Evoluzione dell’istituto della concessione ammini strativa di beni pubblic
4. Contenuto e nozione di concessione.
Il termine concessione fa riferimento ad un fenomeno polivalente e polisenso alla luce del singolo contesto in cui ci si muove.
La tradizione riconnette alla concessione la creazione di diritti in capo al concessio- nario, in termini di accrescimento della propria sfera giuridica. Il che si traduce un trasfe- rimento di facoltà dall’ente pubblico al privato (c.d. concessione traslativa) oppure nel potere dell’Amministrazione di far sorgere ex novo particolari facoltà o diritti in altri sog- getti (c.d. concessione “costitutiva”). Detto in altri termini la distinzione riposa essenzial- mente sul rapporto fra situazioni pertinenti l’amministrazione e situazioni insorgenti in capo al destinatario dell’atto e cioè a seconda che i diritti, poteri, facoltà attribuiti al con- cessionario siano gli stessi che sono riconducibili nella sfera dell’Amministrazione oppure siano creati per la prima volta.
Attualmente, la distinzione fra concessioni traslative e costitutive trova il proprio ad- dentellato testuale nell’art. 19 della l. 241/1990, là dove nel delineare il raggio applicativo della Segnalazione certificata di inizio attività (c.d. s.c.i.a., già dichiarazione di inizio atti- vità) si fa espressamente riferimento alle «concessioni non costitutive», quale atto che può essere sostituito dalla segnalazione purché il rilascio dipenda esclusivamente dall’accerta- mento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi.
Al riguardo, la distinzione non è affatto univoca in dottrina in quanto talvolta ritiene che la concessione rechi in sé una riserva di attività o di beni in capo alle Amministrazioni. Ciò che darebbe luogo all’emersione, in ogni caso, del profilo derivativo dalla sfera giuri- dica dell’Amministrazione578.
578 F. GULLO, Provvedimento e contratto nelle concessioni amministrative, cit., pp. 162-163, 186; E. SILVESTRI,
Concessione amministrativa, cit., ove in specie si sottolinea che le concessioni «consistono nel conferi-
mento ai privati di nuove facoltà (in senso lato) da parte della pubblica amministrazione. Tali facoltà vengono costituite sulla base di una precedente situazione o di un precedente rapporto di diritto pubblico. Con la concessione si attua quindi un acquisto derivativo costitutivo: il diritto del concedente si comprime e riduce sì che il concessionario acquista un diritto che da quello deriva. Il concessionario non subentra nella titolarità del diritto o potere del concedente ma acquista solo facoltà particolari». In particolare, il problema della distinzione è stato affrontato con riferimento alle c.d. concessioni improprie (ossia quelle dirette a premiare il merito), per il cui tramite l’Am- ministrazione si determina ad una erogazione (attuale o potenziale), a favore di terzi, in quali ottengono il diritto alla prestazione (e.g. il conferimento di medaglie). Con riferimento a siffatte ipotesi, si è avuto modo di rimarcare che «pur riconoscendo la difficoltà di inquadrare gli atti sopramenzionati negli schemi tradizionali, stante l'insufficienza delle classificazioni proposte, si
A ciò aggiungasi altresì l’osservazione di chi nega addirittura la possibilità di riscon- trare la differenziazione, per ciò che «i provvedimenti concessori non hanno mai effetto traslativo ma sempre costitutivo»579. E difatti, come le autorizzazioni e, in generale, per i
provvedimenti dell’Amministrazione, qualsiasi determinazione ha carattere innovativo nell’ordinamento, dando luogo ad una modificazione nei rapporti, rispetto all’insieme delle relazioni tra i soggetti. Sicché è condivisibile l’idea di chi ritiene che l’accrescimento cui darebbe luogo l’Amministrazione è un dato che pone l’attenzione sugli effetti prodotti dall’esercizio del potere e non già sul profilo “innovativo”, trattandosi di un connotato rinvenibile in re ipsa nell’atto580.
Quanto poi alla correlazione fra la concessione e le relative posizioni giuridiche sog- gettive, è discutibile che il concessionario possa vantare, in ogni caso, un diritto sogget- tivo, proprio perché sovente egli svolge delle attività rientranti nella libertà di iniziativa economica che può essere esercitata anche a prescindere della determinazione dell’Am- ministrazione. Ciò che giustifica l’impiego di termini quali quello di esercizio di facoltà, poteri oppure di libertà in luogo di diritti e, più in generale, posizioni di vantaggio pree- sistenti all’atto581. E questa posizione risulta coerente con il tentativo di delimitare, ap-
punto, l’ambito applicativo alle sole ipotesi in cui l’Amministrazione può vantare una riserva: in particolare, è significativo che rispetto ai beni demaniali la concessione sia l’unico strumento attraverso cui il privato può porre in essere un uso eccezionale che trasmoda la normale destinazione del bene582. Qui l’accrescimento deriva dalla circostanza
deve ammettere che essi non presentano i caratteri strutturali e funzionali delle concessioni. Ba- sterà poi notare che mentre la trasmissione di diritti e facoltà nelle concessioni ha carattere tem- poraneo e precario, negli atti ora esaminati si opera una attribuzione definitiva di situazioni attive senza possibilità di revoca».
