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Il federalismo demaniale come forma di valorizzazione dei beni pubblici.

Verso una nozione oggettiva di beni pubblici: valoriz zazioni e privatizzazioni.

2. Del rapporto tra attribuzione di funzioni amministrative e titolarità dei beni strumentali: il trasferimento dei beni agli enti territoriali.

2.3. Il federalismo demaniale come forma di valorizzazione dei beni pubblici.

In questo processo s’inserisce anche un altro filone legislativo, che ha preso le mosse dalla legge delega 5 maggio 2009, n. 42348 la quale stabilisce tra i principi ed i criteri direttivi

quanto riguarda il riparto di competenze tra lo Stato e le Regioni a statuto speciale, tema che non interessa questo lavoro. Si segnalano, in ogni caso le pronunce nn. 236, 238, 239, 280 del 2004, le quali hanno significativamente contribuito a chiarire i contorni della materia.

346 L’art. 2 dà attuazione all’art. 117, c. 2, lettera p) Cost., prevedendo che nella determinazione delle funzioni fondamentali, il legislatore delegato dovrà̀ considerare sia le funzioni strumentali all’esercizio delle competenze degli enti territoriali, sia quelle relative alle competenze e alle funzioni svolte dagli enti stessi. La norma ha stabilito che gli interventi di individuazione delle funzioni da assegnare agli enti locali dovessero recare una «relazione tecnica con l’indicazione della quantificazione e della ripartizione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative, ai fini della valutazione della congruità̀ tra i trasferimenti e gli oneri conseguenti all’espletamento delle funzioni conferite» per cui, nel trasferire beni e risorse per l’esercizio delle funzioni fondamentali attribuite agli enti locali, il legislatore può intervenire anche sui beni, le risorse e i bilanci delle Regioni stesse. Cfr. F. PIZZETTI, Commento all’art. 2, in AA.vv., Commento alla Legge 5 giugno 2003, n. 131, cit.; ID, Le deleghe relative agli enti locali (commento all’articolo 2), in G.FALCON, Stato, Regioni ed enti locali nella legge 5 giugno 2003 n. 131, Bologna, 2003, p. 41 ss.; G. VESPERINI, La legge di attuazione del nuovo titolo V della Costituzione, in Giorn. Dir. Amm., 11, 2003. 347 M.CARLI, Esercizio delle funzioni amministrative (commento all’articolo 7, commi 1-6), in G.FALCON, Stato,

Regioni ed enti locali cit., p. 147 ss.; G. VESPERINI, La legge di attuazione del nuovo titolo V della

Costituzione, cit.

L’art. 7 detta una disciplina generale per l’attuazione dell’art. 118 Cost., concernente l’esercizio delle funzioni amministrative, limitandosi tuttavia a riprodurre il testo della norma costituzionale, cioè, si ribadisce il principio della concentrazione di tutte le funzioni amministrative in capo ai comuni e, pertanto, risulta ampiamente ridotto il autonomo valore precettivo. Comune ad entrambe le disposizioni (art. 2 e 7) è la norma che subordina l’effettività̀ del trasferimento delle funzioni alla conclusione del procedimento di allocazione delle risorse (art. 2, commi 6 e art. 7, comma 5), mentre sono parzialmente diversi i procedimenti previsti per la determinazione delle risorse da trasferire.

348 Numerosi sono stati commenti alla legge di attuazione del federalismo demaniale; tra questi si segnalano E. JORIO, La legge delega di attuazione del federalismo fiscale, in Federalismi, 2009; L. ANTO- NINI, Il primo decreto legislativo di attuazione della legge n. 42/2009: il federalismo demaniale, in Federalismi,

che l’attribuzione del patrimonio a Regioni ed enti locali debba essere commisurata alle competenze ed alle funzioni dagli stessi effettivamente esercitate – rimanendo tuttavia salva l’individuazione di beni di rilevanza nazionale che non possono essere trasferiti – oltre che alle dimensioni territoriali e alle capacità finanziarie degli enti stessi349.

