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La psicologia sociale e il tramonto del brainwashing

LA MANIPOLAZIONE MENTALE E I CULT

7. La psicologia sociale e il tramonto del brainwashing

Di fronte al diffuso coinvolgimento della popolazione americana, in particolare quella giovanile, nei nuovi gruppi religiosi chiamati in senso dispregiativo “culti”, la prima, intuitiva, spiegazione che fu approntata del fenomeno ruotava attorno alla teoria della “culture rejection”: appariva, infatti, che i giovani aderissero a tali gruppi distruttivi in un moto di generale rifiuto delle istituzioni americane e dei valori consolidati (sociali, familiari, economici e religiosi). Col tempo, tuttavia, si fece spazio un‟interpretazione alternativa di tale tendenza, definita del “brainwashing”: i giovani, si diceva, non si erano rivolti ai culti volontariamente, bensì erano stati inconsapevolmente irretiti dagli esperti manipolatori, i quali avevano approfittato delle loro debolezze per trarne indebito vantaggio. I ragazzi si scoprivano assolutamente inermi di fronte alle sofisticate e potenti tecniche psichiche (gli esperti assicuravano che la loro potenza fosse anche più efficace della coazione fisica), che in quel momento avevano trovato applicazione nei nuovi movimenti religiosi, tendenzialmente di ispirazione orientale. Tali teorie del lavaggio del cervello goderono subito di molta popolarità, diffondendosi

395 USAI, op.cit., p. 79.

396 USAI A., Profili penali dei condizionamenti psichici. Riflessioni sui problemi penali posti dalla

fenomenologia dei nuovi movimenti religiosi, Giuffrè, Milano, 1996, p. 93.

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a macchia d‟olio negli Stati Uniti e radicandosi nella pubblica opinione. Del resto, criticamente, si può osservare come queste teorie soddisfacessero perfettamente l‟interesse di molti, in particolare si pensi ai genitori degli adepti (per deresponsabilizzarsi delle scelte anticonformiste del figlio), agli stessi aderenti in seguito “pentiti”, ai deprogrammatori (che grazie a ciò hanno potuto “inventarsi” la propria professione), i quali puntavano a far percepire l‟adesione a tali gruppi come qualcosa di diverso dal rifiuto dispregiativo della “perfetta” cultura americana. Sorge, a questo punto, una domanda: dato l‟innegabile valore politico e ideologico del termine, il

brainwashing esiste davvero o non è altro che una fantasia totalitaria, frutto

dell‟immaginazione di un giornalista americano per descrivere la minaccia di una cultura aliena398?

Diversi sono i profili di critica che hanno colpito la tradizionale visione della manipolazione mentale, che chiameremo per convenzione teoria del brainwashing. Anzitutto, si assiste a un travisamento delle originarie teorie sul lavaggio del cervello, in primo luogo perché le ricerche compiute da Lifton e Shein evidenziarono come le tecniche fossero in via generale efficaci solo nell‟intento della modificazione del comportamento a breve termine, al fine di ottenere la collaborazione della vittima, rivelandosi inutili a soddisfare più esigenti pretese. Ciò contraddice le tradizionali concezioni del lavaggio del cervello, che considerano il brainwashing come un metodo sofisticato che permette un controllo totale e a lungo termine della mente, del comportamento e delle credenze del soggetto, come presumibilmente accadeva con i NMR399. Secondariamente, Lifton e Shein interpretavano l‟essere umano come una entità complessa, non suscettibile di subire una “robotizzazione” o una completa soggezione psichica. Essi rifiutano, perciò, il determinismo estremo o “forte” (“hard

determinism”) che è insito nelle teorie più recenti di Ofshe e Singer, mentre trovano più

appropriato e gratificante mantenersi su un piano di determinismo debole (“soft

determinism”)400. In terzo luogo, i suddetti autori non si trovano d‟accordo con la moderna applicazione delle loro teorie al fenomeno dei culti, il quale si sostanzia, a ben vedere, in una condizione non coercitiva401. Si riportano, a questo proposito, delle

398 TAYLOR, K., Brainwashing: the science of thought control, Oxford : Oxford University Press; 2004,

p. 6.

