• Non ci sono risultati.

L'atto linguistico: locutorio, illocutorio, perlocutorio

AUSTIN E L'AZIONALITA' DEL LINGUAGGIO

3. La teoria degli atti linguistic

3.4 L'atto linguistico: locutorio, illocutorio, perlocutorio

In questa rinnovata prospettiva Austin sostiene che ogni enunciazione possiede più componenti che riguardano la dimensione azionale. In ogni proferimento linguistico è presente un aspetto performativo, quello che nella Teoria degli atti linguistici che da questa idea si sviluppa, sarà rappresentato dall’atto illocutorio.39

Scrive l’autore in proposito:

La teoria della distinzione performativo/constativo sta alla teoria degli atti locutori e illocutori nell’atto linguistico totale come la teoria particolare rispetto alla teoria generale. E il bisogno di una teoria generale nasce semplicemente perché la «asserzione» tradizionale è un’astrazione, un ideale, come pure la sua verità o falsità. Ma riguardo a questo punto non potrei far niente di più che far esplodere alcuni fuochi d’artificio pieni di speranza.40

Anche se con una punta di disillusione, Austin con la Teoria degli atti linguistici cerca di dare una scossa ai pilastri millenari su cui poggia la filosofia del linguaggio tradizionale e, attraverso i suoi “fuochi d’artificio pieni di speranza”, tenta di porre le basi per una riflessione che non si fossilizzi sui feticci del vero e del falso. È anche per questo che How to do things with words è il testo che ha promosso e reso celebre la filosofia di Austin. L’aspetto innovativo della Teoria degli atti linguistici è notevole e risiede soprattutto nell’aver rovesciato la tesi tradizionale secondo la quale la performatività del linguaggio sarebbe una caratteristica isolata appartenente a casi anomali. Al contrario per l’autore della teoria degli atti linguistici tutti i proferimenti sono atti linguistici e gli stessi enunciati constativi sono l’esecuzione di un’azione: quella di asserire.41 L’idea di base per l’elaborazione della Teoria degli atti linguistici contenuta in How to do things with words è dunque che il linguaggio nel suo uso è costituito di atti linguistici e che solo su questa idea possa essere costruita una teoria sul linguaggio in quanto: "L’atto linguistico totale nella situazione linguistica totale è il solo

39 Austin, in How to do things with words elabora, una teoria del linguaggio, che si è diffusa, soprattutto

grazie alla rielaborazione di J. Searle, col nome di Teoria degli atti linguistici.

40 Austin 1962, 1987, p. 108.

41 Scrive Austin: “Asserire, descrivere, etc., sono soltanto due nomi tra i moltissimi altri nomi di atti

68

fenomeno reale che, in ultima analisi, siamo impegnati a spiegare.”42 Questo significa che ogni qualvolta un parlante pronuncia un enunciato e cioè compie un atto linguistico, sta svolgendo tre diversi atti:

A. un atto locutorio (locutionary) che corrisponde al proferire quell’enunciato;43 il quale si può suddividere in:

a. atto fonetico cioè la produzione di una sequenza di suoni;

b. atto fatico cioè l’atto di produzione di frasi di una lingua attraverso il lessico e la grammatica a lei proprie;

c. atto retico cioè l’uso di parole e frasi che hanno un senso e un riferimento stabilito.

L'atto locutorio (locutionary act), allora coincide con l'azione di emettere certi suoni, cioè proferire delle parole all'interno della costruzione sintattica e grammaticale della lingua, in modo che esse abbiano un significato determinato, così da esprimere una unità di discorso significante (locuzione).

L'atto locutorio, in sintesi è l'atto attraverso il quale si dice qualcosa dotato di significato come, per esempio, «la finestra è aperta»; esso racchiude 'l'aspetto fonetico, lessicale e grammaticale dell'atto.

B. Un atto illocutorio (illocutionary) che corrisponde al tipo di azione compiuta con il dire quella frase;

42 Austin 1962, 1987, p. 108.

43 Dell’atto locutorio fanno parte gli aspetti fonetici (a): dire qualcosa è sempre anche fare qualcosa nel

senso che corrisponde all’atto "di emettere certi suoni (un atto fonetico), e l’enunciato è una fonè (phone)", e sintattici (b): "l’atto di pronunciare certi vocaboli o parole, cioè suoni di certi tipi che appartengono e in quanto appartenenti ad un certo lessico […] e conformemente ad una certa grammatica. […] Possiamo chiamare quest’atto un atto fatico, […] e l’enunciato un fema (pheme)" della lingua particolare in cui si compie l’atto di dire qualcosa; infine dell'atto locutorio fa parte anche l’aspetto semantico del linguaggio (c): che Austin sulla scorta di Frege individua nel binomio senso/riferimento, così lo descrive Austin: "generalmente, eseguire l’atto di usare quel fema […] con un certo senso […] e riferimento […] (che insieme sono equivalenti al significato). Possiamo chiamare quest’atto un atto retico, e l’enunciato di cui costituisce l’enunciazione un rema (rheme)".

