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Il codice Rocco e l’art 603 c.p.

I PROFILI PENALI DELLA MANIPOLAZIONE MENTALE

1. Ricostruzione storica del delitto di plagio

1.3. Il codice Rocco e l’art 603 c.p.

A dispetto delle numerose censure di inutilità, il plagio fu mantenuto anche nel codice del 1930. Il codice Rocco pose, in effetti, le basi per un futuro sviluppo rivoluzionario della fattispecie. Un primo elemento di novità era rappresentato dalla presenza di una nuova Sezione, dedicata ai “delitti contro la personalità individuale”. Essa prevedeva come norma di apertura l‟art. 609 (il futuro art. 600: “riduzione in schiavitù”) il quale recuperava e ripeteva perfettamente il disposto dell‟art. 145 del codice Zanardelli. Faceva la sua comparsa nella stessa Sezione anche l‟art. 612 (che sarebbe in seguito stato convertito nell‟art. 603: “plagio”). Questa norma era volta a sanzionare colui che “sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in

totale stato di soggezione”. Già durante l‟iter dei lavori preparatori, molti commentatori

espressero perplessità, ritenendo che l‟assegnazione alla disposizione del nomen juris di una fattispecie millenaria ma da sempre ambigua avrebbe contribuito rendere incerto e confuso il contenuto dell‟art. 603. Il punctum dolens dell‟incriminazione, tuttavia, risiedeva ancora una volta nell‟evidente indeterminatezza ed estrema vaghezza della condotta incriminata, che si sarebbe prestata a interpretazioni equivoche ed incerte, e ad una applicazione giudiziale difficoltosa e praticamente arbitraria. Il giudice, difatti, avrebbe dovuto accertare che tra soggetto attivo e passivo si fosse creato un rapporto “tale che il primo acquista sulla seconda completa padronanza e dominio,

annientandone la libertà nel suo contenuto integrale, impadronendosi completamente della sua personalità” e quindi la corrispondete relazione di “completa soggezione” che

legava l‟autore del reato alla vittima, resa “una res in potere del primo”579

. Fin dalla sua elaborazione all‟interno del progetto legislativo, l‟art. 612 incontrò molti ostacoli, aprendo una “vivacissima discussione”580

. In particolare, molti consigliavano il suo accorpamento con la fattispecie di cui all‟art. 609, di cui il plagio sembrava costituire niente più che un inutile duplicato581. Si sosteneva che la nuova fattispecie di plagio si risolvesse in un mero pleonasmo, poiché i presupposti fattuali che vi comparivano erano già contemplati nell‟art. 609, che faceva riferimento alla “condizione analoga alla schiavitù”582. Non solo: l‟art. 621 avrebbe potuto fornire un valido surrogato alla

579 ROCCO, Relazione del Guardasigilli sui Libri II e III del Progetto, in Lav. prep., cit., V, 410. 580

Così APPIANI, Lavori preparatori del codice penale, Roma, 1929, vol. IV, Atti della commissione

ministeriale, IV, Verbali delle sedute e Relazione riassuntiva, p. 402.

581 PESTELLI, G.; Diritto penale e manipolazione mentale : dalla incostituzionalità della fattispecie di

plagio (art. 603) alle odierne prospettive di tutela, 2010, p. 626.

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fattispecie di plagio, visto che esso incriminava “la suggestione ipnotica e

somministrazione di sostanze alcoliche o stupefacenti per porre taluno, senza il suo consenso, in istato di incapacità d‟ intendere e di volere”583

. La Commissione Reale degli Avvocati di Milano fece acutamente notare come la proposta disposizione peccasse di grave indeterminatezza, specialmente nel suo riferimento all‟evento particolarmente sfuggente, consistente nel “sottoporre al proprio potere”, difetto che lo rendeva uno strumento giuridico periglioso584. Nonostante i numerosi profili di dubbio messi in luce durante i lavori preparatori, il Guardasigilli portò a termine, imperterrito585, la propria iniziale risoluzione (ispirata da istanze indubbiamente repressive tipiche del periodo fascista), ritenendo che quello di plagio costituisse un reato affatto distinto dalle suddette figure criminose, e perciò meritevole di autonomia normativa, a beneficio della generale chiarezza sistematica. Dalle ceneri dell‟ormai defunto art. 145 del codice Zanardelli ebbero origine due disposizioni separate, compresenti e parallele nell‟esperienza codicistica del 1930, derivanti dallo stesso capostipite, fatto oggetto di sostanziale sdoppiamento. Si allude all‟art. 600, il quale si sarebbe occupato di sanzionare le ipotesi di schiavitù di diritto, in cui si violasse lo

status giuridico della vittima, come originariamente faceva il reato di plagio, e all‟art.