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RICHARDSON J.T.; A social psychological critique of "brainwashing" claims about recruitment to

new religions, From: HADDEN J. and BROMLEY D., eds.,The Handbook of Cults and Sects in America,

Greenwich, CT: JAI Press, Inc., 1993, pp. 75-97, in www.cesnur.org

400 Ibidem. 401

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parole significative di Lifton: "...the term (brainwashing) has a far from precise and

questionable usefulness; one may even be tempted to forget about the whole subject and return to more constructive pursuits.402" Data la difficoltà incontrata nell‟operare una netta distinzione tra le attività che possano considerarsi giuste, accettabili e quelle che non lo sono, tali autori non possono che prendere atto del fatto che definire una singola area sociale come distruttiva o negativa è assai controverso e problematico. Si ribadisce, infatti, come la considerazione del brainwashing sia grandemente influenzata dal punto di vista di ciascuno di noi, dipendendo dalle proprie ideologie e convinzioni politiche. Ciò è evidente, se non altro, per il fatto che accuse di lavaggio del cervello sono emerse in varie epoche storiche al fine di denunciare le presumibili atrocità commesse da un‟entità che veniva in quel momento percepita come nemico politico: negli anni Cinquanta il comunismo, negli anni Settanta e Ottanta i Nuovi Movimenti Religiosi. Probabilmente, infatti, non è un caso che ad essere tacciati di tali illecite e losche pratiche siano proprio culti di tendenziale provenienza o almeno ispirazione orientale, straniera403. Sia negli USA degli anni Settanta e Ottanta sia, successivamente, in Europa, la preoccupazione per il fenomeno non pare estranea a tendenze xenofobe e, in un certo senso, discriminatorie. La percezione che i culti o le sette siano “alieni”, un prodotto importato, può almeno in parte spiegare la propensione con cui la società li condanna e i Governi si sentono chiamati al controllo sociale. Altro pesante difetto della moderna teoria del brainwashing risiede nella inadeguatezza scientifica della ricerca. Difatti, molti autori notano come gli stessi Lifton e Shein avessero potuto contare, nei loro studi, su un campione numericamente insufficiente per poter trarre delle conclusioni su grande scala404. Anche l‟affidabilità delle testimonianze apostatiche non può essere sopravvalutata, in quanto l‟idea di aver subito il lavaggio del cervello viene spesso ingenerata nel corso della deprogrammazione e nelle dichiarazioni degli ex membri i fatti reali si mescolano inevitabilmente con la propria rielaborazione interpretativa, svolta retrospettivamente405. In quanto enunciati interpretativi, essi risultano insuscettibili di una valutazione in termini di verità fattuale, ma anzi richiederebbero di essere sottoposti a scrupolose (e complicate) verificazioni. Introvigne

402 LIFTON, R., Thought Reform and the Psychology of Totalism, New York: Norton, 1963. Cit., p. 4. 403 RICHARDSON J.T.; A social psychological critique of "brainwashing" claims about recruitment to

new religions, from HADDEN J. and BROMLEY D., The Handbook of Cults and Sects in America.

Greenwich, CT: JAI Press, Inc., 1993, pp. 75-97, in www.cesnur.org.

404 Ibidem. Il primo, infatti, esaminò in tutto solo quaranta persone (e tra queste, solo di undici ha

riportato dati dettagliati), mentre il secondo si è basato su un ristretto gruppo di quindici civili americani che erano tornati in patria dopo aver subito una esperienza di imprigionamento in Cina.

