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La cittadinanza dei modern

V. Ordine politico e ordine economico

4. Nazione e rivoluzione

Queste considerazioni fanno riflettere non soltanto sull’eziologia del concetto di pace in Europa, ma soprattutto sulla genesi di un ordine economico che in un certo senso tende quasi a sostituirsi a quello politico, talvolta integrandolo e divenendo fonte di ispirazione

321

Ivi, Libro IX, capo I, cit. p. 239. 322 Ivi, Libro XIII, capo I, cit. p. 358. 323

76 di modelli comportamentali e regolativi, dettati dal criterio dell’utilità. Il concetto di cittadinanza si trova pienamente coinvolto in queste dinamiche di trasformazione, cambia di significato o si presenta di volta in volta sotto spoglie differenti perché diverso è l’ordine in cui questa si trova a operare. Come scrive Laura Bazzicalupo, ‹‹l’utilità rapporta l’istituzione al bisogno e lo soddisfa, dandogli forma e regola. È l’istituzione sociale, non il contratto, a organizzare le soggettività in modo obliquo, indiretto e contingente, sviluppandosi senza progetto unitario e volontario››324

.

Questa formulazione coglie il senso di una gran parte dei processi descritti, soprattutto aiuta a comprendere in maniera abbastanza piena l’evoluzione di questi processi e il loro più compiuto manifestarsi nella nostra contemporaneità bioeconomica325 . Ovviamente tale processo non è del tutto lineare. Esso va incontro a capovolgimenti, trasformazioni, interruzioni. Appare ancora una volta interessante la lettura proposta da Foucault e che riguarda molto da vicino uno degli elementi cardine della modernità politica, la nazione.

Soffermandosi sulle considerazioni di Emmanuel Sieyès, contenute nella sua opera più famosa Qu’est-ce que le Tiers état?, Foucault mette in evidenza il ruolo assolutamente centrale svolto da alcuni elementi economici all’interno della formulazione teorica sul terzo stato di Sieyès: nella lettura di Sieyès Foucault individua ‹‹una definizione del tutto diversa, o piuttosto sdoppiata, della nazione››326, sottolineando come accanto alle condizioni “formali” che presuppongono l’esistenza di una nazione, ovvero legge e corpo legislativo, esistono delle condizioni “sostanziali” senza le quali non è pensabile la sussistenza materiale di una nazione. Si tratta di quegli elementi che Sieyès riassume intorno ai concetti di “lavori” e “funzioni”: affinché una nazione sussista e prosperi – scrive Sieyès in apertura della sua opera – sono necessari ‹‹des travaux particuliers et des fonctions publiques››327. Secondo Sieyès questi fattori si inscrivono nel carattere proprio della natura umana, propenso all’industriosità e all’accrescimento del valore delle proprie opere.

Per Foucault, Sieyès pone alla base della nascita e costituzione di una nazione alcuni elementi, i quali fungono da strumenti indispensabili affinché una nazione possa

storicamente affermarsi:

324

Cfr. L. Bazzicalupo, Il governo delle vite, cit. p. 64.

325 Per una rassegna sul tema, analizzato da più prospettive, mi limito qui a rimandare al fascicolo n. 3/13, della rivista di ‹‹Filosofia Politica››; per una breve ma interessante analisi sul passaggio dall’ordine politico all’ordine economico cfr. S. Luce, Dagli spazi della politica allo spazio dell’economia, in A. Tucci (a cura di) Disaggregazioni. Forme e spazi di governance, Mimesis, Milano-Udine, 2013, pp. 181-193.

326

Cfr. M. Foucault, Bisogna difendere la società, Feltrinelli, Milano, 1998, cit. p. 188.

327 Cfr. E. Sieyès, Qu’est-ce que le Tiers état?, cap. I, Edition critique (avec una introduction et des notes par Roberto Zapperi), Librairie Droz, Genève, 1970, cit. p. 121.

77 ‹‹Una nazione può esistere come nazione, può entrare

e rimanere nella storia, solo a condizione di

essere capace di commercio, di agricoltura, di artigianato; solo a condizione di possedere degli individui in grado di formare un esercito, una magistratura, una chiesa,

un’amministrazione››328 .

