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Camera dei Deputati, Palazzo Montecitorio, Aula della Commissione VI (Finanze)

SIMBOLI DELLA CULTURA SPAGNOLA E RIVENDICAZIONI AUTONOMISTICHE: LE LINEE DI TENDENZA

1. Autonomia statutaria e patrimonio culturale

La continua evoluzione che si registra in Spagna nel rapporto tra Stato e collettività autonome è caratterizzata, negli ultimi tempi, dal costante tentativo delle autonomie regionali di conquistare maggiori ambiti di potere per l’affermazione delle proprie identità culturali. La cultura, nella sua accezione più ampia, rappresenta un fatto differenziale e costituisce un elemento fondamentale, sia nella demarcazione delle rispettive competenze, sia nell’assetto stesso degli spazi di autonomia riconosciuti alle comunità territoriali.

La tradizione spagnola riconosce l’esistenza di vari popoli di Spagna già nelle disposizioni costituzionali del 1931, quando cioè il modello di decentramento politico era già stato pensato in linea con le pressioni autonomistiche dell’epoca. Questa radicata tendenza al pluralismo, soltanto temporaneamente bloccata dalla dittatura franchista, è attualmente sancita nell’impianto costituzionale

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del 1978, che garantisce il diritto ad una propria identità alle nazionalità che compongono i popoli di Spagna1.

Si registra, nell’ordinamento spagnolo, la progressiva tendenza, da parte di specifiche autonomie regionali, ad incidere sempre con maggiore insistenza, sulle politiche culturali nazionali, nel costante tentativo di vedere affermata una propria e distinta cultura. Questa tendenza si è tuttavia rafforzata nell’ultimo decennio, a partire dalle riforme degli statuti, dove è evidente l’idea delle comunità autonome di affermarsi come organismi di rappresentanza di culture autonome e separate dalle impostazioni nazionali2. La necessità di

tutelare la propria identità culturale emerge evidente dall’analisi di numerosi fattori: si riscontrano espresse dichiarazioni di principio all’interno degli statuti, dettagliate ricostruzioni di una storia diversa e distinta da quella spagnola, continui riferimenti all’esistenza di diritti storici, che contraddistinguono una specifica comunità e che inducono, di riflesso, a rafforzare le competenze delle autonomie nelle materie come la ricerca, il riconoscimento e la valorizzazione dei patrimoni, materiali ed immateriali, che costituiscono tutte elementi di una propria specificità culturale3.

Queste dichiarazioni sono poi accompagnate anche da disposizioni che conferiscono alle comunità specifiche competenze relative alla valorizzazione dei simboli e feste regionali, inni, bandiere, monumenti, ecc.; di riflesso diventa sempre maggiormente incisiva la normativa regionale sui patrimoni culturali, nella duplice accezione, nell’idea che l’identità e la cultura di un popolo si rafforzano attraverso la conoscenza e la diffusione del patrimonio storico,

1 La rappresentanza territoriale delle comunità autonome presenta evidenti limiti, che

sono però compensati dal fitto sviluppo di relazioni intergovernative attraverso le quali le comunità autonome partecipano attivamente alle decisioni del governo centrale. G. TERRAGNO, Inquadramenti della cultura nel diritto costituzionale spagnolo, Torino, 2014; A. ARIÑO (dir.), Prácticas culturales en España: desde los años sesenta hasta la actualidad, Barcelona, 2010.

2 A. REPOSO, Profili dello Stato autonomico. Federalismo e regionalismo, 2005, Torino;

C. BASSU, Stato e Comunità autonome in Spagna, in Amministrare, 2004, 3, 423 ss.; A. MASTROMARINO, Il federalismo disaggregativo. Un percorso costituzionale negli stati

multinazionali, Milano, 2010, 207.

3 Molti elementi confermano questo dato: il preambolo dello statuto catalano richiama

gli eventi fondamentali della propria storia, distinta da quella della Spagna. Lo statuto valenziano sottolinea le proprie origini dal Regno di Valenzia, e contiene il riferimento ad un popolo valenzano, che possiede una propria nazionalità ed un proprio governo. In Andalusia, si riscontra il riconoscimento del popolo andaluso che ha formato la propria identità nel corso della storia. In Castiglia Leon si afferma l’idea che la comunità abbia una radicata origine storica e culturale e si sottolinea il ruolo avuto nella formazione della nazione spagnola. Sul tema cfr. J. M. BECERRA GARCÍA (coord.), El nuevo marco legal del

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antropologico e linguistico. Non mancano disposizioni che conferiscono il diritto allo sviluppo di una propria cultura, anche separata dal contesto di riferimento, in modo tale che la valorizzazione del patrimonio culturale diventi prima di tutto protezione dell’identità collettiva, che a sua volta, possa forgiare il diritto all’identità culturale, prima come componente di una società e poi come singolo cittadino4.

