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III CAPITOLO

5. Tutelare i costumi: individui e gruppi social

5.1 Una polizia morale

L’intrusione in quella che oggi definiremmo privacy era anzitutto collegata alla facoltà di giudicare trasgressioni morali, per noi attualmente riconducibili alla sfera dei diritti e delle libertà individuali. Lungi dall’aderire ad una simile concezione, le polizie sette-ottocentesche si limitarono fondamentalmente a circoscrivere e a regolamentare questo settore relativo alla morale, con la volontà di non lasciarlo alla esclusiva tutela da parte delle autorità religiose367. Anche nello Stato pontificio, in cui gli apparati ecclesiastici erano ben saldi nelle loro funzioni giurisdizionali, la polizia tentò comunque di sottrarre loro parte di queste competenze.

Nel primo organigramma del 1816 fu allestito un intero settore dedicato alla “Polizia morale”, con compiti di vigilare sul rispetto del culto, della decenza pubblica e del buon costume più in generale368. Si trattava dell’ambito tradizionalmente soggetto al dispositivo di controllo guidato dai Tribunali ecclesiastici, coadiuvati dalle strutture parrocchiali di base, che si è visto all’opera nella vicenda di Carolina Croce presentata all’inizio di questo lavoro. A tali competenze si affiancavano poi quelle della “Polizia correzionale” deputata a sorvegliare i gruppi sociali considerati pericolosi, ossia accattoni, oziosi, vagabondi, prostitute e recidivi, più che a perseguire i reati veri e propri, ritenendo costoro a rischio sotto il profilo morale, prima ancora di quello penale. Di fronte al raddoppiamento dei soggetti istituzionali preposti a garantire la moralità pubblica e privata, si erano perciò venute a creare diverse incertezze sulle competenze, di cui il caso della famiglia Tinelli, esposto nel secondo capitolo, rappresentò solo un esempio paradigmatico. In quest’occasione la nuova Direzione generale di polizia fu chiamata a dirimere una controversia relativa agli oneri dotali di un padre nei confronti della figlia, materia abitualmente affidata al Vicariato, proprio in virtù delle attribuzioni specifiche di cui essa aveva iniziato a

367 Sulla polizia dei costumi in Francia, intesa in un’accezione ristretta alla repressione della

prostituzione cfr. Benabou, La prostitution et la police, cit., e per gli sviluppi di fine Ottocento Berlière, La police des mœurs, cit.

368 Cfr. titolari di classificazione degli atti riportati in Calzolari-Grantaliano, Lo stato pontificio, cit. p.

godere e che le consentivano di procedere nel delicato settore di intervento nel privato delle famiglie.

La precisazione di questi compiti specifici era il frutto del più generale riassetto degli uffici attuato nel 1834, in occasione del quale i due precedenti settori di polizia morale e correzionale erano stati unificati nella sezione IV definita «Polizia morale, correzionale e giudiziaria»369. All’interno di tale sezione si articolavano poi quattro sotto-sezioni tra cui, quella relativa al cosiddetto “costume pubblico”, volta proprio a dirimere problemi relativi ai «genitori e figli scandalosi, dissensioni coniugali attentati alla corruzione de’ talami, seduzioni e ratti, prattiche disoneste, pregnanze, maldicenze e diffamazioni, matrimoni clandestini»370. Era perciò in virtù di tale disposizione che la Direzione generale di polizia si era sentita legittimata ad intervenire nella vicenda Tinelli. In questa stessa sezione, oltre alla tutela morale dei nuclei familiari, erano altresì contemplate le materie relative al rispetto del culto e della religione, ossia il controllo su «libri proibiti e oggetti d’arte osceni, lusso incompatibile, spettacoli e canzoni immorali; motteggi contro la religione, insulti ai ministri del santuario, perturbazioni del culto»371.

