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L’influenza del diritto europeo nella materia dei beni pubblici, tra principio di neutralità e spinte verso la patrimonializzazione.

Verso una nozione oggettiva di beni pubblici: valoriz zazioni e privatizzazioni.

3. I beni pubblici tra diritto ed economia: le privatizzazioni come modalità di mise en valeur

3.1 L’influenza del diritto europeo nella materia dei beni pubblici, tra principio di neutralità e spinte verso la patrimonializzazione.

La pervasività dell’ordinamento europeo ha posto il problema della sua posizione rispetto ai beni pubblici, con particolare riferimento alla titolarità ed al regime di proprietà esistente negli Stati membri, anche in relazione allo sviluppo del mercato comune.

Fin dall’art. 222 del Trattato di Roma il diritto europeo contiene una norma – inserita costantemente nei Trattati che si sono via via susseguiti ed ora contenuta nell’art. 345 TFUE – secondo cui i diritti di proprietà degli Stati membri non vengono pregiudicati dal Trattato. Tale norma è stata interpretata nel senso della neutralità del diritto dell’Unione europea, il quale non imporrebbe agli Stati un modello proprietario e, in par- ticolare non favorisce la presenza di imprese nazionali né richiede di privatizzare il settore pubblico411. Questa impostazione è confermata da giurisprudenza costante la quale, tut-

tavia, ha pure chiarito che il ricordato principio di neutralità non comporta per ciò stesso la sottrazione dei regimi proprietari degli Stati membri ai principi fondamentali dei Trat- tati, ivi incluse le libertà fondamentali (libera circolazione merci, persone, servizi, capi- tali)412.

Allo stesso tempo, occorre ricordare che i Trattati pongono come scopo all’Unione europea quello dell’apertura dei mercati, dell’affermazione dei principi di concorrenza e di libera circolazione delle persone, delle merci e dei capitali413. Anche rispetto ai beni

pubblici si è quindi posta la questione di garantire usi di questi conformi agli assetti nor- mativi generali stabiliti dai Trattati, nonché rispettosi dei summenzionati interessi gene- rali414.

411 In tal senso si vedano Corte di Giustizia 15 luglio 1964, C-6/64, Costa c. Enel, e 8 novembre 2012, C-244/11, Commissione c Grecia. In dottrina cfr. F. FILPO, Commento all’art. 345 TFUE, in C.CURTI GIALDINO (a cura di), Codice operativo dell’Unione europea, Napoli, 2012, p. 2322 ss.; A. GARDELLA, Commento all’art. 345 TFUE, in A.TIZZANO (a cura di), Trattati dell’Unione Europea, Mi- lano 2014, p. 2509 ss., con particolare riguardo alla giurisprudenza ivi citata.

412 In tema cfr. Grande Sezione della Corte di Giustizia, 22 ottobre 2013 cause riunite da C-105/12 a C-107/12, Staat der Nederlanden/Essent NV, Essent Nederland BV, Eneco Holding NV, Delta NV, ove i giudici hanno ribadito che l’art. 345 TFUE è espressione del principio di neutralità dei Trattati in relazione ai regimi di proprietà negli Stati membri (punto 29). Per tale ragione quindi essi non impediscono operazioni di nazionalizzazione o di privatizzazione delle imprese (p. 30). Allo stesso tempo, tuttavia, con un passaggio fondamentale, la Corte ha chiarito che il principio di neutralità non comporta la sottrazione dei regimi di proprietà degli Stati membri alle norme fondamentali dei Trattati, fra cui la libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali, nonché il divieto di discriminazione (punto 36). In merito si veda anche la sentenza 21 dicembre 2011, C- 271/09, Commissione c. Polonia (punto 44).

413 Ci si riferisce all’art. 3 TUE, nonché agli artt. 34 (libera circolazione delle merci), 45 (libera circolazione delle persone), 49 (libertà di stabilimento), 57 (libera prestazione dei servizi) TFUE e all’articolo 101 e seguenti TFUE sulla libertà di concorrenza.