Il pensiero giuridico spagnolo ha intravisto in questa stagione di riforme un rinnovato spirito5 di riconoscimento e valorizzazione delle proprie

identità culturali, a cui corrisponde l’ampliamento dei poteri, prima di tutto legislativi, in materia di patrimonio culturale6. Questa tendenza ha condotto

le autonomie regionali a rivendicare spazi discrezionali sempre più ampi, a cui è però corrisposta la reazione inversa dal centro, che ha invaso a sua volta gli ambiti di autonomia lasciati in precedenza alle comunità. Nel 2013 la comunità di Madrid ha emanato disposizioni che intaccano il concetto di bene culturale, tradizionalmente lasciato alla disciplina statale. Lo Stato centrale ha iniziato ad intervenire dettagliatamente nel settore dei finanziamenti delle attività culturali, spazio riservato alle comunità autonome. La questione si è poi notevolmente complicata quando la Catalogna ha vietato, con proprie disposizioni legislative, anche lo svolgimento delle corride nel proprio territorio, intaccando così un elemento qualificante della cultura nazionale, che costituisca un simbolo della Spagna e una rilevante fonte di sviluppo dell’economia nazionale.

Attraverso l’interpretazione delle disposizioni che concernono il tradizionale riparto di competenze tra Stato e autonomie regionali in materia di cultura, il Tribunale costituzionale è così chiamato a trovare nuovi equilibri per bilanciare il principio di autonomia con quello di unità dello Stato spagnolo e solidarietà tra i popoli di Spagna.

4 Si verifica cioè un ritorno all’identità da cui scaturisce poi il diritto individuale all’identità

culturale. Cfr. F. PALERMO, La manutenzione costituzionale: alla ricerca di una funzione, in F. PALERMO (a cura di), La manutenzione costituzionale, Padova, 2007, 1 ss. Cfr. anche M. VAQUER, Estado y cultura: La función cultural de los poderes públicos en la Constitución

Española, Madrid, 1998.

5 F. BALAGUER CALLEJÓN Lo Stato ‘autonómico’ spagnolo: la stagione delle riforme, in

www.federalismi.it.

6 M. REY, Las fundaciones culturales en la España contemporánea: de la transición al

siglo XXI, in Nueva Revista de política, cultura y arte, 2009, 123, 46 ss. L. SÁNCHEZ-M.

MARTÍNEZ, I nuovi Statuti autonomistici in Spagna: l’assetto delle competenze

delle Comunità autonome e i “nuovi” diritti culturali, in Aedon, 2008, 3; J.L. GARCIA

GUERRERO, Lo Stato autonomico. Evoluzione e qualche conclusione sulla prima riforma

integrale di alcuni Statuti, in www.federalismi.it, 2008, 18; A. ARIÑO-R. CASTELLO-G.M.

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1.2. La titolarità ripartita tra Stato e comunità

L’impianto costituzionale detta alcune linee guida. Il dovere di conservare e promuovere l’arricchimento del patrimonio storico culturale ed artistico dei popoli di Spagna e dei beni che lo integrano spetta a tutti i poteri pubblici, qualunque sia il loro regime giuridico e la loro titolarità. Il patrimonio culturale appartiene ai popoli di Spagna e non alla nazione spagnola: vanno quindi esaltate anche le identità dei singoli popoli all’interno della nazione.

La pratica applicazione di questi postulati costituzionali implica l’intervento di un ampio ed eterogeneo insieme di amministrazioni, entità, organismi e persone, provenienti tanto dal settore pubblico, quanto da quello privato.

Le competenze legislative tra lo Stato e le comunità autonome sono ripartite attraverso le previsioni costituzionali dell’art. 148.1 (in relazione alle comunità autonome) e dell’art. 149.1.28 (rispetto allo Stato), in combinato disposto a quelle dell’art. 149.2, che assegna allo Stato il dovere di potenziare il servizio alla cultura. Il modello di riparto di competenze è pertanto radicato sulla distinzione tra la dimensione nazionale e quella locale dell’interesse culturale. La nozione costituzionale di cultura si sviluppa quindi lungo due direttrici: una, che considera l’esistenza di un patrimonio culturale spagnolo, con tratti propri e che non costituisce il risultato dell’aggregazione indiscriminata degli elementi provenienti dalle singole collettività; e l’altra, che rappresenta l’esistenza di specifiche culture regionali.

Lo Stato, secondo l’art. 149.1.28 della costituzione, possiede una competenza esclusiva in difesa del patrimonio culturale, artistico e monumentale spagnolo contro l’esportazione e l’espoliazione, sui musei, biblioteche e archivi di titolarità statali. Per quanto concerne invece le comunità autonome, la costituzione spagnola attribuisce loro competenze sui musei, biblioteche e conservatori di musica, così come in relazione al patrimonio monumentale d’interesse locale. Le autonomie regionali possiedono inoltre competenze relative all’ordinamento del territorio e all’urbanistica, all’artigianato, alla promozione della cultura e alla promozione e disposizione del turismo nel suo ambito territoriale.

