• Non ci sono risultati.

2. La “polizia prima della polizia”

2.2 L’avvio delle riforme nel Settecento

L’assetto organizzativo delle forze di polizia attive nello Stato pontificio subì una prima svolta decisiva nella seconda metà del Settecento, sotto la spinta del mutamento del quadro politico determinato dagli eventi rivoluzionari in Francia, ma attraverso un’elaborazione in larga parte autonoma223. Ancor prima che si concretizzasse la minaccia di una vera e propria invasione, la tensione venutasi a creare tra la Chiesa cattolica e la Francia, soprattutto a seguito della costituzione civile del clero nel 1790, indusse i vertici del potere pontificio ad intervenire in modo deciso in materia di ordine pubblico.

Nel 1792, in corrispondenza con la proclamazione della Repubblica francese, venne istituita la Congregazione di Stato che rappresentò il primo concreto tentativo di realizzare una direzione politica accentrata224. Se infatti era esplicito il richiamo alle congregazioni di sistina memoria, l’organo collegiale di fatto si candidava ad essere il centro dirigente del governo, in stretta connessione con la Segreteria di Stato che avrebbe poi preso il sopravvento nel corso del XIX secolo. La stessa composizione della Congregazione, che sul piano formale avrebbe dovuto svolgere soltanto una funzione consultiva, la connotava come il vero e proprio vertice politico dello Stato, facendo parte di essa il Segretario di Stato e le maggiori cariche poste a capo delle magistrature della Reverenda camera apostolica, oltre che altri cardinali e prelati scelti per loro specifiche competenze225.

223 Sulla Roma del Settecento cfr. V. E. Giuntella, Roma nel Settecento, Bologna, Cappelli, 1971, e H.

Gross, Roma nel Settecento, Roma-Bari, Laterza, 1990. La presenza di un riformismo, seppur episodico e disorganico, nello Stato pontificio, come anche a Genova e a Venezia, ha indotto ad utilizzare la definizione di «riforme senza illuminismo» (Carpanetto-Ricuperati, L’Italia del

Settecento, cit.). Sulla molteplicità di sfaccettature del cosiddetto Assolutismo illuminato cfr. nota 14

dell’introduzione.

224 Sull’istituzione della Congregazione di Stato cfr. M. Formica, Sudditi ribelli. Fedeltà e infedeltà

politiche nella Roma di fine Settecento, Carocci, Roma, 2004, in particolare pp. 19-24, e Londei, Apparati di polizia e ordine pubblico, cit.

225 I membri della RCA partecipanti erano il Camerlengo, il Governatore di Roma e Vice-

camerlengo, il Tesoriere generale, il Commissario generale delle armi, il Segretario della Sacra Consulta (cfr. Londei, Gli apparati di polizia, cit., pp. 135-136). A capo della Congregazione fu posto il procuratore generale del Fisco Giovanno Barberi, in merito si veda L. Londei, Giovanni Barberi,

fiscale generale pontificio tra politica e amministrazone della giustizia nella crisi dell’antico regime, in M.

Sbriccoli-A. Bettoni, Grandi Tribunali e Rote nell’Italia di antico regime, Giuffrè, Milano, 1993, pp. 657- 683.

I primi provvedimenti adottati furono volti a coordinare e porre sotto il controllo di questa nuova autorità centrale la molteplicità di istituzioni preposte al mantenimento dell’ordine pubblico. L’azione di governo subì poi un’ulteriore accelerazione in seguito all’emergenza venutasi a creare con l’uccisione del segretario della rappresentanza francese a Napoli Hugo de Bassville, in visita a Roma226. L’episodio di violenza era rivelatore di uno stato di crisi più profonda, mettendo in luce la fragilità del potere pontificio incapace di avere il controllo e contenere le tensioni politiche interne, le quali iniziavano a colorarsi di tinte giacobine. La priorità diventò quindi il ristabilimento dell’ordine, per lo meno nella capitale, e l’esercito fu l’unico soggetto in grado di assolvere tale compito, mettendo a disposizione le sue truppe al fine di vigilare capillarmente il territorio urbano.

La militarizzazione della città diede una preminenza assoluta all’esercito che finì per assumere, oltre ai compiti di sorveglianza, anche quelli di polizia giudiziaria fino ad allora svolti dai vari esecutori di giustizia, provocando così rivalità e incidenti tra i soldati e la sbirraglia. A questo punto, diveniva improrogabile un intervento strutturale in merito all’organizzazione delle forze dell’ordine.

