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3. L’ordine restaurato

3.3 Il definirsi delle materie poliziesche

Dalle dichiarazioni generali espresse nella normativa e dai compiti attribuiti ai Presidenti dei rioni si può perciò avanzare l’ipotesi secondo cui il nuovo dispositivo centralizzato di polizia finì per ricoprire parte delle funzioni, civili e repressive, precedentemente svolte dalle reti di sorveglianza della popolazione e del territorio di natura ecclesiastica, cambiandole però in buona parte di segno. Per suffragare tale tesi interpretativa – che sarà affrontata in modo più sistematico nel capitolo conclusivo – è però anzitutto necessario individuare le materie di intervento della nuova polizia al fine di verificare la connessione ipotizzata. A questo fine non è però possibile fare ricorso agli atti istitutivi i quali, nella loro forma sintetica e sommaria, non entravano affatto nel dettaglio delle competenze. Una prima considerazione va fatta proprio in merito a questa assenza di codificazione che finiva per stemperare la carica innovativa dell’organismo appena istituito, riproponendo la caratteristica tipica delle funzioni di polizia di antico regime, prive di una solida base normativa e qualificate esclusivamente dall’insieme di deliberazioni promulgate nel tempo attraverso ordinanze, bandi, decreti, editti, costituzioni, che miravano di volta in volta ad affrontare le singole emergenze dettate dall’ordine pubblico. Proprio seguendo tale linea di intervento, in questa fase costitutiva, la polizia fu impegnata a disciplinare e risolvere, utilizzando singoli provvedimenti ad hoc, i problemi legati alla sicurezza che destavano maggiore apprensione: il controllo della circolazione degli individui sul territorio statale, la vigilanza sulle armi e la diffusione del brigantaggio nelle campagne278.

A questa mancanza di un corpus organico di materie di polizia si accompagnò invece un’accurata sistemazione normativa dell’assetto interno degli uffici, espressione di una sensibilità burocratica e documentaria di per sé particolarmente innovativa e sicuramente influenzata dall’esperienza francese, altresì veicolata da una rilevante continuità del personale impiegato279. Su questi

278 Cfr. Calzolari-Grantaliano, La legislazione di polizia, cit., pp. CCXXXIX-CCXL. 279 Sulla continuità del personale di polizia cfr. M. Calzolari, Il personale della pubblica

amministrazione: carriere fra più regimi (1798-1849), in «Le carte e la storia», 2, dicembre, 2006, pp.

aspetti si sono soffermati i lavori storico-archivistici di Monica Calzolari e Elvira Grantaliano individuando, attraverso la ricostruzione dell’attività interna agli uffici, i quadri di classificazione degli atti utilizzati nel tempo, mettendo così a nostra disposizione una preziosa fonte attraverso la quale è possibile avanzare alcune riflessioni rispetto al costituirsi delle materie di interesse poliziesco280.

La struttura della Direzione generale, stabilita soltanto nel 1820 dopo l’emanazione di diversi regolamenti281, prevedeva un organigramma fortemente gerarchizzato in cui spiccava, al di sotto del Direttore, la figura di un Assessore, posto a capo del gabinetto particolare e incaricato di gestire il cosiddetto “Protocollo segreto”, costituito fondamentalmente dalla corrispondenza riservata relativa a materie particolarmente delicate e dalle pratiche relative alla condotta di impiegati e funzionari interni. Era alla sua presenza che si svolgeva la riunione settimanale in cui i Presidenti relazionavano sui fatti accaduti nel loro rione; questi ultimi si raccordavano poi alla Direzione centrale anche per il tramite del Segretario generale, incaricato invece delle pratiche relative al “protocollo ordinario”, al funzionamento generale degli uffici e alla redazione dei rapporti giornalieri282.

