La cittadinanza dei modern
IV. Modernità politica e cittadinanza
7. Genealogia della pace
In un contesto di “pace relativa”, come è stata definita da Foucault la pace che viene fissata dal trattato di Vestfalia, il perno intorno al quale si regge la politica d’equilibrio dell’Europa verte ora sulla pluralità degli attori in campo: ‹‹non è più dall’unità che scaturisce la pace, ma dalla non-unità, dalla pluralità mantenuta come tale››280.
Il motivo per il quale la pace diviene ancora una volta un fattore centrale nella vita politica europea deriva dall’influenza del contesto storico; le guerre politico-religiose che laceravano l’Europa si riflettevano all’interno di ogni singola manarchia nascente, creando una pluralità di guerre civili, nel più vasto panorama di una generale guerra civile europea. L’idea di pace che andava sviluppandosi fissava invece proprio nella figura dello Stato il nuovo centro dell’ordine politico. Dal punto di vista teorico è interessante comprendere in che modo si afferma un nuovo ordine politico e soprattutto capire come la cittadinanza viene ricompresa in questo nuovo ordine.
Nel 1642 Thomas Hobbes pubblica il De Cive, opera dalla quale successivamente sarà tratto il capolavoro del filosofo inglese, il Leviatano. L’Europa a quell’epoca attraversa una delle fasi più travagliate della sua storia e l’opera di Hobbes si colloca tra la pace di Augusta del 1555 e la pace di Vestfalia del 1648. In questo contesto viene stabilita la preminenza del potere politico su quello religioso e sancito il principio di territorialità del diritto; lo Stato diviene ‹‹l’entità portante di un nuovo ordinamento spaziale della terra››281
. Hobbes individua nello Stato la costruzione artificiale di una nuova forma politica, l’unica in grado di mantenere una pace duratura, interna ai propri confini. Su questo punto, la filosofia “pragmatica” di Thomas Hobbes si incontra con la teorizzazione politica di Dante Alighieri.
Proprio nel De Cive Hobbes attribuisce una fondamentale importanza alla pace. E allo stesso modo di Dante, Hobbes ritiene che essa si possa custodire istituendo un potere sovrano e assoluto. Ciò avviene tramite la volontà razionale di ogni persona, la quale, temendo per la propria incolumità fisica, si unisce ad altri per potersi meglio difendere dalle aggressioni reciproche; ‹‹l’unione così fatta si chiama Stato, o società civile, e anche
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‹‹L’esistenza di un serio meccanismo di assistenza e di controllo statale di un forte esercito era un presupposto basilare per ogni nazione intenzionata a mantenere la propria indipendenza e la propria integrità››. Cfr. J. Gooch, Soldati e borghesi nell’Europa moderna, Laterza, Roma-Bari, 1982, cit. p. 9.
280 Cfr. M. Foucault, Op. Cit. , p. 218. 281
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persona civile›› – scrive Hobbes – ‹‹dunque lo Stato è una persona unica, la cui volontà,
per i patti di molti uomini, va ritenuta come la volontà di tutti››282. Una volta che tutti si sottomettono alla volontà di un uomo o di una assemblea di uomini si materializza il rapporto fondamentale di protezione e garanzia della sicurezza, affinché nessuno abbia da temere la violenza degli altri.
L’avvento dello Stato moderno rende così possibile lo sviluppo di un nuovo concetto di cittadinanza, fondato sul rapporto di protezione e sull’esistenza di un potere supremo che non conosce superiori. L’unico dovere di chi possiede il potere supremo consiste nel tenere sempre presente la salute del popolo283,la quale diviene il punto focale della ragion d’essere dello Stato; come scrive Hobbes, infatti, ‹‹lo Stato non è istituito in vista di se stesso, ma in vista dei cittadini››284. E si potrebbe aggiungere che proprio in virtù di questo processo, che ha una data d’inizio specifica, ‹‹lo spazio dello Stato è, oltre che spazio della sovranità, anche e contemporaneamente lo spazio della cittadinanza››285
. Il modo in cui viene a costituirsi questo spazio di cittadinanza riguarda molto da vicino un concetto, quello dell’obbligazione politica, sul quale già Bodin aveva riposto la sua attenzione; tale concetto acquista ancora maggiore importanza nella teoria di Hobbes. Infatti, come sottolinea Pietro Costa, Hobbes ‹‹non recide ogni rapporto con la tradizione bodiniana: ne ricomprende piuttosto alcuni aspetti entro un discorso fondato ormai su un paradigma originale e diverso››. La novità del paradigma hobbesiano sta nella sua elaborazione della sovranità, la quale non costituisce, come in Bodin, un mero elemento posto al vertice di una gerarchia quanto una vera e propria “invenzione”, una creazione artificiale che una volta composta diviene ‹‹centro propulsivo dell’incorporazione dei soggetti››286
.
