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Padideh Ordoubazari, Shirindokht Salman

3. I casi studio: elenco e abaco

3.1 Il quartiere Casanova, Bolzano

L’intervento è basato su un impianto urbanistico con otto corti residenziali in cui sono previsti 941 alloggi per circa 3.500 persone e una corte con fun- zioni miste. Il Comune si è impegnato in prima per- sona nella gestione e direzione della pianificazione,

con l’obbiettivo di progettare un ‘quartiere model- lo’ secondo i criteri di innovazione e qualità. Questa scelta ha permesso al Comune di definire e imporre norme specifiche e stringenti per garantire il rag- giungimento degli obbiettivi urbanistici, che sono: fronteggiare il fabbisogno di case nel settore edilizia sociale; gestire un intervento residenziale di iniziati- va pubblica su terreni acquistati dal Comune attra- verso una pianificazione attuativa; sperimentare un modello insediativo di assoluta eccellenza, capace al tempo stesso di garantire un’alta qualità della vita all’interno del nuovo quartiere e una riconoscibi- le riqualificazione del contesto urbano periferico in cui l’intervento si colloca; garantire qualità, ef- ficienza e tempestività alle procedure urbanistiche. L’approccio utilizzato include diverse azioni a più livelli, dal concetto urbanistico, al concetto energe- tico, ai concorsi architettonici per i singoli lotti. La progettazione è stata affidata a gruppo di lavoro in- terdisciplinare coordinato da Frist Van Dongen di Amsterdam e prevede la costruzione di otto cosid- detti “castelli” edilizi, che consistono in tre o quattro edifici realizzati attorno ad uno spazio verde comune, che richiamano il tema del rapporto città campagna. A livello impiantistico sono stati adottati accorgi- menti per la riduzione del consumo di energia quali: teleriscaldamento, pompe di calore geotermiche, ri- scaldamento e rinfrescamento a panelli radianti e siste- mi di ventilazione controllata con recupero termico.

3.2 Il quartiere Hammarby Sjöstad, Stoccolma

Il quartiere si realizza decontaminando un’area industriale dismessa di 1.800.000 mq, in cui sono previsti 9.500 appartamenti e 10.400 abitazioni,

Figura 1. Masterplan di Bolzano.

nonché 200.000 mq per uffici e servizi. La pianifi- cazione urbana del nuovo quartiere è basata su un modello ad alta densità abitativa. Gli edifici sono progettati con un buono standard energetico grazie a doppi vetri, coibentazione, illuminazione efficiente, caldaia a biogas. Attualmente il quartiere, prevalen- temente residenziale, presenta una vasta area destina- ta alle attività commerciali, un complesso scolastico, una biblioteca, una chiesa e ampi parchi e spazi at- trezzati comuni all’aperto. Gli spazi per le attività commerciali e ricreative sono localizzati principal- mente lungo il boulevard di Sickla Udde e in due pa- diglioni più periferici. La maggior parte degli edifici realizzati si affaccia sull’acqua, al fine di garantire lo- ro un’elevata qualità urbana, architettonica e abitati- va. Essi, inoltre, offrono molti spazi comuni in modo che le persone che ne usufruiscono abbiano la possi- bilità di sfruttare la natura e il luogo come risorse. Per massimizzare l’affaccio degli edifici sull’acqua, nello studio distributivo dell’area è stata utilizzata la tipo- logia a corte, in cui è previsto un verde privato con- dominiale, connesso ad altre aree verdi pubbliche e a percorsi pedonali e ciclabili comuni. Da sottolineare, oltre alle nuove architetture, una presenza abbastanza significativa di edifici industriali riqualificati. L’area è servita da mezzi pubblici, corsie ciclabili e sistemi di car sharing. I parcheggi di auto sono limitati e la velocità è ridotta, di conseguenza la maggior parte degli abitanti non utilizza l’auto. Il quartiere ha una grande dotazione di verde e alberi e le rive dei canali sono resi accessibili a pedoni e bici.

3.3. Il quartiere Dockside, Victoria

L’area di Dockside lands è l’unica area di svilup- po prevista nella città di Victoria, localizzata adia- cente alla strada di Upper Harbour e Downtown, nella zona Est di Victoria. L’approccio progettuale di Dockside richiede un uso misto e sostenibile basato su principi sociali, economici e ambientali. Il proget- to comprende la realizzazione di 26 edifici per circa 2.500 persone, esteso in 5 ettari, articolati in quattro lotti che comprendono la zona industriale marina, a bassa densità, lungo il Porto a Est e la zona residen- ziale e commerciale, ad alta densità, a Ovest e Nord dell’area. Il progetto prevede uso misto residenziale- ufficio nella parte Nord del comparto.

