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Come fare cose con le parole Schema dell'opera

AUSTIN E L'AZIONALITA' DEL LINGUAGGIO

3. La teoria degli atti linguistic

3.3 Come fare cose con le parole Schema dell'opera

Nel dettaglio l’opera si divide in:

Lezione I: Performativi e constativi, nella cui premessa Austin parla dell’asserzione, tema chiave dell’opera, e dice:

Non tutte le asserzioni vere o false sono descrizioni, e per questa ragione preferisco usare la parola “constativo”. Lungo queste linee è stato ormai a poco a poco dimostrato […] che molte confusioni filosofiche tradizionali sono nate attraverso un errore - l’errore di considerare come pure e semplici asserzioni di fatto enunciati che sono o (in interessanti modi non-grammaticali) privi di senso oppure intesi come qualcosa di alquanto diverso.24

La Lezione prosegue introducendo e la distinzione Performativo/Constativo.

Lezione II: Condizioni per la felicità dei performativi e III: Infelicità: colpi a vuoto; queste due lezioni sono dedicate all’individuazione delle condizioni di felicità dell’enunciato performativo e all’esame delle loro violazioni che causano l’infelicità dell’atto; nella Lezione II il filosofo introduce la classificazione delle condizioni di felicità semplificate secondo lo schema: A.1, A.2, B.1, B.2, Γ.1, Γ.2,25 e analizza poi le cause di infelicità dell’atto compiuto dal performativo: esistono i colpi a vuoto cioè l’atto preteso, ma nullo di cui fanno parte i casi di infelicità di tipo A. Invocazione indebita e B. le Esecuzioni improprie; e dall’altra parte ci sono gli Abusi che corrispondono alle infelicità di tipo Γ cioè gli Atti ostentati, ma vacui come nel caso dell’insincerità.

23 Ibid., p. XI.

24 Austin 1962, 1987, p. 8. 25 Ibid., p. 17.

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La Lezione III: Infelicità: Colpi a vuoto esamina nel dettaglio alcuni esempi di infelicità dati dalla violazione delle sei regole elencate, in particolare la sezione è dedicata ai colpi a vuoto cioè ai casi di infelicità riguardanti:

A.1. deve esserci una procedura convenzionale accettata,

A.2. le persone devono essere appropriate per richiamarsi (invocation) alla particolare procedura,26

B.1. la procedura deve essere eseguita correttamente,

B.2. la procedura deve essere eseguita completamente; in questi casi la violazione esplicita della procedura convenzionale rende l’atto nullo.

La Lezione IV: Infelicità: abusi, rappresenta l’analisi dei casi di infelicità Γ.1 e Γ.2, casi di insincerità e infrazioni o violazioni che sebbene rendano l’atto infelice, non producono un atto nullo. Le violazioni qui non riguardano un aspetto osservabile dell’esecuzione della procedura, ma sentimenti, pensieri e intenzioni del parlante; nella seconda parte la lezione è dedicata all’analisi di "tre dei molti modi in cui un’asserzione dà per implicita la verità di certe asserzioni".

1. Implica logicamente (Entails), 2. Dà per implicito (Implies),

3. Presuppone (Presupposes)27 e di conseguenza l’analisi dei modi d’implicazione.

Lezioni V: Criteri possibili per i performativi, VI: Performativi espliciti, e VII: Verbi performativi espliciti, in queste lezioni Austin individua un criterio non conclusivo di identificazione dell’enunciato performativo nella forma grammaticale della prima persona singolare del presente indicativo attivo, e ne suggerisce i limiti; per definire il performativo in modo più chiaro, visto che per ora “non si distanzia dal constativo in modo così evidente”,28 Austin elenca delle caratteristiche che rendono esplicito il fatto

26 Austin 1962, 1987, p. 17. 27 Ibid., p. 39.

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di compiere un tipo di azione mediante il proferimento dell’enunciato: il modo imperativo dei verbi; il tono della voce il ritmo, l’enfasi; certi usi di avverbi; congiunzioni; azioni che accompagnano l’enunciato, le circostanze dell’enunciazione.29 Infine Austin propone un’analisi non organica dei diversi usi dei verbi performativi (VII).

