La cittadinanza dei modern
VI. La rivoluzione della cittadinanza
5. L’individuo e la democrazia
I mutamenti prodotti dalla Rivoluzione francese riguardano molto da vicino la cittadinanza, perché hanno a che vedere con i contesti all’interno dei quali maturano le condizioni per il manifestarsi del suo significato più recente. Inoltre, fanno luce sul modificarsi di un assetto sociale che gradualmente produce effetti sempre più importanti in relazione all’avvento di un nuovo ordine politico.
Per Tocqueville, infatti, la Rivoluzione rappresenta l’adeguamento violento dell’ordine politico al mutamento sociale; e proprio nel passaggio dall’aristocrazia alla
democrazia. L’aristocrazia costituisce l’esempio tipico di una società verticalizzata, dove
i rapporti si costituiscono in base al necessario legame fra tutti i componenti della società, al vertice della quale si situano l’aristocrazia e il re che provvede in maniera ‘paternalistica’ ai bisogni della collettività: ‹‹l’aristocrazia aveva formato con tutti i cittadini una lunga catena, che dal contadino saliva fino al Re; la democrazia rompe la catena e lascia ogni anello per conto suo››378
. A favorire quello che Tocqueville definisce come l’isolamento di ciascun uomo dal proprio simile è l’uguaglianza generale, che tende a livellare le condizioni di vita; sta proprio in questo aspetto la capacità dirompente dell’avvento dell’uguaglianza, vero motore di ogni rivoluzione. L’uguaglianza, però, oltre che rompere con l’ordine verticistico dell’aristocrazia e quindi innestare ‹‹un codice fraterno che assimila ma al tempo stesso divide gli uomini››379
, può determinare delle dissonanze e rendere gli uomini cechi, bramosi di ‹‹un solo bene››, il proprio.
Se uguaglianza e libertà procedono inizialmente e in maniera congiunta verso la democrazia, Tocqueville mette in guardia ancora una volta delle possibili derive della prima, la quale può essere alleata della libertà come del dispotismo380.
Il secondo rischio si materializza quando ogni uomo ‹‹nei periodi d’uguaglianza››, oltre a cercare in se stesso la propria fede, ‹‹volga tutti i suoi sentimenti soltanto verso sé stesso››381
; infatti, la differente struttura della società in “epoca” democratica si riflette nella forte divisione sociale, slegando ogni singolo dalla dipendenza altrui, in quanto proprio l’uguaglianza gli permette di porsi su un livello di maggiore autonomia. Su questo punto è emblematico il seguente passo di Tocqueville:
378 Cfr. A. de Tocqueville, La democrazia in America, a cura di N. Matteucci, Libro II, parte II, cap. II, Utet, Torino, 2007, cit. p. 590.
379
Cfr. F. M. De Sanctis, Tocqueville tra aristocrazia e democrazia, in D. Thermes (a cura di), Tocqueville e l’Occidente, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2012, cit. p. 166.
380
Su questi aspetti rimando in particolare all’Introduzione di Eduardo Nolla, in A de Tocqueville, Democracy in America/De la démocratie en Amerique (Bilingual edition), edited by E. Nolla, translated by T. Schleifer, Liberty Fund, Indianapolis, 2010, cit. p. cxvii.
381
91 ‹‹L’uguaglianza pone gli uomini fianco a fianco,
senza un legame comune che li unisca.
Il dispotismo innalza barriere tra loro e li divide. Quella li spinge a non pensare ai loro simili e questo fa dell’indifferenza una specie di virtù››382
.
Il pericolo maggiore generato dal dispotismo è l’indifferenza verso i propri simili. Ognuno si chiude dietro al proprio egoismo, concetto che secondo Tocqueville si traduce in termini politici nell’individualismo. Infatti, un individualismo condotto all’estremo sfocia inevitabilmente in egoismo. L’eguagliarsi delle condizioni produce l’individualismo che per Tocqueville è di origine democratica383
.
