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IL CENTRO DIREzIONALE DI TOKYO *

Nel documento Questioni di Progettazione Architettonica (pagine 177-181)

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Alberto Manfredini

a oggi lo denunciano chiaramente. È pur vero, nonostante tali dichiarazioni, che l’architettura è andata comunque diversificandosi nel tempo. La pubblicistica architettonica dell’immediato dopoguerra privilegia le realizzazioni più significative delle democrazie socialiste del nord Europa, cui fanno da contrappunto le esperienze del neorealismo italiano. contestualmente il mondo anglosassone si esprime al meglio con il cosiddetto “neoempirismo inglese”, troppo poco collocato criticamente, allora, nel suo più corretto ruolo. Dalla metà degli anni ’60 la cultura architettonica occidentale entra in contatto stretto, le cui conseguenze estreme non sono ancora sufficientemente esplorate, con il mondo dell’architettura giapponese. gli anni settanta e ottanta pongono in rilievo le esperienze degli stati uniti e dell’Europa con particolare riferimento a Inghilterra, Francia, italia ma soprattutto germania e ancor giappone ed è sempre dai primi anni ’70 che si comincia a parlare di crisi del movimento moderno. ciononostante la poetica di eisenman, le realizzazioni di meyer, Botta e ando per la piccola scala, il Tsukuba Center Building di Isozaky, la neue staatsgalerie di stirling, le realizzazioni di ungers a Francoforte e le sue teorie sulla “Nouvelle Abstraction” e ancora la Hongkong and Shanghai Bank di Foster come del resto la nuova sede londinese dei lloyd’s di Rogers per la grande scala e numerosi altri esempi anche a livello territoriale, intendono porsi come riferimenti per la cultura architettonica contemporanea. Ma si tratta di riferimenti si- curi e certi, capaci di individuare, seppure nelle intrinseche diversità, un nuovo “ismo” o diversi “ismi” architettonici o piuttosto siamo di fronte a splendide realizzazioni dalle motivazioni troppo variegate e differenti per poter essere esaminate unitariamente? Questo ultimo caso, plausibile, confermerebbe sia l’incertezza culturale del nostro tempo che l’impossibilità di porre con chiarezza dei parametri di giudizio obiettivi, ammesso che ve ne siano mai stati, al divenire architettonico. Ripensando agli ultimi quindici anni e provando a confrontare il mondo dell’architettura ufficiale con quello della restante industria culturale, si potrà notare come proprio tale periodo sia caratterizzato da una pro- gressiva disattenzione dell’architettura nei confronti delle esigenze reali cui fa invece riscontro un sempre maggior contatto, nei restanti settori della cultura, tra esigenze e pro- dotti che le devono soddisfare. L’architettura contempora-

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nea, sul modello delle avanguardie figurative ha teso sempre più a isolarsi, in questo periodo, tranne i superbi casi citati, disattendendo una delle più importanti caratteristiche non solo della propria specificità, ma pure dell’architettura di ogni epoca storica. se il comportamento delle avanguardie figurative, sempre di durata effimera, è in parte giustificabile per il fatto di dover interagire con una “domanda di artisti- cità certamente più ridotta rispetto al passato, la chiusura dell’architettura non può spiegarsi in questo senso perché per essa la domanda non è mai mancata ed è anzi sempre stata crescente” 3. anche se spesso si dichiara il contrario, la

ricerca è oggi in architettura contraddistinta dall’individua- lità e forse anche dall’“ambizione a distinguersi” e dal desi- derio prettamente individuale, di creare un prodotto firmato. Di produrre un oggetto di alta moda che non favorisce, anzi castiga, la validità e la vitalità del discorso architettonico. Perché ancor prima che Braudel lo enunciasse riferendosi alla storia civile, pure l’architettura, come del resto la sua storia, sempre è stata contraddistinta da fenomeni rivolti più alla sfera del collettivo che non dell’individuale, in cui i fatti emergenti e i prodotti singoli hanno una loro ragion d’essere, e un loro valore, solo se relazionati all’universo minuscolo e frammentario, ma sicuramente collettivo, da cui necessariamente sono stati generati. il progetto di tange per il nuovo centro direzionale di Tokyo può anche essere stru- mentale per comprendere come, piuttosto che schierarsi per l’una o l’altra poetica maggiormente alla moda o operare sul piano dell’effimero e dell’individuale, o orientarsi lungo un iter progettuale che vorrebbe trovare l’unica ragion d’essere nella talvolta ingiusta polemica contro il supposto fantasma del movimento moderno, convenga muoversi nell’ambito più autentico dell’architettura. non è un invito a guardare con nostalgia agli anni ’50 o ai primi anni ’60 anche se “va riconosciuto che, se è indispensabile guardare al passato, gli anni cinquanta costituiscono una fonte positiva, densa di valori tuttora da esplorare” 4. si tratta semmai di ricon-

vincersi che operare in architettura significa pur sempre non prescindere dalle realtà socioeconomiche contempo- ranee che comunque sempre investono, e non a torto, tale disciplina. Se per riappropriarsi di tale convinzione fosse necessario un momento di riflessione, di ripensamento sul passato prossimo, ben vengano, per una migliore definizio- ne dei problemi concreti dell’architettura, quei progetti e

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quelle realizzazioni che, volutamente o inconsciamente poco importa, prendono le distanze, seppure con cautela, da ciò che forse pare voler trascendere l’architettura nella sua essenza più intima in nome di un pericoloso “voler essere alla moda” a ogni costo.

note

* “Parametro”, n. 54, marzo 987, pp.  e ss. . “Panorama” del 7. . ’86.

2. cfr.: “L’Architettura: cronache e storia”, n. 373, 1986. 3. cfr.: R. de Fusco, op. cit. n. 65, 986.

Questioni di progettazione architettonica

Il concorso per la progettazione di un centro polifun- zionale per 500 persone a prevalente carattere sportivo e turistico a Bakuriani, località montana dell’Unione Sovieti- ca, organizzato da diverse istituzioni culturali, associative e professionali della Georgia, ha visto premiati un gruppo di architetti italiani coordinati da Armando Dal Fabbro. Il luogo dell’intervento appartiene a una zona a rischio sismico ed è caratterizzato da un clima freddo particolarmente inten- so. Conseguentemente il progetto si prefigge di adeguarsi al luogo e di soddisfare le funzioni richieste dal bando di concorso, tramite una composizione, semplice ma rigorosa, di volumi a forte caratterizzazione che siano in grado di generare una morfologia complessiva, unitaria e omogenea, che sappia porsi, nei confronti del frammentario intorno edi- ficato, come luogo certo di riferimento e di accumulazione per la vita di relazione, ma soprattutto come corretta matrice compositiva per eventuali ulteriori sviluppi volumetrici. L’intera composizione si fonda e si basa sull’interpolazione di quattro elementi principali che la contraddistinguono. il “trade center”, organizzato attorno a una pianta quadrata, che assolve le funzioni culturali e ricreative, la cui rigoro- sa simmetria è contestata solo lievemente dalla presenza di un’appendice per l’auditorium. la stecca rettangolare per le attività commerciali e artigianali. Il grosso volume polifunzionale a pianta triangolare il cui piano terreno, vera e propria piazza coperta per la fruizione collettiva, funge da elemento di separazione e di filtro tra le funzioni sottostanti, caratterizzate da una grande sala per 500 per- sone per le grandi riunioni, e le soprastanti, in cui trovano ubicazione le attività ricettive specializzate quali l’albergo e i ristoranti panoramici. la zona sportiva vera e propria, al coperto, è racchiusa e definita da un volume cilindrico.

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