Le Lezioni VIII: Atti locutori, illocutori, e perlocutori, IX: Distinzioni tra atti illocutori e perlocutori, e X: «Nel dire…» vs. «Col dire…» sono dedicate all’esposizione della Teoria generale degli atti linguistici: l’atto locutorio corrisponde “all’esecuzione di un atto di dire qualcosa”,30 l’atto illocutorio è invece “l’esecuzione di un atto nel dire qualcosa”,31 l’atto perlocutorio corrisponde invece all’esecuzione dell’atto che produce degli effetti "sui sentimenti, i pensieri, le azioni, di chi sente o di chi parla, o di altre persone; effetti che possono essere intenzionali o indiretti". La teoria degli atti linguistici viene configurata come la teoria dei diversi usi del linguaggio ed diviene, in partiolare, “la teoria delle forze illocutorie" (VIII).32

Austin prosegue (IX) ponendo l’attenzione sulla distinzione tra i diversi aspetti dell’atto linguistico: “dobbiamo distinguere l’atto illocutorio da quello perlocutorio: ad esempio dobbiamo distinguere «nel dire quella cosa lo stavo avvertendo» da «col dire quella cosa l’ho convinto, o l’ho sorpreso, l’ho fatto smettere".33

Nella lezione X, l’autore indugia su una minuziosa analisi delle formule che possano far distinguere chiaramente i verbi che sono nomi di atti illocutori (nel dire x stavo facendo y) dai verbi che sono nomi di atti perlocutori (col dire x ho fatto y), anche se conclude osservando che “queste formule sono al massimo dei test molto poco affidabili per

29 Ibid., pp. 56-58. Il modo verbale è un indicatore comune di tipo di azione compiuta mediante il

proferimento, si pensi all’enunciato: «Chiudila, fallo», sembra essere un ordine, mentre: «Chiudila, io la farei» somiglia più ad un consiglio. Il tono della voce è spesso la discriminante del tipo di atto compiuto, ad esempio se qualcuno dice «sta per mordere!» può voler dare un avvertimento, se dice invece «sta per mordere?» sta facendo una domanda, mentre se dice «Sta per mordere!?” con un altro tono ancora, potrebbe voler protestare. L’uso degli avverbi e delle congiunzioni è un modo più sottile di manifestare la forza illocutoria, dicendo: «faresti bene a non dimenticare mai che…» si vuole dare una certa enfasi all’enunciato, e proferendo l’enunciato: «sebbene io sia …» si sta facendo un’ammissione: «io ammetto che». Allo stesso modo se aggrottando le sopracciglia dico: « ma cosa stai dicendo» il mio enunciato verrà recepito come un dissenso e non come una domanda, così il contesto in cui ha luogo il proferimento è fondamentale per l’identificazione del performativo.

30 Austin 1962, 1987, p. 75. 31 Ibid..

32 Ibid.. 33 Ibid..

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decidere se un’espressione è una illocuzione, anziché una perlocuzione o nessuna delle due”.34

Le ultime due Lezioni, la XI: Asserzioni performativi e forza illocutoria e la XII: Classi di forza illocutoria, costituiscono insieme alla lezione I i punti focali dell’argomentazione austiniana. In questi luoghi infatti il filosofo cerca di dare una trattazione dell’asserzione in modo alternativo e con una certa vis polemica nei confronti delle posizioni tradizionali, mostrando insieme che la sua stessa distinzione iniziale tra performativi e constativi è infondata. Assumendo l’asserzione come caso paradigmatico di enunciato constativo, l’autore fa vedere che “asserire è eseguire un atto illocutorio tanto quanto lo è ad esempio avvertire o dichiarare”,35 e che “non vi è necessariamente alcun conflitto tra a) il fatto che proferire l’enunciato da parte nostra sia fare qualcosa, b) il fatto che il nostro enunciato sia vero o falso.”36 Inoltre anche le asserzioni sono soggette a infelicità come le promesse, gli avvertimenti, etc.37.

In conclusione la lezione XII nella quale il filosofo offre una tassonomia delle classi di forza illocutoria, consente di rileggere le conclusioni tratte nella sezione precedente situandole in un quadro teorico più nettamente delineato ed esemplifica l’idea da cui scaturisce l’intera riflessione del filosofo e cioè che qualsiasi dire è un fare e che (eccetto forse le imprecazioni) tutti gli enunciati sembrano essere caratterizzati da: " 1) la dimensione felicità/infelicità,

1a) una forza illocutoria, 2) la dimensione verità/falsità,

2a) un significato (senso e riferimento) locutorio." 38

34 Ibid., p. 97.

35 Austin 1962, 1987, p. 99. 36 Ibid..

37 Infatti scrive Austin: "Proprio come spesso diciamo ad esempio «non puoi darmi ordini» , nel senso di

«non hai il diritto di darmi degli ordini», che equivale a dire che tu non sei in posizione adatta per farlo: nello stesso modo spesso vi sono cose che non puoi asserire-non sei in posizione tale da asserirle" (Ibid., p. 101).

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