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Camera dei Deputati, Palazzo Montecitorio, Aula della Commissione VI (Finanze)

GLI USI CIVICI NEL CONTESTO DEL PATRIMONIO CULTURALE (IMMATERIALE): PER UN NUOVO PARADIGMA GIURIDICO DE

1. Gli usi civici in Italia: un istituto con identità multipla

Lo statuto giuridico dei beni civici 1 è articolato. La funzione prevalentemente

produttiva2, presente al legislatore del 1927, è radicalmente mutata, a causa

delle trasformazioni sociali ed economiche frattanto intervenute3. Pertanto,

la loro protezione oggi deve tener conto dell’orientamento, sedimentato in dottrina4 e nella giurisprudenza della Corte costituzionale5, che attribuisce alle

terre civiche la qualità di beni ecologici, tutelati dall’art. 9, 2° comma, Cost. Attualmente, però, una serie di considerazioni sembra condurre al riconoscimento della consistenza dei beni di uso civico anche quali parte del patrimonio culturale. Non vogliamo qui riferirci a gruppi di beni materiali, connessi alla gestione delle terre di uso civico. La questione che desideriamo affrontare concerne la possibilità di riconoscere gli stessi usi civici come parte del patrimonio culturale.

Un primo passo potrebbe consistere nel riconoscimento (già presente in alcune leggi regionali)6 del rilievo quali beni culturali materiali dei singoli

terreni di proprietà collettiva.

Un passo successivo ha a che fare con la possibile configurazione diretta degli usi civici nell’ambito del patrimonio culturale immateriale. Ciò

1 Per i riferimenti dottrinali, A. SIMONATI, Gli usi civici nelle regioni a statuto speciale, fra

tutela delle autonomie e salvaguardia dell’interesse nazionale, in Le regioni, 2015, 399 ss.,

nt. 22.

2 O. FANELLI (a cura di), Gli usi civici. Realtà attuali e prospettive, Milano, 1991, passim;

F. MARINELLI, Usi civici e poteri delle regioni (atto terzo), in Giust. civ., 1998, 2, 329 ss.

3 S. PACE, Usi civici, Associazioni agrarie e Comunioni familiari nella Regione Trentino

- Alto Adige, Trento, 1975, 3 ss.; F. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale,

Milano, 1965, II, 666 ss.; G. FLORE - A. SINISCALCHI - G. TAMBURRINO, Rassegna

di giurisprudenza sugli usi civici, Milano, 1956, 3; S. MAZZOLI, Usi civici, in www. dirittoegiustizia.it, 29 giugno 2006 (consultato il 12 agosto 2015).

4 A. SIMONATI, Gli usi civici nelle regioni a statuto speciale, fra tutela delle autonomie e

salvaguardia dell’interesse nazionale, in Le regioni, 2015, 399 ss., nt. 24.

5 C. cost., 25 marzo-1 aprile 1993, n. 133, in Dir. giur. agr. ambiente, 1993, II, 278; C. cost.,

8-20 febbraio 1995, n. 46, in Giur. cost., 1995, 413; C. cost., ord. 18 marzo 1999, n. 71, in Giur.

cost., 1999, 804; C. cost., ord. 22 luglio 1998, n. 316, in Giur. cost., 1998, 2321; C. cost., ord. 8

maggio 1998, n. 158, in Giur. cost., 1998, 1398; C. cost., ord. 9-22 luglio 1998, n. 316, in Giur.

cost., 1998, II, 2321; C. cost., 18 aprile 2008, n. 104, in Giur. cost., 2008, 2, 1318. Inoltre, v.

Cass. civ., sez. un., 12 dicembre 1995, n. 12719, in Giust. civ. mass., 1995, 12; Cass., sez. un., 28 gennaio 1994, n. 858, in Giust. civ., 1994, I, 86; Cass., sez. un., 23 febbraio 2001, n. 68, in

Dir. e giur. agr., 2001, 448.

6 Art. 4, 1° comma, e art. 8, legge reg. Abruzzo 29 luglio 1986, n. 35; art. 14, 2° comma, legge

prov. Trento 14 giugno 2005, n. 6; in prospettiva generale, legge reg. Toscana, 23 maggio 2014, n. 27.

