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Irene Cont

3. Quadro d’analis

3.1 La conoscenza scientifica: analisi conoscitiva

Frutto dell’analisi conoscitiva è la prima tavola delle gerarchie spaziali urbane dedotta dall’interpre- tazione di alcune carte di approfondimento elabo- rate grazie all’impiego di tre strumenti di indagine: sopralluoghi, ricerche storiche e strumenti urbani- stici vigenti (PSC, Piano Strutturale Comunale).

Le ricerche storiche attestano che le prime tracce di organizzazione a livello territoriale risalgono al pe- riodo romano: testimonianze della suddivisione cen- turiata – che vedeva nella Via Emilia l’asse principale – esistono ancora oggi ed inconfondibile è l’influen- za che questa ha avuto nella formazione dell’im- pianto urbano di fondazione, tagliato in due da un importante decumano (Balboni 2001, 25). La pri- ma testimonianza scritta sicura riguardo Crevalcore si ha intorno al 1230, periodo in cui l’Abbazia di Nonantola, che in quel periodo aveva il controllo ter- ritoriale della zona, decise di allearsi con il Comune di Bologna a causa della minaccia modenese. Il ca- stello di Crevalcore fu costruito per necessità difensi- ve e risale a questo periodo la definizione dell’attuale assetto urbanistico che, nonostante le numerose bat- taglie, è riuscito a persistere sino ai giorni nostri.5

Il risultato che emerge dall’interpretazione delle carte di approfondimento – che descrivono princi- palmente la struttura e le componenti degli spazi co- struiti, degli spazi pubblici e la possibilità di fruizione di questi ultimi – è un’organizzazione dello spazio ur- bano gerarchizzata, in maniera più o meno dettaglia- ta a seconda della scala di osservazione, in virtù del rapporto che intercorre tra archetipi e caratteristiche spaziali. Studiate a scala complessiva queste gerarchie scandiscono il centro storico in maniera ritmica ed equilibrata creando identità e suggerendo il ricono- scimento delle parti, che, a loro volta, sono indivi- duate e organizzate grazie a inconfondibili linguaggi.

Il centro storico è uno spazio urbano che, nel- la sua morfologia, nelle sue configurazioni archi- tettoniche e nelle sue funzioni e attività, presenta fortissime connotazioni storiche (v. Comune di Crevalcore 2011) e la sua struttura è nettamen- te definita dagli elementi dell’impianto urbano. Le scansioni generate durante l’evoluzione storica del paese sono sempre state chiare: il perfetto quadrato dei fossati delimita la scacchiera del tessuto urbano che si divide in quattro settori, di otto isolati ciascu- no, grazie all’incrocio tra un cardo e un decumano. Il decumano di Via Matteotti costituisce lo spazio centrale per eccellenza e l’asse generatore della strut- tura urbana. Lungo il tracciato, tra Porta Modena e Porta Bologna, si affacciano metà degli isolati che compongono la scacchiera formando sui due lati un fronte edilizio porticato compatto e pressoché conti- nuo. Gli archetipi protagonisti di questo spazio sono individuabili dalla scomposizione di quel linguag- gio che lo caratterizza e grazie al quale esso merita l’importanza che lo distingue. Così i portici, le porte d’accesso, la piazza e la presenza di edifici e architet- ture rilevanti, se rapportati a determinate caratteristi- che spaziali quali una notevole larghezza della sezione stradale, una variazione ritmica del profilo altimetri- co degli edifici e una compattezza del fronte strada,

suggeriscono imme- diatamente il valore di questo corso nell’or- ganizzazione comples- siva del paese. La sua configurazione e la sua prospettiva, altamente scenografiche, sono in- crementate da espres- sioni architettoniche particolari come le fasce marcapiano e i vivaci colori delle facciate.

Il cardo di Via Cavour e Via Roma rap- presenta l’altro asse fon- damentale ed elemento portante della scansio- ne dello spazio urbano perché, intersecando perpendicolarmente Via Matteotti, fornisce un ap- porto decisivo alla regolarità della struttura comples- siva, creando il principale fulcro del paese: la piazza. Inoltre il fronte stradale parzialmente porticato e la presenza di alcune delle più importanti architetture (chiesa e Comune) sono ulteriori suggerimenti che confermano il ruolo di questo spazio.Tuttavia la se- condarietà rispetto a Via Matteotti trova conferma nell’anonimità di linguaggio di alcuni tratti stradali che non rimandano assolutamente a quelle espressio- ni identitarie tanto evidenti lungo il corso principale.

