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Introduzione: la concessione di beni tra diritto pubblico e privato.

Evoluzione dell’istituto della concessione ammini strativa di beni pubblic

1. Introduzione: la concessione di beni tra diritto pubblico e privato.

Lo studio relativo ai beni pubblici passa necessariamente per l’analisi degli instrumenta che l’ordinamento predispone per consentire al privato di ritrarvi delle utilitas nell’ottica del contemperamento con l’indefettibile rilievo dell’interesse pubblico.

Anche in questo campo di indagine non si può dimenticare come il diritto assurga sempre di più ad una funzione di mediazione fra interessi e, in particolare, al necessario bilanciamento fra ciò che è autorità e ciò che è espressione del consenso.

Il declino dell’autorità è ormai un dato assodato nella nostra esperienza giuridica (e non solo)486. Da molto tempo l’imperativo cede il passo in favore di un atteggiamento

paritario fra Stato e cittadino, palesandosi questo atteggiamento nella proliferazione di moduli o modelli consensuali ove si realizza una combinazione fra la riaffermazione della sfera della libertà del singolo e la necessità di dover tutelare l’interesse pubblico.

I due concetti – in passato – erano visti in senso profondamente antitetico: l’atto iure imperii e il contratto sembravano inconciliabili, in quanto là dove esisteva il provvedi- mento non poteva esistere il consenso del privato487.

Di tale contrasto porta testimonianza Norberto Bobbio il quale descrive il rapporto tra pubblico e privato come una «coppia dicotomica», una distinzione idonea a «dividere un universo in due sfere, congiuntamente esaustive, nel senso che tutti gli enti di quell’uni- verso vi rientrano nessuno escluso, e reciprocamente esclusive, nel senso che un ente compreso nella prima non può essere contemporaneamente compreso nella seconda». La contrapposizione tra pubblico e privato viene intesa come atta a «stabilire una divisione che è insieme totale, in quanto tutti gli enti cui attualmente e potenzialmente la disciplina si riferisce debbono potervi rientrare, e principale, in quanto tende a far convergere verso sé altre dicotomie che diventano rispetto ad esse secondarie»488.

486 Cfr. S. CASSESE, Quattro paradossi sui rapporti tra poteri pubblici e autonomie private, in Riv. Trim. Dir.

Pubb., 2002, p. 389 ss. che evidenzia i quattro paradossi in cui può riassumersi il rapporto tra

diritto amministrativo e diritto privato in «arretramento dei poteri nazionali, avanzata dell’UE; deperimento del modulo convenzionale in alcune aree, suo sviluppo in altre; liberalizzazione eco- nomica, regolazione amministrativa; diffusione delle privatizzazioni, espansione delle autorità di regolazione».

487 B. SORDI, Pubblica amministrazione, negozio, contratto: universi e categorie ottocentesche a confronto, in Dir.

Amm., 3, 1995, p. 483 ss., là dove l’Autore rimarca che «la relazione Stato-cittadino doveva

completamente trascendere il mondo del contratto e della paritarietà; doveva caratterizzarsi per la presenza di elementi del tutto antinomici rispetto a quelli del diritto comune civilistico: il primato dell’interesse collettivo; la posizione di supremazia assegnata agli organi amministrativi; la strutturale disparità del rapporto». Ciò che traspare in modo abbastanza evidente nelle parole di O. RANELLETTI, Teoria Generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative. Parte I: concetto e natura

delle autorizzazioni e concessioni amministrative, in Giur. It., 1894, IV, là dove si sottolineava che

l’Amministrazione raggiunge i propri scopi nei rapporti esterni mediante l’«esercizio di diritto pubblico di signoria sulle persone sottoposte, i loro atti e i loro rapporti sono regolati dalle norme di diritto amministrativo».

488 N.BOBBIO, Pubblico/privato, in Enciclopedia, Torino, 1981, ad vocem, ora in ID., Stato, governo, società.

D’altra parte, è di sempre maggiore evidenza che la bipartizione del diritto e ancor prima della società nelle due sfere (pubblica e privata) non è una divisione statica e non segue un principio inflessibile489. La dinamicità della partizione anzi è sempre di più fre-

quente confermata da ipotesi di pubblicizzazione del diritto privato, in alcuni casi, e in altri, di intromissioni di strumenti privatistici nel diritto pubblico che rendono piuttosto incerta la linea di confine tra le due aree del diritto.