Mentre ogni lotto ha le sue caratteristiche distin- tive, è in armonia con il contesto e tiene in conside- razione caratteristiche qualitative dei suoi dintorni, nel masterplan è stata data priorità al disegno degli spazi pubblici e verdi ad alta qualità. Questa vie- ne raggiunta attraverso la forma delle piazze, la re- te composta da giardini di pertinenza di edifici e percorsi pedonali e la loro integrazione all’itinerario pedonale principale Galloping Goose Trail.

Nel progetto viene utilizzato un sistema energe- tico integrato che assicura uno sviluppo ‘green hou- se gas neutral’, che prevede il raggiungimento della neutralità delle emissioni di anidride carbonica e di gas serra. Il sistema comprende un impianto di gassificazione della biomassa che converte i rifiuti di legno di provenienza locale in una combustione pulita per il riscaldamento e l’acqua calda. Inoltre è previsto un sistema idrico efficiente, tutte le acque reflue provenienti dal luogo vengano depurate at- traverso un impianto apposito.

4. Conclusioni

Dopo lo studio di alcune esperienze internazio- nali di progettazione urbana ‘sostenibile’, possia- mo dire che il problema della qualità morfologica dei nuovi insediamenti appare a tutt’oggi irrisolto, poiché l’approccio dominante continua a crede- re che l’introduzione di livelli prestazionali mol- to elevati nei fabbricati e una più ampia dotazione di aree verdi possano bastare a costituire un quar- tiere sostenibile. In realtà un insieme di edifici ad alta sostenibilità ambientale non necessariamen- te costituisce un insediamento urbano sostenibi- le. Il tema della sostenibilità presenta specifiche implicazioni alla scala dell’insediamento urbano.

E, come troppo spesso è accaduto in Italia, in que- sto tipo di problematiche l’urbanistica risponde con approcci che non sono specifici del campo disciplinare, sconfinando nelle scienze ambientali e nella sociologia. Il dibattito sulla ‘forma’ urbana più adatta ad ottenere più alti livelli di sostenibi- lità ambientale è colpevolmente trascurato. È più sostenibile la città compatta o la città diffusa? Quali soluzioni formali possono contribuire al raggiun- gimento della sostenibilità urbana? Con quali mo- delli è possibile intervenire nei tessuti urbani in trasformazione per aumentare il livello di sostenibi- lità dell’insediamento?

Vista l’analisi finora svolta, possiamo arrivare a questa conclusione: si deve pensare a una com- binazione morfotipologica tra diverse tipologie di piazze, giardini, strade, isolati e lotti che sono gli elementi fondamentali e basilari che, ben miscelati e ben distribuiti, rappresentano un quartiere, anche alla piccola scala.

Ognuno di questi elementi da solo ha un ruo- lo definitivo e determinante, ma nello stesso tempo questi elementi devono essere collegati uno all’al- tro, sia a livello geometrico che a livello di vivibilità di un quartiere.

Dovremmo quindi tener presente sia la bellez- za, sia l’elevata tecnologia utilizzata nella costru- zione degli edifici, sia quanto il quartiere riesca ad essere in definitiva vivibile per tutte le classi sociali indipendentemente dall’etnia e nazionalità. Tutto questo può essere realizzato attraverso un disegno urbano coerente morfologicamente, insieme ad al- tri fattori che praticamente vengono descritti nella maggior parte dei manuali di urban design. Inoltre si deve tener conto anche dei fattori sociologici che hanno un rapporto diretto con il risultato di un progetto urbano.

In base alle analisi svolte su alcuni quartieri pro- gettati con criteri che rispecchiano il concetto di so- stenibilità e in base ai criteri del citato manuale di urban design, si nota come in alcuni quartieri non ci sia coerenza nel disegno urbano, nel senso che l’at- tenzione posta sul tema ambientale, sulla compati- bilità ecologica e sulla progettazione bio-climatica, non è stata posta sul disegno urbano.

C’è da considerare il fatto che vi è anche un ele- vato consumo di suolo per aree destinate al verde perciò, in alcuni casi, si ha una scarsità di spazio pubblico e, in generale, poca attenzione è stata po- sta al tema della centralità dello spazio collettivo. Una piazza principale è fattore centrale nel quartie- re e dà luogo a relazioni sociali.

