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Concentrazione dei migranti nelle città italiane

Arrivare dove sono già presenti altri connazionali, all’interno del contesto italiano, è stata ed è tuttora una necessità. Ciò non significa che seguire il percorso di propri parenti e amici non sia preferibile anche nelle situazioni in cui ciò non sia necessario, ma lo stato attuale della gestione istituzionale della migrazione rende qualsiasi altra soluzione migratoria oggettivamente difficile.

All’inizio della migrazione Sri Lanka-Italia i contatti su cui un aspirante migrante poteva contare non erano numerosi. Una volta arrivato in Italia, il neo-arrivato ricercava comunque l’aiuto di qualche connazionale contattando qualcuno che magari non conosceva direttamente ma che era un amico di qualche parente o di qualche amico. Per un migrante irregolare questo era indispensabile. Col tempo la presenza di srilankesi in Italia è diventata più consistente e in caso di irregolarità i migranti hanno continuato a fare affidamento sull’aiuto di parenti ed amici. Anche i migranti che oggi arrivano in Italia per lo più in maniera regolare tendono a raggiungere le stesse città dei propri connazionali, raggiungendo spesso chi ne ha gestito la migrazione. L’affidarsi a propri connazionali anche da parte dei migranti regolari è motivato

dalla necessità dell’aiuto, dato che come spesso accade, alloggio e lavoro presenti sul documento che permettono l’ingresso in Italia e che sono necessari per ottenere il visto per motivi di lavoro, sono un alloggio e un lavoro sulla carta, quindi da ricercare al momento dell’arrivo e difficili da trovare senza l’aiuto dei connazionali.

Il caso di Suranjan, entrato in maniera irregolare in Italia nel corso degli anni Duemila chiarisce da una parte la necessità dei migranti di appoggiarsi a propri connazionali nel momento dell’arrivo e dall’altra il processo di formazione della concentrazione, frutto di una storia della migrazione che ha visto i neo-migranti dipendere, per diversi motivi diversi, dai migranti precedenti.

Suranjan ha cinque sorelle e un fratello. Vivono tutti a Verona. Quando ha lasciato lo Sri Lanka, ultimo della famiglia, la destinazione naturale è stata dunque Verona. Per qualcuno, paradossalmente, rimanere a casa e non partire significa perdere gran parte della famiglia, anche se nel caso di Suranjan, l’arrivo in Italia ha significato una separazione temporanea altrettanto dolorosa, quella dalla moglie e dal figlio di pochi anni, che lo hanno raggiunto successivamente.

Quando è arrivato in Italia, Suranjan non era in regola. I documenti che gli hanno permesso di viaggiare “comodamente” in aereo e di oltrepassare i controlli non erano i suoi, ma quelli che un ex-migrante, intenzionato a non far più ritorno in Italia, gli aveva venduto in Sri Lanka. Appena entrato, mi spiega Suranjan, mimando il gesto, ha strappato e buttato via i documenti, quasi a volersene sbarazzare il prima possibile dopo le tante difficoltà incontrate per procurarseli. Il timore era quello che i documenti potessero in un qualsiasi modo pesare su di lui e nuocergli – possibilità paradossale che rafforza l’idea, soggiacente a tutta la questione della mobilità umana, che il documento faccia la persona, il suo destino, i suoi viaggi e perché no, le sue colpe anche quando non sono state commesse. Qualcuno, sostiene Suranjan, potrebbe aver un contenzioso aperto con l’Italia. “Io non so cosa ha fatto lui in Italia, meglio buttare via”.

Senza documenti la permanenza in Italia è legata alle sorelle, ai cognati e al fratello, che a turno lo ospitano in casa fino a quando non riesce a conquistarsi l’indipendenza, cioè la condizione di regolare e un lavoro. (Note di campo, Verona, 07.09)

Verona, “casa” della famiglia di Suranjan, è una delle città italiane nelle quali l’immigrazione srilankese si concentra. La concentrazione in città dove esistono possibilità di lavoro per migranti tende a riprodurre se stessa. Col tempo la presenza srilankese sul territorio tende a strutturarsi e a farsi ufficiale, diventando sempre più meta possibile e probabile per nuovi arrivi. Compaiono numerose iniziative connotate dal punto di vista “etnico”. Servizi, negozi, attività e associazioni di srilankesi per srilankesi sono presenti a Verona, come nelle altre città ad alta concentrazione di migranti srilankesi. Il migrante grazie all’effetto

concentrazione e alla sua strutturazione nel tempo può usufruire di servizi ufficiali e

inviare denaro attraverso i negozi srilankesi e inviare cose attraverso i container, che prima di partire via mare per lo Sri Lanka fanno il giro delle città italiane con migranti srilankesi per raccogliere le spedizioni. È attraverso i container che le italian houses di Wennapuwa si riempiono di mattonelle, di cose, di elettrodomestici e parti di arredamento che piuttosto che

made in Italy, sarebbe più giusto definire bought in Italy, perché al di là di qualche

produzione particolare, (ad esempio le ceramiche della Provincia di Modena), il luogo di produzione non è poi tanto rilevante.

