Camera dei Deputati, Palazzo Montecitorio, Aula della Commissione VI (Finanze)
I DIRITTI DI PROPRIETÀ COLLETTIVA NEI PAESI MEGADIVERSI DEL COSTITUZIONALISMO IBEROAMERICANO
3. La Costituzione dell’Ecuador e della Bolivia
La Costituzione dell’Ecuador del 2008, nello spirito di un modello di economia sociale e solidaristica (il c.d. socialismo del XXI secolo) è, formalmente, ancora più interessante, già dal preambolo, proprio sul legame diritti individuali- diritti collettivi, sulla dignità delle persone e delle collettività, sulla tutela della natura ex artt. 71-74 (Pacha Mama) e delle terre comuni per il buon vivere (sumak kawsay) e il bene comune (art. 83), anche alla luce del principio di responsabilità.
Persone, comunità e natura sono titolari di diritti costituzionalmente garantiti in uno Stato plurinazionale e interculturale. Tra i diritti del buon vivere emergono il diritto all’acqua e all’alimentazione, ad un ambiente sano, alla cultura e all’educazione, alla sicurezza sociale. Sono garantiti i diritti delle persone e dei gruppi di assistenza prioritaria, i diritti di partecipazione
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e di organizzazione collettiva (art. 96), i diritti ambientali, i diritti economici e nel Capitolo quarto, appositamente, i diritti delle comunità, dei popoli e delle nazionalità (artt. 56-60) sulle terre comunitarie di proprietà ancestrale (si prevede anche il reato di etnocidio), come diritti collettivi (specificati in sequenza nell’art. 57) e diritti umani, non solo costituzionali. La proprietà collettiva della terra è definita dalla Costituzione come una forma ancestrale di organizzazione territoriale, inalienabile ed indivisibile. Le comunità e le comuni formano parte dello Stato ecuadoriano, unico e indivisibile. Si prevede una giustizia indigena (art. 167 ss.), basata sulle tradizioni ancestrali e sul diritto proprio territoriale, si riconosce il ruolo delle comunità nell’organizzazione territoriale, si promuove lo sviluppo sociale e le attività agro-pastorali. La proprietà è pubblica, privata e comunitaria ex art. 321 e dovrà adempiere ad una funzione sociale ed ambientale. Il dato costituzionale di tutela ambientale è molto rigoroso sul versante della natura, della biodiversità, del patrimonio culturale, degli ecosistemi e delle risorse naturali. L’art. 410, in particolare, prevede che lo Stato offre agli agricoltori e alle comunità rurali appoggio per la conservazione e il recupero dei suoli, così come per lo sviluppo di pratiche agricole che li proteggono e sostengono la sovranità alimentare.
La Costituzione della Bolivia del 2009 conferma, ulteriormente, questo dato formale molto rigoroso. I diritti dei contadini originari indigeni e il loro dominio ancestrale sul proprio territorio sono garantiti sin dai primi articoli della Costituzione boliviana e caratterizzano il modello di Stato sociale unitario di diritto plurinazionale comunitario. La forma di governo è di democrazia partecipativa, rappresentativa e comunitaria, proprio per mezzo dell’elezione, designazione o nomina di autorità o rappresentanti attraverso norme e procedimenti propri delle nazioni e dei popoli indigeni originari contadini, secondo la legge. I diritti collettivi sono garantiti come diritti fondamentali, ambientali, politici e civili, culturali e di sicurezza sociale ed oggetto di molteplici azioni di tutela e protezione costituzionale (artt. 128 ss.). Il Capitolo quarto è espressamente dedicato ai diritti delle nazioni e popoli indigeni contadini originari, che sono dettagliati nell’art. 30. La proprietà è privata, individuale o collettiva, a patto che adempia ad una funzione sociale (art. 56). La proprietà privata, in particolare, non deve essere pregiudizievole dell’interesse collettivo. Si prevede una giurisdizione agro-ambientale e una giurisdizione indigena contadina originaria (art. 190 ss.), forme di democrazia comunitaria e i territori ancestrali degli indigeni originari contadini sono parte integrante dell’organizzazione territoriale, con una propria autonomia (art. 289 ss.). La tutela ambientale, infine, è superprotetta sul piano delle risorse naturali, della biodiversità, delle aree protette, delle risorse forestali, dell’Amazzonia, dello sviluppo rurale integrale, della terra e del territorio. Ex art. 394, 3° comma, lo Stato garantisce e protegge la proprietà comunitaria o collettiva, che comprende il territorio indigeno originario contadino, le comunità
I DIRITTI DI PROPRIETÀ COLLETTIVA NEI PAESI MEGADIVERSI DEL COSTITUZIONALISMO IBEROAMERICANO
AMBIENTE, ENERGIA, ALIMENTAZIONE. MODELLI GIURIDICI COMPARATI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE
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interculturali originarie e le comunità contadine. La proprietà collettiva è dichiarata indivisibile, imprescrittibile, non sequestrabile, inalienabile ed irreversibile e non è soggetta al pagamento delle imposte di proprietà agraria. Le comunità potranno essere accreditate riconoscendo la complementarietà tra diritti collettivi ed individuali, rispettando, con identità, l’unità territoriale. La stessa Costituzione del Paraguay, infine, dedica una disposizione alla proprietà comunitaria (art. 64): “Los pueblos indígenas tienen derecho a la propiedad comunitaria de la tierra, en extensión y calidad suficientes para la conservación y el desarrollo de sus formas peculiares de vida. El Estado les proveerá gratuitamente de estas tierras, las cuales serán inembargables, indivisibles, intransferibles, imprescriptibles, no susceptibles de garantizar obligaciones contractuales ni de ser arrendadas; asimismo, estarán exentas de tribute”.
