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Categorizzazione in ambito contrattuale e l’elaborazione delle c.d convenzioni pubblicistiche.

Evoluzione dell’istituto della concessione ammini strativa di beni pubblic

2. Evoluzione degli studi sul tema: tendenza contrattual-privatistica ottocentesca.

2.6. Categorizzazione in ambito contrattuale e l’elaborazione delle c.d convenzioni pubblicistiche.

In una prospettiva critica rispetto al dogma dell’imperatività, soprattutto negli anni ‘80 del secolo scorso, si affacciarono sul panorama dottrinale sul tema delle concessioni e dei contratti della pubblica Amministrazione due contributi che hanno valorizzato il momento contrattuale del fenomeno.

Anzitutto, l’assunzione fondamentale su cui poggia questo nuovo modo di opinare è dato dalla negazione della sussistenza di un provvedimento amministrativo, là dove si tratti di negozi diretti alla disciplina di concessioni di beni e di servizi. Queste fattispecie dovevano essere ricondotte nella sfera contrattuale, siccome connotate dalla sussistenza

della sola convenzione; tant’è che viene riscontrata – alla stregua di un metodo empirico, che si fonda sull’osservazione delle concessioni rilasciate nella realtà giuridico commer- ciale dell’epoca – la prevalenza della struttura contrattuale degli atti e rapporti concessori, a prescindere dalla natura (pubblica o parapubblica) del soggetto concedente.

Ciò implica un ripensamento classificatorio della concessione in termini di atto am- ministrativo. E invero, l’osservazione del dato suggeriva una distinzione fra rapporti con- cessori (1) a carattere esclusivamente provvedimentale558, (2) a natura mista559, nonché

quelle (3) con genesi integralmente contrattuale. Tale ultima categoria sarebbe maggior- mente riscontrabile in seno alla prassi degli operatori giuridici. Avendo quindi origine contrattuale, esse soggiacciono alla regolamentazione del diritto comune relativo ad ob- bligazioni e contratti, mentre le altre due varianti rientrano sotto l’ombrello della disci- plina civilistica, in funzione «integrativa» rispetto alla disciplina speciale delle concessioni560.

Questa posizione, tuttavia, non può prescindere anche dal riconoscimento dell’esi- stenza del potere di revoca in capo all’Amministrazione. Sul punto, infatti, esistono delle incertezze: non si disconosce (e non potrebbe essere altrimenti) la revoca, ma tale con- statazione non osterebbe ad una ricostruzione in termini prettamente civilistici della vi- cenda, per ciò che «i contratti di concessione amministrativa rappresentano un caso di deroga al modello contrattuale classico, rimanendo pur sempre all’interno di una nozione generale di contratto quale risulta da norme come quella contenuta nell’art. 1321 del no- stro codice civile vigente»561.

558 Si tratta di casi molto rari, quali le concessioni in materia di idrocarburi e miniere, di opere della Cassa per il Mezzogiorno, di sovvenzioni. Cfr. M. D’ALBERTI, Le concessioni amministrative, cit., p. 314 s.

559 Si tratta di casi in cui si pone un’autentica concessione-contratto. Il momento consensuale non è meramente accessorio, ma concorre alla costituzione del rapporto concessorio, essendo il con- tratto equiordinato al provvedimento.

Nella prassi dell’epoca vengo in rilievo casi in cui il contratto risulta affiancato ad una clausola recata dal provvedimento circa l’affidamento della concessione. Il fenomeno viene ripartito in tre casi: (i) il primo riguarda il caso in cui il provvedimento è anteriore al contratto (appalto); in siffatta ipotesi il contratto è l’atto costitutivo del rapporto per ciò che la funzione del provvedimento è solo quella di individuare il concessionario; (ii) il secondo caso viene in rilievo quando il provvedi- mento è successivo; qui, prevale il contratto, in quanto il provvedimento presenta clausole mera- mente ripetitive o confermative di quelle convenzionali; (iii) il terzo caso si ha quando il provvedimento reca una clausola concessoria autonoma; in tal caso provvedimento e contratto sarebbero «equiordinati ai fini della produzione degli effetti e, in particolare, ai fini della costitu- zione del rapporto concessorio»; cfr. M. D’ALBERTI, Le concessioni amministrative, cit., pp. 306-313. 560 M. D’ALBERTI, Le concessioni amministrative, cit., pp. 339 ss.

In questa ottica, «la revoca non fondata su previsioni normative o contrattuali espli- cite è un provvedimento discrezionale che incide in via immediata sul rapporto contrat- tuale, causandone l’estinzione, ed è riferibile all’amministrazione contraente, divenuta, eccezionalmente, autorità».

Sempre sul piano della valorizzazione della natura pattizia delle clausole recate della concessione, si ha avuto un ulteriore frutto grazie all’elaborazione dottrinale del concetto di «convenzione pubblicistica»562. Questa impostazione muove dalla constatazione che,

nel percorso dottrinale, tutti gli studiosi che rinnegavano una lettura contrattuale del fe- nomeno non erano arrivati a negare altresì l’esistenza della ricordata figura nell’ambito delle relazioni fra soggetti pubblici, proprio perché non risulta predicabile un contrasto tra gli interessi perseguiti. Ciò che ha contribuito ad enfatizzare la natura convenzionale del rapporto, mutuando l’esperienza germanica della Vereinbarung563.