Se quindi infrazioni dei costumi e del culto venivano posti in stretta correlazione, le altre sotto-sezioni miravano invece a disciplinare un campo più strettamente riconducibile ai reati penali che andava dalle materie relative all’ozio, l’accattonaggio, la prostituzione, alla repressione del brigantaggio, fino ai delitti gravi minori, in cui erano contemplati i reati penali, contro le persone e le cose, oppure a sfondo sessuale e con l’eventuale aggravante dell’associazione malavitosa372. C’era infine un ultimo gruppo di materie miscellanee in cui era

369 Ibid.

370 Calzolari-Grantaliano, La legislazione di polizia, cit., p.14, titolario di classificazione degli atti del

1834 inserito in appendice con alcune integrazioni rispetto alle precedenti pubblicazioni di titolari a cura delle due studiose.

371 Ibid.

372 Ibid., nella rubrica erano contemplati: «Malviventi, crassatori, aggressori, fautori di essi,

parricidi, fratricidi, uxoricidi, infanticidi, omicidi, veneficj, monetare falsi, furti, abigeati, ladroneggi, rapine, delazioni d’armi, incendi delittuosi, sodomie, stupri violenti e immaturi, assalti, risse, ferimenti, contrabbandi, resistenze alla forza, violazioni di precetto, cacciatori senza licenze, vetturini senza permessi, violenze, insulti, borseggi e furti semplici, danneggiamenti campestri, diserzioni, insubbordinazioni, fallimenti dolosi, satire e libelli infamatorj, compre dolose, fraudolenze, manutengoli, falsificazioni, tumulti, evasioni dalle carceri e dalla forza, esiliati, truffe, duelli, abusi di potere e falsi delatori».

compresa una varietà di settori di polizia: dalla gestione delle carceri, ai figli traviati, fino al rinvenimento di animali e oggetti smarriti373.

Le trasgressioni attinenti alla morale erano perciò regolamentate e perseguite dal medesimo ramo di polizia che si occupava dei reati comuni. Questa disposizione rifletteva in primo luogo la necessità del tutto pratica di accorpare i diversi uffici ridotti, a seguito di questa ristrutturazione complessiva, da dieci a sette, ma al contempo tale unificazione rivelava una concezione più profonda di assimilazione tra i comportamenti moralmente trasgressivi e le condotte propriamente criminali.

Il legame tra le infrazioni comportamentali e i reati veri e propri era insita nel pericolo morale che essi implicavano e finiva altresì per agevolare l’intervento congiunto di parroci e poliziotti in una varietà di materie. Nel già citato sondaggio effettuato nel corso del pontificato di Leone XII sui fondi della Direzione generale, l’allora esistente Polizia morale si trovò a chiamare in causa i parroci per una molteplicità di settori: controversie interne alla famiglia in merito a doti, alimenti, eredità, internamenti per demenza, questioni legate a trasgressioni sessuali di donne giudicate disoneste o in contravvenzione di precetti, oppure di coppie sorprese ad cubandum. Se episodicamente si presentava una varietà di occasioni di incontro tra parroci e poliziotti, fu proprio nel settore della polizia correzionale, ormai unificata a quella morale, dedita a gestire i problemi collegati al pauperismo, che si stabilì il legame più forte e strutturale, incentivato da una sistematica produzione legislativa che doveva tener conto di questa particolare coesistenza di autorità.

373 Ibid., nella rubrica “Miscellanea” erano contemplati: «Guardie campestri; carcere, custodi e

carcerati; cambio e consegna de’ rei con esteri domini e casi nei quali si abbia a domandare, concedere o negare; commutazioni e diminuzioni di pene, dimissioni dalle carceri e dai luoghi di pena; trasferimenti di prevenuti, condannati o esiliati; esecuzioni di sentenze pubbliche; premi per arresti di delinquenti; domande di autorità per esame di persone in sussidio di giustizia; proposizioni di riveli; interposizioni per renuenza all’osservanza d’obblighi derivanti da contratti o altro; oggetti di pretoriale risoluzione; figli di famiglia traviati; misure per le mogli de’ condannati e rispettive modificazioni o ampliazioni; rinvenimento di animali e misure relative».