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Nora Annes

3. Metodo di ricerca

Al fine di compiere una ricerca strutturata e che creasse legami coerenti tra il mondo urbano e quel- lo della fenomenologia urbana1 è sembrato oppor- tuno articolare il lavoro in cinque step propedeutici l’uno all’altro e interdipendenti:

• studio dei fenomeni percettivi;

• applicazione dei precetti in ambito urbano; • analisi etnografica e approccio al territorio; • individuazione e definizione delle logica percet-

tiva urbana;

• invarianti percettive e progettazione.

1 “Il mondo fenomenico si produce a seguito di un impatto,

un incontro fra gli organi di senso periferici dell’osservatore e una parte del mondo fisico” (Massioni 1998).

3.1 Studio dei fenomeni percettivi

La comprensione dei fenomeni percettivi ha avuto inizio dallo studio di quella teoria che per prima ha compiuto una ricerca empirica finalizzata alla decifrazione del sistema di osservazione umano.

La Scuola di Berlino nei primi decenni del ’900, attraverso le sperimentazioni degli psicologi Max Wertheimer, Kurt Koffka e Wolfgang Köhler, ha dato vita a quella che forse è la più importante cor- rente di pensiero in merito alla percezione: la Teoria della Gestalt. Tale teoria si è imposta nel mondo ac- cademico attraverso una nuova idea di percezione che metteva in dubbio l’ipotesi di una conoscenza visiva basata sui soli fenomeni fisici. Gli psicologi di questo movimento sono riusciti ad individuare un sistema percettivo basato su una visione strutturata di insieme (il termine stesso Gestalt racchiude un ventaglio complesso di significati solo parzialmente traducibili con l’italiano ‘forma’).

La scalarità percettiva dal macro al micro che viene individuata può quindi essere trasposta in un’analisi urbana che passi da un’osservazione ae- rea, tipico strumento di indagine dell’urbanista, ad una terrena. Una sorta di passaggio da volo d’uccel- lo a passo d’uomo.

L’osservazione dello spazio circostante sembra essere tesa tra forze di campo che agiscono dando vista non solo ad interpretazioni, ma anche a spon- tanee modifiche, attraverso una sorta di smart me- chanism (Runeson 1977).

La determinazione di una realtà non dipende, come già detto, da contorni fisici, ma si costituisce di configurazioni spaziali e dallo scheletro delle forze visive che organizzano il materiale percepito per ren- derlo comprensibile alla mente (Arnheim 2008).

Forze di coesione e forze di freno2 condividono lo spazio di una configurazione dando vita ad un’entità equilibrata o meno in grado di stimolare un’emozio- ne che sia rispettivamente di attrazione o repulsione. “Un luogo che sfidi la nostra capacità di cate- gorizzarlo e di riconoscerlo, che frustri i nostri sforzi cognitivi suscita invece sentimenti negativi” (Baroni 1998, 86).

3.2 Applicazione in campo urbano dei precetti

Lo sforzo compiuto nella prima fase ha visto succedersi uno step in cui l’oggetto principale era la modellazione di tali precetti in un am- bito molto differente da quello in cui hanno ori- ginariamente preso vita. Lo studio è stato dunque arricchito/im- plementato dall’analisi

degli esperimenti di applicazione dei precetti della Gestalt in altri campi che non fossero quello della psicologia. Negli anni gli storici dell’arte Gombrich e Arnheim avevano ad esempio tentato una felice ap- plicazione dei suddetti precetti nel proprio campo di interesse dando vita a studi e risultati molto interes- santi sulla qualità formale ed emozionale delle opere.

Avendo quindi raggiunto un quadro piuttosto chiaro dei fenomeni percettivi e della loro applica- zione si è dato vita ad una conversione di tali cono- scenze nel campo dell’urbano.

Lo studio compiuto da questo momento è con- sistito nel proporre un’osservazione della città attra- verso un’ottica esclusivamente percettiva.

Lo studio applicativo ha dato vita ad una serie di risultati molto interessanti che in qualche modo individuano i motivi di difficoltà di lettura o del senso di smarrimento che si attesta in alcuni con- testi urbani.

Il risultato più interessante ottenuto in questa fa- se è sicuramente quello che ha portato alla concre- tizzazione concettuale, e indubbiamente anche alla semplificazione, di tali fenomeni nel sistema urbano. Il risultato grafico attraverso cui si è cercato di esprimere tali risultati consiste nella materializza- zione dei ‘criteri di segmentazione visiva’ attuati in- consciamente dagli smart mechanisms nel momento dell’osservazione urbana.

