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La cittadinanza dei modern

V. Ordine politico e ordine economico

1. Dallo Stato al cittadino

Il nuovo spazio dello Stato si afferma come spazio di una cittadinanza costruita attraverso il consenso. Hobbes e Locke offrono di questo consenso due differenti versioni e lo fondano su differenti presupposti. La visione di Hobbes si configura a partire da un ordine politico che fonda la propria legittimità sull’atto volontario di ogni individuo. Si tratta di un atto di volontà fondato sulla ragione, al fine di uscire dallo stato di natura, e rappresenta il punto di svolta nella visione hobbesiana. Proprio sulla scia di questo

razionalismo si sviluppa il pensiero di John Locke, contemporaneo di Hobbes.

Per Locke una delle principali preoccupazioni rimane legata alla legittimità del potere politico, non essendo del tutto convinto della costruzione sistematica di Hobbes, il quale incentrava tutto il suo ragionamento intorno alla figura del sovrano e al concetto di Stato, concepito in riferimento a una logica funzionale al mantenimento dell’ordine. Lo Stato per Hobbes non costituisce un’entità astratta e trascendente, quanto piuttosto un potere concreto e ‘artificiale’ che ha come ‘fine’ tenere in soggezione gli uomini con ‹‹la paura di punizioni››301

e soprattutto ‹‹difenderli dall’aggressione di stranieri e dai torti reciproci››302

. Il sovrano hobbesiano non conosce alcun vincolo e una volta stabilito il patto sono invece i sudditi a vincolarsi alle decisioni del potere; il carattere della dottrina hobbesiana è sostanzialmente normativo, in quanto la decisione del sovrano e quindi le leggi che da esso promanano hanno un valore giuridico e assolutamente prescrittivo, lasciando, in un certo senso, soltanto uno spazio di libertà “negativa” - ‹‹innocua›› come la definisce Hobbes nel De Cive303 - ai propri sudditi.

Di impianto differente è invece la libertà nella costruzione lockiana; e non si tratta affatto di una libertà innocua. Semmai, in Locke, la libertà racchiude in sé una potenzialità insurrezionale304 che si genera nel momento in cui il potere politico dello Stato non è ‘conforme’ alla garanzia della vita e della libera proprietà dei sudditi. Con Locke interviene un fattore relativamente nuovo che si riassume intorno al concetto di

ordine sociale, inteso come elemento che è spontaneamente presente nell’ordine naturale,

a sua volta differenziato dall’ordine politico. Nell’ordine sociale, così come concepito da Locke, l’individuo è un soggetto autonomo e indipendente rispetto al potere politico; all’individuo, in quanto cittadino, spetta l’ultima parola sulla legittimità delle leggi dello

301

Cfr. T. Hobbes, Leviatano o la materia, la forma e il potere di uno Stato ecclesiastico e civile, a cura di A. Pacchi, Laterza, Roma-Bari, 2008, p. 139.

302

Ivi, p. 142. 303

Cfr. T. Hobbes, De Cive, XIII, 6.

304 Si segue la lettura proposta da Lucien Jaume, contenuta in L. Jaume, Che cos’è lo spirito

70 Stato. L’unità politica elementare, costituita proprio dall’individuo-cittadino, diviene la nuova misura dell’operatività del potere.

Se in Hobbes il patto legava geneticamente il suddito al potere del sovrano, trasformando il primo in cittadino, con Locke questa prospettiva sembra capovolgersi; è a partire dall’individuo, o dall’associazione di individui, che il potere politico può sussistere. In altre parole, il passaggio segna un punto fondamentale con l’introduzione del concetto di consenso da parte di Locke, vale a dire l’assenso da parte dei cittadini delle ‘regole’ con le quali essi sono governati. Tale consenso diviene il nuovo discrimine che consente di superare, di fatto, la necessità dell’ordine hobbesiano, riformulandone la base di legittimità.

Un altro punto centrale ai fini della costituzione della cittadinanza in Locke si può individuare nella sua trattazione della “proprietà”. Nel Trattato sul governo Locke scrive:

‹‹è evidente che, per quanto le cose della natura fossero concesse in comune, l’uomo, essendo padrone di se stesso e

proprietario della propria persona e delle azioni e del lavoro di essa, recava già in sé il grande fondamento della proprietà, e ciò che

costituiva la maggior parte di quanto egli usò per la propria sussistenza e il proprio benessere, una volta che le invenzioni e le arti

ebbero migliorato i mezzi del vivere, era assolutamente suo e non apparteneva in comune agli altri››305

.