Il trasferimento del potere gestorio sui beni pubblici alle autonomie territoriali ha indotto infatti parte della dottrina a sottolineare come il federalismo demaniale rappre- senti una proiezione in ambito dominicale del federalismo amministrativo350.

Costituisce un’applicazione dei principi posti dalla legge richiamata il decreto legislativo 28 maggio 2010 n. 85, la cui ratio di fondo consiste nel trasferire parte del patrimonio immobiliare statale alle Regioni e agli altri enti territoriali, con possibile alienazione ai privati dei beni trasferiti (c.d. federalismo demaniale). L’obiettivo del decreto è stato individuato nella valorizzazione dei beni pubblici, attraverso una gestione oculata, volta a realizzare più proficue forme di utilizzazione in favore dei cittadini,

2009; M. ANTONIOL, Il federalismo demaniale. Il principio patrimoniale del federalismo fiscale, Padova 2010; G.F. FERRARI (a cura di), Il federalismo demaniale. Atti del Seminario (Roma, 11 marzo 2010), Torino 2010; F.SCUTO, Il federalismo patrimoniale, in Astrid, 3, 2010; ID., Federalismo demaniale ed enti territoriali, in P. BILANCIA (a cura di), Modelli innovativi di governance territoriale. Profili teorici e applicativi, Milano 2011, p. 201 ss.; F. PIZZETTI, Editoriale. Il federalismo demaniale: un buon segnale verso un federalismo fiscale

«ben temperato», in Le Regioni, 1-2, 2010, p. 3 ss.; A.POLICE, Il federalismo demaniale: valorizzazione nei

territori o dismissioni locali?, in Giorn. Dir. Amm., 12, 2010, p. 1233 ss.

349 Della legge si è detto che essa costituisce «il punto di arrivo di un importante ciclo di riforme istituzionali in tema di decentramento politico territoriale avviato negli anni novanta, e, nello stesso tempo, il punto di partenza per la costruzione di un nuovo assetto delle relazioni, non solo finanziarie e fiscali, tra Stato, Regioni ed enti locali ancora in larga misura da tracciare» P. CARROZZA, La legge sul federalismo fiscale: delega in bianco o principi-decalogo per una laboriosa trattativa, in

Foro it., V, 2010.

350 Cfr. A. BARTOLINI, Le acque tra beni pubblici e pubblici servizi, in A. POLICE (a cura di), I beni pubblici, cit., 229 s. L’Autore, a proposito della ripartizione delle funzioni amministrative inerenti al dema- nio idrico tra i diversi enti territoriali, sostiene che «la spiegazione dovrebbe essere ricercata nel peculiare rapporto che intercorre tra il demanio idrico e gli interessi territoriali differenziati, in quanto, per le caratteristiche geomorfologiche e i bisogni delle varie collettività, l’acqua non può essere imputata ad un unitario centro di riferimento. L’acqua a seconda dei casi può essere colle- gata ad interessi comunali, locali, regionali e statali, per cui la medesima viene allocata di volta in volta sui differenti livelli di governo, mediante il ricorso al principio della sussidiarietà verticale. La scelta, pertanto, di ripartire in maniera elastica le varie potestà dominicali tra Stato ed auto- nomie territoriali corrisponde, dunque, alla necessità di dare attuazione al modello del c.d. fede- ralismo amministrativo».

Altri hanno fatto riferimento al concetto «proprietà usufruttuaria», paragonando l’ente titolare del potere gestorio all’usufruttuario, il quale ha il diritto di godere della cosa, con il vincolo di rispettare la destinazione economica ai sensi dell’art. 891 cod. civ. In tal senso S. CIVITARESE MATTEUCCI, Art. 86, in G. FALCON (a cura di), Lo stato autonomista, Bologna, 1998, p. 295. Comune alle ricostruzioni qui brevemente richiamate è la consapevolezza della disarticolazione delle pre- rogative proprietarie, la quale pone rilevanti problematiche attinenti al coordinamento dei diversi soggetti coinvolti, - e non solo di carattere definitorio – dal momento che risulta essenziale preve- nire situazioni di possibile conflitto tra i vari soggetti coinvolti. Su tale questione si rinvia a M. DUGATO, Il regime dei beni pubblici: dall’appartenenza al fine, in A. POLICE (a cura di), I beni pubblici, cit., p. 38 ss.

unitamente ad un maggiore profitto economico351.