Un rischio connesso alla democrazia e alla degenerazione della stessa; d’altra parte questo rischio era stato già paventato da Rousseau, ancor prima che la Rivoluzione francese producesse i propri effetti. Solo che il ginevrino risolveva l’equazione collocando sia la libertà che l’eguaglianza all’interno dello stretto vincolo “giuridico” della volontà generale; per Tocqueville ciò non è nemmeno lontanamente concepibile, proprio perché consapevole che la realizzazione compiuta della democrazia si può realizzare soltanto lasciando liberamente oscillare uguaglianza e libertà all’interno del più generale sviluppo storico.
Uno sviluppo della storia che, per Tocqueville, sceglie il momento della libertà come atto costitutivo della democrazia, nel suo percorso in Europa e soprattutto in America; uno sviluppo che non è naturale, tanto meno scontato o spontaneo, bensì frutto di lotte, conflitti, contraddizioni e pericoli sempre presenti. Quando Tocqueville immagina il possibile manifestarsi futuro del dispotismo nel mondo vede ‹‹una folla innumerevole di uomini simili ed eguali che non fanno che ruotare su sé stessi, per procurarsi piccoli e volgari piaceri››. Questi uomini, questi “cittadini”, hanno perso la spinta all’azione politica, perché ‹‹al di sopra di costoro si erge un potere immenso e tutelare, che si incarica da solo ad assicurare loro il godimento dei beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, minuzioso, sistematico, previdente e mite […] è contento che i cittadini si svaghino, purché non pensino che a svagarsi››384.
La riflessione di Tocqueville sull’esito incerto e potenzialmente degenerativo della democrazia mette in luce un aspetto “antropologico” non irrilevante, specie per il compimento della cittadinanza e del suo rapporto con l’emergere di alcuni fenomeni che caratterizzeranno il diciannovesimo secolo e buona parte del ventesimo. L’aspetto cruciale dell’individualismo, prodotto naturale dell’avvento della democrazia, si riflette
382 Ivi, p. 593. 383
‹‹L’individualismo è di origine democratica, e minaccia di svilupparsi a mano a mano che le condizioni si eguagliano››. Sullo stesso argomento così Bobbio: ‹‹l’individualismo è la base filosofica della democrazia››. Cfr. N. Bobbio, L’età dei diritti, cit. p. 60.
384
92 sulla modalità attraverso cui si costruisce un nuovo ordine politico e sociale. Ed è evidente come la costruzione di un nuovo ordine non può prescindere dal brusco mutamento avvenuto con la Rivoluzione francese, alla quale ne seguiranno ben altre.
La questione problematica messa in luce da Tocqueville, seppure non immediatamente legata alla cittadinanza, riguarda il nodo centrale del mantenimento dell’unità da parte del corpo sociale. Infatti, se la democrazia devia dalla sua forma ideale, il rischio è di generare una lacerazione del tessuto sociale che atomizza gli individui. Per tale ragione Tocqueville attribuisce un peso rilevante e decisivo al concetto di collettivo, perché la democrazia che egli auspica si costituisce a partire dalle interazioni individuali385. L’isolamento che allontana gli individui gli uni dagli altri li rende più fragili, favorendo l’ascesa di poteri ‹‹tutelari›› estranei e nemici della logica democratica; inoltre, la compressione della libertà politica – considerata da Tocqueville l’antidoto per ogni degenerazione dell’uguaglianza – restringe ancor di più il campo di inter-azione fra cittadini, rendendo sempre meno efficace lo sviluppo di un’azione sociale in grado di produrre effetti significativi sulla forma politica.
Il concetto di individualismo messo in luce da Tocqueville aiuta a comprendere la dinamica storica della Rivoluzione e gli esiti inattesi dell’avvento della democrazia386; allo stesso tempo, alla rilevanza sociologica del concetto di individualismo, si aggiunge la sua valenza culturale, filosofica e politica387. Louis Dumont, nei sui Saggi
sull’individualismo, parlerà di un insieme di trasformazioni che daranno come esito il
costituirsi di una ‹‹variante Nazionale›› di individualismo388
. Come si è già visto con Fichte, il contesto europeo post-rivoluzionario è profondamente segnato da questa radicale scissione fra particolare e universale, fra individuo e collettività, fra singolo e massa. La cittadinanza si pone, allora, alla ricerca di un’identità.