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e Richardson criticano spesso alcune relazioni europee per il loro eccessivo e cieco affidamento sulle testimonianze degli apostati406. Altra lacuna degli studi classici sul

brainwashing è che essi ignoravano completamente l‟eventuale apporto al controllo

mentale fornito dai tratti predisponenti personali. In questo modo il lavaggio del cervello appariva come un‟attività travolgente e irresistibile per qualsiasi persona, indipendentemente dalle caratteristiche del target, trascurando le possibili cause volitive e spontanee dell‟affiliazione. Ma anche laddove questo aspetto era stato indagato, come nel caso di Lifton, che mostrò nel suo lavoro la matrice volontaria di gran parte della riforma del pensiero operata dai Cinesi, esso venne sottovalutato e accantonato. Richardson auspica ad una emersione nell‟universo scientifico di un paradigma attivo, e non più solo passivo, del processo di conversione ai culti407, che tenga conto, come molti studi hanno rilevato, che l‟adesione al gruppo è spesso mossa dalla genuina curiosità di conoscere e intraprendere un diverso stile di vita. Le ricerche si presentano oltremodo lacunose anche perché non si soffermavano neppure sui, pur esistenti, effetti positivi dell‟adesione a un NMR: Robbins e Anthony ne contano addirittura dieci408

. I sostenitori della teoria del brainwashing sembrano avere gli occhi bendati di fronte alla pur cospicua mole di ricerche volte a individuare una spiegazione alternativa, proveniente dalle scienze della sociologia, psicologia sociale e psicologia. Esse possono proporsi come dignitose spiegazioni dell‟arruolamento di nuovi adepti nei culti, in grado di evitare i soliti, vecchi e ristretti concetti quasi magici che aleggiano attorno al lavaggio del cervello409. Esiste, inoltre, un altro dato, molto più empirico e banale, che concorre a demolire la teoria del brainwashing, semplicemente limitandosi a costatare lo scarso successo dei NMR. La Chiesa dell‟Unificazione, uno dei più estesi,

406 Spesso, si assiste ad un utilizzo confusionario e improprio di queste testimonianze che, specialmente

dagli oppositori dei NMR, vengono trattate come enunciati assolutamente fattuali e rispondenti a verità (ROBBINS T., Combating "Cults" and "Brainwashing" in the United States and Western Europe: A

Comment on Richardson and Introvigne's Report, in Journal for the Scientific Study of Religion, Vol. 40,

No. 2 (Jun., 2001), pp. 169-175, p. 171). Molti dei dati su cui si basano lavori di autori illustri (come Singer, Clark, Verdier) sono stati tratti da ex membri, molti dei quali erano stati deprogrammati (RICHARDSON, KILBOURNE, Classical and Contemporary Applications of Brainwashing Models: A

Comparison and Critique, 1983. cit. p. 37).

407 Ibidem.

408 Ibidem. Abbiamo inoltre già trattato del relief effect che secondo lo psichiatra Marc Galanter il neofita

sperimenta nel momento del suo ingresso nel culto.

409

Per esempi illustri, si rinvia a HEIRICH, M., "Change of Heart: A Test of Some Widely Held Theories

About Religious Conversion.", 1977, American Journal of Sociology 85(3): 653-680. ; PILARZYK T.,

"Conversion and Alienation Processes in the Youth Culture.", l978, Pacific Sociological Review 21(4): 379- 405.; STRAUS R., "A Social-Psychology of Religious Experience: A Naturalistic Approach.", 1981,

