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attraverso un’elementare simbologia grafica gli indici di fabbricabilità, ecc. È in sostanza l’applicazione pratica di quell’urbanistica teorizzata nei manuali di Rigotti e Picci- nato . Piano regolatore quindi in cui il planning razionalista
dello zoning costituisce la vera e propria struttura portante. Dopo gli anni ’60 entrano con vigore nel settore urbanistico nuove componenti disciplinari che caratterizzano la seconda fase di gestione del territorio. È prevalentemente a opera di de carlo e di doglio, che importano in italia le esperienze e gli insegnamenti di geddes e goodman, se si comincia ad assistere a una interdisciplinarietà molto forte tra competen- ze disparate: urbanisti, sociologi, giuristi, economisti, ecc. È il tempo del cosiddetto “piano-processo” e delle “ipotesi metropolitane” in cui è la programmazione economica ad avere un ruolo determinante. l’organizzazione e il control- lo dello sviluppo dello spazio fisico edificato e non edifica- to, è demandato prevalentemente all’applicazione degli standard urbanistici e dei parametri edilizi, affidando com- pletamente ai piani particolareggiati di attuazione dei piani regolatori generali, il controllo della qualità del disegno urbano e, in ultima istanza, il controllo qualitativo dell’ar- chitettura. anche questo importante secondo momento ha contribuito, seppure involontariamente, alla proliferazione di quelle periferie urbane tipiche della realtà urbanistica italiana. nella maggior parte dei casi prive di qualsiasi morfologia urbana, ma soprattutto carenti di quel tessuto connettivo indispensabile sia per legarle alla città in senso stretto, di cui avrebbero dovuto rappresentare la naturale prosecuzione, ma anche per omogeneizzare, al loro stesso interno, gli ambiti spaziali che vi avrebbero dovuto trovare collocazione. Per cui dovendo generalizzare, seppure con- sci che molte volte ci sono state esperienze positive, il volto recente delle città italiane è stato, nella maggior par- te dei casi, caratterizzato negativamente proprio dalla mancanza di un disegno complessivo della città che ha generato “vuoti” di scarso significato contrapposti a “pieni” caotici e indifferenziati in cui la connessione con il “cuore” della città, laddove ci sarebbe dovuta essere, era invece completamente assente. si può pensare che questo tipo di critica architettonica rivolta nei confronti dell’urbanistica abbia dato luogo, già da qualche tempo, a un’inversione di tendenza che ha condotto le amministrazioni comunali più sensibili e accorte a queste problematiche a esplorare nuo-
Questioni di progettazione architettonica
ve strade e in particolare a rifocalizzare l’attenzione su un particolare tipo di strumento urbanistico. Il quale, disegnan- do nei dettagli la nuova città, consentisse un migliore con- trollo della qualità architettonica, ma prevalentemente contribuisse al difficile e necessario compito di riqualifica- re e ricomporre un territorio compromesso dal disordine costruttivo o dal degrado. il nuovo corso seguito da parte delle amministrazioni più illuminate è stato quello della collaborazione strettissima tra urbanisti e architetti nel senso che gli urbanisti dovrebbero “verificare la validità dei loro piani puntando la lente d’ingrandimento su alcuni progetti-campione concreti, in aree chiave della città” 3
elaborati da architetti attenti e sensibili alle indicazioni di piano, e dovrebbero cercare di tradurre subito la norma scritta in disegno e, “se necessario, modificarla in base agli errori di valutazione o alle carenze che il progetto avesse evidenziato” 4. Prime fra tutte Genova e Firenze, seppure in
forma diversa, hanno percorso la strada dell’architettura del piano, seguite da altre città italiane come Bologna (solo per citarne una) che sta elaborando il proprio piano regolatore in questo senso. e sassuolo, se non la prima, è sicuramen- te stata tra le prime a presentare un piano completo d’avan- guardia, nel senso che ha seguito sino in fondo una strada nuova, conscia dei rischi inevitabili che ogni forma di spe- rimentazione sempre comporta. Questo atto di grande co- raggio e sensibilità, nel tentare di invertire una rotta ormai da troppo tempo battuta, non può non essere riconosciuto all’illuminata amministrazione comunale di sassuolo che ha prodotto un piano che sicuramente farà molto discutere. tale piano ha pure il pregio di aver cercato di ricomporre e ricucire dei veri e propri brani del territorio comunale da tempo avulsi dal nucleo urbano, dando una forte conno- tazione territoriale ai grandi “vuoti” ivi esistenti privan- doli dell’attributo negativo di spazi di risulta che inevita- bilmente erano venuti a possedere, rendendoli partecipi del riequilibrio complessivo, caratterizzandoli con l’inse- rimento di “pieni” dalle forti connotazioni architettoniche. I “punti caldi” della città non sono più avulsi dal discorso generale rappresentandone gli elementi animatori a un punto tale che la mancanza di uno solo di essi potrebbe addirittura pregiudicare la riqualificazione globale della progettazione urbana. Il Peep “Quattro Ponti”, la nuova stazione ferroviaria, l’autoporto, la ricomposizione del