In questo ragionamento sono contenute alcune parole chiave che sottendono alla più generale elaborazione teorica lockiana; la proprietà non si configura soltanto come qualcosa che è relativa ai beni materiali, quanto come il reale possesso della propria persona. Tale ‘possesso’ implica in tal modo la libertà d’azione, libertà creatrice e indirizzata verso l’invenzione e il miglioramento progressivo di ‘arti’ e ‘mezzi’. Si apre uno scenario inedito che lascia intravedere nel mutamento sociale, frutto della dinamica di individui liberi, lo svolgimento di un più generale processo di cambiamento che darà luogo alle rivoluzioni, prima politiche e in seguito tecniche, che avranno nell’Inghilterra dopo di Locke la propria sede privilegiata.

Il passo sopra citato consente di mettere a fuoco un altro concetto fondamentale e ‘innovativo’ rispetto alla concezione più generale dell’ordine politico: l’interesse. E sta forse qui la differenza più radicale della concezione di Locke rispetto a Hobbes; nell’architettura del rapporto fra Stato e cittadino è a partire da questo, dalle sue esigenze e necessità, dai suoi interessi, che si stabilisce la legittimità delle leggi. Le leggi non sono di per sé incontestabili, perché emanate da un potere che si istituisce una volta per tutte,

305 Cfr. J. Locke, Trattato sul governo, cap. V, par. 44, a cura di L. Formigari, Editori Riuniti, Roma, 1997.

71 bensì possono venire disconosciute nel momento in cui non sono capaci di sintonizzarsi con i bisogni sociali, politici e soprattutto economici dei cittadini.

Questa serie di trasformazioni fa annunciare a Michel Foucault l’avvento di una ‹‹nuova razionalità di governo››306; l’attenzione si sposta dal piano statuale a quello governamentale, vale a dire che il potere sovrano, assoluto, unitario, non è più

concepibile nell’ambito di un contesto mutato in cui la dinamica del soggetto si presenta come ‹‹luogo di una meccanica di interessi››307

. Gli interessi costituiscono, in tal modo, la nuova dimensione all’interno della quale si snoda il rapporto tra cittadini e Stato, almeno secondo la visione che deriva dall’empirismo inglese; in questo quadro il liberalismo, del quale Locke è il padre fondatore, è fondamentalmente costituito da una nuova pratica di governo economica. Essa sembra trovare nell’ordine naturale e nel proprio generarsi spontaneo l’ideale dell’autoregolazione degli interessi. Nel far dipendere lo Stato dalla logica degli interessi, Locke non fa che sviluppare una concezione dei diritti naturali dell’uomo come sfera intangibile e indipendente. E seppure vi siano delle forti similitudini con lo stato di natura hobbesiano, quello di Locke in realtà vi si contrappone in maniera sostanziale; infatti, per Locke, ‹‹lo stato in cui tutti gli uomini per natura si trovano è uno stato di perfetta libertà di regolare le proprie azioni e disporre dei propri beni e persone come meglio credono››308.

Il punto è il seguente: i diritti naturali degli uomini che si presentano in uno stato che si potrebbe definire come pre-politico, in Locke costituiscono il perno centrale intorno al quale si sviluppa tutta la sua concezione del governo. Sono proprio questi diritti a dover essere protetti, garantiti, assicurati da parte del potere politico; lo stato politico non si sostituisce, inglobandolo come in Hobbes, allo stato naturale, ma è lo stato di natura – con i diritti che già a partire da questo sono connessi agli individui – che deve essere assecondato, o al massimo ‘depurato’ dalle spinte distruttive contenute in esso.

In un contesto siffatto, come direbbe Foucault e da quanto si può evincere dalla medesima teoria di Locke, l’utilità diviene la ‹‹giurisdizione di fatto››, in quanto la ‹‹nuova ragione di Stato›› che ne deriva ‹‹trova nel mercato la sua veridizione fondamentale››309

. Sono proprio questi mutamenti a innescare l’avvento di una nuova logica di governo, una razionalità improntata ad attribuire sempre maggiore autonomia all’ordine sociale ed economico. E la proprietà, considerata come elemento centrale nella

306 Cfr. M. Foucault, Nascita della biopolitica. Corso al Collège de France (1978-1979), Feltrinelli, Milano, 2005, cit. p. 59.

307

Ivi, p. 222.

308 Cfr. J. Locke, Op. Cit. , cap. II, 4. 309

72 teoria di Locke, costituisce fattore determinante nella realizzazione di un nuovo ‹‹progetto di società››310

.