Camera dei Deputati, Palazzo Montecitorio, Aula della Commissione VI (Finanze)
LE POLITICHE DI SOSTENIBILITÀ DEL PROGRAMMA INTERGO VERNATIVO UNESCO “MAN AND THE BIOSPHERE” (MAB)
1. Il programma MAB/UNESCO: come conciliare tutela ambientale e istanze local
Gli anni ’70 segnano l’avvio dell’indagine dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) su distretti territoriali, aree protette e pratiche tradizionali intesi come driver per la tutela e la valorizzazione di ecosistemi e risorse naturali, e per la ricognizione di modelli di gestione e governance in grado di assicurare benefici di lungo periodo alle comunità: “The advantage for the sustainable development of
LE POLITICHE DI SOSTENIBILITÀ DEL PROGRAMMA INTERGOVERNATIVO UNESCO “MAN AND THE BIOSPHERE” (MAB)
AMBIENTE, ENERGIA, ALIMENTAZIONE. MODELLI GIURIDICI COMPARATI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE
VOLUME 1, TOMO I
66
the environment of combining understanding obtained from research on biodiversity, engineering, social sciences and public action. In brief, exchange between science and society”1.
L’ambizioso programma, e l’istituzione di aree internazionali come leve per la crescita socio-economica locale, anticipò di fatto il concetto di green economy2
nel suo tentativo pionieristico di abbinare policy di tutela e di sviluppo sul piano territoriale, mettendo in diretta correlazione iniziative di protezione ambientale e numerosi settori economici direttamente e indirettamente collegati all’uso delle risorse naturali come la pesca, l’agricoltura, la silvicoltura, il turismo, ecc.
Inserito nella Divisione Scienze Ecologiche e della Terra del Settore Scienze Naturali UNESCO – e suddiviso operativamente in Reti di siti sulla base delle diverse regioni continentali e culturali di riferimento (EuroMAB, AsiaMAB, ArabMAB, ecc.) e in Reti tematiche mirate ad approfondire le peculiarità di alcuni particolari territori (zone aride, regioni costiere ed insulari, ecc.) – il Man
and the Biosphere è un programma intergovernativo istituito 16a Conferenza
Generale dell’UNESCO nel 19703 ed avviato operativamente il 9-19 novembre
1971 con lo svolgimento della prima sessione del suo organo esecutivo, il Consiglio Internazionale di Coordinamento4.
1.1. Le Riserve della Biosfera: da siti studio a laboratori di sviluppo
Sorto inizialmente come strumento per favorire e sviluppare iniziative di ricerca scientifica e di cooperazione multidisciplinare su tutela delle risorse naturali, gestione degli ecosistemi naturali e urbani, istituzione di aree protette, a partire dagli anni ‘90, e all’indomani della Conferenza Internazionale ONU su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro del 3-14 giugno 1992, il Programma MAB si è progressivamente focalizzato sul collegamento tra diversità biologica
1 L. GARNIER, Man and nature making the relationship last, MAB Programme UNESCO,
Paris, 2008.
2 Estendendone, a ben guardare, la stessa portata applicativa: sul punto v. AA.VV., From
Green Economies to Green Societies, Paris, 2011.
3 “The General Conference, (...) 1. Decides to launch a long-term intergovernmental and
interdisciplinary programme on Man and the Biosphere, focusing on the general study of the structure and functioning of the biosphere and its ecological regions, on the systematic observation of the changes brought about by man in the biosphere and its resources”, Ris. 2.313 della 16a Conferenza Generale UNESCO del 12 ottobre-14 novembre 1970.
4 Con il contributo dell’italiano Francesco Di Castri, tra i primi a riconoscere il ruolo
innovativo ed olistico del MAB, volto a “testare l’approccio ecologico, mettendo enfasi sulla comprensione delle interazioni all’interno e tra i sistemi e le prospettive a lungo termine”. Per uno sguardo sul ruolo delle Riserve agli esordi del Programma MAB v.: F. DI CASTRI-L. LOOPE, Biosphere Reserves: Theory and Practice, in Nature and Resources,1977, 13, 2-8.