Quindi ci chiediamo se queste parti di città si- ano veramente sostenibili, considerando l’elevato consumo di suolo che comportano, e se si sia re- almente preso in considerazione il significato della città compatta nella progettazione di questi quar- tieri. Teoria e pratica non sembrano combacia- re nella realtà. Potremmo definire questi progetti ‘mangiatori di suolo’, vista la scarsa considerazione che ne hanno.

Se consideriamo, inoltre, che l’applicazione del concetto di ‘città sostenibile’ sta avendo successo in zone del mondo come la Cina, dove la crescita de- mografica è in costante aumento, possiamo capire come il suolo sia un bene che deve avere un’impor- tante peso all’interno delle politiche attuate nelle progettazioni delle città definite sostenibili, altri- menti avremmo una spesa per la progettazione che avrà tra i suoi limiti quella di non poter creare quel- la coesione sociale ed economica interclassista che la sostenibilità pretende di attuare.

Dunque, tra i quartieri che sono stati analizzati, possiamo dire che ci sono alcuni casi modello che hanno dimostrato una grande efficienza. Celebri sia a livello di disegno urbano, sia a livello di qualità della vita con alti livelli di accessibilità, centralità di spazi pubblici, ottimi collegamenti e una gran- de qualità urbana. Come ad esempio Hammarby Sjöstad a Stoccolma, situato in un’area industriale dismessa adibita a zona residenziale.

I punti di forza di questo progetto, che possono essere presi come parametri di confronto con altri, sono: la densità insediativa; il recupero di terreni già edificati e urbanizzati; la mixitè funzionale – re- sidenze, uffici, spazi per il tempo libero, spazi per i bambini e per gli anziani; il sistema del verde e degli spazi pubblici; il trasporto pubblico; la diversifica- zione dell’offerta di mezzi alternativi all’auto priva- ta; un modello integrato per la gestione di energia, rifiuti, e acque.

L’altro esempio citato, il quartiere Dockside in Canada, è stato ben progettato a livello sia morfolo- gico sia di qualità urbana. Il progetto ha creato un amalgama tra la zona industriale esistente e la zona residenziale, senza creare disagi alla cittadinanza. Si è riusciti infatti, tramite alcuni accorgimenti, a cre- are un luogo sano dove poter vivere pur trovandosi in una zona ad alta densità abitativa. Nonostante l’esiguo territorio su cui è stato creato il quartiere, non mancano piazze e luoghi di socializzazione, in- sieme a una rete di greenways che percorre la zo- na centrale, collegando le due piazze poste alle due estremità del quartiere. Il cammino pedonale è sta- to creato lungo un percorso con un canale artifi- ciale, che viene inoltre utilizzato come conca per la raccolta delle acque piovane poi riutilizzate.

Il caso di Bolzano ha invece fatto riscontrare problematiche a livello di progettazione e di morfo- logia urbana. Dall’analisi svolta si nota una scarsità di centralità di spazi pubblici e la mancanza di un parco o giardino comunale.

La razionalizzazione settoriale degli interventi sui piani della città ha dilagato dagli anni Settanta in poi. Il recupero urbano ha molto spesso messo in atto, nelle aree industriali dismesse ad esempio, operazioni di tipo puntuale, risolte con interventi catastrofici dove la demolizione e la ricostruzione di contesti ha prodotto solo una maggiore estra- neità dal tessuto circostante rispetto ai contesti precedenti.

Con la stessa logica puntuale si è agito nelle nuove aree di espansione, con il nobile intento di riqualificare la conurbazione frammentata e specia- listica ma, in realtà, si sono aggiunti grandi conteni- tori a quelli esistenti, per far posto ora all’università, ora ai centri commerciali, a quelli direzionali, espo- sitivi e così via, spesso anche in situazioni prive di un’adeguata rete stradale in rapporto alle nuove ne- cessità del traffico.

L’obiettivo della nuova urbanistica deve essere quello di riuscire a risocializzare i legami comuni- tari, quei marciapiedi dove dovrebbero tornare a camminare gli abitanti anche delle periferie. Oggi le zone vitali sono confinate nelle città nucleari, che vengono assalite dalla popolazione della periferia, creando una migrazione che deturpa l’oasi storica,

deformando la percezione degli spazi e i processi d’uso ed al contempo de-umanizzano il quartiere periferico, perché mancano gli stimoli ad abitarlo.

Bisogna comprendere che il problema dell’in- quinamento non può essere risolto soltanto tramite un accrescimento della superfici destinate al verde pubblico, bisogna ridurre gli elementi che maggior- mente contribuiscono all’inquinamento tramite anche una riduzione degli spostamenti con i mezzi privati a motore.