A cavallo fra il XIX e il XX secolo, gli sforzi dottrinali e giurisprudenziali erano tesi a ricondurre nel diritto pubblico tutta una serie di situazioni, fattispecie e atti che erano fino allora rette dal diritto comune. Ciò assunse i connotati propri di una vera e propria «ondata panpubblicistica»490. Le attuali tendenze si muovono viceversa in senso diame-

tralmente opposto a quanto veniva vagheggiato in passato. Ciò risulta evidente in molte- plici dati, quali le innovazioni normative, gli attuali orientamenti giurisprudenziali, nonché la sempre più penetrante incidenza del diritto europeo nel nostro sistema.

Non è dato sottacere che il primo elemento di sviluppo del nesso che astringe autorità e consenso ci viene offerto dall’esperienza giuridica propria degli atti di concessione. Dalla rilevanza degli aspetti sostanziali del fenomeno (e cioè nella dimensione econo- mico-sociale) emergono le “ragioni di scambio” che si celano dietro la concessione di beni di proprietà pubblica e quelle involgenti le attività riservate allo Stato. Il tema è stato un vero e proprio banco di prova rispetto al tentativo di elaborazione di principi di si- stema, quali in specie alla possibilità di estrarre il concetto di atto amministrativo e delle situazioni soggettive che ne fanno da contraltare491.

Ma non solo, ricorrono altre aree in cui si è avvertita la mutata tensione fra i due concetti. E difatti, la materia del pubblico impiego è stata attraversata – per lungo tempo – sia da concezioni pubblicistiche sia da posizioni civilistiche, ponendo il quesito se l’atto costitutivo del rapporto dovesse essere inteso in termini autoritativi (cioè quale atto uni- laterale) oppure secondo lo schema contrattuale492.

489 In proposito si è osservato che «La distinction du public et du privé n’est finalement qu’un concept qui est mis au service de la société et non l’inverse. C’est la conception de la bipolarité qui doit s’adapter aux relations sociales et politiques et non pas notre société qui doit se plier aux exigences d’un principe inflexible» C.CHAMARD, La distinction des biens publics et des biens privés, Contribution à

la définition de la notion de biens publics, Paris, 2004, p. 25.

490 F. LEDDA, Il problema del contratto nel diritto amministrativo, Torino, 1965.

491 F. LEDDA, Dell'autorità e del consenso nel diritto dell’amministrazione pubblica, in Foro Amm., 4, 1997, p. 1273. A tal proposito, si rammenta che il confronto fra autorizzazione e concessione ha dato luogo ad un momento di riflessione nella fase dei primi studi e cioè nei contributi di O. RANELLETTI,

Teoria Generale, in ult. op. cit..

Il problema ha tenuto banco fino a due interventi quali quelli ad opera della l. 23 ottobre 1992, n. 421 e del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, in forza dei quali la disciplina generale che la regolamentazione dei singoli rapporti è retta dal contratto.

Con l’introduzione della legge sul procedimento, la dialettica fra autorità e consenso si è poi spostata sugli accordi tra pubblica amministrazione e privati (art. 11 della legge 241/1990). Qui non può mancare il perseguimento dell’interesse pubblico, ma il con- senso vincola l’autorità, giacché l’accordo con il privato determina il contenuto discrezio- nale del provvedimento finale o, addirittura, sostituisce l’atto stesso. Tale intervento ha introdotto la possibilità di superare l’alternatività autorità o consenso, ammettendo un modulo che – unendo le due componenti – definisca il contenuto del rapporto. Però, la componente consensualistica non prevarica su quella tradizionale (l’autorità) e così, men- tre «l’assetto definitivo di interessi è stabilito solo dal provvedimento finale (di indiscuti- bile natura autoritativa, […]); l’accordo opera nel senso di vincolare il contenuto del provvedimento finale, poiché con esso l’amministrazione consuma, se così può dirsi, la discrezionalità attinente al c.d. contenuto»493.

Il potere rimane in capo all’Amministrazione ma viene forgiato attraverso un con- fronto con il privato sui contenuti, per modo che si pervenga ad un accordo, in prima battuta, e quindi all’atto consensuale494. In tal modo, l’esercizio del potere passa per il

consenso.

