• Non ci sono risultati.

III CAPITOLO

4. Sorvegliare i movimenti: l’“invenzione” dei passaport

4.2 I sospetti luoghi di accoglienza

Se per quanto concerneva l’ingresso dei forestieri in città la polizia si muoveva in totale autonomia, a livello locale, nell’ambito della sorveglianza dei luoghi di accoglienza per i forestieri, riemergevano le figure dei parroci. Rientrando questa prerogativa nel settore più ampio connesso al rilascio dei passaporti, in teoria, la competenza sarebbe dovuta ricadere esclusivamente sulla polizia, ma si vedrà come nello svolgimento pratico delle funzioni si ripresentasse una situazione di sovrapposizione con i parroci.

Sul piano normativo i regolamenti di polizia prevedevano che i gestori di esercizi commerciali e i singoli privati fossero obbligati a denunciare giornalmente i loro ospiti, sotto la minaccia di multe e aspre ammende per chi avesse omesso di fornire i dati esatti349. Il timore di connivenze e coperture, da parte degli stessi funzionari di polizia, aveva portato ad incentivare un clima di delazione per cui, di fronte ad eventuali negligenze, gli albergatori sarebbero stati sottoposti a una «multa di scudi dieci a vantaggio dell’accusatore, o dell’agente di polizia, o della forza pubblica, che ne dasse il discoprimento»350. Le sanzioni per i locandieri potevano poi giungere a prevedere da 3 a 10 giorni di detenzione.

L’atteggiamento propriamente persecutorio nei confronti dei gestori delle locande si fondava sul sospetto di una loro complicità con i propri ospiti, derivata dal pregiudizio secondo cui molti forestieri «amano di non rendere noti alla Polizia i loro domicili» e, a partire da questo teorema, furono promulgate continue disposizioni di polizia in materia351. Si arrivò addirittura a stabilire che, nel caso di mancata denuncia di un alloggiante da parte degli esercenti, questi ultimi

349 ASR, Miscellanea statistica, b. 54, Stati delle Multe delle Presidenze Regionarie relativamente alla

Statistica 1842 e Note periodiche delle Multe statistiche incassate dai Sig. Presidenti, cit. anche in Friz, La popolazione di Roma, cit., p. 9, che sottolinea la contraddittorietà tra in fini statistici proclamati dalla

polizia e gli scopi puramente repressivi per cui venivano utilizzate le registrazione della popolazione.

350 Editto 5 agosto 1820, cit., art. 14.

351 Cfr. i numerosi bandi conservati in ASR, Collezione Bandi. Si veda ad esempio Ivi, b. 421,

Notificazione 10 ottobre 1837, in cui si dichiarava che: «La Direzione Generale di Polizia ha avuto

motivo di riconoscere che sebbene in più circostanze siano stati avvertiti i Locandieri, gli Albergatori, gli Osti, ed altri Alloggianti di denunciare ne’termini prefissi dalle veglianti leggi i Forestieri tanto esteri quanto statisti venuti in Roma, purtuttavia da essi si trascurano a segno di tali denunzie, che fa temersi che codesto silenzio parta da una loro connivenza coi detti Forestieri».

sarebbero stati considerati responsabili, anche da un punto di vista penale, per le azioni commesse dai loro ospiti352.

La verifica dell’attuazione di tali disposizioni non poteva che essere affidata ai Presidenti regionari presenti sul territorio, incaricati di vigilare sugli esercenti e sugli stessi forestieri «che se ne rendessero meritevoli»353. L’insieme delle informazioni raccolte localmente sarebbe poi andata a comporre la «Nota giornaliera dei forestieri giunti coi rispettivi passaporti» inviata alla Direzione generale di polizia e compilata secondo un ordine nominativo per locande e privati sudditi che avevano denunciato la presenza di qualche ospite354.