All’incrocio tra le due strade si apre Piazza Malpighi, unica piazza del centro storico, creata da una giustapposizione di edifici tale da definire una superficie regolare in perfetta coerenza col contesto.

Nella rimanente suddivisione centuriata è de- cisivo il rapporto tra densità e compattezza dell’e- dificato e la strada: la struttura complessiva che ne risulta sottolinea la potenza dell’organizzazione e il ritmo regolare con cui questa scandisce lo spazio. La ristrettezza della sezione stradale e la presenza di espressioni architettoniche decisamente meno sce- nografiche, anche se comunque caratteristiche (co- lori vivaci delle facciate e variazioni altimetriche del fronte stradale), rendono il tutto riconoscibile come spazio di minore importanza.

La circonvallazione dei viali sostituisce i terra- pieni e costituisce la nuova cinta del Castello, sot- tolineando il ruolo che le due porte e la scacchiera medievale rivestono nella scansione complessiva. I viali svolgono funzione fondamentale di saldatura del tessuto urbano storico, di smaltimento del traf- fico – che si riverserebbe altrimenti all’interno del centro – e di raccordo tanto con il resto dell’area urbana quanto con l’intero contesto territoriale.

3.2 La conoscenza empirica: analisi percettiva

3.2.1 Il metodo

L’analisi percettiva si è focalizzata, invece, sulla produzione di mappe mentali rappresentanti l’im- magine ambientale collettiva di Crevalcore prima e dopo il terremoto.

L’individuazione delle gerarchie spaziali urbane – percepite dai cittadini – si è basata sul metodo ela- borato da Lynch, procedendo con una serie di in- terviste effettuate secondo parametri specifici. Sono state scelte 35 persone cercando di differenziare il campione soprattutto in base all’età: cinque perso- ne con più di 60 anni, sette persone tra i 40 e i 60, tre persone tra i 20 e i 40, tredici persone tra i 10 e 20 – di cui otto tra i 15 e i 20 e cinque tra i 10 e i 15 – e sette persone tra gli 8 e i 10 anni. La chiarezza dell’immagine ambientale è così risultata differen- te soprattutto in base alla soggettiva esperienza del singolo nel vivere autonomamente o meno lo spazio urbano e dal grado di coinvolgimento emotivo.

Gli intervistati con più di 40 anni, perché nati in paese e affezionati al luogo, erano maggiormente pro- pensi a raccontare il loro rapporto e le loro esperienze con gli spazi e le memorie che questi custodivano, restituendo vivide immagini della struttura percepita.

Il numero degli individui compresi nella fascia tra i 20 e i 40, per lo più studenti fuori sede o per- sone trasferitesi altrove, era piuttosto basso. Anche se non colma di significati, l’immagine tuttavia è risultata abbastanza chiara.

La fascia tra i 10 e i 20 anni è stata suddivisa in due sottogruppi a causa del condizionamento più o meno influente che i genitori hanno sulle mo- dalità di godimento degli spazi da parte dei figli. Tra i 10 e i 15 anni, infatti, i ragazzi tendono ad un godimento più passivo degli spazi che dipen- de principalmente dallo stile di vita del genitore.

Tra i 15 e i 20, invece, iniziano ad acquistare mag- giore autonomia e di conseguenza a crearsi un’im- magine ambientale più intima e personale.

I bambini tra gli 8 e i 10 anni hanno fornito scarse informazioni e un’immagine alquanto viziata dagli spostamenti dei genitori.

Tutte le conclusioni che seguiranno sono quin- di frutto dell’applicazione di tale metodo e, in par- ticolar modo, della rielaborazione e del confronto delle risposte e dei disegni ricavati dalle interviste. L’immagine ambientale collettiva è stata dedotta suddividendo gli archetipi nominati (corrisponden- ti agli elementi formali di Lynch) in fasce di percen- tuale a seconda della frequenza di reiterazione.

3.2.2 L’immagine ambientale prima del terremoto

La percezione della struttura urbana, prima del disastro, è complessivamente soddisfacente, con una chiarezza direttamente proporzionale al livello di fruizione degli spazi che la compongono, det- tato essenzialmente dalla loro vivacità e dalla loro offerta in termini di socialità, attività e svago. La chiarezza e la riconoscibilità della struttura è così data dal connubio tra morfologia spaziale identi- taria, pronta ad accogliere memorie e significati, e vitalità degli spazi. Se studiate a scala complessiva queste gerarchie permettono di rilevare che il cen- tro storico viene scandito in maniera poco ritma- ta ed equilibrata, provocando notevoli differenze d’importanza tra gli spazi.