Più problematica è la figura dell’accordo sostitutivo in cui manca il provvedimento conclusivo del procedimento495: essendo di generale applicazione, lo strumento è atipico

nell’an (pur non potendo avere ad oggetto un potere vincolato), ma assorbe la tipicità del

SCHMITTHENNER, Grundlinien des allegemeinen oder idealen Staatsrecht, Giessen, 1845, p. 509; C.F. GERBER, Gründzüge des deutschen Staatsrecht, Leipzig, 1880, p. 155 ss. Nella dottrina italiana, si ricordano V.E. ORLANDO, Principi di diritto amministrativo, Firenze, 1908, p. 18 ss. secondo cui il rapporto «per quanto generale nelle forme e fini di diritto privato, ha per causa il pubblico diritto, e necessità d’ordine pubblico sottopongono ad un regime speciale le relazioni reciproche fra le parti». Su una posizione che vede il carattere unilaterale dell’atto costitutivo, cfr. S. ROMANO,

Corso di diritto amministrativo, I, Padova, 1930, p. 184; G. ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, cit., p. 230 ss..

493 F. LEDDA, Dell’autorità e del consenso, in ult. op. cit.

494 M. NIGRO, Convenzioni urbanistiche e rapporti tra privati. Problemi generali, in M. COSTANTINO (a cura di), Convenzioni urbanistiche e tutela nei rapporti tra privati, Milano, 1978, pp. 33 ss. e 45 ss..

495 Sono riconducibili al genus degli accordi sostitutivi le convenzioni urbanistiche (cfr. Cons. Stato, 8 luglio 2013, n. 3597; Tar Puglia, 8 giugno 2018, n. 857), gli strumenti di pianificazione attuativi del P.R.G. (Tar Emilia-Romagna Parma, 20 febbraio 2017, n. 64; Tar Marche, 25 luglio 2012, n. 501), nonché le convenzioni di lottizzazione (Cons. Stato, 1 aprile 2011, n. 2040, Cons. Stato, 27 giugno 2008, n. 3255; Cons. Stato, 31 gennaio 2005, n. 222; Cons. Stato, 15 settembre 2003, n. 5152; Tar Sicilia Catania 21luglio 2016, n. 1954).

provvedimento corrispondente496. Anche in tale fattispecie, l’autorità si appalesa nella sua

dimensione precettiva, in quanto il potere dell’Amministrazione si deve muovere con un vincolo di scopo (l’interesse pubblico) e secondo uno statuto giuridico (regole sostanziali e formali). L’Amministrazione può decidere se procedere per accordi oppure per prov- vedimenti, ma questa discrezionalità sul quomodo deve pur sempre seguire la necessaria considerazione dell’interesse pubblico secondo soluzioni che «pregiudichino nella misura minore possibile (ovvero soddisfino nella misura maggiore possibile) gli interessi privati che si intrecciano con l’interesse pubblico»497.

Questa valutazione “proporzionale”, che è presupposta nell’agire amministrativo, conduce ad una osservazione ineludibile rispetto all’affermazione dell’idea di un diritto amministrativo paritario. Val quanto dire che l’avere l’Amministrazione quale controparte contrattuale reca in sé un intrinseco squilibrio contrattuale (molto ben conosciuto agli studiosi di diritto civile) che nella sostanza limita la possibilità di addivenire a un effettivo equilibrio nella stipulazione degli accordi. In altri termini, il potere negoziale dell’Ammi- nistrazione è sicuramente sproporzionato rispetto a quella del privato, proprio perché il contribuente forte può procedere, in ogni caso, per altra via e cioè scegliendo il percorso autoritativo in luogo del modello consensuale.

Nell’attuale tensione fra strumenti autoritativi e consensuali, si pone il problema con- cernente l’uso dei beni pubblici e, segnatamente, la valorizzazione mediante assegnazione al privato in ragione del preminente interesse pubblico. Come già accennato, il modulo di cui si è fatto ampio impiegato in relazione a tale assetto di interesse è stato quello della concessione che – sin dall’unità d’Italia – ha visto contrapporre l’adesione a uno schema contrattuale di tipo privatistico e l’impostazione unilaterale e pubblicistica. Il che ha visto ancora una volta fronteggiarsi l’autorità e l’autonomia negoziale: la prima è etero-regola- mentazione e il potere autoritativo disciplina interessi altrui; l’autonomia è uno schema duttile e neutrale che favorisce il perseguimento di finalità predeterminate e consente di

496 E. STICCHI DAMIANI, Gli accordi amministrativi dopo la legge 15/2005, in M. A. SANDULLI (a cura di),

Riforma della legge 241/1990 e processo amministrativo, , in Foro amm. – Tar, 6, 2005, p. 33.

