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III CAPITOLO

4. Sorvegliare i movimenti: l’“invenzione” dei passaport

4.1 L’ingresso degli stranier

I passaporti permettevano perciò, segnalando e identificando gli individui, di effettuare un controllo continuo sugli spostamenti: il movimento della popolazione doveva essere accompagnato da un movimento di documenti, lasciando traccia stabile nelle carte. La rilevanza di questo principio era contenuta nel primo regolamento emanato in materia nel 1816, appena costituita la Direzione di polizia, in cui si affermava che:

frà i diversi rami della Polizia amministrativa quello, che più direttamente interessa l’ordine, e sicurezza pubblica, e tende ad eliminare i soggetti perniciosi dalla società, consiste nella cognizione degli Esteri, e dei sudditi, che s’introducono, si trattengono e partono rispettivamente dallo Stato333.

Senza entrare nel dettaglio della complessa questione relativa al fenomeno dell’immigrazione, e limitando l’attenzione alla peculiare condizione di Roma, si deve tener conto dei dati che parlano, per il periodo della Restaurazione, di un saldo attivo del movimento migratorio crescente, tranne brevi parentesi, che arrivò a toccare punte del 20% tra 1817 e 1824334. All’interno di tali cifre si devono poi distinguere le svariate tipologie di flussi migratori, in entrata e in uscita, oggetto della sorveglianza di polizia, prioritariamente interessata a registrare, ancor prima che gli abitanti che uscivano dalla capitale, gli stranieri che vi giungevano.

Tra questi si possono individuare fondamentalmente tre tipologie di gruppi sociali: i pellegrini, i lavoratori stagionali e gli stranieri in viaggio. Il primo gruppo, riconducibile alla forte tradizione dei pellegrinaggi devozionali a Roma, rappresentava una categoria di persone trasversale, sia dal punto di vista dell’estrazione sociale sia dei luoghi di provenienza che assunse poi una peculiare

333 Editto circa la polizia, pubblica sicurezza, e cognizione degli esteri, che si introducono, trattengono, e

partono dallo Stato, in Collezione di pubbliche disposizioni emanate in seguito del Moto Proprio di N. S. Papa Pio VII in data de’ 6 luglio 1816 sulla organizzazione dell’amministrazione pubblica, V. Poggioli

stampatore della RCA, Roma, MDCCCXVI pp. 147-152. Cfr. anche Calzolari-Grantaliano, La

legislazione di polizia, cit., p. 4.

334 G. Friz, La popolazione di Roma, cit., p. 115, in cui è riportata una tabella riassuntiva con la media

del saldo attivo del movimento migratorio raggruppata per anni come segue: 5% per il biennio 1815-1816, 20% per il periodo 1817-1824, 4% per il triennio 1825-1828 che segna il momento più basso e poi la ripresa con il 19% nel triennio 1829-18231, ancora in calo nel periodo 1835-1846 con il 12%.

fisionomia in occasione del Giubileo del 1825335. Gli altri due gruppi di migranti erano invece lo specchio di una logica di netta divisione sociale, per cui i lavoratori stagionali, provenienti principalmente dal Lazio e dalle regioni limitrofe, appartenevano ai ceti meno abbienti336, mentre i viaggiatori stranieri provenivano essenzialmente dalle élites europee legate alla tradizione del Grand

tour337.

Rispetto a tutte queste diverse categorie valeva il principio generale introdotto dalla legislazione del 1816, basato sull’obbligo di possedere un passaporto per ogni persona che si introducesse nello Stato: ogni soggiorno doveva essere motivato e certificato da un documento di identità vidimato dalle autorità preposte.

A questo scopo era perciò prevista una fitta rete di presidi sul territorio con il fine di attuare i controlli e sanzionare le trasgressioni. Le autorità incaricate avevano infatti piene facoltà di procedere all’arresto nel caso in cui «esistessero de’ motivi abbastanza fondati per credere falso in tutto, o in parte il passaporto, o si trattasse d’individuo privo di mezzi di sussistenza, e vagabondo»338. Tra le prime preoccupazioni c’era dunque quella di porre un argine al dilagare del fenomeno del pauperismo e del vagabondaggio, oggetto in questi anni di una dura campagna repressiva, ma a parte la questione del controllo sociale delle fasce marginali della società – su cui sarebbe stata prodotta una normativa specifica – l’editto si soffermava a lungo sulle regole a cui dovevano sottostare gli stranieri per essere autorizzati a soggiornare, più o meno lungamente, nello Stato.

La normativa affrontava una casistica articolata, basata fondamentalmente sulla distinzione tra i forestieri soltanto di passaggio e coloro che si sarebbero trattenuti per più di tre giorni, per un anno, fino a chiedere la residenza nei domini

335 Cfr. Ph. Boutry- D. Julia, Pèlerin et pèlerinage dans l’Europe moderne, Ècole Française de Rome,

Rome, 2000. In particolare sul periodo giubilare cfr. i dati statistici riportati in Id., Espace du

pèlegrinage, cit.

336 Cfr. Bartoccini, Roma nell’Ottocento, cit., p. 266, in cui si sottolinea questa forte caratterizzazione

sociale e si analizzano le regioni di provenienza dei lavoratori che risultano essere, in ordine di grandezza: Lazio, Marche e Umbria, Toscana, Due Sicilie, Abruzzo, Campania.