Si definiva in tal modo una suddivisione, analoga a quella di impronta napoleonica, tra “alta” polizia, con la responsabilità di garantire la sicurezza dello Stato oltre che di effettuare la supervisione sugli uffici, e polizia “ordinaria” addetta allo svolgimento delle attività quotidiane in stretto collegamento con i vari organi periferici. I Presidenti in particolare rappresentavano veri e propri terminali dell’apparato centrale, anche se spesso le loro attività di vigilanza nei confronti delle comunità rionali rimanevano su un piano informale e non davano vita ad una procedura formalizzata. In altri casi invece le indagini erano avviate dalla stessa Direzione generale, ma finivano ugualmente per chiamare in causa i Presidenti, tramite la diffusione di circolari informative.

280 Cfr. i titolari pubblicati e commentati in Calzolari-Grantaliano, Lo Stato pontificio, pp. 93-117, e

Ead. (a cura di), La Direzione generale di polizia dello Stato pontificio: archivio del protocollo ordinario

(1816-1870), I Inventario dei registri, Archivio di Stato di Roma, Roma, 1997. Un vero e proprio

titolarlo degli atti è stato rinvenuto soltanto per il 1834, mentre quello risalente è al 1820 è frutto di una ricostruzione documentaria operata dalle due studiose.

281 Si vedano i regolamenti risalenti al 1816 e 1817 pubblicati in appendice a Calzolari-Grantaliano,

La Direzione generale di polizia, cit., p. 121 e sgg.

In questo circuito continuo di comunicazione erano poi gli uffici centrali a suddividere le diverse pratiche a seconda dei Dipartimenti di competenza: la “polizia di Stato”, deputata alla “direzione dello spirito pubblico”, inteso in tutte le sue declinazioni e in particolare in relazione al controllo dei movimenti della popolazione soprattutto tramite il rilascio dei passaporti; la “Polizia statistica” che si occupava invece della registrazione della popolazione e specificatamente di tutti gli abitanti di Roma; la “Polizia giudiziaria” tenuta a supportare le diverse attività dei tribunali, dalla fase delle indagini a quella dell’incarcerazione; infine la “Polizia amministrativa” incaricata di esercitare la vigilanza sui luoghi (teatri, caffè, osterie, case e condizioni ambientali in genere) e su alcune categorie di persone (poveri, prostitute, artisti di strada, maestri, osti, ecc.)283.

Attraverso il rapporto tra le diverse funzioni degli uffici e le modalità utilizzate per classificare le pratiche è quindi possibile individuare il costituirsi di materie di polizia molto più vaste rispetto a quelle inizialmente citate nella notificazione. Ben al di là delle disposizioni iniziali si era costituito un apparato burocratico complesso e notevolmente segmentato al suo interno, in cui si enucleavano i settori di polizia legislativa, disciplinale, morale, correzionale, giudiziaria, amministrativa, statistica, economica, oltre all’alta polizia e alla polizia di Stato. Il nuovo organismo di polizia, nato per volontà di Pio VII e Consalvi, era andato espandendo e definendo il suo campo di intervento nel corso della sua attività, più che a partire dagli scarni dettami istitutivi. Questo sviluppo subì una prima battuta d’arresto negli anni del pontificato di Leone XII, in cui si tentò di ricondurre le funzioni di polizia a servizio del progetto di moralizzazione e sacralizzazione promosso dal nuovo papa284. Anche fuori dalla capitale, particolarmente investita dall’ondata di rigorismo anche in corrispondenza della scadenza del Giubileo, si verificò una sorta di slittamento dell’azione di polizia verso un ambito privato di difesa della morale pubblica come presupposto dell’ordine pubblico285. La diffusione del precetto politico-morale era la rappresentazione di questo tipo di sovrapposizione tra politica e morale

283 Per una descrizione più dettagliata delle competenze cfr. la tabella in ivi, pp. 102-103. 284 Cfr. Calzolari-Grantaliano, La legislazione di polizia, cit., pp. CCXL-CCXLIV.

determinata dal rigido clima religioso, emblematicamente rappresentato dall’affermazione che cominciò a diffondersi secondo cui gli appartenenti alle sette politiche dovevano essere considerati «eretici nei pensieri e criminali nelle azioni»286.