414 In ragione dell’impulso dei principi e della legislazione eurounitaria è mutata radicalmente anche la disciplina dei beni strumentali alla prestazione dei servizi pubblici, che vengono ad essere considerati come un mezzo per la realizzazione di nuovi prodotti e servizi, quando sono concessi

Cionondimeno, il diritto europeo sembra occuparsi dei beni pubblici non in quanto tali, bensì in quanto strumenti essenziali per lo svolgimento di alcuni servizi pubblici o, per dirla con la terminologia utilizzata dal legislatore europeo, di alcuni servizi di interesse generale. Difatti, l’apertura dei mercati ha posto il problema di consentire ai soggetti pri- vati interessati ad esercitare attività economiche sui beni pubblici, ciò che si è tradotto nella ulteriore necessità di garantire l’uso collettivo del bene attraverso l’apposizione su di esso un vincolo di destinazione per lo svolgimento di attività imprenditoriali, special- mente per quanto riguarda i servizi a rete415.

In questa impostazione non vi è dunque un rapporto tra i singoli ed il bene – legame che tradizionalmente è valso a fondare la pubblicità dei beni – se non in via mediata, per il tramite della società che eroga il servizio. Per cui nell’ottica dell’interesse generale ciò che conta sembra essere il legittimo utilizzo del bene da parte della società proprietaria, pubblica o privata che sia, e non certo la sua appartenenza a un soggetto pubblico416.

Ovvero, la normativa europea sembra porre su un piano di indifferenza417 l’appartenenza

pubblica o privata di beni fondamentali per la prestazione dei servizi pubblici418, purché

ai privati per lo svolgimento di attività economiche. Le norme di interesse per la trattazione che segue sono contenute nella Direttiva servizi 2006/123/CE e nella Direttiva concessioni (2004/23/UE), su cui si tornerà diffusamente nel Capitolo IV.

In particolare la legislazione europea ha prestato attenzione alle reti, ad esempio quella per la trasmissione dell’energia elettrica o del gas, la rete ferroviaria o quella autostradale, le quali si caratterizzano per il fatto di essere assolutamente indispensabili per lo svolgimento di alcuni servizi pubblici essenziali, ma di non essere economicamente duplicabili. In Italia le reti sono state originariamente realizzate dallo Stato, tramite le aziende autonome e poi dagli enti pubblici, che erano titolari esclusivi del servizio stesso, a causa dei rilevanti investimenti richiesti.

Del resto, la centralità della dimensione patrimoniale dei beni pubblici è confermata dai principi dell’Unione europea che impongono agli Stati di utilizzare lo strumento della gara per conferire a singoli l’uso temporaneo di beni pubblici utili per lo svolgimento di attività economiche, presupponendo che la concessione individuale integri un’attribuzione patrimoniale al privato che gli garantisce un vantaggio concorrenziale rispetto alle altre imprese.

415 Ha proposto un’analogia tra la concezione liberale ottocentesca dei beni demaniali come beni ad uso comune e la disciplina comunitaria delle reti B.TONOLETTI, Beni ad uso comune del mercato e

servizi rete, in AIPDA, Annuario 2003, cit., p. 333 ss., analogia ripresa anche da M.RENNA, La

regolazione amministrativa, cit., p.131ss.

416 A.LALLI, I beni pubblici, cit., p. 161 ss; Idem, Disciplina della concorrenza e diritto amministrativo, Napoli, 2008, p. 204 ss.

417 Come visto, la Corte di giustizia ha affermato, con riguardo ad una controversia avente ad oggetto la distribuzione di energia elettrica e gas, che il divieto di privatizzare della società gestore previsto dalla legislazione nazionale, secondo i principi ricavabili dal Trattato e dalla normativa derivata, è ammissibile per motivi d’interesse generale – per esempio quello di assicurare un accesso non discriminatorio ai sistemi di distribuzione dell’energia o quello di garanti investimenti sufficienti in materia di sicurezza – e purché il divieto sia proporzionato al raggiungimento degli obiettivi perseguiti. In altri termini, il divieto di privatizzare le reti di distribuzione dell’energia deve soddisfare alcune condizioni predeterminate, in quanto esso costituisce una misura restrittiva della libertà di circolazione dei capitali prevista dall’art. 63 TFUE. Cfr. Sentenza 22 ottobre 2013, cause riunite da C-105/12 a C-107/12, cit.

Sul punto vedasi anche G. GUARINO, Gestione del patrimonio pubblico ed Eurosistema, in U.MATTEI, E.REVIGLIO,S.RODOTÀ (a cura di), Invertire la rotta, p. 73 ss.;

418 Con riferimento alla nozione di impresa, nella sentenza della Corte di Giustizia del 23 aprile 1991, C-41/90, Klaus Höfner e Fritz Elser contro Macrotron GmbH, si precisa che nel contesto del

la disciplina degli stessi garantisca la possibilità svolgere la propria attività economica alle imprese interessate, ma prive dei beni in questione419.