Trattasi, dunque, di previsioni costituzionali interessanti, espressione di un costituzionalismo di nuova avanguardia e di nuova generazione (rectius: delle nuove generazioni), sociale, ambientale, culturale, collettivo (si può definire come un “un costituzionalismo sostenibile e dei beni comuni”). Forse, si potrebbe dire, paradossalmente, che non sono più sufficienti i modelli costituzionali tradizionali di civil law e common law, ri-gonfi di eccessi individualistici. E’ indubbio, tuttavia, che il costituzionalismo occidentale ha perso, da tempo, i suoi connotati indigeni, ancestrali ed antropologici, pur nel trionfo del pluralismo e del multiculturalismo. Sopravvivono solo poche nicchie antropologiche (ad esempio, gli usi civici in Italia ricollegabili in tema di biodiversità alla dieta mediterranea studiata da Ancel Keys), latenti e diffuse, invece, negli altri sistemi continentali e famiglie, anche come nuove vie della libertà e della democrazia reale. Parte del costituzionalismo sudamericano, nelle molteplici differenze e ri-cadute e nella rigenerazione dei diritti individuali anche attraverso i diritti collettivi, può essere utile nella ri-definizione della portata collettiva della proprietà terriera, del valore terra e del bene comune. Potrà essere interessante osservare in futuro, nella torsione dei modelli di diritto comparato, anche il costituzionalismo arabo-islamico (nonché lo stesso modello israeliano del kibbutz) e quello orientale-asiatico, per ridefinire, nella logica del B-17 dei Paesi Megadiversi (presenti, appunto, anche in Africa, Asia ed Oceania), il valore della terra 4tra istanze e devianze religiose, comunismi (pochi)
e dittature vecchio stampo, mercato globale e tutela dei diritti, universalmente riconosciuti, di vecchie e nuove democrazie.
4 A. KOTHARI-C. CORRIGAN-H. JONAS-A. NEUMANN-H. SHRUMM (eds.), Recognising
and Supporting Territories and Areas Conserved By Indigenous Peoples And Local Communities: Global Overview and National Case Studies, Secretariat of the Convention
on Biological Diversity, ICCA Consortium, Kalpavriksh and Natural Justice, Montreal, Canada, Technical Series no. 64, 2012.
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4. Conclusioni
Si è posto, così, in luce il tema della proprietà collettiva nei sistemi del costituzionalismo iberoamericano, con particolare riferimento ai Paesi c.d. Megadiveresi (ricchi di biodiversità) del B-17 (in contrapposizione al BRICS), quali in particolare, Messico, Brasile, Ecuador, Bolivia, Perù e Venezuela.
Il modello della proprietà collettiva, termine anfibologico in uso anche nelle realtà del Nord Italia (ma non solo), rappresenta, pertanto, un esempio concreto di tutela dei diritti fondamentali dei cives naturali anche in prospettiva comparata.
Si critica, in tal senso, con riferimento all’esperienza italiana, una visione degli usi civici e delle proprietà collettive come beni immateriali, essendo questa prospettiva riduttiva della loro portata come diritti fondamentali inquadrabili nella formula aperta dell’art. 2 Cost., uti socius, uti cives, uti singuli, definiti come tali già con la legge n. 1766/1927, molto prima del dettato costituzionale e tuttora vigente (come vecchia legge madre).
Il modello di gestione italiano, poi, è comunale, la titolarità è del cittadino naturale residente, le competenze specifiche sono regionali ex d.p.r. 616/1977 sul punto ancora vigente, come scheletro di elefante, sia pure scarnificato da tempo.
Il vincolo di uso civico, tra l’altro, è storico (si pensi ai terreni in uso civico ubicati all’interno dell’area archeologica di Elea-Velia), di per sé culturale (come un libro antico) ed è antecedente rispetto alla portata di quello ambientale.
Questo coniugio comparato tra modello iberoamericano e modello italiano è sicuramente foriero di prospettive ed elemento di congiunzione costituzional-comparatistica tra realtà ordinamentali ed intercontinentali solo apparentemente lontane.
LA TUTELA GIURIDICA DELLA BIODIVERSITÀ IN QUANTO BENE