603, volto a tutelare, sotto la nomenclatura tradizionale, dalle reificazioni de facto, che differivano dalle prime per il difetto di incidenza sulla sfera giuridica del soggetto passivo, che si manteneva inalterata. Nell‟art. 603 la vittima del reato doveva subire “una completa padronanza e dominio, annientandone la libertà nel suo contenuto

integrale, e impadronendosi completamente della sua personalità”586, e quindi vedere la propria libertà individuale soppressa o sfumare la propria capacità di autodeterminazione, scivolando in una condizione in cui diveniva quasi una res in potere del proprio aguzzino587. La soppressione della libertà individuale del soggetto passivo doveva ritenersi consumata qualora si verificasse la negazione della personalità

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Osservazioni e proposte sul progetto preliminare di un nuovo codice penale, in Lav. prep., cit., III, p. 245 ss.

584 Lavori preparatori del codice penale, Roma, 1928, vol. III, Osservazioni e proposte, IV, p. 245. 585 Egli ignorò i risultati della consultazione relativa all‟ordine del giorno, votato a grande maggioranza,

in cui si sollecitava la fusione tra i reati di plagio (di cui all‟ art. 603) e di riduzione in schiavitù (ex art. 600). Da SCIARRINO M.; MARVELLI E.; L‟evoluzione giuridica del plagio nella normativa italiana e

sammarinese, in Sul Filo del Diritto, anno 4, n. 4 – dicembre 2013, p. 2.

586 Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, Relazione del Guardasigilli,

Roma, 1928-1930, V, I, p. 703.

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dello stesso588, anche se, ai fini dell‟integrazione della fattispecie, non era necessario il totale annullamento di tutte le manifestazioni esplicative della libertà individuale589. Risulta di immediato apprezzamento, dunque, come il nomen juris di plagio sia giunto a connotare situazioni diverse da quelle contemplate nelle codificazioni precedenti. La moltiplicazione dei titoli di reato testimonia la naturale propensione del legislatore fascista al frazionamento delle fattispecie penali590. In modo apparentemente inspiegabile, ignorando completamente la significativa querelle e l‟elaborazione dottrinale e giurisprudenziale sull‟art.145 del previo codice, i redattori del ‟30 ritennero che la locuzione “riduce una persona in schiavitù o in una condizione analoga alla

schiavitù” fossero da riferirsi esclusivamente a situazioni di diritto. Ciò rendeva la

norma lacunosa, in quanto non contemplava la corrispondente condizione di fatto della reificazione.

L‟art. 603 avrebbe rivestito proprio il ruolo di reprimere questa seconda eventualità fattuale591. La Corte Costituzionale, in sede di dichiarazione di incostituzionalità del delitto di plagio (sentenza 9 aprile 1981, n. 96), ritenne di riscontrare nell‟intenzione del legislatore del ‟30 la volontà di prevenire, attraverso l‟introduzione di una nuova fattispecie, la controversa disputa che aveva caratterizzato la vita ermeneutica dell‟art. 145 del codice Zanardelli592. Non si ignori, inoltre, il fatto che il codice Rocco vedeva la luce in un‟epoca storica molto diversa da quella della precedente codificazione, in un momento in cui le pratiche psicanalitiche stavano muovendo i primi, incerti passi. Si