Ottavio Di Bella - Alessandro Zagarella 67
e culturale, sulla promozione di politiche di sviluppo sostenibile e su tecniche tradizionali di produzione. Tale dinamica riflette anche i siti di eccellenza riconosciuti nella Rete Mondiale5 – le Riserve della Biosfera – che, in seguito
al Vertice di Rio assumono un ruolo sempre più rilevante come laboratori di sostenibilità e riferimento territoriale di elezione per policy di gestione integrata e cooperazione a livello locale, regionale e globale.
Secondo lo Statutory Framework6 del Programma MAB, una “Riserva della
Biosfera” è un’area comprendente ecosistemi terrestri, marini/costieri o una loro combinazione, in grado di sommare alle finalità di conservazione e di ricerca applicata, anche obiettivi di sviluppo economico sostenibile all’interno di un distretto territoriale individuato attraverso tre zone: aree core o di stretta protezione; aree buffer o in funzione di cuscinetto rispetto alle aree tutelate; aree transition, o di cooperazione, ovvero il bacino di utenza per l’intero comprensorio riconosciuto dall’UNESCO, non soggette a vincoli e destinate, tra l’altro, a dimostrare il valore aggiunto – o capitale naturale – derivante dalla salvaguardia delle risorse naturali e degli ecosistemi delle aree core7 e gli
approcci di sostenibilità del tessuto produttivo del sito e del connesso sviluppo socio-economico.
Nel loro complessivo assetto territoriale e in chiave dinamica, le Riserve della Biosfera rappresentano dei veri e propri distretti naturali per la diffusione di approcci di gestione eco-compatibili ed iniziative di rete, anche imprenditoriali, all’insegna della sostenibilità, e sono generalmente composte da: una o più aree protette di rilievo locale, regionale, nazionale o comunitario; un più vasto distretto che orbita attorno a tali aree protette nella c.d. area di cooperazione; un coordinamento locale che, su base spontanea ed attraverso meccanismi di partenariato e partecipazione, mette insieme Istituzioni territoriali, università e stakeholder su scelte, azioni e programmazione da adottare sul territorio. Da un punto di vista globale, l’UNESCO riconosce tali siti al fine di promuovere e dimostrare sul campo il rapporto equilibrato tra l’uomo e l’ambiente circostante. In quest’ottica le “Riserve” sono considerate: strumento per la conservazione e la promozione della diversità biologica e culturale, dei servizi
5 Al 30 ottobre 2015 la Rete Mondiale MAB annovera 651 siti in 120 Paesi, ivi incluse 13
Riserve a carattere transfrontaliero, ovvero riconosciute tra 2 o più Stati.
6 Lo “Statutory Framework of the World Network of Biosphere Reserves” è il documento
guida del Programma MAB elaborato e nella Strategia di Siviglia del 1995 e che reimposta l’istituzione delle Riserve della Biosfera alla luce delle indicazioni della Conferenza di Rio e della “Agenda 21”.
7 Si pensi, ad esempio, al mantenimento e alla qualità delle risorse idriche rispetto alle
produzioni agricole; si pensi alle collezioni di germoplasma spesso promosse all’interno delle aree protette e al ruolo decisivo per la ripopolamento di zone esterne ai confini delle medesime aree, ad esempio, per la silvicoltura.
LE POLITICHE DI SOSTENIBILITÀ DEL PROGRAMMA INTERGOVERNATIVO UNESCO “MAN AND THE BIOSPHERE” (MAB)
AMBIENTE, ENERGIA, ALIMENTAZIONE. MODELLI GIURIDICI COMPARATI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE
VOLUME 1, TOMO I
68
eco-sistemici e della connettività ecologica; modelli di gestione del territorio e di sviluppo sostenibile; laboratori per la ricerca, il monitoraggio, l’educazione e la formazione professionale; piattaforme integrate per promuovere partnership a livello regionale o globale nel World Reserves of Biosphere Network.