Per la creazione di questa carta, data la chiarezza delle risposte, si è deciso di utilizzare una coerenza nell’assegnazione dei simboli appartenenti al me- desimo elemento formale, differenziati unicamente dal punto di vista gerarchico. Le deduzioni che se- guiranno saranno accompagnate da alcuni estratti ricavati dalle interviste.

Per quasi la totalità degli intervistati Crevalcore è un centro storico ben circoscritto, senza un evi- dente distinzione zonale e dall’impianto regolare, il cui cuore sembra essere l’antico decumano ora de- nominato Via Matteotti. Questo corso, costellato di riferimenti più o meno sentiti, è sempre stato un luogo deputato a incontro, a passeggiate e a conver- sazioni sotto i portici, attività stimolate dalla pre- senza di centri aggregativi quali negozi e bar.

F17, studentessa: «A Crevalcore c’erano tutti questi negozietti, quindi la gente si ritrovava nel centro storico».

M64, pensionato: «Il porticato […] è un centro commerciale. Infatti l’altro centro commerciale con la Coop l’hanno chiamato ‘Crevalcore 2’ per- ché è sottointeso che Via Matteotti sia quello prin- cipale».

La strada è un percorso che va verso qualcosa e questo cammino deve essere accompagnato da riferimenti intermedi, ma soprattutto punti ter- minali forti, in modo tale da rendere questo per- corso “orientato” (Lynch 1964, 34). Le due porte d’accesso, porta Modena e porta Bologna, oltre a costituire riferimenti essenziali nella percezione dei margini, chiudono visivamente e fisicamente Via Matteotti, permettendo il ricircolo del passeggio che prima del terremoto, soprattutto nelle giornate festive, difficilmente si fermava. La struttura di que- sto spazio è talmente chiara e talmente compatta che, durante le interviste, molte persone si riferiva- no ad esso chiamandolo ‘Piazza’:

M17, studente: «Qua per esempio c’è una delle due entrate della piazza che è porta Bologna, colpita maggiormente». M77, prete: «La piazza va pratica- mente da porta a porta […], da Por- ta Modena a Porta Bologna; c’erano tutti i portici, si faceva il mercato il Martedì». La maggior par- te degli archetipi che compongono il corso hanno una preminenza spaziale ed un’ubica- zione che attira l’atten- zione e ne consente la visuale. Così, per esem- pio, la chiesa è il riferi- mento per eccellenza, protagonista della piaz- za e vincitrice della sfida contro il municipio, pos- sente struttura posizionata proprio di fronte. La concentrazione di tanti riferimenti in un unico spa- zio per lo più formatosi, oltre che dallo slargo di Via Matteotti, dall’incrocio da cardo a decumano, non fa altro che dare origine a Piazza Malpighi, princi- pale ed unico grande nodo di tutto il centro storico:

F56, assistente amministrativa: «La piazza […] è quella che guardi sempre, alla quale arrivi sempre».

Il percorso più descritto subito dopo Via Matteotti era il cardo di Via Roma e Via Cavour, dotato di chiarezza strutturale ma interpretato dai cittadini come la più diretta congiunzione tra l’e- sterno e l’interno del centro storico, quindi tra i viali e il corso principale. Le persone lo imbocca- vano principalmente perché lungo di esso esiste- va un particolare negozio o un punto di interesse personale:

F60, insegnante: «Io facevo questo percorso per arrivare in Via Matteotti, questa è Via Roma […] qui ci sono i portici. Normalmente arrivavo in Via Matteotti e passeggiavo sotto i portici e facevo avanti e indietro».

I vicoli, quando percorsi, erano intrapresi senza coinvolgimento, anche questi concepiti come stra- de utili al raggiungimento di Via Matteotti.

La struttura percepita, emergente dai disegni, non è molto chiara: la definizione dei percorsi e dello spazio è confusa e non relazionata a qualcosa di concreto e strutturato, come gli isolati. Infine, gli unici margini percepiti, menzionati da più della metà degli intervistati, erano, e sono tutt’ora, i viali di circonvallazione. Caratterizzati da una continui- tà percettiva e da una forte potenza visiva, essi chiu- dono il centro storico e lo separano completamente da quelle che sono le nuove espansioni.