I precetti costituzionali sono stati poi attuati attraverso la legge n. 16/1985 del 25 giugno, dalla quale si ricavano ulteriori elementi che caratterizzano l’esperienza spagnola: innanzitutto il criterio soggettivo che conferisce la competenza allo Stato sui beni di titolarità statale o ascritti ad servizio pubblico centrale, e rispetto ai beni mobili e immobili del patrimonio nazionale, indipendentemente dall’ambito geografico in cui sono collocati7. Vi è poi il 7 L.J. SÁNCHEZ-MESA MARTÍNEZ, Los criterios de intervención en el Patrimonio cultural

inmueble en la legislación internacional, estatal y autonómica, in Patrimonio Cultural y Derecho, 2006, 10, 173; Per la ricostruzione della giurisprudenza costituzionale in tema di

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criterio dell’attività, che si riscontra nei casi di difesa del patrimonio storico della nazione contro l’esportazione e l’espoliazione, e che si applica a prescindere dalla loro titolarità e localizzazione spaziale. Come ancora si riscontra il criterio dell’interesse generale mediante il quale è possibile accentrare la competenza nello Stato, quando si tratti di predisporre una serie di principi generali per la definizione unitaria della materia. Infine si può applicare il criterio residuale, nelle materie che non sono state statutariamente assunte per ciascuna delle comunità autonome, così come previsto dall’art. 149.3 della costituzione. Si utilizzerà quindi la legislazione statale in assenza di una normativa autonoma sui beni culturali esistenti in una comunità autonoma, anche su quelli in cui lo Stato non possiede alcuna titolarità, oppure nelle ipotesi in cui i beni culturali si trovino in una situazione di rischio, rovina o distruzione, causata da una inattività consapevole o incosciente della comunità autonoma.

Negli anni immediatamente successivi all’approvazione della legge n. 16/1985, il giudice costituzionale spagnolo ha poi delineato alcuni principi guida, nella ricostruzione interpretativa delle rispettive sfere di competenze, e che sono stati costantemente adattati ed aggiornati negli anni successivi. Il criterio finalistico appare il principale elemento interpretativo8, ma è

sicuramente anche quello maggiormente problematico e facilmente adattabile ad interpretazioni contrastanti. La prima decisione maggiormente rilevante sul tema delle sfere di attribuzione sul patrimonio culturale è stata fornita nel 1991, con la sentenza n. 17, con la quale il Tribunale costituzionale ha corretto alcune restrizioni che la legge n. 16/1985 aveva apportato al novero dei poteri delle comunità autonome. E’ stata riconosciuta la capacità delle autonomie regionali, congiuntamente a quella del governo centrale, di emettere la dichiarazione formale di riconoscimento del bene culturale, la potestà legislativa e regolamentare originaria e prevalente per dettare la legislazione attuativa delle disposizioni statali relativamente ai beni situati nel loro ambito territoriale e, nel contempo, è stato affermato il criterio sussidiario: si applicherà la legislazione statale in quelle comunità in cui non esista una norma che regoli la materia relativa al patrimonio storico.

Il modello spagnolo si delinea così su due diversi criteri. Da un lato, vi è quello dell’appartenenza dei beni per quanto riguarda musei, biblioteche ed archivi: la relativa gestione viene affidata pertanto all’ente pubblico proprietario. Dall’altro lato, emerge la contrapposizione tra interesse generale e quello regionale, che costituisce invece un dato maggiormente problematico, dovuto

del patrimonio storico, artistico e culturale spagnolo, in L. MEZZETTI (a cura di), I beni culturali. Esigenze unitarie di tutela e pluralità di ordinamenti, Padova, 1995, 242 ss.

8 Tribunale costituzionale n. 153/1985 del 7 novembre 1985, in www.tribunalconstitucional.

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per l’appunto al criterio della dimensione dell’interesse. Nell’interpretazione avallata dal giudice costituzionale, lo Stato dovrebbe emanare le disposizioni che si occupino dei beni e siti di interesse nazionale e le collettività autonome possono approvare leggi in materia di patrimonio e beni culturali di interesse regionale. Il nodo problematico sta nell’interpretazione della rilevanza nazionale dell’elemento patrimoniale. In tutta evidenza, infatti, è in relazione all’estensione che si attribuisce ad un concetto così vago che possono mutare le attribuzioni di competenza tra Stato e comunità autonome: finanche lo stesso concetto di spoliazione potrebbe essere dilatato per giustificare l’attribuzione allo Stato centrale di varie funzioni sul patrimonio monumentale.

Il corretto inquadramento sistematico della questione richiede poi un’ulteriore differenziazione, del tutto trascurata negli anni addietro: quella cioè tra il patrimonio materiale ed immateriale, sul quale anche l’ordinamento spagnolo mostra ritardi nella predisposizione della disciplina attuativa delle disposizioni internazionali.

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