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Il caso Braibanti: la prima ed ultima condanna a titolo di plagio L‟unica condanna a titolo di plagio, in tutta la sua storia, è quella pronunciata nel

I PROFILI PENALI DELLA MANIPOLAZIONE MENTALE

1. Ricostruzione storica del delitto di plagio

1.5. Il caso Braibanti: la prima ed ultima condanna a titolo di plagio L‟unica condanna a titolo di plagio, in tutta la sua storia, è quella pronunciata nel

noto caso di Aldo Braibanti. L‟imputato, colto intellettuale anticonformista, politicamente attivo e di spiccata eloquenza, in tutti e tre i gradi di giudizio, era stato raggiunto da sentenze di condanna (in primo grado, dalla Corte di Assise di Roma, il 14 luglio 1968, esito poi confermato anche in appello e in Cassazione) per aver soggiogato due ragazzi poco più che maggiorenni, in due diversi segmenti cronologici, asseritamente inducendoli a lasciare gli studi per seguirlo nelle sue peregrinazioni e nella sua esistenza misera e in condotta in condizioni infime, inizialmente avvicinandoli con l‟offerta di lavoro come segretari626

. La vicenda giudiziaria ebbe origine dalla denuncia del padre di uno dei due ragazzi, che sottopose in seguito il figlio a terapie psichiatriche finanche a base di elettroshock627. Il Braibanti avrebbe esposto i giovani ad eccessi di ogni genere, li avrebbe affamati, tenuti rinchiusi in anguste stanzette e avrebbe intrattenuto con essi relazioni omosessuali. Secondo i giudici, egli li avrebbe condotti al completo isolamento sociale, vietando loro di frequentare altre persone e di fatto arrogandosi il diritto di controllarli in tutto. Con pratiche erotiche, lusinghe, lodi, dissertazioni filosofiche ed un‟abile manipolazione psicologica si sarebbe aggiudicato la “supina acquiescenza” delle vittime, radendo al suolo la loro forza di volontà e capacità di autodeterminarsi autonomamente, riducendole nello stato di soggezione e dipendenza dal soggetto attivo che costituisce il presupposto materiale della fattispecie penale di cui all‟art. 603628. Egli avrebbe esercitato una “tirannia cerebrale e psichica”629

su entrambi i giovani, attraverso metodi analoghi in entrambi i casi, tanto che fu riconosciuto il vincolo della continuazione tra i vari episodi criminosi. Secondo la Corte di Assise di Appello, si doveva distinguere tra l‟attività di mera persuasione (che lascia al soggetto passivo la capacità di valutare criticamente le argomentazioni propostigli e che si sostanzia in una condotta lecita) e quella di suggestione, caratteristica del plagio, riconoscendo quest‟ultima come più pericolosa, perché in grado di provocare “il blocco

delle funzioni critiche, profittando dell‟altrui impossibilità psichica di critica e di

626 PESTELLI, G.; op.cit., p. 634. 627

CIERVO A.; MONINA G.; Il reato di “plagio” e la “riduzione in schiavitù”. Una lettera di

Costantino Mortati a Lelio Basso (29 febbraio 1969); Il Mulino, Parolechiave (ISSN 1122-5300),

Fascicolo 1, gennaio-giugno 2016, p. 160.

628 Corte di Assise, Roma, 14 luglio 1968, Braibanti, Foro it., II, 181. 629

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scelta”630. Attraverso la suggestione, il Braibanti era riuscito, a parere dei giudici, a creare lo stato di totale sottomissione psichica al plagiante che rappresentava il presupposto oggettivo richiesto dalla fattispecie di plagio631, in concordanza con l‟ultimo indirizzo esegetico adottato dalla Suprema Corte. Non si ravvisò, a differenza di quanto alcuni preoccupati commentatori ritenevano, alcuna frizione tra la norma così interpretata e la libertà di espressione del proprio pensiero di cui all‟art. 21 Cost., fungendo anzi l‟art. 603 c.p., nel suo ruolo di garante della libertà morale individuale, da necessario limite alle forme di manifestazione della propria opinione che contrastino con i valori fondamentali della Carta Costituzionale632, sanzionando la sottomissione psicologica come strumento per produrre l‟evento, e non avendo di mira il merito ideologico delle dottrine proposte633. La Suprema Corte si allineò alle decisioni assunte in prime e in seconde cure, confermando l‟integrazione del reato di plagio. Anch‟essa sostenne che l‟evento criminoso fosse attingibile sia con mezzi fisici che psicologici, rappresentando il plagio un reato a forma libera, e che la suggestione, soprattutto se unita ad altri fattori come “l‟immaturità, l‟ignoranza, la credulità della vittima, è