L’Ufficio preposto a gestire questo flusso di informazioni a livello centrale era qualificato, sin dal primo organigramma, come “Polizia di Stato”. Esso vide precisate le sue competenze nella riorganizzazione generale del 1834, in cui finì per abbracciare tutto il vasto settore relativo al rilascio di passaporti, documenti e licenze varie355, oltre che continuare a detenere la sorveglianza su «alberghi, osterie, bettole, caffè e luoghi sospetti, pubblici e privati», avvalendosi anche di metodi di vero e proprio spionaggio356. Non a caso nella stessa Sezione VII

352Nella Notificazione 14 febbraio 1831, in Collezione di pubbliche disposizioni, cit., p. 605, Ordine agli

albergatori e particolari di dare alla Polizia l’assegna dè forastieri che alloggiano, si disponeva: «Oltre le

pene ivi comminate che restano nel loro pieno vigore, si previene che se taluno di detti forestieri (di cui se ne fosse trascurata la denuncia) si rendesse debitore di qualche mancanza, dovrà di questa ritenersene complice, e responsabile l’alloggiante suddetto, contro cui verranno attivate le proporzionate misure in vigore». La Notificazione era preceduta da una precedente, del 7 dicembre 1830, in cui si lamentava l’incompletezza delle assegne dei forestieri rispetto al numero degli alloggiati e si ribadiva perciò l’obbligo di denuncia.

353 Editto 5 agosto 1820, cit., art. 15.

354 ASV, Segreteria di Stato, 1816, rubrica 150, fasc. 2. Le assegne dei forestieri presenti a Roma sono

purtroppo conservate soltanto per questo primo anno di istituzione della polizia. I dati contemplati in questa fonte compilata dai locandieri sono: la data dell’arrivo, il nome e il cognome dello straniero, l’età, la patria e le indicazioni presenti sul passaporto.

355 Calzolari-Grantaliano, Lo Stato pontificio, p. 115, titolario di classificazione degli atti del 1834, cfr

anche Ead., La Direzione generale di polizia, cit., pp. 21-23. La rubrica “Passaporti e carte” contemplava il rilascio di «passaporti, fogli di libera circolazione, carte di residenza, dette di sicurezza, fogli e carte ai lavoratori di campagna; Licenze da caccia; Licenze di porto d’armi».

356 Ibid., la rubrica “sorveglianza” contemplava: «Permessi di soggiorno nella dominante; ordini di

partenza dalla medesima; Permessi di partire per le poste; Vigilanza pei forestieri nella capitale, lo fini, prattiche e mezzi di sussistenza; sorveglianza negli alberghi, osterie, bettole, caffé e luoghi sospetti, pubblici e privati; Servitori di piazza, antiquari, ciceroni, aventi commercio coi forestieri e loro registro; licenze di tener aperte le bettole, caffé ed altro oltre l’ora; Vigilanza sulla corrispondenza delle persone sospette».

rientravano le materie relative alla sfera, sottilmente connessa, dei «confidenti, esploratori segreti, polizia segreta in Roma e Comarca»357.

Un complesso dispositivo di sorveglianza poliziesca su stranieri e luoghi sospetti – coadiuvato dal suddetto ramo di Polizia amministrativa deputato a censire “Popolazione nazionale e degenti esteri” – si sommava perciò alle attribuzioni di tipo più strettamente burocratico in merito al rilascio e alla verifica dei passaporti, affidata alla rete di controlli che dal livello territoriale giungeva fino ai vertici amministrativi (la Direzione generale) e politici (la Segreteria di Stato).

E’ proprio al punto più alto di questa piramide che si trova traccia delle controverse sovrapposizioni che avvenivano, sul territorio, tra parroci e poliziotti impegnati a mantenere il controllo sulla loro comunità. Nei primi mesi del 1818, agli esordi dell’accurata organizzazione della vigilanza poliziesca sui luoghi di socialità ritenuti sospetti, esplose una polemica presso la Segreteria di Stato che riguardava in particolar modo la presenza di donne di malaffare in tali locali. Il problema dell’assembramento di forestieri si sommava a quello della prostituzione diffusa e la combinazione tra controllo sociale e morale chiamava in causa autorità di polizia ed ecclesiastiche. Il Pro-governatore Pianetti spiegava infatti che, a seguito delle indicazioni ricevute dal Tribunale del Vicario in merito al rafforzamento della sorveglianza sulle donne che stazionavano nelle locande, si era provveduto ad emanare una circolare in cui si incitavano i Presidenti regionari ad aumentare i controlli358. Di lì a poco egli era però venuto a conoscenza del fatto che lo stesso Tribunale del Vicario «andava diramando a tutti i locandieri un’intimazione di emettere seralmente nel suo Ufficio Criminale una nota di tutte le persone presso loro alloggiate, nella guisa stessa che sogliono darla alla Polizia». All’insaputa della Direzione generale di polizia, con cui era stato stabilito un accordo in merito, il Vicariato aveva allestito un parallelo sistema di controllo e