Sotto quest’ultimo profilo, è stata dunque riaffermata la connessione tra beni pubblici e interessi delle collettività che sono in più diretto contatto con essi, in parziale controtendenza rispetto agli impulsi derivanti dall’Unione europea. E invero, nell’intenzione del legislatore interno, sono gli enti locali nel cui ambito territoriale si trovano i beni a doverne promuovere la valorizzazione, ponendo così in rilievo il rapporto diretto tra bene pubblico e collettività stanziata sul territorio nel quale esso si trova. Per tale via si conferisce un ruolo centrale all’ente locale, considerato come gestore di un bene a vantaggio della collettività che rappresenta352.

In generale, nell’idea del legislatore, la nuova impostazione dei rapporti tra Stato cen- trale e territori sembra dover assicurare autonomia di entrata e di spesa a comuni, città metropolitane, province e regioni anche attraverso l’attribuzione, a titolo non oneroso, di parte del patrimonio statale agli enti pubblici territoriali (art. 19 legge 42/2009)353.

Di fatto, quindi, la riduzione dei trasferimenti erariali agli enti territoriali viene ad essere uno degli effetti patrimoniali del federalismo demaniale. Il decreto sul federalismo demaniale, dunque, deve essere collocato nell’alveo tracciato dagli ultimi interventi legi- slativi sui beni pubblici i quali, da un lato, sono volti ad assicurarne la valorizzazione economica e produttiva e, dall’altro, a favorirne l’alienazione.

Come detto, tra le finalità generali che hanno ispirato la normativa emerge quella di assicurare la massima valorizzazione dei beni, assegnando gli stessi «a quelle realtà che

351 Cfr. A.POLICE, Valorizzazione e gestione dei beni pubblici delle Regioni e degli enti locali nel quadro del

federalismo demaniale, e M.RENNA, Federalismo demaniale e strumenti di valorizzazione dei beni pubblici, entrambi in M.DUGATO,F.MASTRAGOSTINO (a cura di), Partecipazioni, beni e servizi pubblici tra

dismissioni e gestione, Bologna, 2014, pp. 61 ss. e 81 ss.

352 A. LALLI, I beni pubblici, cit., p. 140 ss.; V.NICOTRA,F.PIZZETTI, Federalismo demaniale: il primo passo

nell’attuazione del federalismo fiscale, Astrid, la definiscono «una vera e propria rivoluzione coperni-

cana».

353 I principi e individuati dall’art. 19 sono: a) attribuzione a titolo non oneroso ad ogni livello di governo di distinte tipologie di beni, commisurate alle dimensioni territoriali, alle capacità finanziarie ed alle competenze e funzioni effettivamente svolte o esercitate dalle diverse Regioni ed enti locali, fatta salva la determinazione da parte dello Stato di apposite liste che individuino nell'ambito delle citate tipologie i singoli beni da attribuire; b) attribuzione dei beni immobili sulla base del criterio di territorialità; c) ricorso alla concertazione in sede di Conferenza unificata, ai fini dell'attribuzione dei beni a comuni, province, città metropolitane e Regioni; d) individuazione delle tipologie di beni di rilevanza nazionale che non possono essere trasferiti, ivi compresi i beni appartenenti al patrimonio culturale nazionale.

meglio sono in grado, per libera scelta, per capacità finanziaria, per adeguatezza, per li- vello di competenze»354, contribuendo per tale via al miglioramento complessivo del si-

stema355. In tal senso il federalismo demaniale è un federalismo di valorizzazione, diretto ad

attribuire i beni agli enti più prossimi ad essi o meglio in grado di valorizzarli nell’interesse delle comunità locali. D’altra parte però non v’è chi non vi veda una formula per intro- durre una «forma strisciante di privatizzazione», mediante l’attribuzione dei beni ai fondi immobiliari di proprietà privata356.

