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Dalla cittadinanza europea alla cittadinanza globale

VII. L’Europa e la globalizzazione

1. L’identità europea

Ci si è posti molte volte la domanda se esista un’identità europea, allargata a tutti gli Stati e agli attori collettivi che popolano l’Europa; ogni risposta a questa domanda ha inteso dimostrare come l’esistenza di un patrimonio comune dei popoli europei fosse precedente all’istituzione della cittadinanza europea, ma soprattutto allo stesso processo di integrazione per costruire un’Europa unita. Infatti, al di la delle radici greche e romane poste a fondamento della cultura filosofica e giuridica europea, il momento storico saliente in cui si consolida per la prima volta un’identità di Europenses viene fatto risalire alla battaglia di Poitiers (732-733) contro i mori musulmani403. L’identità europea si realizza per differenza da un’altra civiltà, si attua attraverso una strategia difensiva e si consolida successivamente per mezzo di una intrinseca ‹‹vocazione aggressiva››404

. Tale vocazione si è mostrata per mezzo del processo coloniale messo in atto dai popoli europei. In tal modo, nel creare un sostanziale equilibrio sul continente, il conflitto e l’instabilità sono stati spinti al di fuori dei propri confini, consolidando le proprie mire espansionistiche e di potenza.

È in questa fase che si sviluppa un forte carattere eurocentrico che trasforma la tendenza universalista dell’Europa in una forma di egemonia globale405

. L’identità europea si salda nel confronto speculare con un’entità esterna, è arricchita dai caratteri che tendono sottolineare la differenza dall’altro. Il carattere del noi assume valore e significato politico, di contrapposizione e inevitabile scontro. L’identità diviene una vera e propria ‹‹risorsa simbolica››406, pronta a costruire gli orizzonti di senso all’interno dei

quali si costituisce la dinamica europea. Per poter definire se stessa, quindi, l’Europa ha avuto da sempre bisogno della figura dell’Altro407.

403

Cfr. M. Barberis, Europa del diritto. Sull’identità giuridica europea, il Mulino, Bologna, 2008, p. 41.

404

Ivi , p. 42. 405

Per una rivisitazione critica del carattere eurocentrico dell’Europa cfr. A. M. Vitale (a cura di), Per una storia orizzontale della globalizzazione. Sette lezioni di Andre Gunder Frank, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004.

406

Cfr. L. Bazzicalupo, Politica. Rappresentazioni e tecniche di governo, Carocci, Roma, 2013, p. 111.

407 Per una ricostruzione storica sul processo storico di costruzione dell’identità europea cfr. P. Rossi, L’identità dell’Europa, il Mulino, Bologna, 2007, pp. 103-117; sullo stesso tema cfr G. Delanty, Formations of European Modernity. A Historical and Political Sociology of Europe, Palgrave Macmillan, London, 2013, p. 101; cfr. Anche S. J. Wolf, Europa: una sola storia, un’unica identità?, in F. Cerutti (a cura di), Identità e politica, pp. 213-236.

98 L’elemento della differenza è intervenuto anche all’interno dello stesso contesto europeo, tracciando i confini delle reciproche sfere di influenza degli Stati. Ogni cultura si è definita a partire da una peculiarità propria, secondo delle specificità di carattere. La differenza ha prodotto attriti fra aspetti culturali talvolta inconciliabili. La rottura dell’unità imperiale, dalla quale è scaturito lo Stato moderno, ha innescato un processo di pluralizzazione della vita europea. La pluralità degli Stati europei diviene così il punto di arrivo del processo che disgrega l’unità. Ma la modernità che coincide con l’avvento dello Stato presuppone l’esistenza di più valori, relativizza le prospettive a seconda del punto di vista morale ed etico.

La rottura che si produce non può che essere di natura tragica. Perché le verità plurali non si conciliano più con la realtà, seppure ognuna, dal suo punto di vista, pretende di essere quella autentica e definitiva. L’identità europea si frammenta, o più semplicemente tiene fede al suo principio intrinseco della diversità nell’unità, auto-compiendosi nello svolgersi dialettico delle forze storiche. Identità europea indica, pertanto, una forma di coesistenza nella pluralità e nella tolleranza. Una coesistenza che possiede un suo equilibrio, mai del tutto definitivo. Un equilibrio che si guasta non appena le mire egemoniche si uniscono alle pretese universalistiche di uno Stato su di un altro Stato, di una cultura su di un’altra, di una civiltà intera sulle altre civiltà.

Per comprendere la cittadinanza lo studio dell’identità ritorna due volte utile. Aiuta da una parte a verificare il processo attraverso cui la cittadinanza giunge a conseguire il significato “attuale”; dall’altra mostra i caratteri problematici di questo stesso processo. Soprattutto, se la codificazione contiene a sua volta dei dati sociologici – come sostiene Brubaker – allora l’identità è quello sfondo culturale e sociale tramite il quale vengono veicolati questi dati, proprio perché ‹‹il simbolo identitario è intersoggettivo››408. In altre parole, identità ha a che vedere con il modo attraverso cui un gruppo si riconosce e si organizza e allo stesso tempo stabilisce i criteri, le norme e i comportamenti che permettono di mantenere nel tempo la stabilità della convivenza. Questi rapporti si snodano all’interno di una dinamica di potere, la quale rende esplicita e necessaria la volontà degli associati; questa volontà si rende manifesta attraverso la legge: ‹‹è la Legge che include i solidali ed esclude i nemici; la Legge che delimita il territorio e segna, de- finisce i confini››409

. Per riprendere Rousseau, sono le leggi, in quanto atti della volontà generale, a determinare l’ordine dei diritti e a far si che questi possano valere per tutti coloro che a tale ordine appartengono. L’identità acquista così un carattere normativo che la rende ipostatica, la trasforma in una rigida barriera che si impone come confine quasi invalicabile.

408 L. Bazzicalupo, Op. Cit. , p. 115. 409

99 L’identità a sua volta definisce l’altro, lo “costruisce” in base alle proprie esigenze, lo inserisce all’interno di una dimensione che lo fa apparire come elemento estraneo, come straniero, come nemico. Sullo sfondo di questo processo di rappresentazione si collocano alcuni concetti fondamentali quali l’immaginario, la nostalgia, le radici410

. Si tratta di elementi che da una parte mantengono saldo il legame all’interno del gruppo, dall’altra destabilizzano l’individuo e il suo rapporto con l’altro, interferiscono sulla percezione di ciò che non fa parte del proprio campo di esperienza, ne pregiudicano talvolta la comprensione, specie quando questi elementi vengono utilizzati e strumentalizzati per scopi politici.

Edward Said, probabilmente uno dei più importanti studiosi critici del carattere etnocentrico della cultura europea, nell’introdurre il suo celebre volume Orientalismo, scrive: ‹‹in fondo si può dire che la principale componente della cultura europea è proprio ciò che ha reso egemone tale cultura sia nel proprio continente sia negli altri: l’idea dell’identità europea radicata nella superiorità rispetto agli altri popoli e alle altre culture››411

. La presupposta idea di superiorità ha prodotto un certo tipo di discorso sull’Oriente, rappresentando l’alterità secondo una visione parziale.