• Non ci sono risultati.

Una voce fuori dal coro: Forti e la teoria del contratto di diritto pubblico sulla scorta delle suggestioni germaniche.

Evoluzione dell’istituto della concessione ammini strativa di beni pubblic

2. Evoluzione degli studi sul tema: tendenza contrattual-privatistica ottocentesca.

2.3. Una voce fuori dal coro: Forti e la teoria del contratto di diritto pubblico sulla scorta delle suggestioni germaniche.

Nell’ultimo decennio del XIX secolo, la teoria unilateral-pubblicista risultava molto diffusa della dottrina e – come visto – era stato oggetto di una profonda riflessione dog- matica. In questo contesto, si segnala lo sforzo di Ugo Forti nella elaborazione del con- cetto di contratto pubblico536. Questa costruzione si fonda sulla distinzione fra

concessione di pubblico servizio e concessione di lavori pubblici. Ciò discende dall’os- servazione di un dato, ovvero che le concessioni di opere pubbliche non ne ricompren- devano anche la realizzazione, come accadeva sovente in relazione alle ferrovie. Il concetto di servizio è molto più ampio per ciò che investe il «complesso d’azioni costi- tuenti una forma dell’attività esplicata o regolata dallo Stato (o da altro ente pubblico) e diretta a conseguire i fini di questo, esclusivamente od insieme a fini privati»537.

534 In ogni caso, nell’impostazione di Santi Romano, le formalità previste nel procedimento di gara per pubblico incanto o per licitazione privata sono indicate come «in genere stabilite nell’interesse dell’amministrazione e il cui difetto quindi non può essere opposto dal privato» S. ROMANO,

Principi, cit., n. 628, p. 583.

535 S. ROMANO, Principi, cit., n. 415 p. 413.

536 U. FORTI, Natura giuridica delle concessioni amministrative, in Giur. it., 1900, IV, p. 369; v. anche Idem,

Studi di diritto pubblico, Roma, 1937, p. 414 ss.; ID., Lezioni di diritto amministrativo, Napoli, 1950, p. 86.

Tale idea risentì della notevole influenza della dottrina tedesca e, segnatamente, quella di Laband, il quale aveva utilizzato la figura dell’öffentlicher Vertrag rispetto all’atto di con- cessione della cittadinanza (Naturalisation), nonché all’atto costitutivo del rapporto di pub- blico impiego (Beamtenanstellung). In dette fattispecie, il contratto risultava congeniale all’assoggettamento del singolo ad un potere pubblico, introducendo un assoggettamento ad un’autorità (quasi) assoluta538. In questo solco si ritiene che l’imposizione di un facere

in capo al cittadino non possa discendere da un atto unilaterale, allorquando questi versi in uno «status libertatis». Tale condizione si pone nelle concessioni di servizi pubblici ed impone che l’Amministrazione debba ottenere il consenso del privato, traducendosi nella stipulazione oppure nell’accettazione del capitolato539.

In contrapposizione alla tesi di Ranelletti, secondo cui la domanda del privato sa- rebbe una mera dichiarazione di volontà unilaterale, la dottrina in commento sostiene l’esistenza di un nesso «più intimo» che conduce a ritenere l’inesistenza l’autonomia o l’accessorietà dell’atto del privato.

L’adesione al modello “germanico” del contratto di diritto pubblico è utile a garantire che «gli interessi dello Stato [siano] qui ugualmente al sicuro che con la teoria dell’atto di impero, perché troppo assurdo e strano sarebbe il credere che il contratto portasse ne- cessariamente dietro di sé nel campo del diritto pubblico tutte quelle norme da cui è regolato nel diritto privato. In breve, conseguenze pratiche, mutazioni dell’ordinamento positivo, non sono venute, né sarebbero potute venire da questa nuova teoria»; «in so- stanza questa forma speciale di contratto ha più che altro uno scopo sistematico, e colma una lacuna che sarebbe stato grave errore il lasciare in una ricostruzione scientifica del diritto pubblico»540.

538 P. LABAND, Das Staatsrecht des Deutschen Reiches, I, Tübingen, 1876, p. 166. In contrapposizione alla tesi contrattualistica, v. O. MAYER, Zur Lehre vom öffentlichrechtlichen Vertrag, in Arch. öff. R., 1888, p. 33 ss., secondo cui l’atto amministrativo aveva carattere autoritativo e unilaterale, per ciò che lo Stato era avulso da una logica paritaria rispetto ai privati e, pertanto, si rendeva strutturalmente incompatibile la via pattizia. Per tali ragioni, era solo possibile l’atto amministrativo su sottomis- sione. Cfr. F. FRACCHIA, Concessione amministrativa, in Enc. Dir., Annali I, Milano, 2007, ad vocem. 539 U. FORTI, Natura giuridica, cit., p. 396, ove leggesi che «le concessioni di pubblico servizio, consi-

derate genericamente come accordo di due volontà, e facendo astrazione da quanto vi ha di ele- mento pubblico in esse, presentano la fisionomia giuridica di una forma contrattuale». Pur non essendo contratti di diritto privato, ciò «non equivale ad escludere la possibilità di un fondo con- trattuale; e come questo fondo contrattuale possa svilupparsi nel diritto pubblico tenterò di dimo- strare nei numeri seguenti», ivi, p. 398.

Questa ricostruzione pone una lucida riflessione in ordine all’assenza di supremazia dello Stato in mancanza di uno stato di soggezione del privato, e cioè allorquando il pri- vato si trova in un’obiettiva condizione paritaria rispetto all’Amministrazione. Sfuma la distinzione fra pubblico e privato (nel senso che il primo attiene all’esercizio della supre- mazia e il secondo ai rapporti a contenuto patrimoniale) e ciò in ragione del tradizionale concetto di utilitas541. Ma il maggiore elemento di innovazione introdotto dalla ricostru-

zione di Forti è rinvenibile nella distinzione in due fasi del rapporto: la prima riguarda la conclusione che attiene ai profili eminentemente contrattuali della vicenda e, in secondo luogo, quella dell’esecuzione che invece presenta profili tipicamente autoritativi e con- cerne le parti e i terzi542.

Le concessioni di pubblico servizio instaurano il seguente scenario: il concessionario si obbliga all’esercizio del sevizio e l’Amministrazione rimane vincolata all’emanazione degli atti necessari per consentirne lo svolgimento. In questo quadro teorico l’atto è pur sempre d’impero, ma ha duplice valenza in termini consensualistici (e cioè ai fini della costituzione del rapporto), nonché in termini di adempimento di un’obbligazione con- trattuale dell’Amministrazione543. Tale modo di opinare finiva per assegnare al contri-

buente maggiore tutela, in quanto la revoca sarebbe risultata applicabile sol ove fosse possibile la risoluzione contrattuale. Sul versante processuale, l’eventuale violazione degli obblighi contrattuali avrebbe dovuto essere ricondotta sotto la cognizione del giudice ordinario (ivi compresi quelli concernenti l’illegittimità della revoca)544.

Outline

Documenti correlati