Una scelta di questo tipo comporta la collocazione dei beni pubblici in una prospet- tiva gestionale dinamica, supportata dalla convinzione per cui essi possono produrre ric- chezza soltanto se attribuiti ai territori dove si radicano357, favorendo anche lo sviluppo

del principio di sussidiarietà orizzontale. Il che può avvenire sia tramite l’affidamento al mercato di beni non necessari, sia attraverso un più razionale utilizzo di quelli necessari; in ogni caso, con conseguenti effetti migliorativi della finanza pubblica.

Preso atto dell’oggettiva inadeguatezza dello Stato, il coinvolgimento degli enti terri- toriali è stato cioè ritenuto essenziale ai fini della promozione della conoscenza del patri- monio pubblico e allo scopo di assicurarne le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica. Da questo punto di vista, il passaggio della proprietà dei beni da un ente territoriale all’altro dovrebbe consentire una migliore collocazione dei beni stessi, ciò

354 Cfr. la Relazione allo schema di decreto legislativo, 24 dicembre 2009, ove si osserva anche che «in Italia c’è un enorme patrimonio di beni immobili che può essere opportunamente amministrato a livello locale, mentre è giusto che allo Stato rimanga la titolarità e la gestione dei beni di rilevanza nazionale e simbolica». E perciò spetta allo Stato il compito di individuare i beni da attribuire «ai Comuni alla cui storia sono legati, alle Province e alle Regioni che possono meglio valorizzarli». A tal proposito si è osservato che «l’attribuzione dei beni agli enti territoriali (...) può trasformarsi in una reale e concreta opportunità a condizione che questi ultimi dispongano di un soddisfacente livello di autonomia nella loro gestione e che vengano eliminati, per quanto possibile, i vincoli di destinazione e di indisponibilità eventualmente posti su di essi», F. SCUTO, Il “federalismo patrimo-

niale” come primo “atto” del legislatore delegato nell’attuazione della legge n. 42/2009 sul federalismo fiscale, Astrid, 2010.

355 F. PIZZETTI, Federalismo demaniale: un buon segnale verso un federalismo fiscale «ben temperato», in Le Regioni, 1-2, 2010, p. 10 ritiene questo «un elemento particolarmente importante, che deve essere sottoli- neato con la necessaria enfasi. Esso testimonia una concezione della riforma federalistica che non esaurisce il suo scopo nella semplice trasformazione del sistema italiano da accentrato a federale (o comunque policentrico) ma ha l’ambizione di legare intrinsecamente questo cambiamento an- che con un miglior funzionamento dell’intero sistema Italia. Un federalismo dunque finalizzato non solo al cambiamento ma anche, e soprattutto, al miglioramento del funzionamento del sima complessivo».

356 Così S. SETTIS, Azione popolare. Cittadini per il bene comune, Torino, 2012, p. 95 s.

357 Cfr. S. FOÀ, Il patrimonio immobiliare dello Stato e degli enti territoriali come strumento correttivo della finanza

pubblica, in Giorn. Dir. Amm., 4, 2004, p. 366 ss. nonché V. CAPUTI JAMBRENGHI, Beni pubblici tra

che comporta vantaggi con riferimento alla loro gestione e fruibilità da parte della collet- tività358. Vantaggi che vengono ad essere fruiti da quei soggetti che si trovano in un par-

ticolare rapporto con i beni stessi; ciò favorisce indirettamente anche una assunzione di responsabilità delle scelte nei confronti dei cittadini/elettori359, sia in merito alla garanzia

di utilizzazione pubblica del bene, sia in merito alla sua valorizzazione e gestione. A proposito dell’attribuzione e trasferimento dei beni, il decreto ha previsto un “dop- pio binario”, nel senso che vengono individuati due procedimenti distinti – entrambi a titolo non oneroso – l’uno diretto (art.3, commi 1 e 2), l’altro a richiesta (art. 3, commi 3 e ss.). Alcuni beni, infatti, sono trasferiti ex lege, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, a prescindere dalla richiesta degli enti territoriali360. Il trasferimento

“a richiesta” implica un maggiore coinvolgimento degli enti territoriali, i quali debbono predisporre un “progetto di valorizzazione” per un determinato bene e presentare allo Stato una documentata domanda di attribuzione361.