3.2.3 Gerarchie spaziali urbane a confronto: conoscenza scien- tifica vs. conoscenza empirica

Complessivamente la differenza principale tra le gerarchie spaziali individuate dalla visione scientifica e quelle percepite dai cittadini è il livello di comples- sità della struttura dettata da una differenza nell’in- dividuazione e nella percezione degli archetipi. Ciò che la visione scientifica non contempla, infatti, sono le attività e gli eventi che portano vitalità agli spazi. Come si è detto, i cittadini sembrano costruire gran parte dell’immagine ambientale su questa vitalità.

La carta delle gerarchie spaziali urbane costruita sulle interviste e sui disegni risulta così essere molto meno elaborata: gli spazi non eccessivamente fruiti non sono molto considerati all’interno dell’imma- gine ambientale. Dal confronto tra le singole gerar- chie si individuano alcune differenze:

• Via Matteotti: ha in entrambe una compattez- za e una riconoscibilità strutturale complessi- vamente simile se non per la discordanza di al- cune componenti. Per i cittadini ciò che rende

unitario lo spazio sono, certamente, le porte e i portici ma soprattutto la continuità di negozi e bar che corrono lungo tutto il corso. L’occhio tecnico individua come determinanti le configu- razioni spaziali e i linguaggi architettonici locali; • Piazza Malpighi: anche qui c’è in comune la com- pattezza e riconoscibilità della struttura ma la de- finizione complessiva dello spazio è dettata da ar- chetipi e modalità diverse. I cittadini percepiscono quello spazio perché appartenente alla chiesa e alla statua di Malpighi. L’altra definizione di struttura, invece, è dettata dalla giustapposizione di edificato; • Via Roma e Via Cavour: qui è presente sia una

discordanza sia nella riconoscibilità e compat- tezza della struttura che nella concezione della strada. Nella conoscenza scientifica gli è ricono- sciuta un’importanza nella scansione che in re- altà i cittadini non percepiscono. La causa prin- cipale di questa differenza è la quasi totale man- canza di riferimenti e di vivacità dello spazio; • i vicoli: discordanza nella compattezza e nella rico-

noscibilità della struttura. Nella conoscenza scien- tifica i vicoli che dettano la centuriazione hanno una chiarezza strutturale particolare e collabora- no nella definizione di una chiarezza complessiva. Per i cittadini, invece, sono attraversamenti fram- mentati per raggiungere il corso principale; • i viali: le gerarchie individuano entrambe una

compattezza, chiarezza di struttura e una forte riconoscibilità dello spazio coerenti ma con una lievissima discordanza nelle componenti. I citta- dini non contemplano i viali alberati che nella visione scientifica aiutano ad esaltare la continu- ità e la chiusura della forma.

3.2.4 L’immagine ambientale dopo il terremoto: cosa è cambiato

Dopo il terremoto tutto il centro storico è rimasto inagibile per un lungo periodo per essere poi riaper- to, anche se con forti limitazioni di agibilità, la sera della vigilia di Natale. Attualmente ci si può passeg- giare, si può attraversare, ma con tante difficoltà data la costante presenza di transenne ai lati delle strade ed incroci bloccati. Pochissimi negozi hanno avuto il permesso di riaprire. Il centro ha subìto una rottura non solo fisica, ma anche sociale ed economica.

La redazione di questa mappa mentale è risul- tata più complessa rispetto a quella pre-terremoto perché le risposte degli intervistati sono risultate di diversa natura e molto più confuse.

Si sono utilizzate, quindi, rese grafiche differenti cercando di accennare ad una gerarchia percettiva tramite colori, simboli intuitivi, linee continue e li- nee tratteggiate. Il tratteggio rimanda al concetto di proiezione come un qualcosa di labile e illusorio e caratterizza tutto ciò che, non essendo più fruibi- le, è percepito come mancanza. I simboli colorati, i perimetri e le aree piene aiutano nell’intendere cosa è percepito maggiormente. I punti interrogativi e i percorsi puntinati suggeriscono, invece, l’assen- za di chiarezza nei percorsi data dalla confusione e dall’inconsapevolezza di quali strade sono percorri- bili e quali bloccate.