Il sacrificio che consegue alla limitazione dello ius excludendi alios del proprietario viene inteso come funzionale a garantire il corretto svolgimento del processo concorrenziale a tutela dell’interesse generale, ma allo stesso tempo viene compensato dall’imposizione di tariffe di accesso regolate, che hanno la funzione di attribuire al titolare un margine di profitto equo, impedendogli allo stesso tempo di godere di una rendita monopolistica dalla concessione a terzi del bene420.

La proprietà pubblica, intesa come appartenenza dei beni ai pubblici poteri non viene riconosciuta dal legislatore europeo come garanzia per la fornitura dei servizi pubblici, contrariamente a quanto stabilito dalla nostra dottrina tradizionale421. Piuttosto, nell’ottica

europea, che ciò che rileva è che la disciplina obiettiva dei beni sia orientata al persegui- mento di finalità d’interesse generale, essendo essi ritenuti funzionali alla realizzazione del mercato concorrenziale.

Di conseguenza, i beni chiamati a svolgere una funzione rilevante per gli interessi pubblici di cui è titolare lo Stato devono essere (e sono) sottoposti ad un nuovo vincolo di destinazione, che tenga conto del contesto dei mercati aperti e concorrenziali nei quali i beni (rectius, le società proprietarie dei beni) devono operare.

La nozione di bene d’interesse pubblico, dunque, dovrebbe arrivare ad includere an- che quei beni (materiali o immateriali422) il cui carattere pubblico deriva dal loro essere

diritto della concorrenza, «la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e delle sue modalità di finanziamento».

419 Si fa riferimento, ad esempio, alla Direttiva 2012/34/UE, in materia di liberalizzazione del settore ferroviario, cui è seguita la Comunicazione della Commissione europea del 13 gennaio 2013 (COM,2013,25); oppure le direttive in materia di energia elettrica e gas (2009/72/CE e 2009/73/CE, a cui è seguita l’attuazione tramite il decreto legislativo 1 giugno 2011 n. 93 420 A.LALLI, I beni pubblici, cit., p. 161 ss.

421 In tal senso anche la Comunicazione della Commissione 11 settembre 1996, C281, I servizi di

interesse generale.

422 In questo senso cfr. la proposta della “Commissione Rodotà”, istituita con Decreto del Ministero della Giustizia del 21 giugno 2007 allo scopo di elaborare i principi e criteri direttivi di uno schema di disegno di legge delega al Governo per la novellazione del Capo II del Titolo I del Libro III del Codice Civile, nonché di altre parti dello stesso Libro ad esso collegate per le quali si presentino simili necessità di recupero della funzione ordinante del diritto della proprietà e dei beni. Alla Commissione era affidato il compito di ridefinire la tassonomia dei beni pubblici e, dal punto di vista dei fondamenti, merita di essere segnalato il riconoscimento dell’importanza assunta dai beni immateriali e dalle reti nell’ambito delle economie di mercato avanzate. Difatti, nella Relazione di accompagnamento al Disegno di legge delega si legge che «la riforma si propone di operare un’inversione concettuale rispetto alle tradizioni giuridiche del passato. Invece del percorso classico che va “dai regimi ai beni”, l’indirizzo della Commissione procede all’inverso, ovvero “dai beni ai regimi”. L’analisi della rilevanza economico e sociale dei beni individua i beni medesimi come oggetti, materiali o immateriali, che esprimono diversi “fasci di utilità”. Di qui la scelta della Commissione di classificare i beni in base alle utilità prodotte, tenendo in alta considerazione i principi e le norme costituzionali – sopravvenuti al Codice civile – e collegando

funzionalizzati allo sviluppo della concorrenza che, nella visione del legislatore europeo, è considerato un interesse pubblico generale.

In altri termini, i beni ad appartenenza pubblica (beni pubblici in senso stretto) ven- gono presi in considerazione dal diritto dell’Unione per il rilievo che possono assumere come strumenti necessari per lo svolgimento di attività economiche, diventando centrali le utilità che dai beni si possono ritrarre, in special modo quando questi siano concessi in uso a soggetti privati. E difatti, la giurisprudenza europea ha chiarito che i vantaggi patri- moniali423 che dai beni si possono ricavare non devono alterare la concorrenza e devono

rispettare la parità delle imprese, in particolare, tra quelle di diversa nazionalità424.