In base all’approccio MAB, conservare biodiversità e qualità dei servizi eco- sistemici, infatti, postula anzitutto la mappatura del collegamento tra risorse naturali ed attività umane, tradizioni comuni e regole sociali di una comunità territorialmente definita. E’ in base a tale rilettura di un “distretto naturale” che vengono tracciate quelle modalità scientifiche, di gestione, programmazione e partecipazione destinate ad assicurare che le dinamiche umane insistenti sul territorio siano in grado di garantire nel lungo termine tutela, continuità e valorizzazione di biodiversità ed habitat8.
E’ in questo quadro che rientrano le tre funzioni (conservazione, sviluppo e supporto logistico) complementari di una “Riserva della Biosfera” del MAB, la sua configurazione a “tre zone”, nonché la gestione partecipata, prevista dalla Strategia di Siviglia9 volta alla risoluzione dei conflitti a livello locale, ad
individuare soluzioni e prospettive di sviluppo, ad assicurare il rispetto di stili di vita tradizionale, sistema di conoscenze, diversità culturale10 ed usi locali, ad
offrire opportunità alternative alle fonti di reddito, anche attraverso iniziative di formazione dirette alla promozione di green jobs. I compiti di una Riserva, dunque, sono tipicamente intersettoriali e legano insieme amministrazioni pubbliche e portatori d’interesse che condividono le responsabilità di gestione del territorio.
8 M. BATISSE, Developing and focusing the biosphere reserve concept, in Nature and
resources, vol. 22, n. 3, 1986, 2-11.
9 Madrid Action Plan, “Obiettivo II.1: sostegno e coinvolgimento della popolazione locale”.
Sul punto si vedano i seguenti riferimenti: Madrid Action Plan for Biosphere Reserves (2008-2013), 2008. Biosphere reserves: The Seville Strategy and the Statutory Framework of
the world network, 1996; Seville +5 Recommendations: Checklist for Action, 2002.
10 L’indagine promossa dall’UNESCO sulla stretta interdipendenza tra diversità culturale e
biologica si sono ampliate negli ultimi anni grazie alla piena operatività della Convenzione UNESCO sulla Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale del 2003 (e alle relative liste e registri che classificano l’“intangible heritage”) e dal “Joint Programme on the Links between Biological and Cultural Diversity” tra UNESCO e Convenzione della Diversità Biologica (CBD), approvato nel 2010 dalla 10° Conferenza delle Parti della CBD a Nagoya, in Giappone; la conferma di tali indirizzi venne confermata dall’adozione, nella medesima sessione di lavoro, del protocollo di Nagoya alla CBD (entrato in vigore il 12 ottobre 2014) sull’accesso alle risorse genetiche e alle conoscenze tradizionali a esse associate, che ha proposto un sistema volto ad assicurare la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall’uso di tali risorse e conoscenze (c.d. regime ABS, Access and Benefit-Sharing) a fine di riconoscere il valore aggiunto assicurato dalle comunità locali nella conservazione del proprio ecosistema. Sul punto v.: www.cbd.int.
Ottavio Di Bella - Alessandro Zagarella 69
1.2. Il “distretto naturale” tra approcci di sostenibilità e patto territoriale
Negli ultimi tre decenni le Riserve MAB si sono dunque evolute da siti di ricerca e conservazione ad aree modello per lo sviluppo sostenibile, con sempre maggiore attenzione destinata alle cosiddette aree di transizione o di cooperazione, il territorio più esterno delle tre zone che costituiscono il sito MAB, in cui si concentrano le attività di sviluppo sostenibile. Il potenziale per l’utilizzo delle Riserve in ambito internazionale è invece stato efficacemente riassunto anche dalla Direttrice Generale dell’UNESCO che ha definito di recente la Rete Mondiale “a map of global scientific cooperation for protection of biodiversity”11.