357 Ibid.

358 ASV, Segreteria di Stato, 1816, rubrica 158, fasc. 1, Circolare 1 gennaio 1818 indirizzata ai

Presidenti regionari, in cui si raccomandava ai «medesimi particolar cura di far arrestare, e tradurre immediatamente alla carcere della Direzione generale di Polizia le donne della specie indicata le quali per l’espresso di loro contegno si ravvisassero di positiva malavita, tanto se vagassero per la città di giorno, o di notte, quanto se si trattenessero ad ora avanzata nelle bettole e locande accennate in letti contemporaneamente comuni ad uomini, de quali non fossero le mogli». Da questo fascicolo sono tratte anche le citazioni che seguono.

rilevazione dei dati sui forestieri ospitati nelle locande di Roma. Sottolineando tutta la sua deferenza nei confronti delle autorità ecclesiastiche, Pianetti faceva notare alla Segretaria di Stato quanto l’onere per gli osti e gli albergatori fosse così divenuto insostenibile in quanto:

gravansi gia i locandieri stessi di essere soggetti al raddoppiamento del peso di dare tali note, per cui dovrebbero maggiormente impiegare e tempo per scriverle, e la persona per portarle come alla Direzione Generale di Polizia così all’Ufficio Criminale dell’Emo Vicario, non senza rimarcare che per un solo, ed identico dovere presso il Governo debbano essi accedere giornalmente a due medesime rappresentanze del medesimo.

Il Pro-governatore rimarcava il fatto che il Governo, da cui promanavano le disposizioni per i locandieri, era comunque uno soltanto e che le autorità ecclesiastiche e di polizia rappresentavano semplicemente due diverse emanazioni dello stesso vertice politico. Bisognava perciò ricondurre le distinte magistrature al principio unitario di uno scopo comune. In questo senso la sovrapposizione venutasi a creare era il sintomo di una contraddizione istituzionale intollerabile, poiché:

La polizia governativa in una città in tutto il mondo cattolico e acattolico è nata sempre e deve essere necessariamente di un solo: come non può scindersi fra Direttori diversi nelle sue singole parti, perché tutte hanno fra loro una connessione, e dipendenza, così del pari non può ammettersi una cumulativa ispezzione di più Direttori: altrimenti ne nascerebbe facilmente una [parola illeggibile] contraddizzione di provvidenze e di regolamenti su di uno stesso oggetto.

Pianetti denunciava, dal suo particolare punto di vista, un’incongruenza di portata più generale e tentava di allertare la Segreteria di Stato sui rischi di una cronica inefficacia dell’amministrazione pubblica, nel caso in cui non si fossero chiariti tali presupposti all’interno della filiera istituzionale. Il Pro-governatore si faceva portatore di una visione di riordino amministrativo di cui l’istituzione di polizia, per cui egli lavorava, era l’incarnazione più recente, ma anche la sua posizione rispecchiava alcune delle ambiguità insolute del nuovo sistema. Infatti, malgrado i suoi rilievi, egli si mostrava disposto ad una sorta di spartizione di compiti: al Tribunale del Vicario, già attrezzato in tal senso, si sarebbe occupato della repressione delle donne di malaffare, mentre alla polizia sarebbe spettata la sorveglianza sugli stranieri. Nei confronti di questi ultimi sarebbe stato infatti più

opportuno un controllo da parte dei poliziotti, più laico e conforme agli usi diffusi in Europa, piuttosto che l’intervento moralizzante di una curia ecclesiastica poiché:

quell’Estero onesto, che saprà esser denunziato non solo alla Polizia per il sistema comune a tutti gli Stati, ma altresì ad un Tribunale, che specificamente veglia sul buon costume, non difficilmente si crederà dubbio almeno in questo rapporto presso il Governo, e forse anche offeso dal medesimo.

Anche il disegno in parte innovativo proposto dall’alto funzionario finiva così per riprodurre una logica di compromesso e mediazione che rendeva il funzionamento della polizia, come egli stesso lasciava intendere, un’anomalia rispetto al «sistema comune a tutti gli altri Stati».