Si tratterebbe di una figura autonoma di «atti e rapporti convenzionali, aventi carat- tere di reciprocità, che possa e debba essere ascritta al diritto pubblico»564. E difatti, se-

condo questa lettura, non sussiste un rapporto biunivoco fra potestà amministrativa e unilateralità dell’atto, ben potendo l’esercizio del potere dell’Amministrazione convergere con atti espressione dell’autonomia privata in atti bilaterali565. In tal caso, l’adesione all’as-

setto convenzionale viene ad essere manifestata per il tramite di atti discrezionali ed il consenso è unico566, coincidendo – seppur nella differente dimensione pubblica e privata

– dal punto di vista contenutistico in termini dell’assetto di interessi risultante dalla con- venzione.

Rispetto alla tradizionale contrapposizione fra autorità e consenso (quale risultante dall’elaborazione di Ranelletti, il quale rigettava la possibilità di assumere una combina- zione fra volontà di soggetti posti su piani differenziati), si capovolse la lente di analisi ponendo attenzione non già ai soggetti e alla loro natura o qualità. Ma, in modo decisa- mente più lucido, l’accento venne posto sui contenuti e sulla sostanza delle dichiarazioni dei soggetti567. Sulla base di questa nuova visuale, la domanda che ci si poteva ragionevol-

mente porre era: «che cosa impedisce che volontà diverse nelle regole di formazione e nel

562 G. FALCON, Convenzioni e accordi amministrativi – I) Profili generali, in Enc. Giur., Roma, 1998, p. 3 s.; Idem, Le convenzioni pubblicistiche. Ammissibilità e caratteri, Milano, 1984.

563 G. FALCON, Le convenzioni pubblicistiche, cit., p. 86. 564 G. FALCON, Le convenzioni pubblicistiche, cit., p. 210. 565 G. FALCON, Le convenzioni pubblicistiche, cit., p. 238. 566 G. FALCON, Le convenzioni pubblicistiche, cit., p. 301. 567 G. FALCON, Le convenzioni pubblicistiche, cit., p. 245.

regime giuridico, ma coincidenti nel contenuto, in quanto manifestanti entrambe un con- senso in relazione ad una disciplina concordata di determinati comportamenti, diano vita insieme alle conseguenze giuridiche corrispondenti? Costituisce ciò una ragione per esclu- dere che le due diverse volontà, mantenendo la propria diversità, egualmente convergano nella formazione di un rapporto pattizio?»568.

Anzi esistevano ragioni per corroborare la scelta per la convergenza contenutistica: e invero, l’accordo con il privato non può strutturalmente porsi in contratto, potendo non solo rendere possibile il perseguimento dei fini dell’Amministrazione, ma addirittura consentendo una migliore e più proficua attività mediante l’apporto e la collaborazione del privato. Lo stesso vale per quest’ultimo il quale, per realizzare i propri interessi, deve ottenere l’intervento dell’Amministrazione.

L’incertezza circa un esercizio esclusivamente unilaterale (in difetto di una partecipa- zione del privato) risultava meno idoneo (rispetto alle indefettibili esigenze di tutela in relazione ai quali è attribuito il potere) rispetto all’accordo vincolante fra Amministrazione e privato, giacché esso (accordo) avrebbe comportato «il migliore soddisfacimento degli interessi pubblici, quale è reso possibile da un contemporaneo accettabile soddisfaci- mento degli interessi privati»569.

L’atto amministrativo di adesione rimaneva assoggettato al proprio regime giuridico, ma si differenziava dal provvedimento tout court per ciò che non si atteggiava ad atto au- tonomamente produttivo di effetti giuridici (siccome ciò era diretta derivazione dal com- binato con la volizione del privato).

Ad ogni modo, lo schema della convenzione pubblicistica esponeva il privato alla possibilità di patire abusi da parte dell’Amministrazione in ragione della richiesta di pre- tese abnormi o di clausole che non trovavano riscontro in ragioni relative all’interesse pubblico. Rispetto a siffatte situazioni patologiche, veniva accordata tutela dinnanzi al giudice amministrativo, cui spettava una cognizione delle clausole abnormi o eccessiva- mente gravosi sulla scorta dei parametri di legittimità e ragionevolezza.

Le situazioni giuridiche scaturenti dalla figura dovevano riflettersi sul riparto di giu- risdizione: sia l’Amministrazione che il privato potevano vantare dei diritti nell’adempi- mento della controparte (e quindi con cognizione spettante al giudice ordinario), ma ben potevano esistere casi in cui la giurisdizione si radicava in capo al giudice amministrativo

568 G. FALCON, Le convenzioni pubblicistiche, cit., p. 243. 569 G. FALCON, Le convenzioni pubblicistiche, cit., p. 255.

(e.g. impugnazione della revoca). Sicché, la soluzione migliore – onde evitare che sulla medesima convenzione si potessero sviluppare contenziosi dinnanzi a giudici differenti – era che la materia fosse interamente devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

La convenzione risulta, quindi, «ogni testo concordato tra una pubblica amministra- zione e una controparte (sia poi questa pubblica o privata) contenente la determinazione consensuale di reciproci impegni, assunti mediante la comune sottoscrizione». Questa tesi ha contribuito alla ridefinizione del concetto di imperatività della concessione (quale dato pressoché superato alla luce del dato positivo all’epoca vigente), trattandosi di un ele- mento non necessario, ma eventuale.

2.7. Ritorno ad una soluzione pubblicistica: la natura di atto ammini-

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