In questo scenario, la Rete Mondiale – e le reti regionali, tematiche e nazionali di siti MAB – rappresenta il campo di elezione per sviluppare progettualità comuni sulla base delle esperienza maturate da adattare ed estendere ad ulteriori territori. In effetti, il nucleo dell’indagine portata avanti dal MAB attraverso la sua rete di siti non riguarda tanto “best practice” di presunta portata applicativa universale, ma indirizzi, proposte e progetti il cui successo è determinato dalla loro declinazione territoriale, dalle originali soluzioni promosse sul campo, e dallo scenario concreto e non teorico in cui vanno ad ascriversi.
Del resto, il riconoscimento operato dall’UNESCO è previsto solo se le comunità locali e le relative Autorità sostengono il concetto di sostenibilità; come già anticipato, la stessa permanenza all’interno della Rete Mondiale viene sottoposta a un vaglio decennale, attraverso un periodic review, volto a verificare che ogni Riserva soddisfi ancora i requisiti di iscrizione12.
1.3. Programmazione e condivisione di obiettivi: il ruolo della partecipazione
È in questo quadro che si colloca la necessità di sviluppare anzitutto una strategia ed un piano improntato all’azione e rispettoso delle competenze diffuse in ambito nazionale e periferico; in aggiunta alle caratteristiche naturali d’interesse regionale del territorio, e delle tradizioni di sostenibilità
11 Nella giornata iniziale del 25° Consiglio MAB, il 27 maggio 2013; per un approfondimento
si rimanda al rapporto della sessione: http://www.unesco.org/new/en/natural-sciences/
environment/ecological-sciences/man-and-biosphere-programme/about-mab/icc/ icc/25th-session/.
12 V. M.F. PRICE-J.J. PARK-M. BOUAMRANE, Reporting Progress on Internationally
Designated Sites: The Periodic Review of Biosphere Reserves, in Environmental Science & Policy, vol. 13, Paris, 2010, 549-557.
LE POLITICHE DI SOSTENIBILITÀ DEL PROGRAMMA INTERGOVERNATIVO UNESCO “MAN AND THE BIOSPHERE” (MAB)
AMBIENTE, ENERGIA, ALIMENTAZIONE. MODELLI GIURIDICI COMPARATI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE
VOLUME 1, TOMO I
70
ivi avviate, è proprio la partecipazione delle Autorità territoriali competenti e degli stakeholder del distretto attorno a un comune “patto” per la Riserva della Biosfera a rappresentare condizione necessaria per il riconoscimento UNESCO, e al tempo stesso, volano per il suo successo una volta ottenuto l’inserimento nella Rete Mondiale. Il carattere spontaneo per l’adesione a tale “patto”, la partecipazione continuata alla relativa programmazione e la condivisione costante con comunità e cittadini fornisce dunque il valore aggiunto dell’esperienza MAB ed offre una piattaforma dinamica di confronto destinata a durare nel tempo e a favorire iniziative integrate sul territorio.
I modelli partecipativi sono sempre più riconosciuti come un elemento importante della gestione, della pianificazione e del processo decisionale. È possibile individuare tre motivi di fondo per cui le organizzazioni in campo per la gestione delle risorse naturali di un territorio cercano di perseguire un approccio partecipativo: la necessità di decisioni condivise da più è percepita come elemento imprescindibile per fornire ad una più ampia gamma di soggetti l’opportunità di essere coinvolti nei processi che riguardano la loro vita e di assicurare un contributo originale13; l’efficacia, in quanto le decisioni e le
pratiche di gestione hanno più probabilità di essere attuate se la maggior parte dei soggetti coinvolti li sostengono14; la qualità, essendo i problemi del mondo
contemporaneo sempre più complessi essi richiedono la conoscenza di molti domini diversi in quanto nessuno possiede tutte le conoscenze rilevanti per pervenire a una loro soluzione15.