La conoscenza dei criteri con cui, in linea generale, l’occhio è portato a suddividere in sezioni lo spazio e il modello scalare con cui esso percepisce il contenuto

delle parti costituisce una base da cui poter dare inizio alla progettazione di spazi che debbano subire proces- si di generazione, rigenerazione o ricostruzione.

È importante sottolineare come la Tesi non pro- ponga un modello universale di progettazione ma, ponendo le basi in questi precetti, cerchi di indivi- duare l’esclusività culturale di una determinata area urbana e/o geografica.

La linee teoriche ‘Gestalt’ per lo studio della cit- tà possono quindi costituire il mezzo da cui par- tire per avere una visione più chiara dei fenomeni formali della città e per dare vita ad una autentica rigenerazione urbana che abbia come punto di par- tenza l’uomo.

3.3 Analisi etnografica

Il primo approccio al territorio è avvenuto at- traverso una ricerca etnografica che ha fatto ricorso allo strumento dell’intervista.

Il confronto con gli abitanti aveva come prin- cipali obiettivi quelli di capire il loro modello di osservazione e quindi di individuare il loro sistema percettivo.

La traccia delle interviste, accuratamente prepa- rata sotto la guida di un sociologo esperto in analisi qualitative, prevedeva un approccio al territorio di tipo scalare che permettesse al soggetto di focaliz- zare la propria attenzione dal livello dell’intera area amministrativa comunale fino a scendere alla defi- nizione di dettagli più specifici.

In uno studio per geometrie frattali si è quindi scesi all’iden- tificazione degli ele- menti di piacere e di disturbo percettivo nella fruizione del si- stema urbano.

I risultati emersi dall’analisi dei colloqui hanno rappresentato il punto nodale da cui far partire una concreta ap- plicazione delle teoriz- zazioni, ancora troppo aleatorie, della prima fase.

Le interviste han- no costituito un vero e proprio orientamen- to nella ricerca a par- tire dall’inserimento di Caprarola in un contesto percettivo territoriale. Il collocamento di Caprarola al cen- tro dell’asse percetti- vo costituito dai poli Monte Soratte e Monte Venere, concetto emer- so spontaneamente più volte all’interno dei colloqui, dimostra ad esempio come sia insita nell’uomo la tendenza a stabilire relazioni basate esclusivamente su lega- mi visivi.

Tale risultato ha co-

stituito uno step fondamentale per dare poi vi- ta all’organizzazione di uno studio a scala urbana costituito da una catena di ‘dipendenze percettive’ inscindibili.

Risultati più dettagliati emersi dal confronto di- retto sul territorio hanno visto l’individuazione di

particolari spaziali e formali, a varie scale. È inte- ressante sottolineare come, nel corso dell’indagine, l’individuazione di forme definite idonee o pre- gnanti nel proprio spazio urbano sia spesso passata attraverso una prima identificazione degli elementi di disturbo visivo.

3.4 Individuazione e definizione delle logica percettiva urbana

La fase tecnica del lavoro ha avuto come obietti- vo quello di sperimentare una vera e propria lettura percettiva di una realtà urbana.

La ricerca ha visto come soggetto della speri- mentazione il borgo di Caprarola, comune della Tuscia Viterbese, e la sua comunità.

Lo studio, applicato in modo scalare alla realtà urbana, ha dato vita ad una interpretazione spaziale di medio e lungo raggio in grado di spiegare come tutti gli elementi presenti all’interno del cono visivo influiscano nella percezione di una porzione di spa- zio anche molto piccola.

La sperimentazione ideata ad hoc per Caprarola ha visto, dopo una prima fase storico-conoscitiva, la suddivisione dello spazio urbano secondo ‘porzioni percettive omogenee’.

La prima forma di suddivisione spaziale è quella che distingue l’asse urbano centrale – nato dal pro- getto dell’architetto Vignola nel 1500 – dalle aree compatte poste a destra e a sinistra di esso.

Le tre sezioni, individuate dagli intervistati, hanno permesso l’individuazione di un modello percettivo differente per ogni area e tale che al suo interno fosse possibile individuare una coerenza vi- siva spaziale.

La logica urbana percettiva emersa dall’inter- pretazione di questi risultati ha permesso quindi il riconoscimento e la mappatura dei vari stimoli per- cettivi della città pubblica.