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probabilmente non ha mai superato i 10.000 membri410. Evidentemente, tecniche che si assumono così potenti, come il reclutamento descritto dai teorici del lavaggio del cervello, non hanno condotto a risultati apprezzabili come invece ci si dovrebbe logicamente attendere. Questo fatto va poi unito alla tendenzialmente breve durata della partecipazione nel gruppo, la quale appare a sua volta inspiegabile se si aderisce alle elucubrazioni della dottrina del brainwashing411. I punti e le tematiche appena osservate sono condivise anche da altri importanti studiosi. William Sims Bainbridge, nel suo manuale di sociologia intitolato “The Sociology of Religious Movements” (1996), individuò chiaramente "sette ragioni" principali che giustificano il rifiuto da parte della maggioranza della comunità scientifica delle teorie del brainwashing412. Egli ricorda la bassa percentuale di successo degli esperimenti cinesi e nord-coreani, presi a modello del lavaggio del cervello; gli assai deludenti esiti dell‟attività di proselitismo dei NMR; l‟elevato tasso di turnover; il fallimento di tutti i tentativi empirici operati dagli studiosi interni ai culti di procurare un fondamento probatorio all‟ipotesi del "lavaggio del cervello", in modo da confermarla; l‟elaborazione di validi modelli alternativi che offrono diverse spiegazioni della conversione e del mantenimento dell‟adepto in tali Nuovi Movimenti Religiosi, senza ricorrere alle classiche ipotesi di manipolazione mentale; la considerazione di tale teoria come pretesto politico utile a sostenere e giustificare la repressione delle minoranze; ed infine il rifiuto, da parte della maggioranza della comunità di psicologi e psichiatri, della ristretta dicotomia tra libertà assoluta e arbitrio umano, e dell‟idea della riduzione dell‟individuo a un robot413

. Preso atto delle traballanti fondamenta su cui poggia la teoria del brainwashing, è il momento di rivolgere l‟attenzione sulle alternative epistemologiche che la psicologia sociale si è presa carico di costruire. In particolare, a partire dalla fine degli anni Novanta, alcuni sociologi hanno proposto versioni "nuove" e più miti delle teorie del lavaggio del cervello. A parere di Benjamin Zablocki, sociologo statunitense che ha elaborato un modello “moderato” di brainwashing, il lavaggio del cervello entra in gioco solo nella fase successiva alla conversione, quella cioè in cui si punta al mantenimento del

410 RICHARDSON J.T.; A social psychological critique of "brainwashing" claims about recruitment to

new religions, from J. HADDEN and D. BROMLEY, The Handbook of Cults and Sects in America.

Greenwich, CT: JAI Press, Inc., 1993, pp. 75-97, in www.cesnur.org.

411 RICHARDSON J.T.; A social psychological critique of "brainwashing" claims about recruitment to

new religions, from J. HADDEN and D. BROMLEY, The Handbook of Cults and Sects in America.

Greenwich, CT: JAI Press, Inc., 1993, pp. 75-97, in www.cesnur.org.

412 INTROVIGNE M., Nuovi movimenti religiosi e salute mentale, in www.cesnur.org. [29.10.2018] 413 BAINBRIDGE, W.S., The Sociology of Religious Movements, Routledge, New York-Londra 1996, p.

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soggetto all‟interno della setta, nello specifico lavorando per massimizzare i suoi "costi

di uscita"414. Inoltre, secondo lui "il lavaggio del cervello è sempre stato un fenomeno

statisticamente raro perché la maggioranza delle situazioni sociali non sono favorevoli al suo verificarsi"415. La posizione critica di Zablocki si inserisce in una direzione favorevole al dialogo all‟interno della comunità scientifica, la quale non è concorde nell‟apprezzamento di detta teoria416

. Cialdini417, in “Influence: Science and

Practice”418, rivisita e spiega l‟evento del suicidio di massa dei seguaci del Tempio del Popolo, alla luce dei concetti di isolamento sociale e ignoranza pluralistica. Secondo lui, non sono state le caratteristiche personali del reverendo Jim Jones a portare alla tragedia, anche se gli va riconosciuto il merito di aver saputo manipolare la situazione nel modo a lui più congeniale419. La psicologia sociale, secondo l‟autore, individua diversi principi in grado di spiegare il funzionamento della scienza della persuasione; essi sono: il principio di contrasto420, la regola di reciprocità421, il principio

dell‟impegno, il principio della simpatia, principio di riprova sociale e il principio di scarsità. In base al principio dell‟impegno, le persone tendono a nutrire un bisogno

414 ZABLOCKI B. D., "Exit Cost Analysis. A New Approach to the Scientific Study of

Brainwashing", Nova Religio: The Journal of Alternative and Emergent Religions, vol. 1, n. 2, aprile

1998, pp. 216-249. L‟autore dubita della reale efficacia delle tecniche sperimentate dai NMR, anche perché la maggior parte delle persone riesce ad opporre resistenza (INTROVIGNE, M., Nuovi movimenti

religiosi e salute mentale, in www.cesnur.org).