Il decreto legislativo esclude, poi, dalla possibilità di trasferimento ope legis o su richie- sta una serie di beni, patrimoniali o demaniali, afferenti ad una categoria denominata di

358 I criteri che governano il processo di attribuzione dei beni agli enti sono stabiliti dall’art. 2, comma 5, del decreto e vengono indicati in: a) sussidiarietà, adeguatezza e territorialità; i beni debbono essere attribuiti – in considerazione del loro radicamento sul territorio - ai comuni, salvo che, per l’entità o la tipologia dei beni trasferiti, esigenze di carattere unitario richiedano l’attribuzione ai livelli di governo superiori maggiormente idonei a soddisfare le esigenze di gestione e valorizzazione dei beni; b) semplificazione; le Regioni e gli enti locali, possono inserire i beni in processi di alienazione e dismissione, secondo le modalità previste dalla legge; c) capacità finanziaria; da intendersi come idoneità finanziaria dell’ente a garantire la tutela, la gestione e la valorizzazione del bene stesso; d) correlazione tra competenze e funzioni, da intendere come connessione tra le funzioni dell’ente ter- ritoriale cui viene attribuito il bene e le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene stesso; e) valorizzazione ambientale la quale richiede che la valorizzazione venga realizzata tenendo conto delle caratteristiche fisiche, morfologiche, ambientali, paesaggistiche, culturali e sociali del bene stesso, al fine di garantire lo sviluppo del territorio e la salvaguardia dei valori ambientali. 359 V. NICOTRA, F. PIZZETTI, Federalismo demaniale: il primo passo nell’attuazione del federalismo fiscale, cit.,

sostengono che «per la prima volta dall’unificazione italiana, infatti, il patrimonio pubblico non è più concepito come patrimonio dello Stato salvo quello che è nella titolarità delle Regioni e degli enti territoriali. Esso diventa ora l’insieme dei beni pubblici posseduti dai diversi livelli di governo nei quali, ex art. 114 Cost., si articola la nostra Repubblica, comprensivi, ovviamente, di quelli ad essi assegnati sulla base di due specifici principi di fondo: quello del legame tra funzioni esercitate e patrimonio posseduto e quello relativo alla capacità dell’ente di valorizzare il proprio patrimonio a beneficio della propria comunità».

360 L’art. 3, commi 1 e 2, indica, tra l’altro, come beni da trasferire alle Regioni i beni del demanio marittimo, con esclusione di quelli direttamente utilizzati dalle amministrazioni statali, e i beni del demanio idrico, ad eccezione dei fiumi e dei laghi di ambito sovraregionale per i quali non inter- venga un’intesa tra le Regioni interessate. Alle province sono invece trasferiti i beni appartenenti al demanio idrico limitatamente ai laghi chiusi privi di emissari di superficie che insistono sul territorio di una sola provincia nonché le miniere e le relative pertinenze ubicate su terraferma. 361 I beni oggetto di questa procedura sono individuati, ai sensi dell’art.3, comma 3, entro centottanta

giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo, con un d.P.C.M., da adottarsi previa intesa in Conferenza unificata. La dottrina ha sollevato alcuni dubbi circa le modalità di individuazione e di attribuzione dei beni, in particolare per quanto riguarda la necessità di un’intesa da concludersi in sede di Conferenza Unificata. Cfr. F. SCUTO, Il “federalismo patrimoniale” come primo “atto” del

“rilevanza nazionale”, di cui già l’art. 19 della legge delega n. 42 del 2009, che però non viene meglio precisata. La categoria esclusa dai trasferimenti può però essere individuata a contrario, facendo riferimento ai beni diversi da quelli trasferiti direttamente o indiret- tamente; si tratterebbe, in altri termini, di una categoria residuale362.

