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L’interpretazione dell’atto amministrativo.

Evoluzione dell’istituto della concessione ammini strativa di beni pubblic

6. L’interpretazione dell’atto amministrativo.

Come accennato nel precedente paragrafo, la giurisprudenza ha contribuito alla defi- nizione del concetto di concessione richiedendo anzitutto di applicare il principio substance over form. Ciò evidenzia come anche i provvedimenti amministrativi richiedano un’opera- zione tecnica analoga a quella che ha ad oggetto le disposizioni legislative o convenzionali

concedente dello jus possidendi implica che l’aspirante concessionario non ha titolo alcuno ad uti- lizzare il bene demaniale e versa in una situazione di detenzione senza titolo. Così come deve, da ultimo, rilevarsi che l’istituto del silenzio-assenso, pur avendo un ambito applicativo di notevole estensione, configurandosi come istituto di carattere generale, opera solo nell’ambito delle auto- rizzazioni, che sono quelle con le quali la pubblica Amministrazione conferisce al soggetto auto- rizzato la facoltà di esercitare un diritto o un potere che preesiste all'autorizzazione stessa, ma allo stato solo potenziale, la cui espansione resta impedita fino a quando l’autorità competente accerti che sussistano le condizioni per il suo esercizio, e non può trovare applicazione in materia di con- cessione di beni per la quale occorre sempre un provvedimento espresso»; Tar Catania, 14 dicem- bre 2017, n. 2898, secondo cui «nel caso di istanze volte ad ottenere concessioni per l’occupazione di suolo pubblico, non trova applicazione, per le insopprimibili ed ovvie esigenze di interesse pub- blico al pieno controllo dell’ente comunale circa l’utilizzo delle proprie strade, l’istituto del silenzio assenso di cui all’art. 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241»; Tar Napoli, 1 settembre 2017, n. 4220; Tar Veneto, 30 settembre 2009 n. 2470.

601 Cfr. Tar Roma, 2 novembre 2017,n. 10933.

oppure quelle dei Trattati. L’enunciato deve essere sottoposto ad interpretazione per poter coglierne la portata prescrittiva.

Anzitutto, l’attività esegetica si appunta sulla qualificazione del “tipo” cui è riferibile l’atto amministrativo e, quindi, il proprio contenuto603. L’interpretazione è un’operazione

fondamentale, proprio in ragione della necessaria tipicità dell’atto e, segnatamente, alla luce del parametro di legittimità in ordine alla compatibilità della fattispecie concreta ri- spetto al modello604.

Quanto ai canoni ermeneutici, si è discusso in passato sull’applicabilità delle meta- norme recate in tema di contratti ai sensi dell’art. 1362 cod.civ. ss. oppure se sia richiesta un’attività ulteriore.

Secondo una prima ricostruzione il provvedimento segue regole proprie che si disco- stano dalle regole interpretative del negozio giuridico, in quanto la manifestazione di vo- lontà contenuta nell’atto si atteggia in modo differente rispetto al negozio in generale605.

A tal riguardo, si distingueva fra la volontà normativa dell’Amministrazione dall’autono- mia privata: la prima ha una tendenza finalistica, essendo diretta alla tutela dell’interesse pubblico; la seconda dà attuazione alle norme nei limiti in cui gli interessi sono ritenuti

603 In tal senso, R. LASCHENA, Interpretazione dell'atto amministrativo, in Enc. giur., XVII, 1 ss., ove si afferma che «l’interpretazione dell’atto amministrativo consiste in un procedimento che, ripercor- rendone l’iter di formazione, quale è tracciato dalle norme che lo disciplinano, è diretto all’iden- tificazione del tipo di atto o provvedimento concreto e all’accertamento ed alla determinazione del suo contenuto»; S. VASTA, Alcune riflessioni sull'interpretazione nel diritto amministrativo, in Dir. amm., 2, 2009, p. 473.

604 R. LASCHENA, Interpretazione dell'atto amministrativo, cit. «la rispondenza del provvedimento concreto alla tipologia propria di esso è un’esigenza, la cui osservanza ne condiziona la giustizia e la legitti- mità».

605 M.S. GIANNINI, L’interpretazione dell'atto amministrativo e la teoria giuridica generale dell’interpretazione, Mi- lano, 1939, p. 207, secondo cui, posto che «la conformazione della volontà propria di ciascun atto mut[a] la struttura della ricerca interpretativa», «per l’atto amministrativo si presentano invece difficoltà molto più grandi, sia per la mancanza di dottrina, sia per la complessità della nozione stessa di volontà, della quale si sogliono in genere indicare i caratteri negativi, ossia che non è normativa, e non rientra d’altra parte in una sfera di disposizione che possa dirsi autonomia in senso giuridico».

meritevoli di tutela dall’ordinamento606. Sennonché, anche questa ricostruzione ricono-

sceva che le regole ermeneutiche debbano trovare un addentellato nel diritto positivo607.