579 M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, cit., p. 1144; A. SANDULLI, Il procedimento, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Parte generale, Tomo II, Milano, 2003, p. 1246, ove si ritiene che la contrapposizione abbia «perso, nel tempo, rilevanza giuridica»; v. anche G. SCOCA, Il si-
lenzio della pubblica amministrazione alla luce del nuovo trattamento processuale, in Dir. proc. amm., 2002, p.
272, secondo cui «è importante che l’istituto del silenzio-assenso non venga previsto a proposito dei provvedimenti concessori; ove l’interesse pubblico rileva (non solo come parametro di valuta- zione dell'attività privata autorizzata, ma) come oggetto stesso della valutazione discrezionale». Nell’ottica di riconsiderare anche il senso dell’art. 19, W. GIULIETTI, Nuove norme in tema di dichia-
razione di inizio attività, ovvero la continuità di un istituto in trasformazione, in GiustAmm.,2005, secondo cui
«non sembra, in particolare, che il richiamo alle «concessioni non costitutive» debba far riferi- mento alle c.d. concessioni traslative, stante il comune carattere costitutivo rispetto alla sfera giu- ridica del privato, quanto piuttosto gli atti che, pur indicati nella normativa in termini di concessione, si risolvano in meri atti di consenso».
580 Cfr. F. FRACCHIA, Concessione amministrativa, cit. 581 E. SILVESTRI, Concessione amministrativa, cit. 582 Ex plurimis, v. Cass. civ., 19 luglio 1969, n. 2707.
che il provvedimento consente l’espletamento di un’attività preclusa, dapprima, anche al concessionario e, dipoi, a tutti gli altri soggetti.
La valorizzazione di questo aspetto può essere utile per rivisitare anche l’istituto della concessione di beni alla luce del diritto europeo e, segnatamente, alla luce del principio di concorrenza583.
Nondimeno non è dato sottacere come siano molteplici i casi in cui nell’ambito delle prestazioni di servizi, l’oggetto non attenga ad una attività propriamente riservata. Proba- bilmente si tratta di ipotesi in cui, pur essendovi una riserva intrinseca nella natura del bene o dell’attività, il criterio risulta da mere scelte legislative (e, peraltro, del tutto discu- tibili) in ordine alla qualificazione pubblicistica dell’attività.
In tal senso, l’accento va posto sulla distinzione fra concessione di beni “non acces- sibili” e lo svolgimento di servizi che, a ben vedere, rientrano nell’esercizio della libertà di iniziativa economica (e.g. gestione dei servizi di telefonia mobile). Rispetto a siffatte ipotesi, la vicenda si caratterizza non tanto per l’assenza di disponibilità in capo ai privati di un bene “riservato” oppure di un’attività preclusa, quanto piuttosto per la situazione di vantaggio che, in linea teorica, potrebbero essere gestite in difetto di atto amministrativo. Per i servizi pubblici, il provvedimento amministrativo imprime una destinazione pubblicistica a siffatte situazioni, assumendole ad oggetto; ma in sé le prestazioni svolte dal concessionario non si differenziano dalle prestazioni che potrebbe svolgere il privato fuori dalla concessione (si pensi al servizio postale o al servizio radio-televisivo)584. Ri-
spetto all’immissione del privato in beni non accessibili a tutti, il concessionario è tenuto all’assolvimento di determinati oneri o doveri che sono stati qualificati come obblighi di servizio pubblico ed attengono ad una peculiare gestione del bene dato in concessione585.
Ma sotto tale profilo è dato valorizzare un ulteriore dato che emerge dalla realtà e cioè il carattere limitato delle risorse, per cui la concessione dà luogo ad una sorta di pri- vilegio che soddisfa le aspirazioni di pochi. Al privilegio si ricollegano delle prestazioni
583 In tal senso, si rammenta l’orientamento secondo cui anche in relazione alla concessione di beni occorre un procedimento ad evidenza pubblica, cfr. Cons. Stato, 31 gennaio 2017, nn. 393 e 394; Cons. Stato, 23 novembre 2016 n. 4911; Cons. Stato, 23 luglio 2008 n. 3642; Cons. Stato, 25 gennaio 2005 n. 168
584 Su tale tesi, vedansi F. FRACCHIA, Concessione amministrativa, cit., p. 257 s.; A. ROMANO, Profili della
concessione di pubblici servizi, in Dir. amm., 1994, p. 459 ss.; R. CAVALLO PERIN, Riflessioni sull’oggetto e
sugli effetti giuridici della concessione di servizio pubblico, in Dir. amm., 1994, p. 113 ss.; ID., La struttura della
concessione nel servizio pubblico locale, Torino, 1998. In tutti questi contributi si mette in luce come la
concessione attribuisca un sigillo pubblicistico su attività rispetto alle quali può essere esercitata l’iniziativa economica.
