• Non ci sono risultati.

Camera dei Deputati, Palazzo Montecitorio, Aula della Commissione VI (Finanze)

SIMBOLI DELLA CULTURA SPAGNOLA E RIVENDICAZIONI AUTONOMISTICHE: LE LINEE DI TENDENZA

2. La componente materiale e il principio dell’unità

La regolazione dei beni culturali materiali è stata disegnata per lo più dallo Stato, in virtù del precetto costituzionale che assegna all’ente centrale quella funzione di salvaguardia che nell’ordinamento italiano, rientrerebbe nel concetto di tutela; e ciò, attraverso il compito di protezione dalla spoliazione e dell’esportazione, oltre all’esigenza della disciplina unitaria della materia. Sul punto le comunità legiferano in maniera concorrente e non possono ridurre i livelli di protezione fissati al centro: è oramai consuetudine considerare la legge n. 16 del 1985 come applicativa dei precetti costituzionali, e porla a fondamento del giudizio di illegittimità costituzionale nel riparto di competenze.

Questo modello di distribuzione delle competenze legislative è stato tuttavia posto in discussione negli ultimi tempi, soprattutto da parte della comunità autonoma di Madrid che ha, in sostanza, avanzato quest’argomentazione: esistono beni di proprietà dello Stato, che rientrano nell’idea della gestione del servizio pubblico culturale spagnolo, che sono selezionati ed inventariati dallo Stato, la cui disciplina è statale, e le comunità possiedono poteri legislativi concorrenti ed attuativi. Vi sono poi, nello stesso tempo, beni che ogni singola comunità può scegliere e considerare come beni culturali, sui quali l’autonomia regionale deve vedersi riconosciuto il potere legislativo esclusivo, poiché non costituiscono beni selezionati dallo Stato.

Vi sarebbero quindi due distinte dimensioni dell’interesse culturale, in Spagna, e che determinerebbero i criteri del riparto di competenze legislative. Da ciò deriverebbe una rilevante conseguenza: le autonomie regionali potrebbero legiferare sulla definizione stessa di bene culturale da applicarsi

Vincenzo De Falco 59

nel proprio territorio, aprendo la strada quindi ad un concetto differenziato di patrimonio culturale. Molte regioni infatti hanno tentato di avere un approccio maggiormente attivo riguardo all’individuazione, tutela e protezione dei beni culturali, fino ad identificare criteri per il riconoscimento delle caratteristiche di un bene culturale. E’ del 2013 (legge n. 3 del 18 giugno) il tentativo, da parte della comunità autonoma di Madrid (il cui statuto assegna alla comunità la potestà legislativa esclusiva sulla protezione del patrimonio culturale), di modificare nel proprio territorio, gli elementi costitutivi di un bene culturale, anche al di là delle previsioni fornite dalla legge sul patrimonio storico spagnolo 25 giugno 1985, n. 16. Questa comunità infatti aveva stabilito che l’interesse culturale da riscontrare nel singolo bene dovesse possedere il carattere della eccezionalità, mentre per la normativa statale sarebbe stata sufficiente soltanto una maggiore rilevanza rispetto ai comuni altri beni. L’autonomia regionale aveva inoltre previsto la possibilità di delocalizzazione dei beni culturali per giustificati motivi, e su semplice autorizzazione dell’amministrazione interna competente per materia, mentre la disciplina statale stabilisce criteri maggiormente rigorosi e demanda il rilascio della relativa autorizzazione all’amministrazione centrale.

E’ in gioco, quindi, la valutazione interna del concetto di dimensione dell’interesse culturale, reso ancora maggiormente complicato in questo Paese a regionalismo differenziato. In Italia è noto come la questione sia stata risolta dal giudice costituzionale in maniera piuttosto drastica: la disciplina legislativa dei beni culturali, ogni qual volta si discuta di tutela, appartiene soltanto allo Stato centrale, e se le regioni intendano fornire una qualche forma di protezione ai beni che non sono individuati dallo Stato potranno comunque disciplinare la materia, ma con la precisazione però che i beni su cui ricadrà la normativa regionale non potranno essere formalmente considerati beni culturali.