La concentrazione offre al migrante all’arrivo nel nuovo contesto sociale legami con parenti e amici già da tempo in Italia e tutta una serie di legami potenziali con propri connazionali. La concentrazione è virtualità di legami. Questo al momento dell’arrivo risulta un elemento importante per la vita del migrante e per il futuro della sua esperienza migratoria. Il neo-migrante tenderà a cercare, o comunque sarà facilitato a stringere contatti con propri connazionali, che parlano la stessa lingua, condividono pratiche culturali e hanno esigenze e necessità simili. I legami fortuiti possono da superficiali diventare più intensi, vere e proprie relazioni di amicizia. La concentrazione offre legami e risorse per affrontare le difficoltà oggettive che una determinata gestione istituzionale della migrazione concorre a far pesare sulle vite migranti.

Suranjan trova il suo primo lavoro in Italia grazie all’aiuto di una signora srilankese. “Io non la conoscevo, lei conosceva me”. Pur arrivando dalla stesse città, cioè Wennapuwa, Suranjan sostiene che prima di arrivare a Verona non conoscesse la signora, mentre lei, al contrario, lo avrebbe riconosciuto grazie al fatto che Suranjan in Sri Lanka lavorava come fotografo. Questa attività impone un contatto diretto con il pubblico, quindi riconoscibilità. La signora incontra per caso Suranjan e riconoscendo un volto della sua città si ferma per parlare. “Perché sei venuto in Italia, lei mi ha chiesto, tu avevi soldi in Sri Lanka”. Il discorso riguarda dove si abita, chi si conosce, che lavoro si fa. Dato che Suranjan al momento dell’incontro era da poco arrivato e non aveva un lavoro la signora gli ha offerto un contatto per un posto di lavoro come domestico. Naturalmente non tutti riescono a cogliere le occasioni allo stesso modo, comunque per Suranjan quel posto di lavoro, arrivato attraverso un aiuto inaspettato, ha significato una svolta all’interno del suo percorso migratorio. La datrice di lavoro italiana lo ha messo in regola e ha fatto domanda anche per la moglie di Suranjan, per farla arrivare attraverso un visto per motivi di lavoro dato che inizialmente Suranjan non aveva possibilità di avviare il ricongiungimento familiare.

Suranjan ha successivamente trovato un nuovo lavoro senza la mediazione di connazionali. Presentandosi direttamente al proprietario di un distributore di benzina si è proposto come lavoratore grazie ad una conoscenza della lingua italiana che, anche se non perfetta, è comunque buona. Ha ottenuto il posto e ora ha un contratto a tempo indeterminato. In più Suranjan durante i week-end riesce talvolta a lavorare come fotografo ai numerosi matrimoni dei propri connazionali che si celebrano nelle diverse città italiane. Facendosi pubblicità sulle reti satellitari srilankesi che trasmettono dall’Italia e che sono state pensate proprio dirette ai

migranti srilankesi in Italia, Suranjan si è fatto conoscere tra i propri connazionali e anche questo suo secondo lavoro sta portando importanti guadagni.

L’intraprendenza è una componente determinante nella storia migratoria di Suranjan. Ma è altrettanto vero che la concentrazione dei migranti, con i suoi legami virtuali, gli ha offerto un aiuto indispensabile nel difficile momento dell’arrivo in Italia. Aiuto che la cerchia dei parenti non è riuscita ad offrirgli e che i canali ufficiali non potevano concedergli data la condizione di irregolare. (Note di campo, Verona, 07.09)

“In Italia ci vuole anche fortuna, conta molto la fortuna”. La fortuna a cui fa riferimento Anil è quella dell’aiuto che arriva come per caso da un incontro fortuito. Anil ha ventisei anni, è in Italia dal 2003 e racconta una storia simile a quella di Suranjan in relazione al suo arrivo a Milano, dove si è trasferito dalla Sardegna. “A Milano neanche due settimane è ho trovato lavoro”. Poco dopo essersi trasferito incontra un giovane connazionale per strada, i due si fermano a discutere, si scambiano il numero di telefono. Non molti giorni dopo, racconta Anil, il ragazzo lo ha richiamato informandolo di un lavoro come aiuto cuoco nel bar ristorante di una palestra di Milano. (Note di campo, Wennapuwa, 11.08)

I casi di Suranjan e Anil mostrano i vantaggi della concentrazione, le strategie che i migranti mettono in atto all’interno di un ambiente come quello della società italiana che in relazione alla gestione dell’immigrazione presenta diverse lacune e dis-funzionalità istituzionali. I vantaggi che la concentrazione offre al momento dell’arrivo e successivamente durante il percorso migratorio tendono a favorire nuovi arrivi nelle medesime città. I cambiamenti e gli spostamenti all’interno del percorso migratorio non sono mai da escludere, ma di solito il movimento è sempre verso una città ad altra concentrazione di connazionali, preferibilmente dove si possiedono legami forti (parenti e/o amici).