È a partire da quella che Foucault definisce come individualità fabbricata287 che si stabilisce la sovranità, riflesso condizionato dell’individualità degli uomini; il sovrano rappresenta gli individui in un’unica persona e fra questi e il sovrano esiste un’identità di interessi288. Ciò che da vita al sovrano è proprio l’obbligazione politica alla quale i sudditi intendono aderire, stabilendo e accordando la propria sottomissione a un potere che non è nulla altro che la rappresentanza ‘assoluta’ della condizione umana in natura. Come l’individuo nella sua condizione di ‘natura’ esercita un potere assoluto su ogni altro, così
282 Cfr. T. Hobbes, De Cive. Elementi filosofici del cittadino, a cura di T. Magri, Editori Riuniti, Roma, 2014, cap. V, 9, cit. p. 127.
283
Ivi, XIII, 2, cit. p. 193. 284 Ivi, cit. p. 194. 285
Cfr. C. Galli, Spazi politici, cit. p. 45. 286
Cfr. P. Costa, Civitas. Vol. I, cit. p. 183.
287 Cfr. M. Foucault, Bisogna difendere la società, Feltrinelli, Milano, 1998, cit. p. 84. 288
67 il sovrano, che rappresenta gli individui attraverso il suo potere, diviene assoluto in virtù del fatto che non conosce un potere a sé concorrente289.
All’interno di questo quadro, come alcuni studiosi hanno sottolineato, Hobbes attribuisce un gran peso al patto tramite il quale i sudditi si obbligano tra di loro a cedere al sovrano il “primo diritto naturale”, quello di conservare la propria vita e la pace. Ma siccome tale diritto è minacciato dall’ipotetico stato di guerra permanente – dal bellum
omnium contra omnes – ‹‹occorre positivizzarlo mediante il trasferimento di tutti i diritti
naturali degli individui nelle mani del sovrano assoluto››290
. Lo stesso Hobbes nel De
Cive evidenzia questo aspetto, in quanto ‹‹l’obbligo di obbedienza civile, in forza della
quale le leggi civili sono valide, precede ogni legge civile››291
; sembra, in questo caso, che l’obbligazione in Hobbes abbia una funzionalità equivalente alla Grundnorm kelseniana, come atto generativo e costitutivo di un ordine politico e giuridico292.
Alla base di questa obbligazione, che vincola i sudditi costituendo il sovrano, si trova un atto di volontà da parte dei sudditi, come più volte Hobbes sottolinea293. Questa volontà è mossa dalla paura e dal bisogno di sicurezza. Infatti, Foucault, riferendosi alla sovranità hobbesiana, insiste sul fatto che questa ‹‹si costituisce dunque a partire da una forma radicale di volontà […] Questa volontà è legata alla paura, e la sovranità non si forma mai dall’alto […] La sovranità si forma sempre dal basso, attraverso la volontà di quelli che hanno paura››294
. D’altra parte, l’istituzione del sovrano serve a proteggere i sudditi/cittadini, proprio perché ‹‹è necessario alla pace che ciascuno sia così protetto dalla violenza degli altri, che possa vivere con sicurezza››295
; il vincolo che unisce sudditi e sovrano, quell’obbligazione politica che trasforma il sovrano in una forza inclusiva e inglobante, si inscrive proprio nella condivisione reciproca di quei beni quali la pace e la sicurezza296. Il sovrano di Hobbes, allora, diviene creator pacis, ma di ‹‹una pace esclusivamente terrena›› – scrive Giacomo Marramao – differenziandosi, in tal modo,
289 Cfr. P. Costa, Op. cit. , p. 176. 290
Cfr. G. Marramao, Dopo il Leviatano. Individuo e comunità, Bollati Boringhieri, Torino, 2013, cit. p. 290.