Come accennato sopra, possiamo considerare acquisita la “patrimonializzazione” della proprietà pubblica, fenomeno che trova la sua origine nei richiamati principi eurou- nitari e che è stato recepito anche dalla giurisprudenza nazionale. In conseguenza dell’emersione del valore di scambio dei beni pubblici – in senso stretto o comunque sottoposti a poteri di polizia e di regolazione – essi divengono patrimonialmente rilevanti ove siano dati in uso a soggetti diversi (pubblici o privati) dall’ente pubblico cui appar- tengono per lo svolgimento di attività economiche. Per cui, se ai beni può essere attribuito un valore di mercato quando vengono concessi per usi a carattere economico, i conse- guenti atti di gestione sono ritenuti soggetti all’applicazione delle norme generali sulle attività economiche stabilite dai Trattati425.

le utilità dei beni alla tutela dei diritti della persona e di interessi pubblici essenziali.

Dalla lettura dei lavori della Commissione emerge un duplice indirizzo. Da una parte, si accoglie una prospettiva che guarda ai beni in relazione alle loro utilità, e dall’altra si struttura la materia dei beni pubblici in modo da garantire che «il governo pro tempore non ceda alla tentazione di vendere beni del patrimonio pubblico, per ragioni diverse da quelle strutturali o strategiche, legate alla necessaria riqualificazione della dotazione patrimoniale dei beni pubblici del Paese, ma per finanziare spese correnti» (cfr. la Relazione di accompagnamento al Disegno di legge delega). E sembra seguire i ricordati indirizzi l’art 1 comma 2 dello schema di disegno di legge delega, laddove prevede che il regime stabilito per le diverse categorie può essere derogato o modificato «solo in via generale ed espressa e non tramite leggi speciali o concernenti singoli tipi di beni», nonché la disciplina sulla cessazione del vincolo di destinazione dei beni pubblici sociali (art. 1 comma 3 lett. d)) e quella sull’alienazione dei beni pubblici fruttiferi, dell’utilizzazione di beni pubblici da parte di un privato (art. 1 comma 3 lett. e)).

423 L’attribuzione di un bene a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle di mercato può quindi configurare un aiuto di Stato vietato, ai sensi dell’articolo 107 TFUE. Sul tema della creazione di valore patrimoniale dall’uso dei beni pubblici cfr. Tribunale Primo Grado 10 aprile 2008, T- 233/04, Paesi Bassi c Commissione, Corte di Giustizia 21 gennaio 1976, C-40/75, Bertrand SA, (punto 2); 2 febbraio 1988, cause riunite 67, 68 70/85 Vander Kooy, (in particolare punto 28) e 11 novembre 2004, C-73/03, Spagna c Commissione.

424 Sui principi di parità di trattamento e di non discriminazione basata sulla nazionalità cfr. ex multis, Corte di Giustizia 7 dicembre 2000, C-324/98, Telaustria Verlags GmbH e Telefonadress GmbH contro Telekom Austria AG. Sul punto si vedaA.LALLI, I beni pubblici, op. loc. ult. cit.

425 La giurisprudenza della Corte di Giustizia da molto tempo ha affermato questo orientamento, chiarendo in particolare che «l’esercizio di funzioni sovrane non esclude quindi che si possa tenere conto di elementi di ordine economico ai fini della gestione patrimoniale di una risorsa pubblica rara […] sul quale può concedersi un diritto di accesso o un diritto d’uso. Pertanto gli Stati membri svolgono a un tempo un ruolo di regolamentazione e un ruolo di gestione del patrimonio

In conclusione, il diritto dell’Unione considera la gestione dei beni pubblici come un’attività di rilevanza economica, indipendentemente dalle forme (pubblicistiche o pri- vatistiche) che essa assume negli ordinamenti nazionali sottoposta pertanto alle regole generali dei Trattati in materia. Ne deriva un chiaro riconoscimento del valore di scambio dei beni pubblici, anche ove questi siano riservati allo Stato o sui di essi i poteri pubblici esercitino poteri di polizia per disciplinarne l’uso da parte di più soggetti. Il percorso evolutivo sinteticamente delineato conduce quindi ad ammettere la possibilità di una uti- lizzazione economica dei beni pubblici e, di conseguenza, al definitivo superamento di quella che per lungo tempo è stata considerata come la qualità tipica dei beni in proprietà pubbliche, ovvero quella di essere extra-commercium, accostando sostanzialmente il regime dei beni pubblici a quello dei beni privati.

4. Il dibattito intorno alle privatizzazioni dei beni pubblici, tra insod-

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