415

ZABLOCKI B. D., op.cit., p. 222.

416 INTROVIGNE M., Nuovi movimenti religiosi e salute mentale, in www.cesnur.org

417 CIALDINI R.; Le armi della persuasione: come e perchè si finisce col dire di sì, Firenze, Giunti,

1989.

418

CIALDINI, R., “Influence: Science and Practice”, Glenview, Illinois: Scott, Foresman and Company, 1985.

419 RICHARDSON J.T.; A social psychological critique of "brainwashing" claims about recruitment to

new religions, from HADDEN J. and BROMLEY D., The Handbook of Cults and Sects in America.

Greenwich, CT: JAI Press, Inc., 1993, pp. 75-97, in www.cesnur.org.

420 Esso si fonda sul contrasto percettivo avvertito tra due cose diverse presentate in successione, per cui

se il secondo stimolo differisce abbastanza dal primo, si tende ad avvertirlo più diverso di quanto non lo sia effettivamente. Questo principio ha il vantaggio di essere praticamente invisibile, tratto che lo rende perfetto per i tecnici della persuasione, i quali possono sfruttarlo senza dare l‟impressione di aver predisposto la situazione a proprio vantaggio. CIALDINI R.; op.cit., pp. 19-20.

421 Importantissima, soprattutto nel settore di nostro interesse, è: quando qualcuno ci fa un favore o un

regalo, ci sentiamo naturalmente in debito e quindi in dovere di ripagarlo in qualche modo . Questo vale in qualsiasi società umana. La curiosa ubiquità del principio è anche ciò che lo rende particolarmente efficace in via universale. Cialdini spiega come tale metodo fosse abilmente impiegato, in maniera sistematica, dagli Hare Krishna, i quali usavano offrire un dono (come, ad esempio, un fiore) ai passanti prima di praticare una questua, chiedendo loro denaro . Interessante è notare come questa regola del do ut des di fatto imponga debiti che nessuno ha in realtà sollecitato, visto che in primo luogo ci viene fatto un favore non richiesto . Il principio della reciprocità può anche servire a conseguire concessioni reciproche, portando l‟interlocutore a farci una concessione in cambio di quella che noi abbiamo fatto a lui: tale regola governa il processo di formazione dei compromessi nelle nostre società. CIALDINI R.; op.cit., pp. 25-35.

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ossessivo di apparire ed essere coerenti con le loro precedenti azioni422. Una volta assunta una determinata decisione, ci si autoconvince che essa sia la scelta giusta e difficilmente ce ne discostiamo, anche per risparmiare le energie necessarie a riflettere nuovamente sullo stesso tema. I tecnici dell‟influenzamento sfruttano questo principio, inizialmente facendo assumere al soggetto un impegno, anche di lieve portata o innocuo. Si stimolerà così una risposta irriflessiva che indurrà il soggetto a mantenere coerentemente e caparbiamente fede a tale impegno, arrivando addirittura ad accogliere talora richieste più grandi, seppur coerenti con il carico assunto inizialmente423. La peculiare tecnica per cui si comincia con una richiesta di poco momento per poi ottenere l‟accondiscendenza ad altre affini ma più significative è ricondotta dagli psicologi sociali, fin dagli anni Sessanta, sotto una precisa definizione: è la tecnica del “piede

nella porta”. Fondamentale per comprendere fenomeni apparentemente inspiegabili

della psicologia umana è il principio di riprova sociale. Esso si fonda sul fatto che gli esseri umani, nei momenti di incertezza, presentano una naturale tendenza a guardarsi