Il decreto si è mostrato innovativo anche con riferimento allo status dei beni perse- guiti, includendoli patrimonio disponibile dell’ente (art. 4) condizione, questa, necessaria per l’alienazione.

La previsione in commento inserisce la normativa sul federalismo demaniale all’in- terno di quel «processo di scomposizione»363 degli schemi della demanialità, che comporta

una dissociazione tra titolarità del bene e funzione pubblica dello stesso. Ebbene, attra- verso il passaggio dei beni dal demanio al patrimonio disponibile degli enti territoriali, sembra realizzarsi una sdemanializzazione ope legis, attuta in modo implicito e senza pas- saggi burocratici, di alcune categorie di beni demaniali o patrimoniali indisponibili. In tal modo si viene a configurare un regime giuridico peculiare, in base al quale i beni vengono in rilievo per la possibilità della loro valorizzazione economica e produttiva.

In conclusione, dallo studio condotto è emerso che dal momento che su uno stesso bene insistono una varietà di interessi pubblici – di cui sono portatori molteplici enti territoriali – e in assenza di precisi vincoli costituzionali, può esservi una divaricazione tra

362 Alcune esclusioni sono individuate in modo diretto (art. 5, comma 7), come i beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repubblica; i beni in uso, a qualsiasi titolo, al Parlamento, alla Corte costituzionale ed agli altri organi di rilevanza costituzionale; i porti e gli aeroporti di rile- vanza economica nazionale e internazionale; le reti di interesse statale, inclusa quella stradale e quella energetica; le strade ferrate in uso di proprietà dello Stato; i parchi nazionali e le riserve naturali statali.

Con riferimento all’individuazione delle tipologie di beni immobili statali da trasferire agli enti territoriali e di quelli esclusi perché considerati a rilevanza nazionale si è osservato che in tal modo «si avvia una sorta di censimento ragionato del patrimonio dello Stato, dal momento che le varie amministrazioni statali sono tenute a fornire le ragioni, motivandole adeguatamente, per cui ri- tengono che un determinato bene di proprietà dello Stato non possa essere oggetto di attribuzione agli enti territoriali». L. ANTONINI, Il primo decreto legislativo di attuazione della legge n. 42/2009: il

federalismo demaniale, in Federalismi, 2009.

Dubbi sulla compatibilità costituzionale della normativa e sulla rispondenza dell’assetto da questa delineato all’interesse generale della collettività sono stati espressi da S. SETTIS, La Costituzione e i

beni pubblici, in la Repubblica, 24 agosto 2010, p. 26. Sul conflitto tra valorizzazione e dismissione si

veda anche A. LEZZI, Federalismo demaniale. Prime riflessioni sul decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, in Rivista giuridica dell’ambiente, 2, 2011, p. 229 ss., che mette in evidenza la scarsa compatibilità delle previsioni del decreto con quelle codicistiche.

In generale sulle criticità del testo, si veda A. POLICE, l federalismo demaniale: valorizzazione nei territori

o dismissioni locali?, cit., spec. p. 1234 s., il quale sottolinea la caoticità dei principi della devoluzione

e rileva come il principio della semplificazione sia in realtà un modo per procedere alla dismissione per esigenze di cassa. Sottolinea la finalità prevalentemente congiunturale del provvedimento, la quale porta ad un uso dei beni finalizzato al risanamento economico R. GALLIA, Il federalismo

demaniale, in Rivista giuridica del Mezzogiorno, 3, 2010, p. 967 ss.

363 L’espressione è di G. NAPOLITANO, La Patrimonio dello Stato S.p.A. tra passato e futuro, in AIPDA, An-

nuario 2003, cit. Sul declino della categoria del demanio, cfr. M. RENNA, Le prospettive di riforma delle

titolarità delle funzioni amministrative e titolarità dei beni ad esse strumentali. Per cui,

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