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Riforma e cittadinanza nel mondo islamico

Dalla cittadinanza europea alla cittadinanza globale

VII. L’Europa e la globalizzazione

6. Riforma e cittadinanza nel mondo islamico

La cittadinanza, letta attraverso i fenomeni del mondo globalizzato, nasconde una pluralità di insidie e di aspetti problematici. Il tema della cittadinanza, soprattutto di quella europea, è legato a doppio filo con la numerosa e importante presenza di immigrati di religione islamica: alcune questioni attengono all’ordine più generale dei diritti e si legano nel concreto all’insieme dei rapporti fra musulmani e non-musulmani; altre ancora più stringenti si confrontano con il tema dell’appartenenza religiosa che continua a mantenere il suo primato nella formulazione dell’identità islamica degli immigrati musulmani443.

441

Per Gustavo Gozzi, ‹‹queste trasformazioni comportarono il graduale superamento del carattere ecumenico della sovranità islamica e l’affermazione del principio della separazione territoriale››. G. Gozzi, Diritto internazionale e civiltà occidentale, in G. Gozzi, G. Bongiovanni (a cura di), Popoli e civiltà. Per una storia e filosofia del diritto internazionale, il Mulino, Bologna, 2006, cit. p. 29.

442 Cfr. G. P. Parolin, Op. Cit. , p. 119. 443

107 La questione riguarda molto da vicino alcuni ambiti della vita politica e sociale dell’Europa e richiede una rivisitazione del paradigma della cittadinanza, anche in virtù delle differenze culturali in campo. Le maggiori difficoltà si incontrano su temi quali la libertà di coscienza e i diritti delle donne444, divenuti oramai questioni su cui è in atto un importante azione di riforma all’interno dello stesso mondo intellettuale islamico445

. Riforma che si scontra con l’accentuarsi del radicalismo islamico da una parte e con un’interpretazione del Corano che si rifà a precetti ispirati da una forte componente aggressiva e ideologica.

Uno dei tratti fondamentali dell’appartenenza all’Islam è costituito dalla suddivisione del globo in due sfere principali: il dār al-Islām e il dār al-ḥarb, rispettivamente consistenti nella terra popolata dai Musulmani e nello spazio dei non Musulmani, considerato alla stregua di un potenziale spazio di guerra e di conquista. Il concetto di

Umma si associa, storicamente, all’intero dār al-Islām , concetto di portata universalistica

e che trascende l’appartenenza tribale, etnica e nazionale446

. In questo primo passaggio, quindi, l’appartenenza si declina in forza di una componente religiosa e la comunità islamica rappresenta l’elemento discriminante attraverso cui si definisce la cittadinanza.

L’emergere del concetto di Stato-nazione, ripreso dal modello post-rivoluzionario francese447, introduce una nuova forma di membership nel mondo arabo-islamico e di conseguenza una nuova forma di organizzazione politica. Già una legge dell’impero Ottomano del 1869 accantonava la nozione dell’unità islamica della Umma, proclamando l’appartenenza alla stessa comunità politica, su un piano di parità, sia dei Musulmani che dei non Musulmani448. Con l’armistizio di Modrus, nel 1918, viene sancita la fine dell’unità politica islamica sotto il ruolo Ottomano e molti territori, come Persia, Marocco ed Egitto, iniziano a rivendicare la propria indipendenza per mezzo di istanze nazionaliste; non a caso, come si è visto, la nazionalità assume un ruolo chiave nella formazione del moderno Stato-nazione in Egitto449. Questo processo evolutivo segna il passaggio da una concezione personale di cittadinanza – fondata quasi esclusivamente su aspetti quali la religione e l’etnia – a una territoriale, la quale conferisce lo status di

444

Cfr. Y. B. Achour, La civiltà islamica e il diritto internazionale, in G. Gozzi, G. Bongiovanni, (a cura di), Op. Cit. , pp. 62-63.

445 Cfr. in particolare A. A. An-Na‘im, Riforma islamica. Diritti umani e libertà nell’Islam

contemporaneo, a cura di D. Zolo, Laterza, Roma-Bari, 2011.

446

Cfr. M. H. Kamali, Citizenship and Accountability of Government: An Islamic Perspective, The Islamic Texts Society, Cambridge, 2011, cit. p. 96.

447

Ivi, p. 83. 448

Cfr. G. P. Parolin, Op. Cit. , p. 74.