Gli intervistati lamentavano soprattutto la man- canza di negozi, bar ed eventi sociali che prima co- stituivano la principale attrattiva del paese. Questa mancanza, l’inagibilità di una parte dei portici indi- cata dalla presenza di recinzioni e l’invasività delle transenne lungo corso Matteotti hanno trasformato il paese in una sorta di ‘museo all’aperto’ lungo il quale tutto si può osservare ma niente si può fruire.

F56, commerciante: «Si vive all’esterno perché le attività commerciali all’interno non ci sono. Non c’è più niente, un po’ alla volta stanno riaprendo alcune cose che stanno cercando di funzionare in un centro storico che in questo momento non va. […] Certo Via Matteotti è tutta un po’ così, a zig- zag…».

F20, studentessa: «No, solo per la vigilia son torna- ta. Molti negozi si son trasferiti … quindi non c’è neanche più motivo di andare in centro. Mi capita- va di guardare come si è modificato … mi ha fatto impressione con tutte le transenne. Prima la strada era enorme ora è molto stretta».

F13, studentessa: «Quando passeggio tra le transenne in Via Matteotti … no, non ci torno spesso perché comunque è un labirinto … fai anche fatica ad orientarti e non è molto bello tornarci».

Una piccola parte degli intervistati (il 14%) si rifiuta di rientrare in centro perché portata a ne- gare l’evidenza dell’evento e sopraffatta da paura e malinconia.

F9, studentessa: «No perché abbiamo paura, che quando inizia a tornare gente in centro e poi arriva il terremoto poi non riusciamo a trovare la strada per scappare perché è tutto chiuso».

Un’altra piccola parte (il 13%) ci torna abitual- mente per tenere sotto controllo la situazione e cu- riosare fra i lavori in corso.

M75, pensionato: «Ci son stato anche stamattina, perché la mia banca è qua. […] Mi guardo intor- no per vedere anche cosa succede in giro, i lavori e tutto quanto…».

Più della metà delle persone invece (il 73%) è rientrata in centro solo una o due volte e lamenta, oltre la difficoltà nell’attraversare Via Matteotti, la confusione nel percorrere le strade.

M10, studente: «Quasi mai… non faccio più il percorso, ora è difficile capire quale strada prendere perché molte sono chiuse».

F48, assistente amministrativa: «Vado in centro nei negozi che hanno potuto aprire. Devo però percor- rere altri tipi di percorsi e di solito cambio perché non ricordo bene quali sono aperti».

L’inagibilità, il puntellamento e le crepe delle strutture sono molto sofferte dai cittadini ma ad es- sere mal tollerata è soprattutto l’impraticabilità del- la piazza, ora completamente transennata.

F13, studentessa: «È cambiato tutto perché è tutto inagibile… ci sono pochissime vie agibili in cui si può passare. Tutte la parte della chiesa che era la cosa più bella è chiusa».

F17, studentessa: «Mi manca la piazza, con la chie- sa. Era bellissima».

F55, collaboratrice scolastica: «Il cuore della piaz- za è stato colpito molto molto molto. La puoi solo guardare».

I viali, invece, continuano a rivestire la loro fun- zione di margini.

3.2.5 Gerarchie spaziali urbane a confronto: immagine ambi- entale pre-terremoto vs. immagine ambientale post-terremoto

La parziale riapertura degli spazi del centro sto- rico ha ridato ai cittadini la possibilità di una loro fruizione, ma con enormi impedimenti. Tale dif- ficoltà, la presenza di nuovi archetipi, la mancan- za della vitalità degli spazi e l’inagibilità di molte strutture ha portato ad una modifica nella chiarezza

della leggibilità, suggerendone anche una diversa interpretazione. L’invasività dei nuovi elementi e la perdita di connessione tra gli archetipi e le loro funzioni hanno snaturato le modalità di percezio- ne disgregandone l’omogeneità. Le gerarchie che hanno subito l’alterazione sono:

• Via Matteotti: la struttura è ancora percepita chiaramente ma ha perso di compattezza per- ché tutte le componenti che prima la rendeva- no un tutt’uno ora sono percepite come man- canze. I negozi non ci sono più e i portici sono quasi tutti inagibili, come tutte quelle struttu- re che prima erano parte integrante del corso. Ci sono nuovi archetipi come le transenne che rendono difficoltoso il passaggio. Così il corso principale è diventato una sorta di attraversa- mento ad ostacoli, a partire dall’inacessibilità delle porte;