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vano una determinata organizzazione sociale. il cataclisma è quindi foriero di disordine in un habitat preordinato. Di disordine fisico (effetto immediato), ma anche di disordine sociale (effetto successivo). Quante volte un troppo affret- tato intervento immediato, teso al riequilibrio fisico di un territorio soggetto a calamità, ha poi procurato un ancora più profondo disequilibrio in ciò che sta oltre l’aspetto fisico di un habitat? È anche perciò che l’intervento immediato dovrà sì articolarsi nel più rapido possibile lasso di tempo, ma pure dovrà essere cautelativo, nel senso che dovrà contenere al massimo, e non enfatizzare, gli effetti successivi causati da una calamità. Ciò non vuol dire soltanto ricostruire nello stesso luogo e con le stesse caratteristiche (poichè non tutti coloro che disponevano di un certo tipo di attrezzature e svolgevano una certa attività, saranno disponibili, forse, per una ripresa, identica, nello stesso luogo, di ciò che il cataclisma ha improvvisamente interrotto o mutato); come neppure vuol dire procedere a nuovi insediamenti così
tout court magari inseriti in insediamenti esistenti, dove
un’intera comunità difficilmente può trovare una situazione che non procuri una frattura del suo nucleo sociale in cui i componenti erano abituati a vivere secondo regole e schemi predeterminati. Per poter agire correttamente, si deve opera- re sugli interventi immediati in maniera tale da ridurre il più possibile gli interventi successivi: si deve pertanto studiare assai bene il problema in tutti i suoi aspetti che trascendono spesso il mero fatto tecnico-scientifico. Occorre perciò che il nostro paese, che ha sempre mostrato scarsità di interessi culturali e politici in questo senso, dia più contributi a una ricerca finalizzata; poichè in Italia la situazione, all’oggi, non è certo delle più rassicuranti, giacché la politica edilizia ivi seguita sinora per la soluzione al problema degli alloggi, prescinde troppo sovente dalle oggettive indicazioni geofi- siche e territoriali. con la ovvia conseguenza di provocare una giustificata perplessità su quanto potrà accadere nei prossimi tempi immediati. la conoscenza accuratamente approfondita di un quadro generale dei rischi deve essere raggiunta assai presto, e questa si può ottenere raccogliendo tutte le informazioni possibili presso chi già le possiede, al fine di coordinarle e integrarle per finalizzarle allo scopo. Solo così si potrà parlare di prevenzione, intervenendo e controllando prima i piani urbanistici, così come le zo- nizzazioni, i sistemi viari, ecc. Poiché, e solo per fare un
Questioni di progettazione architettonica
esempio, le tecnologie costruttive degli edifici o meglio di certi sistemi di edificazione possono essere alla luce odierna tali da non garantire la minima sicurezza al crollo per effetti orizzontali indotti dai sismi, si dovrà avere ben chiara l’individuazione e l’enunciazione dei requisiti e delle prestazioni da richiedere a quelle costruzioni che dovranno realizzarsi in zone rischiose. Per quanto concerne invece la ricostruzione si dovrebbe pensare a un programma operativo per l’individuazione e la razionalizzazione del momento (dopo la catastrofe) dell’intervento immediato. Per quanto concerne la pianificazione del soccorso è necessario fare un salto qualitativo. Non più dalla “tenda” alla “baracca” e dalla “baracca” alla “costruzione”, bensì direttamente dalla “tenda” alla “costruzione”. Ci si dovrebbe cioè orientare a saltare il secondo momento citato per passare direttamente dal momento dell’emergenza alla situazione definitiva. si dovranno individuare sistemi costruttivi e tipologici rapidi, cioè di facile trasporto e di facile montaggio e che soltanto con la scelta di una prefabbricazione leggera e a secco, per componenti e a ciclo aperto, si possono ottenere. Tutto ciò in un’ottica di pianificazione tale da creare nuovi quartieri non avulsi dal contesto (come purtroppo avviene quando si fa ricorso ai cosiddetti containers che divengono poi fatalmente definitivi) ma quartieri che se costruiti con sistemi idonei possano già avere un carattere permanente. in più per pervenire a un consistente risparmio nel costo di produzione si dovranno pure avere presenti i risultati conseguiti dalle industrie automobilistiche che hanno svolto importanti ricerche propedeutiche alla costruzione di edifici di abitazione. Ma la casa come l’automobile ... andiamoci piano, non è la roulotte. le implicazioni in edilizia sono molte. La regolamentazione, la varietà e la complessità delle operazioni e degli interventi che si richiedono, la consue- tudine, il mercato, e perché no una tangente sentimentale. sono proprio tante le condizioni da superare per pensare oggi alla casa come alla catena di montaggio dell’automo- bile. Ci si dovrà dunque volgere a quei sistemi costruttivi che si avvalgano di elementi tipizzati secondo determinati standards dimensionali e qualitativi, da essere introdotti sul mercato mediante cataloghi che ne illustrino le possibilità esplicative. La loro adozione sarà evidentemente tanto più vasta quanto più potranno presentare prerogative di idoneità tecnica e di vantaggio generale nell’ambito di una circostan-
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ziata valutazione dell’economia globale della costruzione. Ma, soprattutto, bisogna fare presto e bene!
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“umanesimo, disumanesimo nell’arte europea 890- 1980” è il titolo di una mostra fiorentina a cura di Dezzi Bardeschi, la cui sezione architettura, rivolta ai temi del- l’ideologia del restauro architettonico illustra (per “campio- ni” tanto conosciuti da potersi a prima vista considerare al di sopra di ogni sospetto) il silenzioso stravolgimento operato a Firenze dai “restauratori” in oltre un secolo di trionfalistiche campagne condotte a spese del patrimonio monumentale cittadino. Questi fenomeni, significativi e emblematici a un tempo, vengono descritti e comunicati al pubblico attraverso il confronto, tutte le volte che è possibile, tra l’immagine dello status di un edificio prima degli interventi, con quello, per così dire più “credibile” raggiunto a restauro ultimato. continuando a servirci delle parole del catalogo guida alla mostra, dovremo rilevare come scopo precipuo della sezione architettura sia quello di mettere in guardia dal fatto che alle pur evidenti distruzioni (queste ben note) della eredità materiale del passato causate da indifferenza o colpevole disattenzione, si affianca un’altrettanto radicale violenza (questa talvolta assai poco nota a tutti quegli storici dell’arte che sono abituati a lavorare più sulle “immagini” d’affezione che sulle “realtà” in trasformazione) in nome della conservazione. chi compie gli interventi eterodossi è, per i curatori della mostra “Tecnico Infedele”, quasi sempre collocato e protetto all’interno di istituzioni pubbliche, che in nome del restauro, disciplina che vorrebbe trasmettere i valori perenni contenuti nei manufatti più “datati”, compie operazioni che con il restauro vero e proprio poco o nulla hanno a che vedere. È proprio da questo sovvertimento di valori, da talvolta troppo comodi falsi ideologici, storici e operativi, che i tessuti delle città vengono fraintesi e le opere architettoniche o edilizie talvolta equivocate attraverso un