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L’ARCHITETTURA DI SAUVAGE *

Nel documento Questioni di Progettazione Architettonica (pagine 78-81)

Alberto Manfredini

tettoniche nell’ambito delle eterne leggi del progredire, la sua complessità, le sue incoerenze e talvolta l’ambiguità del corpus di opere del più romantico contemporaneo di Auguste Perret, se non per l’eccezione di alcuni frammenti critici su di lui, pubblicati dalla rivista “Architecture, Con- tinuité, Mouvement” del novembre ’75. I caratteri peculiari che emergono e che si caratterizzano come fatti autonomi e significativi del primo quarto di secolo, strettamente legati al binomio Sauvage-Sarazin (quest’ultimo suo instancabile compagno di lavoro) possono essere sintetizzati da taluni elementi, tra cui vale la pena di menzionare l’azione promo- zionale, sul piano della cultura architettonica, portata avanti dalla galleria le Barc di Boutteville e dall’atelier Pascal di Parigi. non solo, l’attitudine complessa che sauvage adotta nell’approccio al fenomeno Art Nouveau, itinerario di una ricerca fortemente spinta sino all’anticipazione del- l’Immeuble Villas di Le Corbusier, come si può constatare dall’esame dei progetti del ’, attuata anche tramite l’uso dell’invenzione dei fratelli Perret, rappresenta in fondo il lato arbitrario, forse l’unico, di un regionalismo altamente sofisticato attraverso cui prenderà sempre più corpo “l’arte moderna”. È anche grazie a questo complesso di fattori che in sauvage si attua il passaggio dall’architettura “oggetto”, all’architettura “sistema urbano”. Presa di coscienza assai profonda di una istanza urbanistica tradotta in termini ar- chitettonici attraverso la tipologia a gradoni caratterizzata da aspetti stilistici che rimandano a sant elia ma anche a Tony Garnier. Mentre quindi contribuisce a puntualizzare lo stile “art déco” degli anni ’5, quasi contemporanea- mente anticipa, prima della sua formulazione, l’“unité” corbusieriana. In un periodo culturale definito entro limiti precisi, il pluralismo di manifestazioni, di intuizioni, di interessi e di ricerche nella sua produzione progettuale è quanto mai sconcertante. egli si preoccupa tantissimo della

Infinité de logique qui souvent s’affrontent (...) la logique climatique, la logique ethnique, la logique statique, la lo- gique économique; les logiques esthétiques, psicologique, sociale, thérapeutique, commerciale, sentimentale, ecc.

Ma la singolarità della sua opera si basa pure sulla sottile interdisciplinarietà del suo sapere e dei suoi interessi. Artista più rinascimentale che eclettico (come la maggior parte di quelli del suo tempo) al punto che questo aspetto, se male interpretato, potrebbe portare a credere che il suo operare

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Questioni di progettazione architettonica

fosse volto solo all’imitazione, alla citazione, al montaggio, alla parodia e al pastiche invece che all’affinamento dei linguaggi esistenti e all’anticipazione di quelli futuri, come realmente avviene. sauvage, che trova poco spazio nelle storie dell’architettura, è ben altro dal pur squisito creatore dello style babylonien, forse l’unico merito che la cultura ufficiale di allora volle attribuirgli; le sue tipologie a piani traslati in sfregio ai regolamenti edilizi, la ricerca paziente sull’industrializzazione edilizia , l’acquisizione del concetto

di urbano e di sistema nella composizione architettonica, ce lo devono mostrare se non alla pari, certamente sul piano dei suoi contemporanei Perret e garnier impegnato, come loro, a dare risposta e scopo alla propria vocazione critica e sperimentale in architettura. L’attualità della sua figura consiste anche nel fatto che egli, come la maggior parte degli architetti alla moda di oggi, fu un “business man” (per i suoi tempi), che seppe sfruttare il proprio talento in un ambito linguistico sincretico. Fu “un uomo senza presente, intrappolato tra il passato e la visione del futuro”.

note

* “Parametro”, n. 94-95, marzo 98, pp. 4 e ss.

1. cfr. il progetto di edilizia residenziale secondo il procedimento SAMCA pro- posto dalla societé de construction Rapide del 98.

Questioni di progettazione architettonica

il volume di Brian Bruce taylor su La Cité de Refuge di Le Corbusier fa parte di una collana di architettura della “Officina edizioni”, dedicata a diffondere una conoscenza approfondita, tramite l’acquisizione dei materiali disponi- bili sull’architettura contemporanea, di una singola opera architettonica, attraverso ricerche sistematiche, in archivi pubblici e privati. Tali materiali, frammenti di storie com- plesse e articolate, tutt’altro che lineari e ancora da definire nei dettagli, sono presentati con l’intento di cogliere il senso specifico di una proposta culturale all’interno di particolari strutture economiche e sociali. ciascuno dei volumi della collana, che se si eccettua il Danteum di terragni e la Saline

de Chaux di ledoux è dedicato a una architettura realizzata,

ci si presenta quasi sempre attraverso l’esame di un duplice ordine di problemi metodologici: da un lato la ricostruzio- ne filologica delle diverse fasi che hanno caratterizzato l’iter progettuale dell’intervento presentato, dall’altro la puntualizzazione del significato che una specifica opera assume nei processi di produzione economica e culturale. scopo precipuo della collana vuole appunto essere quello di cercare di cogliere il senso di una proposta culturale, i suoi limiti e la sua influenza. Il volume su “l’asilo dei po- veri per l’esercito della salvezza” oltre che rientrare in ogni sua parte nei canoni della collana, denuncia un’incredibile messe di notizie frutto di ricerca storica puntigliosa, paziente e talvolta esasperante. Affrontare il discorso sulla Cité de Refuge non era cosa facile; ma l’autore vi riesce benissi- mo. non si limita alla storia del progetto. Ricostruisce con grande attendibilità storica l’ambiente culturale, politico ed economico del terzo decennio del novecento in cui trova collocazione l’opera e il suo artefice. “Le Corbusier, attraverso le sue attività personali, oltre che professionali,

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