497 F.G. SCOCA, Autorità e consenso, in Dir. amm., 3, 2002, p. 431 ss.. Più di recente, vedasi sul tema, A. MOLITERNI, Amministrazione consensuale e diritto privato, Napoli, 2016; per una prospettiva comparatistica, v. M. D’ALBERTI, Processi decisionali delle amministrazioni pubbliche. Un’analisi comparata, in Dir. Pubb., 1, 2018, là dove si evidenzia la tendenza anche in altri ordinamenti di accostare misure consensuali (basate su contratti, convenzioni, accordi, patti di diversa natura) a decisioni unilaterali. In particolare, «le misure consensuali sono divenute strumenti di administrative policy, in tutti i sistemi giuridici. Si parla di regulation by contract, o di government by bargaining, o di contracting

State». Cfr. I. HARDEN, The Contracting State, Buckingham, 1992; A.C.L. DAVIES, Accountability: A

fornire una disciplina completa. È in questo solco che la figura della concessione appalesa la ricerca di un equilibrio tra fini pubblici e l’interesse del privato a conseguire vantaggi economici e giuridiche garanzie498. Tale indagine si è mossa, dapprima, su un piano con-

trattual-privatistico (probabilmente sulla spinta di ragioni economiche) e, dipoi, ha rag- giunto una costruzione unilaterale-amministrativistica, per tornare in tempi più recenti verso una critica svalutativa delle impostazioni pubblicistiche alla luce della rinnovata va- lorizzazione del ruolo del privato oppure con la proposizione di soluzioni ibride (quale quella del contratto di diritto pubblico).

La formula “consensualistica” dell’agire amministrativo poggia su un’idea paritaria che può essere oggetto di apprezzamento sotto il profilo della semplificazione e della proporzionalità. A tal proposito ed anzitutto, vengono in considerazioni ragioni extragiu- ridiche (o di opportunità, che dir si voglia): l’Amministrazione può avere interesse a rice- vere il preventivo consenso del privato per conseguire i propri obiettivi, in quanto ciò conduce ad una condotta collaborativa del privato stesso che è tendenzialmente riluttante a sottostare supinamente all’esercizio della potestà amministrativa.

Tale riluttanza si manifesta in molteplici modalità che si estrinsecano in via di fatto, nell’ambito del procedimento amministrativo e mediante l’instaurazione e coltivazioni di contenziosi. Quindi, il risparmio per l’Amministrazione risulta evidente in termini di sem- plificazione e sotto il profilo della maggiore idoneità dei mezzi rispetto al fine che si vuole (o si deve) perseguire. Sempre sul piano di opportunità, anche il privato può riporre fa- vore nel modulo consensuale, consentendogli di incontrare la volontà della p.A. (magari inizialmente mal posta) all’esito di trattative e di reciproche concessioni499.

Da questo ultimo aspetto si ritrae anche il profilo giuridico della vicenda e, difatti, la formula “paritaria” consente all’Amministrazione di inserire nell’accordo anche ulteriori prestazioni a carico del privato (quale ad es. il prestito di un’opera d’arte per una mostra che si accompagna all’obbligo di restaurazione di un altro quadro). Il che non sarebbe possibile nell’ambito dell’atto amministrativo, in quanto ciò potrebbe impingerne la tipi- cità e, quindi, disvelarne l’illegittimità del provvedimento medesimo500.

498 P. RESCIGNO, Presentazione, in M. D’ALBERTI, Le concessioni amministrative, Napoli, 1981, XVIII. In tal senso si veda anche G.DI GASPARE, Tra Stato e mercato: l’insostenibile leggerezza della concessione

amministrativa, in Politica del Diritto, 1998, p. 503 ss.