Sicché, in prima battuta, sono applicabili anzitutto le disposizioni recate dal Codice civile in tema di interpretazione del contratto secondo un ordine di subordinazione: i) anzitutto, si deve aver riguardo alle regole dell’interpretazione soggettiva (artt. 1362-1365 cod. civ.) secondo cui occorre individuare la comune intenzione delle parti; ii) in seconda battuta e sol ove le regole del primo gruppo si rivelino insufficienti, si può ricorrere a criteri oggettivi, secondo cui è dato risolvere dubbi o antinomie residue (artt. 1366-1370 cod. civ.). L’art. 1371 cod. civ. – secondo cui il contenuto dev’essere ritratto nel senso meno gravoso per l’obbligato (in caso di atti a titolo gratuito) oppure in base al contem- peramento degli interessi fra le parti (in caso di atti a titolo oneroso) – può trovare appli- cazione, unicamente ove il contenuto rimanga oscuro nonostante l’applicazione dei precedenti criteri.

Alcune meta-norme non possono trovare applicazione e, difatti, l’interpretazione del provvedimento deve muovere dall’esternazione formale dell’atto, leggendo «le articola- zioni e le eventuali clausole le une per mezzo delle altre» (art. 1363 cod. civ.). Soltanto nel caso in cui persista l’incertezza, è dato ricorrere all’oggetto dell’atto (art. 1364 cod. civ.), alle regole della buona fede (art. 1366 cod. civ.), alla natura dell’atto (art. 1369 cod. civ.) e secondo il principio di conservazione dell’atto (art. 1367 cod. civ.)608.

La giurisprudenza sembra seguire le indicazioni della scienza giuridica, ammettendo che l’interpretazione degli atti amministrativi segue le medesime regole recate dall’art. 1362 e ss. cod. civ.. La preminenza spetta al criterio letterale, in quanto compatibile con

606 M.S. GIANNINI, L’interpretazione dell’atto amministrativo, cit., p. 277, ove si chiarisce che «Volendo allora racchiudere in una formula le caratteristiche della volontà dell'atto amministrativo, così come si dice che la volontà della legge è volontà normativa, quella dell’atto privato è volontà autonoma, si potrebbe dire che essa è volontà specificamente ordinata dal pubblico interesse, in- dicando con questo che essa, esplicandosi in un’attuazione di norma, nei margini lasciati liberi, deve indirizzarsi al raggiungimento di un pubblico interesse specifico indicato dalla norma stessa, cioè che di fronte al diritto assumono rilievo anche gli elementi teleologici di questa volontà, ov’essa si muova in un margine libero. Si potrebbe dire più brevemente, volontà teleologica, rile- vando i caratteri logici di essa, così come si rilevano nelle espressioni “volontà autonoma”, “vo- lontà normativa”».

607 M.S. GIANNINI, L’interpretazione dell’atto amministrativo, cit., p. 279, secondo cui «l’interpretazione deve fondarsi sullo stretto diritto positivo, e non su principi astratti», posto che «le norme sull’in- terpretazione hanno una loro funzione, non sono pleonasmi».

608 M.S. GIANNINI, Diritto Amministrativo, Vol. II, cit., p. 728; G. MIELE, Interpretazione dei contratti ed

interpretazione degli atti amministrativi, in Giur. Compl. Cass. Civ., IV, 1955, p. 207 ss.; E. CANNADA BARTOLI, Interpretazione giudiziaria degli atti amministrativi, in Foro amm., II, 1, 1956, p. 175 ss., secondo cui rimane ferma l’applicazione delle tecniche di interpretazione del codice civile, siccome l’atto rientra nel più ampio concetto di negozio giuridico.

il provvedimento amministrativo. Ma gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può «ragionevolmente intendere». Ciò discende direttamente dal principio costituzionale di buon andamento, secondo cui la p.A. deve operare in modo chiaro e lineare, fornendo ai cittadini regole di condotte certe e sicure, in particolare là dove da esse possano discendere conseguenze negative609.

Sol ove esista un dubbio, in ausilio è dato ricorrere anche ad altri “elementi esterni” al testo (ossia ai fatti oppure il comportamento tenuto dall’Amministrazione). Oltre al tenore letterale del provvedimento, il giudice è tenuto a ritrarre l’intento perseguito dall’Amministrazione (art. 1362 cod. civ.), così come il potere concretamente esercitato sulla base del contenuto complessivo dell’atto (c.d. interpretazione sistematica ex art. 1363 cod. civ.). Il canone di buona fede può essere utile all’individuazione degli effetti dell’atto (art. 1366 cod. civ.), ma solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente inten- dere610.

609 Cfr. Cons. Stato 12 settembre 2017, n. 4307; Cons. Stato, 10 giugno 2016, n. 2497; Cons. Stato, 13 gennaio 2014 n. 72.

610 Cfr. Cons. Stato, 9 ottobre 2015, n. 4684; Cons. Stato, 2 settembre 2013, n. 4364; Cons. Stato, 27 marzo 2013, n. 1769.

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