strumento quanto mai idoneo per superare, con l‟ausilio di forme persuasive, la resistenza opponibile da uno scarso senso critico e, ad un tempo, per conseguire quella docile pieghevolezza del plagiato”634. Era infatti proprio su questa valutazione che si doveva imperniare il giudizio: se la persuasione si rivolgeva ai meccanismi razionali della vittima635 e lasciava intatta la sua capacità di determinare la propria volontà di accettare o rigettare le argomentazioni o gli schemi di condotta sostenuti da altri, il plagio avrebbe privato il soggetto della propria libertà, impossibilitato a qualsiasi forma di critica e di ribellione, poiché completamente sottomesso dalla personalità forte del

plagiator636, che si rapportava con i meccanismi irrazionali ed emotivi637 del soggetto passivo ed appariva invincibile. La significativa difficoltà incontrata anche dagli esperti del settore nella determinazione del confine tra persuasione e suggestione costituiva una delle maggiori incognite applicative della norma, rendendo indeterminato non solo l‟evento, ma anche la condotta638

. L‟effetto dell‟uso di singoli (e svariati) mezzi,

630 Ivi, p. 173. 631 PESTELLI, G.; op.cit., p. 635. 632 PESTELLI, G.; op.cit., p. 636. 633 CARUSO, G.; op.cit., pp. 173-174. 634

Cass. pen., sez. I, 30 settembre 1971, Braibanti, in Foro it., 1972, II, 6.

635 ZUCCALÀ, G., Il plagio, cit., p. 369, nt. 29. 636 PESTELLI, G.; op.cit., p. 637.

637 ZUCCALÀ, G., Il plagio, cit., p. 369, nt. 29. 638

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comunque, doveva essere apprezzato nel complesso e considerato anche in rapporto al livello fisiopsichico della vittima.

Questa sentenza della Corte di Cassazione fu raggiunta da numerose contestazioni, di varia natura. Di una di queste, quella che esprimeva il timore che l‟interpretazione fornita dalla corte della disposizione avrebbe costretto il plagio in una posizione incostituzionale, in quanto rappresentante un limite alla libertà di esprimere il proprio pensiero, si è già trattato. In particolare, si aggiunge come molti autori intravedessero il rischio che, nella concreta applicazione giudiziale, sarebbero stati puniti solo i comportamenti derivanti da ideali minoritari e difformi da quelli massificati, distanti dal comune sentire639. Estremamente arduo si sarebbe rivelato, dunque, il compito di discriminare tra lecito e illecito nella eterogenea congerie di rapporti interpersonali nell‟ambito dei quali ogni individuo è perennemente immerso e interagisce con i suoi simili. Diversi autori, invece, rivendicavano la sostanziale sovrapponibilità del plagio con la schiavitù di fatto, seguendo l‟orientamento tradizionale640

. Altri rilevavano l‟illegittimità costituzionale (per violazione, stavolta, del principio di legalità) dell‟art. 603 c.p., a partire dall‟evidente difetto di tassatività della sua formulazione, eccessivamente vaga sia in rapporto al profilo delle modalità con cui si dovesse estrinsecare la condotta, sia in ordine allo stato di soggezione psichica, concetto extragiuridico reputato troppo sfuggente, per la mancanza di certi riscontri scientifici641. Alcuni autori, favorevoli all‟interpretazione della Corte, come Nuvolone e Zuccalà, ritennero che l‟evento della soggezione psichica corrispondesse alla riduzione del soggetto passivo in uno stato di incapacità di intendere e volere, di fatto restringendo di molto l‟ambito applicativo della fattispecie. Infine, un ultimo ordine di censure mosso all‟art. 603 riguardava il difetto di verificabilità dell‟evento, reputandosi impossibile l‟attuazione concreta dello stato di soggezione psichica preteso dalla disposizione642

, poiché né la persuasione, né la suggestione, né l‟ipnotismo avrebbero potuto raggiungere il risultato di privazione totale della personalità psichica a cui faceva riferimento la sentenza643. Si nota, dunque, come, al fine di conservare la forma libera del reato, la dottrina si sia vista costretta a specificare l‟evento ricorrendo a stati psichici patologici o di incapacità di intendere e volere, sollevando peraltro dubbi di autonomia

639

USAI, A., op.cit., p. 12.

640 Ivi, p. 11. 641 Ivi, p. 12. 642 Ivi, p. 13. 643

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del plagio stesso, che veniva connotato da una imbarazzante rassomiglianza, tendente alla sovrapponibilità, rispetto sia allo stato di incapacità provocato mediante violenza, ex art. 613 c.p., sia al reato di lesioni personali644.

Le posizioni critiche rimasero comunque, tutto sommato, minoritarie, accordandosi la migliore dottrina con l‟interpretazione del Tribunale Supremo, il quale avrebbe considerato il plagio in maniera più evoluta e non più circoscritta all‟angusto recinto della schiavitù di fatto645. Quest‟ultima figura rimaneva comunque compresa nell‟alveo di applicazione della norma, ma non ne rappresentava più l‟oggetto esclusivo646

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