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rappresenterebbe una tappa ulteriore rispetto al riconoscimento della valenza paesaggistica degli usi civici e si porrebbe in prospettiva tendenzialmente

de iure condendo7, dal momento che il CBC accoglie una nozione reale del

patrimonio culturale. D’altra parte, da tempo la dottrina propone di riconoscere il valore culturale (immateriale), fra l’altro, delle manifestazioni di natura, per così dire, “comportamentale”8.

Peraltro, la definizione proposta dal legislatore del d.lgs. n. 42, incentrata sulla materialità, non è tassativa9. Poiché è necessario evitare un “panculturalismo”

privo di parametri giuridici oggettivi, il diritto pubblico richiede l’ausilio delle altre scienze umane, ai fini dell’individuazione dei fenomeni talmente significativi da poter rientrare nel patrimonio culturale nazionale. Per la loro indiscussa rilevanza, la disciplina delle proprietà collettive può rappresentare un utile terreno di sperimentazione. La spiccata materialità del substrato su cui il bene immateriale insiste e dei prodotti della terra oggetto di dominio collettivo potrebbe rappresentare un fattore di semplificazione, poiché evidenzia la connessione fra l’istituto e gli elementi di realità in cui esso si sostanzia.

Se è vero che il legislatore del 2004 richiama i diritti di uso civico solo come possibile oggetto di tutela ambientale10, proprio dalla consolidata

valenza paesaggistica dell’istituto è possibile trarre un elemento ulteriore a sostegno della sua vis espansiva nella direzione della “culturalità”. Può essere valorizzato, infatti, l’orientamento dottrinale in base al quale i beni di uso civico sono oggetto di tutela paesaggistica in senso lato, soprattutto in virtù della loro gestione collettiva, espressione dei valori e dell’identità delle popolazioni, della loro storia e delle loro relazioni solidali11. Prendendo le mosse da questa tesi,

è agevole evidenziare un profondo legame concettuale fra la protezione degli usi civici e la linea normativa adottata nel CBC, ove si fa riferimento ai beni

7 L. CASINI, “Le parole e le cose”: la nozione giuridica di bene culturale nella legislazione

regionale, in Gior. dir. amm., 2014, 257 ss.

8 Art. 2, 1° comma, Convenzione UNESCO 2003 sulla salvaguardia del patrimonio culturale

immateriale. In proposito, v. gli atti del Convegno di Assisi su “I beni immateriali tra regole

privatistiche e pubblicistiche”, in Aedon, 2014, 1, e A.L. TARASCO, Diversità e immaterialità del patrimonio culturale nel diritto internazionale e comparato: analisi di una lacuna (sempre più solo) italiana, in Amministrazione in cammino, 11 dicembre 2008.

9 S. ROSSI, La sponsorizzazione dei beni culturali volano per il rilancio dell’economia

nazionale, in Azienditalia, 2014, I, 13 ss.

10 Art. 142, 1° comma, lett. h), d.lgs. n. 42/2004.

11 A. GERMANÒ, Usi civici, terre civiche, terre collettive: punti fermi per le future leggi

regionali in materia, in http://www.demaniocivico.it/public/public/705.pdf, (consultato il

12 agosto 2015); P. GROSSI, Il dominio e le cose. Percezioni medievali e moderne dei diritti

reali, Milano, 1992, 696; P. NERVI: La destinazione economica dei beni di uso civico, in F.

GLI USI CIVICI NEL CONTESTO DEL PATRIMONIO CULTURALE (IMMATERIALE)

AMBIENTE, ENERGIA, ALIMENTAZIONE. MODELLI GIURIDICI COMPARATI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

VOLUME 1, TOMO I

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culturali portatori di un interesse non solo storico e archeologico, ma anche demo-antropologico12.

Ancora, se i diritti di uso civico erano originariamente concepiti come strumenti per la realizzazione di un’utilità economica a vantaggio delle comunità locali, oggi, alla luce della loro configurazione soprattutto come parte del patrimonio paesaggistico, il potenziale fruitore (in quanto titolare dell’interesse alla tutela ambientale) è diventata, in primo luogo, l’intera comunità nazionale. Ciò incide sull’indicazione da parte dei legislatori (in particolare, di quelli regionali) delle modalità previste per la loro gestione, che – come ha segnalato la Corte costituzionale13 – non può avvenire senza il coinvolgimento diretto dell’autorità

centrale.