291
Cfr. T. Hobbes, De Cive, XIV, 21. 292
‹‹The obligation generated by the original covenant is the functional equivalent of Kenlsen’s Grundnorm››. Cfr. J. Olsthoorn, Forfeiting Citizenship: Hobbes on Rebels, Traitors and Enemies, in Paschalis M. Kitromilides (edited by), Athenian Legacies European Debates on Citizenship, Leo S. Olschki, Firenze, 2014, cit. p. 248.
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In riferimento alla ‘norma fondamentale kelseniana’, Neil MacCormick similmente scrive: ‹‹Kelsen suggerisce che i cultori della scienza giuridica debbano considerare tale concetto come una pura ipotesi o perfino come una finzione: una norma che è presupposta, non posta, ossia il contenuto di un atto immaginario della volontà››. Cfr. N. MacCormick, La sovranità in discussione. Diritto, stato e nazione nel ‹‹commonwealth›› europeo, il Mulino, Bologna, 2003, cit. p. 54.
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Cfr. M. Foucault, Bisogna difendere la società, cit. p. 86. 295 Cfr. T. Hobbes, De Cive, VI, 3.
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68 dalla prospettiva ‘pacifista’ del defensor pacis di marsiliana memoria, inteso come ‹‹garante e custode di una pace riconducibile a Dio››297
. Sta qui la “rottura” dell’ordine teologico e la creazione di uno Stato che ingloba al suo interno ogni Chiesa e ogni religione298; il monarca hobbesiano è colui che pone fine ai conflitti religiosi, considerati alla stregua di una manifestazione empirica dell’ideale stato di natura299.
Ma la pace hobbesiana non è autoreferenziale né fine a se stessa, piuttosto funzionale e condizione necessaria per il mantenimento della salute del popolo. Hobbes identifica gli interessi dei cittadini con quelli del sovrano; lo Stato come persona, che rappresenta un intero corpo politico, deve accrescere la propria potenza, così come deve creare le condizioni affinché i cittadini possano ‘arricchirsi’ e godere dei propri beni. Perché maggiore sarà la ricchezza dei cittadini, maggiore sarà la potenza dello Stato.
Ovviamente questi temi non vengono affrontati in maniera così esplicita da Hobbes, preoccupato prevalentemente a stabilire un ordine concettuale sul quale rifondare una nuova forma politica. Tuttavia sullo sfondo rimane l’emergere di un potere sovrano che dovrà essere capace di salvaguardare, amministrare, razionalizzare la vita dei propri cittadini e le risorse del proprio Stato. L’individuo politico hobbesiano, riconosciuto come soggetto attivo nella stipula del patto originario che istituisce il potere, diviene al tempo stesso oggetto attraverso cui il potere si estrinseca; l’individuo come effetto stesso del potere300.
Nello schematismo hobbesiano, è proprio in virtù del patto originario che si costituisce l’obbligazione politica; da questa deriva pertanto la realizzazione di un ordine giuridico- legale, al vertice del quale è posto il sovrano con tutta la sua capacità e legittimità a inglobare in sé l’intero corpo dei sudditi. Per via di questa ‘operazione’, si potrebbe dire, il suddito diviene cittadino per sua stessa volontà, perché ha inteso veder rappresentati i propri interessi in un’unica persona civile. Il fondazionismo di Hobbes introduce questa novità assoluta; l’atto da cui scaturisce lo Stato moderno, è un atto di obbedienza necessaria e volontaria al tempo stesso.
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Cfr. G. Marramao, ‘Prefazione alla seconda edizione’, Dopo il Leviatano, cit. p. 26. 298
‹‹Secondo l’opinione di Hobbes la religione è solo un complemento del potere dello stato e non già un fondamento coordinato, né tanto meno una fonte superiore, dell’autorità statale››. Cfr. N. MacCormick, Op. Cit. , p. 244.
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Cfr. T. Magri, ‘Introduzione’ a T. Hobbes, De Cive. Elementi filosofici del cittadino, Editori Riuniti, Roma, 2014, cit. p. 47; una medesima interpretazione si trova in Foucault: ‹‹Il nemico – o piuttosto il discorso nemico contro il quale si rivolge Hobbes – è quello che si poteva intendere nelle lotte civili che laceravano lo stato in Inghilterra››. Cfr. M. Foucault, Bisogna difendere la società, cit. p. 88.
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