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Cittadinanza e universalità del diritto

La cittadinanza dei modern

V. Ordine politico e ordine economico

5. Cittadinanza e universalità del diritto

La rivoluzione francese, e la concezione filosofica che sta alla base del suo sviluppo, è per così dire caratterizzata da un’intrinseca aspirazione verso il progresso. Gli ideali illuministi ripongono assoluta fiducia nel rischiaramento della ragione; essa diviene l’unica guida possibile nel guidare il cammino dell’uomo verso la realizzazione del ‹‹fine supremo della natura››. Soltanto qualche anno dopo l’avvento della rivoluzione, nel 1784, Immanuel Kant sviluppa una ‘filosofia della storia’ la quale mette in evidenza – ancor prima della Pace perpetua (1795) – alcuni punti essenziali affinché si verifichi ‹‹una perfetta unione civile nella specie umana››335.

Nella messa a punto delle ‘otto tesi’ che compongono l’ipotesi kantiana di un Idea di

una storia universale dal punto di vista cosmopolitico sono contenuti alcuni elementi

332 Cfr. M. Foucault, Op. cit. , p. 191. 333

Ivi, p. 192. 334

Cfr. P. Costa. Op. Cit. , p. 34.

335 Cfr. I. Kant (1784), Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico, in Id. , Scritti

79 essenziali per la creazione di un progetto giuridico, in grado di configurare il nuovo assetto post-rivoluzionario; d’altra parte, come Kant sottolinea più volte, la cesura rivoluzionaria diviene essenziale nel dare slancio all’umanità al fine di realizzare l’idea di progresso insita nella natura umana stessa336. Kant si riferisce in maniera esplicita a un

ordinamento cosmopolitico, riassunto attorno al termine tedesco Weltbürgertum,

all’interno del quale prende forma un ius cosmopoliticum che si va ad “aggiungere” ai due generi di diritto pubblico tradizionali337. Questo passaggio è contenuto nella Pace

perpetua, opera che poggia la propria intera struttura concettuale sulla dissertazione

dell’Idea di una storia universale, rendendo il ‘diritto cosmopolitico’ un elemento necessario della pace perpetua338.

Lo ius cosmopoliticum, secondo la lettura di Bobbio, si presenta come una categoria del diritto che si propone di considerare anche ‹‹i rapporti fra ogni singolo Stato e i cittadini degli altri Stati, o inversamente, fra il cittadino d’uno Stato diverso dal suo con gli altri Stati››339

. La cittadinanza stessa quì si sposta su un piano differente e non rimane più relegata soltanto all’ambito dei rapporti fra Stato e cittadino.

Il problema intrinseco di una cittadinanza che poggi su canoni universali si riflette sul ‘limite’ del diritto cosmopolitico. Lo stesso Kant lo mette in evidenza, nel momento in i contenuti del terzo articolo definitivo per la pace perpetua vengono ridotti a mere condizioni di ospitalità universale: un diritto di visita che spetta a tutti gli uomini, in virtù del generale e comune possesso della superficie terrestre. Scrive Kant che ospitalità significa ‹‹il diritto che uno straniero ha di non essere trattato come un nemico a causa del suo arrivo sulla terra di un altro››340

. Da questo punto di vista, la riflessione kantiana sulla cittadinanza universale appare quanto meno ridimensionata o comunque problematica, perché non risolve la questione di come istituzionalizzare il diritto cosmopolitico.

L’idea kantiana di una federazione di Stati, individua nel nucleo costitutivo del repubblicanesimo un carattere che di fatto rinvia a una nozione centrata sulla civiltà occidentale341. In altre parole, percorrendo una via molto simile a quella di Montesquieu,

336

Cfr. N. Bobbio, L’età dei diritti, Einaudi, Torino, 1990. Secondo la lettura del testo kantiano proposta da Norberto Bobbio, per Kant esiste una vera e propria ‹‹tendenza della storia umana verso un ordine giuridico mondiale››. Op. Cit. , p. 149.

337

Ivi, p. 150. Bobbio si riferisce al diritto interno agli Stati e al diritto esterno. 338

Sul punto cfr. P. Kleingeld, Kant and Cosmopolitanism. The Philosophical Ideal of World Citizenship, Cambridge University Press, Cambridge, 2012, p. 73.

339 Cfr. N. Bobbio, Op. Cit. , p. 151. 340

Si veda a riguardo la Prefazione di S. Veca in I. Kant (1795), Per la pace perpetua, Feltrinelli, Milano, 2012, p. 18; p. 65 (Terzo articolo definitivo per la pace perpetua).