422 CIALDINI R.; op.cit., p. 56. 423

CIALDINI R.; op.cit., pp. 64-81. Nel corso della guerra di Corea, molti soldati americani furono imprigionati in campi di concentramento cinesi. I cinesi si distinguevano dai coreani perché adottavano una linea “morbida” con le loro vittime, cosa che colpì particolarmente lo stesso Shein quando condusse ricerche sui connazionali rientrati in patria. Essi, al fine di spingere i soldati americani a denunciare pubblicamente la propria patria e i propri compagni evasi e a fornire importanti informazioni militari, applicarono i detti principi dell‟impegno e della coerenza. I cinesi operarono con estrema gradualità, svolgendo richieste inizialmente molto banali (ad esempio, rilasciare affermazioni non compromettenti, come “gli Stati Uniti non sono perfetti”) e poi sempre più importanti. Ma la distanza tra i vari step progressivi a cui i prigionieri venivano sottoposti era talmente i sottile da indurli a cedere ogni volta . Per esempio, si poteva richiedere al soggetto di elencare in concreto le motivazioni per cui il proprio Paese non era, a suo parere, perfetto, a trascriverle apponendovi la firma e a leggere le proprie opinioni pubblicamente in un gruppo formato da colleghi prigionieri. A questo punto la genialità del sistema cinese veniva alla luce: le dichiarazioni scritte e il nome del prigioniero venivano trasmessi per via radiofonica in tutti i campi di concentramento in Corea, di fatto rendendolo un collaboratore. Egli, ben consapevole di aver rilasciato quelle dichiarazioni senza alcuna coercizione, e desiderando comportarsi coerentemente, spontaneamente alterava la propria immagine di sé per armonizzarla con le precedenti azioni, diventando, una volta per tutte, un collaboratore del nemico a tutti gli effetti. In realtà, a ben vedere, lo scopo reale e principale dei cinesi non era l‟estorsione delle informazioni, ma l‟indottrinamento, almeno temporaneo, dei prigionieri, specialmente riguardo al ruolo giocato dal loro Paese nel conflitto. Molti giunsero a credere alle denunce cinesi sull‟uso di armi batteriologiche da parte degli americani, ed incolpavano la politica aggressiva statunitense per lo scoppio della guerra. Tutto questo fu coniugato con il riconosciuto potere che Cialdini definisce “quasi magico” del semplice atto di mettere i propri intenti per iscritto. I cinesi obbligavano i propri prigionieri a trascrivere qualsiasi dichiarazione, domanda o risposta. Lo scritto presenta infatti diversi vantaggi. Innanzitutto, costituisce una prova fisica schiacciante ed inequivocabile del fatto che il soggetto avesse compiuto quell‟ atto, in modo che egli non potesse in futuro ignorarlo o negarlo; non dimenticando poi che tutti noi ci basiamo sulle nostre azioni per formare un‟ immagine di noi stessi, a cui conformeremo il nostro comportamento. Secondariamente, le testimonianze scritte si prestano ad essere mostrate ad altri, per convincere anche loro. Tra l‟altro gli scritti richiedono maggiore sforzo delle dichiarazioni orali, e questo aumenta il grado di impegno profuso in quell‟attività, e conseguentemente incrementa la futura dedizione del soggetto. Potremmo concludere che l‟efficacia dell‟ impegno nel modificare l‟immagine di se stessi e il futuro comportamento di un soggetto è massimizzata quando esso è attivo, assunto in pubblico e faticoso. CIALDINI, R., op.cit., pp.69-81.

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intorno e vedere come si comportano gli altri per orientare la propria condotta. Inoltre, come afferma lo stesso Cialdini: "quanto maggiore è il numero di persone che trova

giusta una qualunque idea, tanto più giusta è quell'idea424". L‟autore afferma che tale principio può fornire una valida risorsa esplicativa di alcuni fatti di cronaca come, ad

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