337 Cfr. Brilli, Il viaggio in Italia, cit., e sull’area romana in particolare F. Negri Arnoldi– R.

Mammucari, Roma e la campagna romana nel Grand Tour, Om grafica, Roma, 2008.

pontifici339. Connessa c’era poi la questione della circolazione interna allo Stato, poiché era previsto il rilascio di un foglio di via anche per chi doveva varcare i confini delle Legazioni e delle Delegazioni. Tali permessi sarebbero stati rilasciati dall’ufficio di polizia provinciale, a seguito di un’attestazione prodotta dalle polizie comunali o regionarie340.

Le pratiche e le informazioni raccolte dalle diverse autorità sparse sul territorio sarebbero infine confluite alle istituzioni centrali, grazie ad un sistema informativo di polizia con caratteristiche molto innovative a confronto degli esempi precedenti341. Mensilmente la Direzione generale riceveva nota di tutti i documenti rilasciati in entrata e in un’uscita dai singoli magistrati locali e procedeva, a sua volta, a inoltrare tali comunicazioni al vertice del sistema rappresentato dalla Segreteria di Stato, delineando un iter procedurale in cui si rifletteva l’alto livello di centralizzazione e gerarchizzazione di poteri rispetto al quale la polizia rappresentava un modello per le altre istituzioni dello Stato342.

In questa organizzazione generale, valida per l’intero territorio statale, Roma giocava un ruolo del tutto peculiare in quanto forte centro di attrazione per la migrazione turistica, devozionale e lavorativa tanto che, nel 1820 all’avvicinarsi della scadenza giubilare, con l’editto del 5 agosto fu introdotto un regolamento specifico per la capitale343. In esso venivano dettagliatamente esposte le procedure a cui si doveva sottoporre ogni viaggiatore, a seconda delle sue caratteristiche specifiche, una volta giunto alle porte della città.

Se si fosse trattato di un forestiero di passaggio per una sola giornata, sarebbe stato sufficiente comunicare all’ufficiale di turno i dati anagrafici e indicare la

339 Ivi, artt. 6-7. 340 Ivi, art. 17.

341 Cfr. M. Calzolari, Il nuovo sistema informativo di polizia per la repressione dei delitti politici (1815-

1820), in Bonella-Pompeo-Venzo, Roma fra la Restaurazione e l’elezione di Pio IX, cit., pp. 79-98.

342 Il sistema connesso ai passaporti costituiva l’esempio dell’alto grado di centralizzazione

burocratica raggiunta, cfr. Editto circa la polizia, pubblica sicurezza, e cognizione degli esteri, cit., in particolare art. 22: «Al principio di ciascun mese i magistrati di polizia trasmetteranno alla Direzione generale suddetta le note dei Passaporti, delle carte di sicurezza, delle vidimazioni, tanto per ingresso ed esgresso dei confini dello Stato, quanto per soggiorno degli esteri»; e art. 23 «Eguali rapporti saranno dati alla Segreteria di Stato dalla Direzione generale di polizia, la quale in tutti i casi gravi domanderà gli ordini alla medesima»

343 Editto 5 agosto 1820 dell’E.mo Cardinal Segretario di Stato circa gli esteri, che vengono nello Stato, in

Collezione di pubbliche disposizioni, pp. 58-66. Il titolo III era dedicato agli «Esteri, e statisti, che sono

porta da cui si sarebbe in seguito usciti in modo da pre-allertarla344. Nel caso in cui il viaggiatore intendesse invece trattenersi per più di 3 giorni, oltre a comunicare al funzionario di turno alle porta il luogo del soggiorno, egli era tenuto a presentarsi la mattina seguente il suo arrivo all’Ufficio generale di polizia, dove avrebbe nuovamente presentato i suoi dati anagrafici, specificando il motivo e la durata della sua permanenza, oltre che la residenza prescelta ed ogni successiva variazione sopraggiunta345. L’unica eccezione era costituita dalle «persone qualificate da distinta condizione» le quali potevano evitare di recarsi personalmente agli uffici centrali e inviare «l’assegna in scritto firmata però di proprio carattere», secondo un criterio di netta discriminazione sociale346.

Le auto-dichiarazioni degli interessati sarebbero poi state verificate incrociandole con le “assegne”, inviate entro 24 ore dall’arrivo di un ospite, da locandieri, albergatori e da qualsiasi individuo che ospitasse un forestiero «con pagamento, quanto per amicizia, e gratuitamente», compresi i conventi e i luoghi pii347. Emergeva così uno degli anelli più sensibili nella rete del controllo, rappresentato dalla sorveglianza sui luoghi di sociabilità in cui si incontravano residenti e stranieri, percepiti come potenziali spazi di disordine e dissenso da porre perciò sotto stretta sorveglianza348.

344 Ivi, art. 9.

345 La Notificazione del 5 novembre 1832, Disposizioni concernenti il rilascio dei passaporti, e l’assegna

dei forestieri (in Collezione di pubbliche disposizioni, cit., pp. 623-624), specificava che: «Per comodo, ed

intelligenza de’ forestieri che sono di passaggio, o permanenza in questa capitale si rende noto, che l’Officio della Direzione generale di polizia , per ciò che riguarda la spedizione de’ passaporti e carte di sicurezza in via ordinaria, è occupata per tale disimpegno in tutt’i giorni, nella mattina dalle ore tre antimeridiane sino a mezzo giorno, e nel dopopranzo dalle ore ventidue alla prim’ora di notte».

346 Editto 5 agosto 1820, cit., art. 10. 347 Ivi, art. 14.

348 Cfr. V. Milliot, La sourveillance des migrants et des lieux d’accueil à Paris du XVI siècle aux années