499 G. CORSO, Manuale di diritto amministrativo, Torino, 2008, p. 284. 500 G. CORSO, Manuale, ult. op. cit. p. 285.

Nelle attuali tendenze non è dato sottacere nemmeno, però, la penetrante incidenza del diritto europeo sull’utilizzo dei metodi consensuali su beni di proprietà pubblica. Se la procedura ad evidenza pubblica è un elemento fermo rispetto all’assegnazione di lavori pubblici oppure di servizi, l’obbligo di selezione tramite gara non è affatto estraneo alla materia delle concessioni di beni pubblici. E quindi, ciò impone l’applicazione di stru- menti connotati da trasparenza e tali da evitare qualsiasi discriminazione irragionevole501.

Ma sul profilo del diritto europeo si possono aprire anche ulteriori scenari in cui la con- cessione di beni può finire per trovare una non ben precisata latitudine rispetto alla figura dell’autorizzazione allo svolgimento di servizi, in quanto il bene pubblico viene conside- rato non nella sua materiale essenza, quanto piuttosto nel potenziale impiego nell’eserci- zio di servizi502.

Sotto questo profilo il tema è stato oggetto di dibattito negli ultimi anni proprio in considerazione del confronto fra beni pubblici e concorrenza503. Ma prima ancora di scen-

dere nel dettaglio di considerazioni involgenti temi più attuali si rende necessario proce- dere gradatamente, muovendo dall’analisi della concessione secondo la nostra tradizione giuridica. Verranno ripercorsi i principali connotati della figura (i.e. procedimento di for- mazione, oggetto, fattispecie limitrofe, rilevanza dell’interesse pubblico, giurisdizione) se- condo l’evoluzione storica della dottrina e della giurisprudenza, mettendo in rilievo quell’intrinseco nesso che intercorre nella figura e cioè quello fra autorità e consenso. A

501 V. in giurisprudenza, Cons. Stato, 31 gennaio 2017, n. 394.

502 Si pensi alla CGUE, 14 luglio 2016, C-458/14 e C-67/15, là dove la Corte ha ritenuto ostativa rispetto al diritto europeo una disciplina quale quella riversata nell'art. 1, co. 18, d.l. n. 194/2009, per ciò che prevedeva la proroga automatica della data di scadenza delle concessioni di beni demaniali con finalità turistico-ricreative. La Corte – applicando il principio substance over form – è andata oltre il nomen juris adoperato dalle autorità italiane (giustappunto, concessione), ritenendo che alla stregua della direttiva 2006/123/CE fossero suscettibili di qualificazione come autorizzazioni che i prestatori devono conseguire al fine di poter esercitare la propria attività economica. Questa tendenza a confondere oggetto e attività esercitabile mediante l’impiego di quel bene pare ricorrente anche nella giurisprudenza domestica. Vedasi da ultimo, Cons. Stato, 31 gennaio 2017, n. 394 secondo cui «i principi in materia di libera circolazione dei servizi, di par

condicio, di imparzialità e di trasparenza si applicano anche a materie diverse dagli appalti, essendo

sufficiente che si tratti di attività suscettibili di apprezzamento in termini economici. Pertanto, i detti principi sono applicabili anche alle concessioni di beni pubblici, atteso che la sottoposizione ai principi di evidenza trova il suo fondamento sufficiente nella circostanza che, con la concessione di area demaniale marittima, si fornisce un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato». In termini, cfr. Cons. Stato, 31 gennaio 2017 n. 395; Cons. Stato, 31 gennaio 2017 n. 393; Cons. Stato, 23 novembre 2016 n. 4911; Cons. Stato, 23 luglio 2008 n. 3642; Cons. Stato, 25 gennaio 2005 n. 168.

503 Cfr. in dottrina, C. BENETAZZO, Concessioni di beni pubblici e tutela della concorrenza, in Foro amm.-C.d.S., 7-8, 2010, p. 1526 ss.; G. BALOCCO, Concessione di beni pubblici tra affidamento diretto e obbligo di gara, in Urbanistica e Appalti., 7, 2006, p. 851 ss.; E. SANTORO, Concessione di beni pubblici e procedure di

tal proposito, la rilevanza della contrattazione del privato sarà oggetto di disamina es- sendo un momento peculiare rispetto all’esercizio della potestà amministrativa. Nel pro- sieguo, tuttavia, il campo di indagine viene coerentemente ricondotto entro i confini delle concessioni di beni, ancorché – come già accennato – le istanze del diritto europeo e la più recente giurisprudenza domestica pongano dei problemi nella delimitazione del con- cetto rispetto alla concessione di servizi.

2. Evoluzione degli studi sul tema: tendenza contrattual-privatistica

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