Nel 1793 cominciò ad essere elaborata dalla Congregazione di Stato una riforma del corpo dei birri, culminata con la stesura di un nuovo ordinamento che prevedeva la diminuzione del personale e la limitazione delle sue attribuzioni, in larga parte trasferite alla truppa regolare. Dal primo gennaio del 1794 il provvedimento divenne attuativo per mezzo di una lettera circolare inviata dalla Segreteria di Stato a tutti i tribunali, i quali videro profondamente ridimensionato il loro ruolo nella gestione dell’ordine pubblico, ora sottoposto al controllo del Comando militare facente capo alla Congregazione e alla Segreteria di Stato227. La vigilanza della città veniva così sottratta alle magistrature periferiche e presa saldamente in mano dagli organi politico-militari centrali.

Di lì a poco, con l’aumento dell’impiego delle truppe sui confini settentrionali in funzione di difesa anti-francese, si sarebbe pervenuti all’istituzione di un

226 Cfr. M. Formica-L. Lorenzetti (a cura di), Il Misogallo romano, Bulzoni, Roma, 1999. 227 Cfr. Londei, Apparati di polizia e ordine pubblico, cit., pp. 45-53.

reggimento di Guardia civica con compiti di vigilanza esclusivamente su Roma. La milizia urbana, basata su un arruolamento volontario, non era del tutto nuova nel panorama cittadino e le sue funzioni si sovrapponevano a quelle di altri corpi ugualmente fondati sull’idea di un’auto-difesa esercitata da parte degli stessi abitanti della capitale. In particolare con i preesistenti Capotori si venne a creare un conflitto di competenze che accompagnò la lunga vita questa particolare polizia urbana fino alla metà del XIX secolo228.

Questa stagione di riforme dell’assetto organizzativo delle forze armate ebbe però vita breve e non lasciò un’impronta incisiva nella creazione della vera e propria polizia pontificia che sarebbe avvenuta soltanto con la seconda Restaurazione, profondamente segnata dall’eredità francese. Al tempo stesso, proprio in questa fase, si erano poste le premesse che avrebbero consentito la ripresa di un progetto interno allo Stato pontificio, poiché solo in questo momento era emersa per la prima volta una coscienza del problema. In altre parole la consapevolezza della necessità di ripensare profondamente il sistema di polizia, inadeguato di fronte alle rinnovate impellenze di mantenimento dell’ordine pubblico, era il portato ultimo di questa breve parentesi e il preludio delle riforme successive229.

In una forma molto parziale si era avviato anche nello Stato della Chiesa, parallelamente agli altri antichi Stati italiani, il processo costitutivo di una polizia che assumeva alcune caratteristiche di modernità230. Proprio l’idea di riformare, rimasta tale per la classe dirigente pontificia e tradottasi in azione di governo da parte degli occupanti francesi, pur nella distanza delle risposte prospettate,

228 Cfr. ASR, Guardia civica. 1813-1857, b. 2, in cui, ancora nel 1836, la Segreteria di Stato fu chiamata

ad intervenire in merito alla sovrapposizione di competenze tra Guardia civica e Capotori, disponendo che questi ultimi divenissero una seconda compagnia scelta alle dipendenze del Senatore di Roma, con il nome di Guardia municipale. Sul corpo dei Capotori cfr. P. Santoni, La

Milizia dei Conestabili e dei Capotori: struttura e ordinamenti, in «Rivista storica del Lazio», 6, 1997, pp.

243–261.

229 Luigi Londei, al termine dei suoi puntuali studi sulle riforme settecentesche, ha giudicato questa

fase: «indicativa, se non altro, della consapevolezza, senz’altro ben presente nelle autorità di governo pontificie, della inadeguatezza dei tradizionali servizi di polizia e della necessità di riformarli. Fu probabilmente tale consapevolezza a rendere possibili, o almeno ad agevolare, le iniziative consalviane, realizzate fra contrasti e compromessi, di riforma degli apparati amministrativi». (Londei, Apparati di polizia e ordine pubblico, cit., p. 65).

230 Un bilancio sulle polizie settecentesche è in A. Contini, Quali le funzioni di polizia?, in Antonielli,

costituì un filo rosso che attraversò le cesure e i rivolgimenti di questi anni, rappresentando il sostrato da cui prese forma un apparato di polizia completamente nuovo.