L’esito di questo studio empirico ha portato all’individuazione di un’area di rottura all’interno di un coerente sistema percettivo del tessuto caprolatto. Il vuoto percettivo in questione porta nel soggetto ad una sensazione di totale disorientamento rispetto all’automatica chiave di lettura che esso stesso crede di aver individuato lungo il percorso. La Gestalt-piaz- za analizzata, esito di un recente recupero, costituisce quindi una sorta di ‘buco nero’ emotivo nel fruitore, sia esso autoctono o di passaggio. Palazzo Quatrini, principale motivo di questa rottura, si presenta come edificio modulare e fuori scala, posto come un gigan- te all’interno di una realtà compatta. Esso determi- na l’interruzione del sistema di linee percettive frutto dell’interessante progettazione cinquecentesca.

È importante sottolineare come esso non sia de- finito ‘sbagliato’ in senso assoluto, ma piuttosto non pregnante, rispetto alla sua capacità di evocazione percettiva all’interno del contesto in cui è inserito.

Gli studi urbani effettuati sulle varie Gestalt- piazza individuate hanno quindi dato vita all’i- dentificazione di invarianti percettive che fossero esclusive di quell’area e da applicare per un poten- ziale nuovo volume urbano.

Secondo i precetti gestaltici si è quindi fornito un indirizzo progettuale che prendesse in conside- razione sia i risultati emersi dall’analisi percettiva di Caprarola sia le opinioni degli abitanti su quello spazio.

3.5 Invarianti percettive e progettazione

Lo studio ha quindi identificato delle caratteri- stiche che si presentano come invarianti3 all’interno dei vari tematismi di gestalt riconosciuti nel tessuto urbano.

Le regole percettive sono così state tradotte in linee progettuali inseribili all’interno di un quadro conoscitivo più ampio e condiviso e finalizzate sia a donare continuità al contesto lineare di Via Niccolai sia a ritrovare l’identità persa di quello spazio.

All’interno del sistema caprolatto Piazza Quatrini, identificata come vuoto percettivo, viene dunque rimodellata attraverso quei principi emersi dallo studio visivo del tessuto urbano.

L’area occupata dall’edificio, causa della rottura strutturale, subisce quindi una ipotetica sostituzio- ne attraverso l’introduzione di un nuovo volume avente delle caratteristiche più pregnanti4 rispetto al contesto.

3 Ai sensi dell’art. 4 (“Le Invarianti Strutturali”) della L.R. del-

la Toscana n. 1/2005 “Norme per il Governo del Territorio”: “Le risorse, i beni e le regole relative all’uso, individuati dallo statuto di cui all’articolo 5, nonché i livelli di qualità e le rela- tive prestazioni minime, costituiscono invarianti strutturali del territorio da sottoporre a tutela al fine di garantire lo sviluppo sostenibile”.

4 Il termine deriva direttamente da una delle regole individuate

dalla Gestalttheorie: “esiste per ogni modo-di-essere una ben determinata struttura in cui esso si realizza nel modo più puro e coercitivo e che viene chiamata ‘privilegiata’ o ‘pregnante’” (Metzger 1971, 79).

Altezza, ingombro, tipo di copertura, fuo- co percettivo e model- lo strutturale vanno ad identificare solo alcune delle caratteristiche che potrebbe assumere uno degli n edifici idonei a colmare il vuoto percetti- vo attualmente presente.

In concreto la re- altà di Piazza Cuzzoli, secondo il modello in- terpretato, sembra par- tecipare ad un concetto di spazio basato sulla presenza di più nodi fo- cali di diversa intensità di cui quello centrale, attualmente inesisten- te, dovrebbe costituire il ‘raccoglitore’ di forze energetiche percettive.

La continuità con lo spazio circostante, assimilabile ai precetti di destino comune, vie- ne quindi individuata dall’ascesa che caratte- rizza Via Niccolai e dalle altezze, per lo più scala- ri, degli edifici prospet- tanti tanto sulle quinte della piazza quanto su quelle dell’asse urbano. Nell’edificato si può quindi concretizzare ta- le destino in una scalare altezza degli edifici.

La definizione di

un’altezza, che potrà variare al variare del contesto circostante, risulta quindi fondamentale per l’indivi- duazione del volume prospettante sulla piazza.

Il secondo indirizzo progettuale applicabile è indi- viduato attraverso uno studio accurato degli schemi strutturali delle realtà pre-esistenti. Una consapevo-

le interpretazione delle linee di forza degli edifici da parte dell’osservatore ha quindi consentito l’indivi- duazione dello spazio che deve occupare il polo per- cettivo centrale. Tale risultato permette, in fase di progettazione, di capire quale area del fronte debba essere dedicata all’oggetto/decoro di maggior rilievo.

