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La cittadinanza dei modern

VI. La rivoluzione della cittadinanza

1. Le virtù del cittadino

In un articolo sulla comparazione fra cittadinanza romana e cittadinanza francese, Claude Nicolet individua alcune differenze sostanziali, sulla base ‹‹infrangibile›› della

Déclaration des Droits e degli aspetti che da questa derivano, che riguardano la sovranità

del popolo, il suffragio universale, l’uguaglianza di tutti davanti alla legge. Soffermandosi sulla cittadinanza francese post-rivoluzionaria, Nicolet afferma che questa è ‹‹essentiallement contractuelle et consensuelle››347

. La cittadinanza francese è figlia della rivoluzione del 1789 e soprattutto deriva il suo carattere dall’ideologia dei Lumi.

Rousseau è uno dei principali pensatori politici pre-rivoluzionari, e proprio Rousseau elabora una concezione della cittadinanza e dell’ordine politico profondamente strutturati all’interno di una ‘cornice’ contrattualista; si tratta di un contributo decisivo, all’interno del quale il concetto di cittadinanza acquista un nuovo significato filosofico e politico348.

La teorizzazione di Rousseau si affianca a quella di Locke nel guidare due ‘anime’ differenti all’interno del più vasto dibattito costituente349

. Il primo attribuisce assoluta imprescindibilità all’ordine sociale, mentre il secondo sviluppa una visione centrata sull’inalienabilità dei diritti naturali dell’individuo.

La differenza non è di poco conto; infatti, l’ordine sociale, per Rousseau, è un ‹‹diritto sacro›› e non deriva dalla natura bensì è ‹‹fondato su convenzioni››350

; e sono proprio le ‘convenzioni’ ad attribuire legittimità a ogni autorità vigente tra gli uomini. La forza associativa della convenzione è fondata sul patto sociale. Soltanto all’interno di questa cornice è possibile, per Rousseau, la conservazione dell’essere umano, che richiede pertanto un’associazione in grado di difendere e proteggere ‹‹la persona e i beni di ogni associato››. Fra le clausole del contratto quella più importante opera nel senso di ridurre a ‘nulla’ il peso di ogni singolo (individuo) a favore dell’interesse di tutta la comunità. Rousseau utilizza il termine alienare: infatti, la struttura del patto si riduce ‹‹all’alienazione totale di ciascun associato con tutti i suoi diritti a tutta la comunità››351

.

347 Cfr. C. Nicolet, Citoyenneté franςaise et citoyenneté romaine:essai de mise en perspesctive, in P. Catalano, P. Siniscalco (a cura di), La nozione di ‹‹Romano›› tra cittadinanza e universalità, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 1984, p. 171.

348

Cfr. P. Schröder, “Une distinction frivole” – Enlightenment discussions of citizenship, in Paschalis M. Kitromilides (edited by), Athenian Legacies European Debates on Citizenship, Leo S. Olschki, Firenze, 2014, cit. p. 255.

349

Questa è la considerazione di Pietro Costa – per ovvie ragioni condivisibile – sull’analisi filosofica e dottrinaria della Rivoluzione francese. Cfr. P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in Europa. Vol. 2: L’età delle rivoluzioni, cit. p. 21.

350

Cfr. J.J. Rousseau (1754), Il contratto sociale, Libro I, cap. I, trad. it. a cura di R. Gatti, BUR, Milano, 2012, cit. p. 56.

351

83 Ogni associato cede parimenti le proprie rivendicazioni, abbandona ogni velleità ‘personale’. La messa in comune della propria persona e del proprio potere sotto la

suprema direzione della volontà generale costituisce ‹‹un corpo morale e collettivo

composto da tanti membri quanti sono i voti dell’assemblea››; la ‘persona pubblica’ che si produce da questa unione prende il nome di corpo politico. Gli associati, che prendono parte a questa unità collettiva che si chiama popolo, sono cittadini ‹‹in quanto partecipi dell’autorità sovrana, Sudditi in quanto soggetti alle leggi dello Stato››352

.

La volontà generale ‘cattura’ ogni singolo al suo interno, inglobandone la volontà e i diritti. Ne scaturisce un ideale di virtù che conduce al ‹‹sacrificio incondizionato dell’interesse particolare dinanzi all’interesse generale››353. Entra in gioco l’artificio della

‘macchina politica’ che vincola chiunque ad obbedire alla volontà generale, costringendo ognuno a “essere libero”. Si potrebbe aggiungere che la stessa uguaglianza corrisponde, in un certo senso, all’ennesima ‘costrizione’ derivante dal patto; infatti, ‹‹il patto sociale stabilisce tra i cittadini un’uguaglianza tale per cui tutti si impegnano alle medesime condizioni e debbono godere dei medesimi diritti››354

. Diritti che per Rousseau, seppur presenti in natura, non consentono di adempiere un’uguaglianza ‹‹morale e legittima››, considerato che l’uguaglianza naturale è resa continuamente vulnerabile dall’intrinseca diseguaglianza che la stessa natura genera ‹‹per forza o per ingegno››355

.

Sta in questo aspetto paradossale la ‘novità’ introdotta dalla riflessione di Rousseau, il quale individua il “doppio lato” della medaglia uguaglianza, e a questa duplicità connaturata al concetto oppone la convenzione che ‹‹di diritto›› diviene quella nuova fonte dalla quale ogni principio ritrova il ‘giusto’ equilibrio. Si tratta però di un equilibrio che in quanto tale è rivoluzionario, perché di fatto sconvolge la gerarchia sociale; perché la volontà generale ha una natura ‹‹granitica e non negoziabile››356

e la vera virtù del cittadino consiste nella rigida osservanza dei suoi vincoli e nel costante sacrificio nel perseguire il bene comune. L’individualità non trova alcuno spazio di manovra; è imbrigliata nella logica dell’appartenenza. Ogni scostamento produce fratture insanabili.

352

Ivi, cit. p. 68. 353

Cfr. R. Bodei, Geometria delle passioni, cit. p. 396. 354

Cfr. J. J. Rousseau, Op. Cit. , Libro II, cap. IV, p. 85.

355 Rousseau, nella conclusione del primo libro del Contratto sociale, sottolinea con una certa enfasi questo passaggio: ‹‹Concluderò questo capitolo e questo libro con un’osservazione che deve servire come base a tutto il sistema sociale: invece di distruggere l’uguaglianza naturale il patto fondamentale sostituisce un’uguaglianza morale e legittima a quanto di disuguaglianza fisica la natura aveva potuto introdurre tra gli uomini; cosicché questi, pur potendo essere disuguali per forza o per ingegno, divengono tutti uguali per convenzione e di diritto››. Op. Cit. , Libro I, cap. 9, p. 75.

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