588 Nella sua relazione al testo del progetto, il guardasigilli spiegava che: «lo stato di soggezione suddetto

è qui uno stato di fatto. Lo status libertatis, come stato di diritto rimane inalterato, ma la libertà individuale della vittima è soppressa. Tra il colpevole e la vittima si stabilisce, in sostanza, un rapporto tale che il primo acquista sulla seconda completa padronanza e dominio, annientandone la libertà nel suo contenuto integrale, impadronendosi completamente della sua personalità». Sulla rilevanza dell‟

eventuale consenso, così si esprime: «il consenso della vittima non può escludere il reato, non essendo la

libertà individuale, nel suo complesso, riferibile alla personalità umana, un diritto disponibile». «È da avvertire come l‟espressione “sopprimere totalmente la libertà individuale” non sarebbe con esattezza interpretata se si ritenesse che debbano risultare soppresse, nella loro totalità, tutte, niuna esclusa, le manifestazioni nelle quali la libertà può esplicarsi; essa, invece, è apparsa come la più congrua per esprimere il concetto di negazione da parte dell‟agente, della personalità della vittima, e per differenziare il plagio da altri delitti contro la libertà individuale, ad es. il sequestro di persona, nei quali non si riscontra il rapporto di soggezione anzidetto, che investe e lede la personalità umana. Non sarebbe, pertanto, da escludere il plagio se, per avventura, alla vittima, assoggettata al potere dell‟agente, fosse residuata una qualche libertà, ad es. di locomozione) o di corrispondere per lettera con terzi, ecc.». Da La lotta al plagio: cronaca di un reato annunciato a cura di FREE SOULS, novembre

2001, da https://freesouls.it/old/religione/intolleranza/plagio/plagio_opinione.html

589 SCIARRINO M.; MARVELLI E.; L‟evoluzione giuridica del plagio nella normativa italiana e

sammarinese, in Sul Filo del Diritto, anno 4, n. 4 – dicembre 2013, p. 2.

590 Ibidem.

591 USAI A., L‟ evoluzione del reato di plagio nell‟ ordinamento giuridico italiano, in Giust. pen., 1993,

II, cit., 709.

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comprende quindi, in tale contesto, la sensibilità degli uomini del tempo per le problematiche derivanti dalla suggestione e dai condizionamenti indebiti. In base alla collocazione sistematica e al nomen juris, si consolidò in dottrina la lettura secondo cui l‟art. 603 incriminasse la riduzione in condizioni di fatto simili alla schiavitù593

. Scrive Lemme: “che la nuova incriminazione si riferis(ca) alla schiavitù di fatto, in

contrapposizione a quella “di diritto” prevista negli artt. 600-602, (è) pacificamente accettato dai primi interpreti del nuovo codice, che, del resto, (sono) fortemente orientati in tal senso anche dalla relazione ministeriale al progetto del codice penale”594. In breve, l‟interpretazione prevalente tra i commentatori del tempo è quella

che distingue la riduzione in schiavitù dal plagio esclusivamente in base al fatto che la prima consiste nella riduzione in condizione giuridica servile, mentre la seconda nella riduzione in condizione di fatto servile595. Al contempo, la giurisprudenza si assestò su un orientamento decisamente restrittivo, dimostrandosi restia, o perlomeno molto cauta, all‟applicazione concreta della fattispecie, che pareva impraticabile, “un precetto

impossibile”. I processi per plagio si concludevano quasi sempre con sentenze

assolutorie596, dimostrando un clima tendenzialmente prudente della giurisprudenza. Difatti, molto frequentemente, le fattispecie concrete dedotte in giudizio si prestavano ad essere sussunte sotto altri titoli criminosi, in quanto spesso ricorreva la limitazione della libertà fisica della vittima o della sua capacità di autodeterminazione, o la sua sottoposizione a maltrattamenti fisici o morali, tali da perfezionare fattispecie già “collaudate” e il cui raggio di applicazione era sicuro, come quelle di sequestro di persona, estorsione, violenza privata, maltrattamenti in famiglia e lesioni personali, che si lasciavano dunque preferire rispetto all‟alternativa offerta dall‟art. 603597. Si aprì pertanto un periodo di “sostanziale abrogazione” dell‟art. 603.

593 USAI A., op.cit., p. 5.

594 LEMME F., Plagio. In Enciclopedia Giuridica (vol. XXIII, pp. 1-5), Roma: Istituto della Enciclopedia

italiana, 1990, p. 2.

595

MANZINI V., in G.D.Pisapia (Ed.), Trattato di diritto penale italiano (Vol. VIII, pp. 649). Torino: UTET, 1964.

596 USAI A., L‟ evoluzione del reato di plagio nell‟ ordinamento giuridico italiano, in Giust. pen., 1993,

II, cit., 711.

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1.4. L’art. 603 c.p. nell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale fino

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