In nome poi della competizione con il trasporto privato, anche quello pubblico ha avuto le sue pic- cole o grandi trasformazioni che, in Europa, hanno riguardato la costruzione della rete di Alta Velocità, l’ingrandimento o il rinnovo dei porti, la costruzio- ne di nuovi aeroporti e così via.

Questi progetti hanno trasformato la struttura fisica e funzionale della città, creando zone ad alta densità insediativa, una diversificazione funzionale anche nei suburbi e, in alcuni casi, portando alla fondazione di nuove città.

Questi nuovi interventi nelle periferie hanno spesso avuto conseguenze negative sui centri più antichi, accelerando fenomeni di espulsione delle residenze e consolidandovi le funzioni egemoniche. Il bilancio è invece positivo per quanto riguarda i suburbi che vedono aumentare i posti di lavoro e migliorare le infrastrutture, anche vicino alle aree residenziali. In realtà, però, con l’espansione si continueranno a creare suburbi che resteranno de- centrati economicamente, socialmente e struttural- mente rispetto all’ambiente urbano.

La tradizionale dicotomia tra città e periferia sembra dissolversi nelle dinamiche della conurba- zione che si struttura attraverso reti, formate da no- di e linee, e nei tradizionali insediamenti aggiuntivi.

È possibile oggi parlare di un unico contesto urba- no tra la città e la sua area metropolitana, dove spazio e tempo vengono usati nella stessa maniera, nono- stante la presenza di un’apparente diversità di forma. La riunione passa non tanto attraverso un processo di densificazione dell’occupazione del suolo, quanto attraverso elementi progettuali complessi fisicamente e funzionalmente, anche eterogenei in quanto a ca- ratteristiche formali e funzionali, ma in grado di dare continuità al costruito alle diverse scale.

La distribuzione delle attività deve dipendere dalle tipologie edilizie progettate, in modo che vi possa essere un’effettiva concentrazione di attività che siano differenziate e che riescano a creare i pre- supposti per una frequentazione degli spazi aperti.

Dobbiamo quindi cercare di creare una siner- gia urbana, fatta di unione e non di segregazione, integrare significa attuare una pianificazione inter- media. La dimensione pubblica è stata persa nel tempo, dobbiamo fare in modo che le grandi fun- zioni urbane vengano affiancate da numerose uni- tà più piccole, centri di intrattenimento culturali, lavorativi potranno essere riposizionati in zone do- ve l’ambiente urbano sembra essere in declino, gli edifici e le aree da ristrutturare possono diventare il motore di una riqualificazione incentrata non più su insediamenti monofunzionali.

Abitazioni e attività commerciali si integrano e pongono l’elemento mobilità in secondo piano, creando quartieri autosufficienti, integrando even- ti e persone; per realizzare questo obiettivo diventa determinante il lavoro di pianificazione e progetta- zione alla scala urbana e di piano particolareggiato.

Gli spazi pubblici, sono un fattore determinante se vogliamo creare uno spazio urbano accessibile e vivibile. Le caratteristiche funzionali e fisiche do- vranno essere quindi attraenti, se l’estetica del luogo pubblico ha come fine quello di rendere gradevole la frequentazione dello spazio.

È bene che i luoghi che possono essere frequen- tati siano il più possibile differenziati, non solo per fini ludici; essi dovranno quindi integrarsi a luoghi di lavoro, studio, shopping, tempo libero, e questi luoghi devono essere il più possibile facilmente rag- giungibili da diversi gruppi di cittadini.

La progettazione sostenibile sarà una progettazio- ne che metterà in relazione diversi modelli di svilup- po e che, oltre a tener conto della qualità urbana, sarà capace di guardare anche ad una qualità ambientale.

I margini della città dovranno essere definiti, evitando di creare spazi di frangia urbana, che cre- eranno disomogeneità e difficoltà nella futura pro- gettazione urbana di un territorio.

Gli insediamenti dovranno essere concepiti in modo da rispettare i criteri di sostenibilità, tenen- do come punti di riferimento entrambi i modelli, sprawl e città compatta.

Riferimenti bibliografici

AA.VV. (2009), Urban Design Manual. A best practice guide, <http://www.housing.gov.ie/sites/default/files/migrated- files/en/Publications/DevelopmentandHousing/Planning/ FileDownLoad%2C19216%2Cen.pdf>.

I territori della contemporaneità. Percorsi di ricerca multidisciplinari, a cura di Claudio Saragosa e Maddalena Rossi

ISBN 978-88-6655-157-7 - CC BY 4.0, 2018 Firenze University Press

2. Il paesaggio urbano nella transizione