Nial ha trascorso più di dieci anni in Italia, gran parte dei quali a Verona. Nel suo percorso travagliato ha alternato momenti di regolarità a momenti di irregolarità. Arrivato attraverso un viaggio clandestino ha raggiunto Treviso dove al tempo abitava uno zio. Poi entrambi si sono trasferiti a Verona. Nel frattempo è diventato regolare, condizione che dopo qualche anno ha perso, ripiombando nell’irregolarità. A quel punto ha preferito trasferirsi a Napoli, dove sostiene sia più facile vivere senza documenti rispetto a Verona e dove può contare su numerosi contatti e soprattutto sulla presenza della madre. La madre ha compiuto un altro tragitto. Da Verona, dove è giunta grazie al ricongiungimento familiare con Nial, si è poi mossa verso Napoli. A Verona, spiega Nial, si ammalava sempre, “troppo freddo per lei”, così hanno pensato che Napoli fosse una destinazione preferibile. In più a Napoli Nial ha diversi parenti e quindi la madre non è mai rimasta sola. Da Napoli non appena ha riconquistato la regolarità Nial si è trasferito nuovamente a Verona, dove ritiene si viva meglio, dove conosce l’ambiente e può far affidamento su numerosi contatti con propri connazionali. (Note di campo, Verona, 11.07)

Al di la dei trasferimenti che, volenti o nolenti, contraddistinguono numerose storie di migrazione, i migranti tendenzialmente prediligono la stabilità della residenza e soprattutto

del lavoro. Questi risultano però obiettivi estremamente difficili da raggiungere. La condizione d’esistenza di un migrante che ricerca una certa stabilità senza riuscire a trovarla è quella scomoda dell’incertezza costante, della precarietà permanente, della flessibilità. La quantità dei legami e la facilità dei legami, caratteristica tipica di un ambiente ad elevata concentrazione di connazionali, fornisce aiuti potenziali nelle situazioni critiche, di cambiamento, di rottura e di flessibilità subita. I vantaggi della concentrazione vanno al di là del momento dell’arrivo e rendono piuttosto difficile la decisione di abbandonare una città ad altra concentrazione di connazionali.

Indika è entrato in Italia nel 2004 con visto temporaneo. È quindi praticamente da sempre irregolare, nonostante il tentativo di regolarizzazione attraverso la domanda che il suo datore di lavoro ha fatto per lui nel 2007 e che a oltre un anno di distanza ancora non ha avuto risposta. Col tempo, Indika è riuscito a trovare una sua stabilità pur nella marginalità. È arrivato a Verona dalla sorella e dal cognato superando così il problema dell’alloggio. Sempre grazie alla sorella ha poi trovato un lavoro fisso e una serie di lavori part-time: fa pulizie in case e negozi.

Ad un certo punto però la sorella lascia l’Italia. Sorella e cognato decidono di far studiare in Sri Lanka la figlia, nata e vissuta fino ai cinque anni in Italia. La sorella di Indika torna con la figlia in Sri Lanka e qualche anno dopo la segue anche il marito, stanco, dopo quasi vent’anni, della vita in Italia e desideroso di ricongiungersi con la famiglia. A questo punto Indika si trova senza un alloggio e l’unica soluzione che ha sono i contatti con connazionali, molti dei quali creati col tempo sul territorio d’immigrazione. Indika decide di chiedere a Suranjan, fratello di un’amica della sorella. Da legame superficiale, la coabitazione trasforma il legame Indika-Suranjan (e famiglie) in un legame forte, importante, di aiuto. Indika paga la sua quota di affitto, ma data la condizione di irregolare essere accettato in casa equivale a ricevere un aiuto e questo solidifica il legame tra i due. (Note di campo, Verona, 11.07-01.09)

La concentrazione offre una grande quantità di legami virtuali che possono a seconda delle fasi della migrazione intensificarsi e risultare una fonte di risorse, talvolta decisive, come nei casi in cui le condizioni oggettive rendono l’indipendenza impossibile. Tra i vantaggi della concentrazione ci sono anche le occasioni di socializzazione che sono una parte importante della vita e del benessere del migrante dato che possono “salvarlo” dalla solitudine, specie quando tutta la famiglia e i legami a lui più cari sono in Sri Lanka. Esistono una serie di occasioni di svago in cui gli srilankesi si ritrovano e passano il tempo libero assieme: le partite di cricket e di calcio, le bevute con gli amici negli appartamenti o al parco, le cene nei ristoranti dello Sri Lanka, ecc.. Tutte queste occasioni rendono possibile un’estensione dei legami, attraverso l’incontro con gli amici degli amici, che risultano risorse virtuali per il futuro.