Sembra quindi praticabile la via del riconoscimento dell’appartenenza dell’istituto “uso civico”, nella sua globalità, al contesto del patrimonio culturale immateriale. È innegabile, infatti, che i demani collettivi siano portatori di un valore storico e consentano alle generazioni giovani e a quelle future di riscoprire e proteggere antiche tradizioni. Inoltre, gli usi civici rappresentano un modello dominicale alternativo a quello “classico” codificato nel codice civile e puntano a una gestione delle risorse naturali che ha come obiettivo la compatibilità ecologica, anche in vista dello sfruttamento ulteriore.

Non mancano nella legislazione regionale indizi significativi di una lettura congruente con la linea indicata14.

Tuttavia, il fondamento della possibile rilevanza giuridica degli usi civici come parte del patrimonio culturale immateriale deve essere prima di tutto cercato nell’art. 9 Cost.15. Come è noto, è condivisa l’opinione per cui il riferimento

alla cultura richieda la salvaguardia di un insieme di valori, di tradizioni e di costumi che esprimono un messaggio di rilevanza meta-individuale16. Non

va dimenticato, inoltre, il rilievo del riferimento al dovere, assegnato alla Repubblica, di promuovere lo sviluppo della cultura. Ciò comporta che l’azione

12 Artt. 2, commi 1, 10 e 11, CBC.

13 C. cost., 18 luglio 2014, n. 210, in Foro it., 2014, 10, 1, 2651. 14 Art. 2, legge reg. Lazio, 8 gennaio 1986, n. 1.

15 F. MERUSI, Commento all’art. 9, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della

Costituzione. Principi fondamentali, Bologna, 1975, 434 ss.; M.S. GIANNINI, Sull’art. 9 Cost., in Scritti in onore di A. Falzea, Milano, 1991, III, 435 ss.; J. LUTHER, La tutela costituzionale della cultura e dell’ambiente, in G. NEPPI MODONA (a cura di), Stato della Costituzione, Milano, 1995, 39 ss.; M. CECCHETTI, art. 9, in R. BIFULCO-A. CELOTTO-M.

OLIVETTI (a cura di), Commentario alla Costituzione, Milano, 2006, 217 ss.; F.S. MARINI,

Lo statuto costituzionale dei beni culturali, Milano, 2002.

16 G. MAGRI, voce Beni culturali, in Dig. disc. priv., Torino, agg. 2011, 117 ss.; M. AINIS,

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pubblica deve puntare ad alimentare la “memoria” della collettività (elemento fondativo dell’identità nazionale17), rendendo sempre più facilmente fruibili i

beni che ne rappresentano la testimonianza.

A questo proposito, non può trascurarsi che gli istituti di uso civico presentano un imprescindibile legame con il territorio in cui sono radicati e potrebbero perciò essere indicati come espressione di frammentazione e localismi, difficilmente riconducibili all’unitarietà culturale tratteggiata nell’art. 9 Cost. Tuttavia, l’identità nazionale – pur basandosi su un nucleo forte di elementi comuni a tutte le sue componenti – costituisce un’entità composita, sintesi di espressioni anche profondamente variegate nella micro-territorialità. Questa interpretazione trova conferma nelle disposizioni del CBC, ove i compiti di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale sono ricondotti all’obiettivo di “preservare la memoria storica della comunità nazionale e del suo territorio”18.

Seguendo questa linea, la qualificazione dell’istituto “uso civico” come bene culturale immateriale poggia sull’elemento della fruizione più che su quello dell’appartenenza. Per questo, la predisposizione di moduli partecipativi efficaci a vantaggio delle popolazioni locali, in vista dell’assunzione delle decisioni strategiche sulla gestione delle terre di uso civico, non rileva soltanto come meccanismo per garantirne lo sfruttamento ottimale. Il coinvolgimento delle comunità radicate sul territorio presenta, in realtà, un legame ineliminabile con la stessa consistenza culturale del rilievo giuridico dei domini collettivi. Ciò, infatti, può contribuire a scongiurare il rischio di allentamento del rapporto genetico con il gruppo sociale di riferimento, che conseguirebbe ad una rigida configurazione della competenza in capo al livello istituzionale centrale in materia di tutela del paesaggio. D’altra parte, l’eccessiva frammentazione delle competenze non è, a sua volta, priva di rischi, in termini di efficienza del modello e giustizia sostanziale19.

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