà che il migrante incontra nel condurre una vita

1 Si è soliti attribuire la formulazione iniziale del paradigma del transnazionalismo a Nina Glick Schiller, Linda

Basch e Cristina Szanton (1992). In proposito si confronti Cingolani (2009)

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divisa tra due società. In maggiore continuità con le analisi di Sayad dunque, si vuole

evidenziare come la vita del migrante sia fatta di discontinuità di spazi (fisici e sociali) e di tempi e come, in queste condizioni, la realizzazione di un progetto di vita diventi estremamente complicato e complesso. Quella del migrante è un presente in una società e il pensiero del futuro in un’altra. A unire queste doppia discontinuità di spazi e tempi c’è il progetto del guadagno che rende possibile il ritorno. Questo ritorno non è però in continuità, è un ritorno che ha bisogno delle risorse necessarie a ri-costruire una posizione all’interno della società che si è lasciati alle spalle con la migrazione. “Se torno adesso – dice Indika – non posso fare niente in Sri Lanka”, sottolineando l’importanza di tornare con abbastanza denaro per fare qualcosa in Sri Lanka, per ri-iniziare una vita in Sri Lanka. La migrazione comporta anche una difficile gestione dei tempi della vita, soprattutto quelli dei figli in relazione ai quali vanno prese decisioni sul loro futuro all’interno di un percorso migratorio caratterizzato dall’insicurezza e della precarietà. La discontinuità la si nota anche sul piano delle relazioni personali. Le relazioni coniugali a distanza sono complicate. I migranti sostengono che con la migrazione aumentino anche i casi di divorzio. Ma anche altre relazioni tra le due sponde della migrazione diventano complesse e i migranti vivono le conseguenti difficoltà durante i ritorni temporanei in Sri Lanka attraverso la sensazione della trasformazione di alcuni rapporti di parentela e di amicizia in rapporti strumentali, “chiedono sempre soldi” e attraverso la sensazione che qualcuno possa sfruttare la loro assenza a suo vantaggio. Un ragazzo sostiene che alcuni suoi parenti si siano accaparrati la sua parte di eredità, perché alla morte del nonno lui era in Italia e dall’Italia non è riuscito a, (o, al tempo, non ha voluto), gestire la situazione.

Se la vita del migrante si caratterizza per una serie di discontinuità e difficoltà nel mantenere unite la vita da immigrato e quella da emigrato, in relazione al guadagno, che è l’obiettivo principale ed esplicito della migrazione, il migrante vive una vera e propria vita

duale, che impone una gestione dei guadagni che tenga contemporaneamente conto delle

necessità del qui e del presente, e del là, con le aspettative e le prospettive sul futuro. La gestione dei guadagni ha dunque a che fare con esigenze doppie e contemporanee e diventa una gestione estremamente complicata e complessa, che impone una costante ri-definizione e ri-valutazione degli obiettivi della stessa migrazione. Il progetto spesso vago in partenza – “guadagnare abbastanza”, “guadagnare quel che serve per fare qualcosa” – tende a definirsi nel tempo come obiettivo, ma resta per lunghi tratti del percorso indefinito nei tempi, nei modi di realizzazione e nei risultati.

Jeevan, ventotto anni, è sposato. Vive in Italia da una decina d’anni, sua moglie è arrivata nel 2007. Jeevan lavora da diversi anni per una cooperativa. Ha un salario di circa 1.200 euro. La moglie attualmente ha un lavoro part-time ma non guadagna molto. Alla fine del mese, sostiene Jeevan, riesce a mettere da parte poco: 100, 200 euro. Facendo i conti, gran parte dei guadagni serve per pagare l’affitto, le bollette, le spese del vivere quotidiano. Ogni mese, inoltre, una parte dello stipendio è trattenuto dalla banca, perché ha preso un finanziamento di 10.000 euro, necessario per comprare un terreno in Sri Lanka, che rappresenta solo una parte dei suoi obiettivi futuri e per il rientro. (Note di campo, Verona, 09.09)

Suranga, ventiquattro anni, non è sposato ed è arrivato in Italia nel 2005. Vive assieme alla zia e alle due cugine. Nei suoi quattro anni in Italia ha già cambiato diversi lavori e ha sperimentato più volte periodi di disoccupazione. Attualmente lavora per un’agenzia, fa pulizie in un supermercato. Ventuno ore settimanali e una paga di 750 euro. Sostiene che adesso è molto difficile mettere da parte qualcosa. Ci sono le spese per l’affitto, per il mangiare, per il telefonino, per la benzina, per l’assicurazione della macchina e di tanto in tanto anche per il rinnovo del permesso di soggiorno, “adesso bisogna pagare 200 euro, nuova legge”. A tutte queste spese deve aggiungere la rata mensile del finanziamento preso per acquistare la macchina. “Adesso se non si guadagnano almeno 1.000 euro è molto difficile in Italia” (Note di campo, Verona, 09.09).

Come mettono in luce i casi di Jeevan e Suranga per numerosi migranti diventa difficile mettere da parte qualcosa a fine mese. Gran parte dello stipendio se ne và per le spese necessarie dell’affitto e del vivere quotidiano. Investimenti maggiori possono riguardare sia l’Italia sia lo Sri Lanka. Tendenzialmente, una discriminante importante è quella della famiglia. Le spese dei single riguardano maggiormente il presente e le necessità del futuro e il pensiero del ritorno vengono vissute con meno urgenza. Un discorso comune delle persone sposate di sesso maschile è quello che prima del matrimonio non si è riusciti a mettere da parte molti soldi perché si spendeva tanto, soprattutto per divertirsi con gli amici. Con il matrimonio e la famiglia cambiano le prospettive e diventa più pressante l’organizzazione dei guadagni e la progettualità del ritorno.

La vita migrante si caratterizza, dunque, per una costante necessità di denaro, che serve sia per la vita nel presente in Italia, sia per realizzare le elevate aspettative legate al futuro e al ritorno in Sri Lanka. Il migrante può trovarsi in situazioni difficili, può trascorrere periodi di disoccupazione, senza risparmi e con urgente bisogno di denaro per sostenere spese necessarie per il vivere quotidiano. Altre volte la necessità e l’urgenza di denaro possono riguardare un investimento in Sri Lanka. Quando si presentano occasioni come una casa o un terreno ad un prezzo conveniente il migrante proverà in ogni modo a rimediare il denaro necessario per non farsela scappare. Nei casi di mancanza e di necessità di denaro se non riesce ad ottenere un finanziamento in banca, il migrante può ricorrere ai legami, a parenti e amici o a connazionali. Le risorse offerte dai legami possono risultare di estrema importanza e di estrema utilità, ma

possono anche rivelarsi rischiosi per qualcuno degli interessati e per la stessa relazione che li unisce. In relazione al problema “sally” (soldi), le pratiche migranti e le dinamiche relazionali tra migranti all’interno dello spazio sociale della migrazione mostrano aspetti ambivalenti, contradditori e potenzialmente conflittuali.