A far funzionare questo insieme di apparati è un soggetto politico inedito, il Terzo stato. E per paradosso, il Terzo stato risulta per Sieyès tenuto fuori da ogni forma di rappresentanza, nonostante costituisca la quasi totalità degli apparati, nonostante garantisca e renda possibili il commercio, l’agricoltura, la sicurezza. Questa situazione storica è il prodotto dei privilegi della classe aristocratica e clericale e deve essere rovesciata: se nel presente in cui Sieyès scrive la sua opera – 1789 – il Terzo stato è niente (rien), questo aspira a divenire qualcosa (quelque chose), fino ad esprimere a sua volta l’autentica e legittima totalità del corpo politico dello Stato. In questo significativo passaggio Foucault, parafrasando ancora Sieyès, colloca il prodursi della nazione come ‹‹nucleo attivo, costitutivo, dello stato. La nazione è lo stato in potenza, è lo stato nascente, lo stato che si sta formando e sta trovando le sue condizioni storiche di esistenza in un gruppo di individui››329

.

In questo frangente si colloca l’interruzione, la cesura rivoluzionaria, il problema di ricondurre le nuove rivendicazioni di diritti a un mutamento di ordine; nel negare un ordine precedente si pone la pietra per un ordine nuovo. E questo ordine nuovo non può essere scevro da una qualche progettualità futura. Per tale ragione, il discorso dei diritti non può essere ‹‹il frutto di un processo spontaneo e indolore, affidato all’automatismo delle relazioni sociali […] ma viene ad esistere grazie alla volontà costituente della nazione sovrana e alle leggi da essa emanate››330.

Nella costruzione di un ordine nuovo, la cittadinanza si carica di nuovi significati; legati alla tutela di diritti naturali e civili da una parte, e dall’altra caratterizzati dall’esigenza emotiva di un cambiamento radicale non più determinato dal passato ma che determina a sua volta il futuro. Essa si caratterizza per una nuova economia di salvezza, all’interno di un vero e proprio “tempo dell’attesa”, in cui avviene ‹‹un rimescolamento delle passioni e un capovolgimento del mondo così come è stato sinora››331

.

328

Cfr. M. Foucault, Op. Cit. , p. 190. 329 Ivi, p. 193.

330

Cfr. P. Costa. Civitas. Storia della cittadinanza in Europa. Vol. 2: L’età delle rivoluzioni, Laterza, Roma-Bari, 2000, pp. 32-33.

331 R. Bodei, Geometria delle passioni. Paura, speranza, felicità: filosofia e uso politico, Feltrinelli, Milano, 2003, cit. p. 370.

78 A farsi interprete di questo cambiamento è la nazione. Una nazione che a sua volta produce nuovi concetti, valori di riferimento, virtù. Soprattutto, il concetto di nazione tende a caratterizzare sempre più quello di cittadinanza. Già con Sieyès si assiste a una sorta di processo che dalla metamorfosi del Terzo stato giunge a declinare la nazione come entità totalizzante; si innesta così, sulla scena della rivoluzione francese, ‹‹un nuovo rapporto tra particolarità e universalità››332

, in cui una parte, seppur maggioritaria, diviene il tutto. Per questa ragione, Foucault individua nell’unione simbiotica fra nazione e Stato la realizzazione storica in cui la nazione afferma la sua forza, attraverso un sempre maggiore ‹‹possesso delle capacità statali››333

.

Ma un altro aspetto altrettanto rilevante sul ruolo della nazione riguarda la connessione fra nazione e diritti. Di fatto, la nazione assicura in un certo senso il legame fra diritti e cittadinanza, nel momento in cui si fa garante presso i suoi membri dei ‹‹diritti che essa stessa, nel processo costituente, scopre e dichiara come naturali e irrinunciabili››334

. La nazione con la rivoluzione francese diviene il nuovo criterio attraverso il quale si materializza la cittadinanza e la possibilità del godimento dei diritti.

L’appartenenza si definisce per via della nazione che a sua volta è sempre parziale rispetto all’insieme da cui questa emerge e si afferma; l’universalità dei diritti e dei principi rivoluzionari si promuove, allora, per mezzo di un concetto, quello di nation, particolare e specifico, e tenta di trasformare l’uomo in entità astratta e universale nello stesso momento in cui crea e definisce l’identità e i profili del cittadino dello Stato- Nazione.