Il Tribunale costituzionale spagnolo, già a partire dalla sentenza n. 49/1984, del 5 aprile, ha invece precisato che la “cultura è una competenza propria ed istituzionale tanto dello Stato che delle comunità autonome, e di ogni altra comunità, perché lì dove vive una comunità c’è una manifestazione culturale rispetto alla quale le strutture pubbliche rappresentative possono ostentare competenze”. Viene cioè riconosciuta una funzione di “stimolo della cultura”, sia di competenza statale che autonomistica, nel senso che, più che una ripartizione di competenze verticali, la normativa costituzionale finisce per delineare un concorso di competenze ordinato alla preservazione e stimolo dei valori culturali propri del corpo sociale cui corrisponde la relativa istituzione.

In quest’ottica, non sembrerebbe errata, allora, l’impostazione della comunità di Madrid. Il patrimonio culturale può assumere una dimensione di diverso livello, ed a seconda del livello, corrisponderà la relativa attribuzione del potere, in ossequio al principio di sussidiarietà. I beni che sono registrati a livello centrale saranno attratti dalla competenza dello Stato e faranno parte

SIMBOLI DELLA CULTURA SPAGNOLA E RIVENDICAZIONI AUTONOMISTICHE

AMBIENTE, ENERGIA, ALIMENTAZIONE. MODELLI GIURIDICI COMPARATI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

VOLUME 1, TOMO I

60

del patrimonio nazionale, indipendentemente dall’ambito geografico in cui siano collocati. Gli altri beni culturali sono d’interesse regionale e potranno essere oggetto di disciplina legislativa da parte delle comunità.

Tuttavia questa impostazione sembra non tener conto del limite fornito dal principio dell’unità dello Stato e dell’organizzazione territoriale, e di quello della solidarietà: l’autonomia delle comunità non vuole dire sovranità.

2.1. La dialettica centro-autonomie nella predisposizione dei livelli minimi

Come è possibile allora coniugare due aspetti che sembrano contraddittori tra loro? Da un lato il principio del libero sviluppo del pluralismo culturale attraverso i relativi poteri assegnati alle istituzioni pubbliche di riferimento; e dall’altro, il dovere del rispetto dell’unità dello Stato.

La problematica deriva in realtà dal modello di patrimonio culturale adottato nell’ordinamento spagnolo, che oltre ad essere composto dai beni selezionati dallo Stato, è a sua volta formato anche dai beni culturali che vengano scelti e valorizzati dalla singola comunità autonoma. La loro identificazione da parte di una autonomia regionale eleverà quel determinato bene a patrimonio culturale della Spagna, a nulla rilevando che si sia trattato di un bene di interesse regionale e non identificato come tale dallo Stato centrale. Sulla base di questa impostazione, in sostanza, il patrimonio storico della comunità di Madrid sarà formato dai beni del patrimonio storico spagnolo radicati in quel territorio, eccetto quegli ascritti ad un servizio di competenza statale. Ma tutti i beni individuati come culturali, sia dallo Stato che dalla comunità di Madrid, saranno parte integrante del patrimonio nazionale. Non esiste pertanto una duplice categoria dei beni culturali da identificarsi in relazione alla dimensione dell’interesse culturale. Il Tribunale costituzionale, chiamato a dirimere la controversia, con la sentenza n. 122/2014 ha precisato infatti che non può ammettersi un trattamento differenziato perché anche i beni individuati dalla comunità di Madrid faranno parte del patrimonio di Spagna, nei confronti dei quali lo Stato è e resta responsabile.

In tal modo le competenze relative ai parametri d’identificazione di un bene culturale vengono distinte attraverso il criterio del livello minimo. Sarebbe stato infatti costituzionalmente illegittimo l’art. 1.3 della legge statale se avesse definito in un modo talmente dettagliato le concrete caratteristiche che devono possedere i beni di interesse culturale radicati nelle comunità autonome, perché avrebbe in tal modo esteso la competenza statale in materia di protezione della cultura e del patrimonio storico in ambiti non conformi al dettato costituzionale (STC 17/1991, del 31 gennaio). Questo parametro non viene superato perché la norma si limita a prevedere genericamente che dovranno essere dichiarati di interesse culturale i beni più rilevanti del patrimonio storico spagnolo.

Vincenzo De Falco 61

Ma nello stesso tempo invade le competenze statali la comunità che, invece, introduca nel proprio ambito un concetto di patrimonio culturale maggiormente restrittivo rispetto a quello statale, poiché la predisposizione normativa impedirebbe in radice la dichiarazione di interesse culturale, nell’ipotesi in cui non si presentasse, a giudizio degli esperti, di eccezionale valore, ponendo anche le basi per un trattamento differenziato dei beni culturali, considerato inammissibile dall’impostazione costituzionale spagnola.

Outline

Documenti correlati