449 Ivi, p. 79. Per un’analisi dettagliata delle legislazioni negli Stati del mondo arabo si veda ancora Parolin, in particolare pp. 79-95.

108 cittadino prevalentemente in base alla nascita o alla permanenza in uno Stato; il criterio discriminante rimane, però, sempre la discendenza per appartenenza di sangue.

L’avvento dello Stato-nazione e le numerose spinte indipendentiste, all’interno del mondo arabo, innescano una serie notevole di trasformazioni che hanno effetti molto significativi proprio sull’evoluzione e sul ruolo della cittadinanza. Si tratta di una evoluzione che rimane comunque debitamente separato dal corrispettivo concetto europeo di cittadinanza, caratterizzato da una maggiore accessibilità da parte dei migranti stranieri. Infatti, nel più generale e vasto ambito della cittadinanza del mondo arabo- musulmano, e salvo alcune eccezioni, il fattore religioso costituisce motivo escludente rispetto allo status di cittadino, prevedendo, fra l’altro, sanzioni specifiche per eventuali reati di apostasia, talvolta punita con la morte450.

L’apostasia esclude dalla cittadinanza, allo stesso modo in cui l’atto di ribellione costituiva per Hobbes motivo di perdita della cittadinanza. Infatti, nel mondo arabo la legge islamica deriva la sua legittimità dall’essere considerata come emanazione diretta della divinità. La Shari‘a costituisce la somma dei doveri del genere umano e racchiude in sé aspetti del diritto pubblico e privato451. Essa deriva dall’interpretazione delle fonti dell’Islam, il Corano e la Sunna, sviluppata dai primi giuristi musulmani.

L’interpretazione dogmatica, legata al contesto storico del primo Islam, costituisce secondo Abdullahi Ahmed An-Na‘im – considerato fra i maggiori riformatori islamici – il principale ostacolo per una reale riforma dell’Islam che sia capace di offrire una lettura differente, meno ideologica e più adatta alla mutata realtà storica e politica. Secondo An- Na‘im l’aspetto più problematico di una rigida interpretazione dei precetti coranici riguarda il fatto che non si tiene conto del periodo storico in cui questi furono formulati452. Inoltre, An-Na‘im ritiene che l’unica vera azione di riforma debba specificamente riguardare le tecniche interpretative che rendono applicabili i precetti coranici e della Sunna; egli scrive che ‹‹il principio del naskh (l’abrogazione o la revoca ai fini giuridici di alcuni passi del Corano e della Sunna in favore di altri) è di importanza cruciale››453

.

450

Il riferimento è ai Copti d’Egitto, minoranza Cristiana i cui appartenenti possiedono regolare cittadinanza.

451

Cfr. A. A. An-Na‘im, Op. Cit. , p. 18.

452 Il Corano fu rivelato al Profeta Maometto in due momenti differenti, collocati spazialmente in due luoghi a loro volta distinti: Mecca e Medina. Nella prima parte, durante la fase nascente dell’Islam, il numero di precetti con un contenuto spirituale e religioso è assolutamente predominante. I versetti ricevuti invece durante il periodo medinese, la fase più conflittuale e problematica dell’affermazione dell’Islam, hanno dei contenuti prettamente politici e sociali volti alla realizzazione di una forte identità in grado di far fronte ai nemici e consolidare la propria forza militare e demografica.

453

109 Al di là degli aspetti tecnici, seppur incredibilmente rilevanti rispetto al peso e al significato delle differenti interpretazioni delle fonti islamiche, rimane centrale la questione del rapporto fra i migranti musulmani e le leggi di diritto positivo europee. Si tratta di leggi secolari, le quali prescindono da qualsiasi riferimento religioso. L’affiliazione religiosa, in questo caso, urta con i criteri dell’appartenenza allo Stato- nazione europeo454, aprendo il dibattito sulla multiculturalità delle società europee ed occidentali e sulla messa in atto di politiche capaci di costruire una dimensione effettivamente plurale e sensibile rispetto alle differenze culturali che popolano oramai la globalità455.

454

Cfr. G. P. Parolin, Op. Cit. , p. 126.

455 Sul punto cfr. il classico di W. Kymlicka, La cittadinanza multiculturale, trad. It. di G. Gasperoni, il Mulino, Bologna, 1999.

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