che il destinatario dell’atto è tenuto ad osservare. Questo collegamento fra privilegio e oneri annessi è stato valorizzato da una preziosa dottrina nel senso di riconoscere rispetto alle concessioni traslative l’elemento della sostituzione586: con la concessione si apre al pri-
vato la possibilità di utilizzare un determinato bene e quest’ultimo deve assolvere ai com- piti di gestione assegnatigli in luogo del soggetto pubblico. L’atto incrementa la dotazione giuridica sotto il profilo dei diritti che può vantare oppure in ragione della legittimazione a svolgere determinate prestazioni e, quindi, a “sfruttare” economicamente e gestire fun- zionalmente beni o servizi.
E proprio il nesso fra posizione di vantaggio del singolo (ossia il concessionario che può sfruttare una risorsa limitata) e gli oneri cui è tenuto a pena di revoca o decadenza (nella logica della sostituzione) danno luogo ad una differenziazione dei soggetti (pub- blico e privato) che trova una coerenza rispetto al valore di giustizia ed assume un fon- damento solo se «funzionano come parte di uno schema che migliora le aspettative dei membri meno avvantaggiati»587. Ciò risulta abbastanza evidente nelle concessioni traslative.
Quanto alle concessioni costitutive, viceversa, secondo un certa dottrina, difetta il carattere della sostituzione e, quindi, la temporaneità derivante i) dalla necessaria valuta- zione dell’adeguatezza rispetto al fine (cioè l’interesse pubblico) che giustifica l’attività economica assentita e permessa al privato, nonché ii) dall’opportunità di non dar luogo ad una rigidità economica che può condurre a fenomeni di “manomorta pubblica”588.
Ma complessivamente è dato giungere ad un primo punto fermo e cioè che tutte le concessioni si caratterizzano per essere innovative ed accrescitive della sfera giuridica del
586 La tesi della «sostituzione», secondo cui «un soggetto terzo è legittimato a far valere un diritto, un obbligo o un’attribuzione che rientrano nella sfera del sostituito operando sotto la sua personale responsabilità», è frutto della riflessione di G. MIELE, Principî di diritto amministrativo, Padova, 1953, p. 73 ss.; Id., Ente pubblico e concessione di pubblici servizi, in Scritti giuridici, I, Milano, 1987, p. 359 ss.. 587 J. RAWLS, Una teoria della giustizia, Milano, 2004, p. 77, secondo cui le differenze si devono ricolle-
gare al principio della competizione per l’accesso alla posizione di concessionario.
588 Cfr. F. FRACCHIA, Concessione amministrativa, cit. pp. 258; A. LOLLI, Proprietà e potere nella gestione dei
beni pubblici e dei beni di interesse pubblico, cit., p. 51, secondo cui «la cristallizzazione della proprietà
pubblica non rappresenta il solo mezzo disponibile per garantire la funzionalità dei beni contem- plati dall’art. 822 e segg. c.c. rispetto al perseguimento degli interessi pubblici, non meramente patrimoniali, cui essi sono indubbiamente contigui. In particolare - ed in ciò sta la risposta al quesito poc’anzi formulato - risulta possibile sostenere che tutti gli interessi che possono essere perseguiti attraverso la «cristallizzazione» della proprietà pubblica, sono parimenti perseguibili attraverso il riconoscimento di poteri adeguati - di tipo conformativo ovvero espropriativo - all'am- ministrazione. Quest’ultima soluzione non impone di sottrarre il bene al mercato ed ai suoi fon- damentali principi, comportando la perdita del relativo valore di scambio e la costituzione di una «manomorta pubblica»: tale soluzione sembra invece consentire una maggiore valorizzazione eco- nomica del bene medesimo, senza trascurare un’accentuata funzionalizzazione di quest’ultimo rispetto ad interessi pubblici non meramente patrimoniali».
privato, costituendo un rapporto complesso fra il privato e il pubblico retto dall’interesse pubblico: il privato è gravato da obblighi imposti dall’Amministrazione, ma al contempo egli svolge compiti di competenza pubblicistica e connessi ad un beneficio (un’utilitas) riservato allo Stato in ragione del proprio connotato naturale, oppure sulla scorta di un programma assentito o imposto dal soggetto pubblico589.
5. Disciplina comune attualmente applicabile alle concessioni: ra-