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Parco ducale, ecc., oltre a porsi come segni territoriali dalle forti connotazioni architettoniche, contribuiscono, se relazionati e rapportati gli uni agli altri, alla nuova prefigu- razione morfologica della città di Sassuolo. Si tratta di un piano “esemplare”, soprattutto sotto il profilo dell’attendi- bilità culturale e della qualità operativa della sua attuazione. Possibile dubbio che potrebbe emergere (si tratta di una perplessità non nei riguardi di Sassuolo, ma di tutte quelle città che stanno seguendo la nuova via del “piano-progetto”) potrebbe sussistere nei risvolti con la progettazione archi- tettonica che in tali piani dovrà pure trovare spazio. Non è cioè oggi ancora sufficientemente chiaro, alla luce del con- temporaneo dibattito urbanistico, sino a qual punto, ope- rando in questi termini, si possa ridurre la libertà proget- tuale di quanti dovranno tradurre, in termini di intervento nello spazio fisico, tale strumento urbanistico. Il livello di definizione del piano progetto è molto vicino alla scala architettonica. Se non la definisce, almeno la connota nelle sue volumetrie essenziali, e in più ne prefigura le tensioni spaziali possibili all’interno di ambiti già sufficientemente delineati. se quindi il nuovo PRg di sassuolo rappresenta sicuramente un’esperienza positiva che tutti dovrebbero conoscere, in cui lo zoning esce chiaramente e finalmente perdente, varrebbe forse la pena di approfondire il dibattito urbanistico sui margini e sui gradi di libertà che si presen- teranno a un operatore progettuale quando dovesse operare, alla scala architettonica, all’interno di un piano-progetto.
note
* “Parametro”, n. 38, luglio 985, p. 60.
. m. porta, Disegno di una capitale, Urbanistica n. 76-77, dicembre 1984, p.
70.
. g. piccinato, Le teorie dell’urbanistica italiana, Urbanistica n. 76-77, dicembre
984, pp. 8 e ss.
3. a. Boralevi e s. del pozzo, Architettura / una nuova formula, Panorama,
. 03. 983, p. 4. 4. ibidem.
Questioni di progettazione architettonica
È difficile poter parlare di Viareggio, della sua storia, del suo sviluppo e dei suoi problemi ricostruendone la vicenda urbana, senza affrontare considerazioni generali su quel particolare territorio, non solo di vacanza, che è la Versilia, in cui Viareggio si colloca e da cui Viareggio non può essere scissa. Se le specificità di certi temi e di taluni problemi possono essere esclusivi di Viareggio, il concetto di salvaguardia e di tutela della qualità dell’ambiente edifi- cato e non edificato a ogni scala dimensionale è estensibile unitariamente a tutta la Versilia. Quel luogo in cui sino a non molto tempo fa, come ricorda Manlio Cancogni, “so- litarie viuzze poderali, bianche di polvere, serpeggiavano tra i campi lungo grigi muretti divisori dai quali sporgevano le chiome grigio argento di vecchi e robusti olivi prima di approdare a case coloniche di solida e onesta fattura, con la pergola, l’aia, l’orto, il pozzo, o a modeste osteriole dove si poteva gustare, assieme ai salumi nostrani, il biroldo, la buzzetta, la zita, la soppressata e il pane casereccio, qualche vino aspretto della collina di Ripa”. che le cose siano ora diverse è noto. in questa regione sono costantemente mutati, in un divenire sempre meno controllabile, i rapporti quan- titativi esistenti all’interno di quelle che sono sempre state e sono tuttora, seppure in termini diversi, i suoi attributi e le sue qualità peculiari. Ci si intende riferire alla pineta, alla macchia, al tombolo, alle Apuane e alla città giardino. Per cui anche se non mancano ancora incontaminati, specie nella Versilia alta, quei brani tipici di un ambiente così caro all’Italia intellettuale del Novecento, la fisionomia del luogo appare sensibilmente alterata, almeno negli aspetti complessivi.
La crescita del polo urbano di Viareggio avviene lungo fasce parallele al litorale sempre secondo criteri di rendita