L’orientamento spaziale in questo modo sembra già essere ben definito e si presume che un volume realizzato prendendo in considerazione queste due variabili, altezza e posizione del polo, possa già far assorbire alla piazza un aspetto percettivamente più comprensibile.

Lo step successivo vede l’individuazione del- la composizione dell’edificio attraverso le linee strutturali di primo livello. Il passo da compiere per capire quale dinamicità dare al volume consi- ste nell’identificazione dei limiti focali dell’occhio umano. Individuando l’angolo di circa 40° che va dal soggetto, posto in posizione ottimale, all’edifi- cio si intuirà come lo spazio di maggiore concentra- zione dovrà essere quello in cui collocare oggetti e strutture di maggiore peso percettivo. Il peso, spo- stato dunque verso il basso, contribuirà così a dona- re somiglianza strutturale, leggerezza compositiva e impedirà la nascita del senso di oppressione tipico degli edifici modulari.

L’ascesa strutturale potrà essere individuata prendendo in considerazione il modello degli edi- fici circostanti o prevedere uno studio specifico ed esclusivo dell’entità volumetrica che si intende inserire.

L’ultimo tassello individuato nelle studio delle invarianti percettive riguarda la copertura e quale sensazione scaturisca dall’inserimento di una deter- minata forma-tetto.

Dall’analisi delle Gestalt-piazze caprolatte emer- ge come gli edifici destinati ad sprigionare forze energetiche percettive e quindi ad essere protago- nisti dello spazio si caratterizzino per una tetto a padiglione.

Intrecciando questo dato con gli studi della buona forma vediamo come la presenza di una gronda, tipicamente riscontrabile nel tetto a padi- glione, sia fondamentale per creare un blocco vi- sivo che evochi, nell’osservatore, la sensazione di chiusura.

Secondo l’interpretazione dello spazio emer- sa da questo studio Piazza Cuzzoli dovrebbe riap- propriarsi della propria qualità di buona forma in primis attraverso uno studio dei volumi e successi- vamente attraverso una lettura più dettagliata dei dettagli strutturali da applicare al fronte.

Tali linee guida non devono essere intese come limite al disegno architettonico, ma vanno piutto- sto lette come un’opportunità da dare ad un nuovo spazio piazza.

4. Conclusioni

In conclusione la Tesi si è posta come obiettivo quello aggiungere uno step all’analisi urbana territo- rialista riuscendo a raggiungere livelli di progetta- zione sempre più coerenti con le sue finalità.

Tale contributo costituisce solo un input ad una ricerca che può avere potenzialità elevate all’interno della riprogettazione di spazi urbani già degradati o di bassa qualità formale.

Al fine di compiere una onesta ricerca intellettua- le va inoltre sottolineata la presenza di alcuni punti oscuri per i quali sarebbe interessante provvedere ad una continuità di ricerca, quali ad esempio la que- stione della dinamicità dello spazio urbano rispetto alla presenza di realtà culturali non autoctone.

Il modello di studio proposto è caratterizzato infatti da una propria coerenza proprio grazie alla staticità culturale su cui viene applicato.

Nella consapevolezza della forte mutevolezza a cui è sottoposto l’organismo urbano, sembra quin- di fondamentale un continuo aggiornamento degli studi nel contesto affinché la progettazione possa ri- sultare coerente e priva di anacronismi.

Si vuole dunque sottolineare come la rigidezza di alcuni approcci che hanno accompagnato l’ur- banistica in varie epoche, quali ad esempio il duro modello funzionalista criticato nelle prime righe del testo, non appartenga alla proposta analitica pre- sente in questo contributo.

Al contrario la Tesi si pone come sostegno al- la comprensione di fenomeni della forma urbana che vadano oltre la statica osservazione struttu- rale. Sono alla base di questo studio tanto gli stu- di scientifici sui sistemi di osservazione quanto la conoscenza della varietà culturale che costituisce e modella l’organismo urbano.

In conclusione, l’auspicio è quello che una ricer- ca più dettagliata in questa direzione possa dare vita a sperimentazioni urbane e a risultati architettonici di elevato interesse.

Riferimenti bibliografici

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I territori della contemporaneità. Percorsi di ricerca multidisciplinari, a cura di Claudio Saragosa e Maddalena Rossi

ISBN 978-88-6655-189-8 - CC BY 4.0, 2018 Firenze University Press

5. Un esercizio di rigenerazione urbana. Il