341 ‹‹The Kantian idea of free states and federation is not culturally neutral but is the bearer of processes of a homogenizing or assimilating European cultural identity››. Cfr. J. Tully, The Kantian Idea of Europe: Critical and Cosmopolitan Perspective, in A. Pagden (edited by), The Idea of Europe. From Antiquity to the European Union, Cambridge University Press, Cambridge, 2002, cit. p. 339.

80 anche Kant giunge a considerare, seppur quasi sempre tra le righe, una prospettiva cosmopolita incentrata su aspetti culturali specifici, se non talvolta di gerarchia razziale342.

Al pari di Montesquieu, anche Kant per scongiurare il pericolo della guerra tra Stati ritiene necessario un elemento accessorio, oltre alla federazione; questo elemento non ha bisogno di essere artificialmente istituito, piuttosto si trova nella natura la quale se talvolta “separa” i popoli rendendoli reciprocamente ostili, d’altra parte li unisce ‹‹tramite il reciproco tornaconto››. La potenza del denaro è la conseguenza pratica di una particolare disposizione garantita dalla natura umana: ‹‹È lo spirito del commercio che non può convivere con la guerra, e che prima o poi si impadronisce di ogni popolo››343

. Tale spirito, come già preannunciato nella dottrina di Locke e di Montesquieu, appartiene alla natura delle “inclinazioni umane”; ed è in questa specifica natura che Kant individua il nucleo primordiale che struttura tutte le relazioni. La questione della “giustizia” internazionale diviene allora quel framework all’interno del quale sono garantite quelle condizioni necessarie affinché una naturale propensione umana trovi il giusto dispiegamento delle proprie forze. Appare condivisibile, pertanto, l’idea secondo la quale è l’esistenza di un mercato internazionale a “promuovere” la realizzazione di un diritto cosmopolitico344.

La cittadinanza si innesta all’interno di questa logica. La stessa idea di una federazione di Stati si sorregge sull’istituzione di un ordine che, prima ancora che giuridico, risponde a motivazioni profondamente legate alla natura umana e alla sua attitudine economica; o per meglio dire, è proprio il filone di pensiero che da Locke porta fino a Kant a individuare nella natura umana un fondamentale elemento “economico” capace di riformulare la concezione giuridica. È probabilmente a questi passaggi che si riferisce Foucault, quando presenta la sua analisi sull’avvento di una ‹‹nuova razionalità di governo››345

. La natura diviene elemento apologetico a sostegno del mercato internazionale346.

342

Su questo punto rimando ancora a P. Kleingeld, Kant and Cosmopolitanism; si veda in particolare il cap. 4, “Kant and Forster on race, culture, and cosmopolitanism”, pp. 92-123. Per un’analisi critica di questi aspetti cfr. anche I. Consolati, La splendida miseria. Kant e la civiltà coloniale, in Rivista di ‹‹Filosofia Politica››, n. 3/13.

343

Cfr. I. Kant (1795), Per la pace perpetua, cit. p. 78; Primo supplemento Sulla garanzia della Pace Perpetua, punto 3.

344

Così ancora P. Kleingeld, Op. Cit. , p. 147. 345

Proprio nell’analizzare il progetto di pace perpetua kantiano, Foucault scrive: ‹‹Dipende dalla volontà della natura se le relazioni commerciali attraversano il mondo, nella stessa misura in cui la natura ha voluto che il mondo intero fosse popolato, ed è questo a costituire il diritto cosmopolitico o il diritto commerciale››. Cfr. M Foucault, Nascita della biopolitica, cit. p. 60. 346 Per un’analisi critica sul controverso rapporto fra mercato e cittadinanza cfr. D. Fusaro, La

81 La natura universale detta la necessità di un ordine giuridico valido erga omnes e per tutti i popoli, al fine di favorire il commercio. La cittadinanza del mondo si configura nell’ambito di un allargamento di vedute che coinvolge l’intera cosmopolis; ma rimane debole perché fragile è il fondamento che la costituisce. Che si tratti di nozioni essenziali quali l’ideale repubblicano, la federazione internazionale o l’ospitalità universale, nessun elemento può sovrapporsi al ruolo di una cosmopolis morale che più di ogni altro concetto occupa in Kant un’assoluta centralità. Ciò, non senza provocare ulteriori ambiguità e ambivalenze; non senza generare conflitto fra valori e differenti concezioni della stessa morale, non senza produrre uno scontro tragico fra etiche tra di loro divergenti.

(a cura di), Civitas Augescens. Includere e comparare nell’Europa di oggi, Olschki Editore, Firenze, 2014, pp. 159-173.

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