69

L'atto illocutorio (illocutionary act da in + locutionary) equivale all’esecuzione di un atto compiuto nel dire qualcosa; come scrive Austin è legato al fatto che:

l’occasione in cui viene proferito un enunciato ha una fondamentale importanza, e che le parole usate devono in una certa misura essere ‘spiegate’ dal ‘con-testo’ in cui sono destinate ad essere pronunciate, in uno scambio linguistico. Tuttavia siamo forse troppo inclini a dare queste spiegazioni nei termini di ‘significati’ delle parole.44

In questa fase Austin sostituisce il concetto di enunciato performativo con quello di atto illocutorio. I parlanti non dicono semplicemente qualcosa, ma imprimono sempre una forza illocutoria a ciò che dicono. Tale forza è quella che ci consente di distinguere, per esempio, una domanda, da una promessa o da un comando.

Austin chiama “forza illocutoria” (illocutionary force) quella caratteristica dell'atto linguistico secondo la quale nel proferire un enunciato viene compiuto un atto illocutorio e la distingue dal significato locutorio.45 Anche se non lo dichiara esplicitamente, sembra evidente che Austin faccia riferimento al concetto fregeano di "forza assertoria" che corrisponde alla forza che definisce il modo con cui viene proferito un contenuto proposizionale. L'autore cerca di costruire una teoria della forza all’interno di una teoria generale degli atti linguistici in cui le regole di valutazione degli atti sono le condizioni di felicità che sono le stesse che valevano per gli enunciati performativi.

C. Un atto perlocutorio (perlocutionary) che corrisponde all’azione compiuta sull’interlocutore e sugli effetti del dire su di lui.46

L’atto perlocutorio (perlocutionary act, da per + locutionary) ha a che fare con conseguenze non convenzionali dell’atto linguistico. Gli effetti che il proferimento di un

44 Austin 1962, 1987, p. 75.

45 Il significato inteso come senso e riferimento è un aspetto dell'atto linguistico distinto dalla forza

(force) di un proferimento, (Austin 1962, 1987, pp. 98-100)..

46 Nel caso dell'enunciato che seguirà: «prometto che domani ti porterò al parco», per esempio, la

promessa fatta da Fiora al figlio, potrebbe procurare uno stato di tensione e di paura a Leone nel caso in cui fosse terrorizzato dai gatti che vivono nel parco.

70

enunciato provocano nell’interlocutore (sui suoi pensieri e azioni) e nel suo contesto sono infatti condizionati da molti fattori. Tali effetti, secondo Austin, corrispondono al fatto che col dire qualcosa si compie un atto ulteriore, e cioè si pongono in essere delle conseguenze; si pensi agli atti di sorprendere, umiliare, sconvolgere: per quanto riguarda l'atto perlocutorio si noti che la risposta ottenuta (obiettivo) o il seguito (involontario) perlocutori "possono essere ottenuti, in aggiunta o completamente, con mezzi non locutori: così l'intimidazione può essere ottenuta brandendo un bastone o puntando un fucile".47 A differenza dell'atto illocutorio, ciò che conta per l'atto perlocutorio non sono le procedure convenzionali, ma il reale raggiungimento di uno scopo.

L'atto perlocutorio è costituito, per esempio, dal fatto che qualcuno raccolga l'invito (atto illocutorio) insito nell'enunciato «la finestra è aperta» evchiuda effettivamente la finestra. Attraverso questo aspetto dell'atto linguistico Austin mette in mostra l'interazione costitutiva del linguaggio, cioè gli effetti sugli interlocutori e quindi sulla realtà che l'atto linguistico determina.

Per esempio se Fiora dice al figlio Leone (sapendo che lui lo desidera tanto): «Prometto che domani ti porterò al parco», ella compie un atto locutorio che è l’atto di usare questi determinati termini linguistici, cioè di proferire una locuzione; ella compie insieme un atto illocutorio che è la promessa fatta al figlio e assume quindi un impegno verso la realizzazione di un’azione futura, ed infine esegue un atto perlocutorio in quanto la sua azione produce degli effetti nel piccolo Leone: lo entusiasma, lo rende felice, e crea in lui delle aspettative.

Sostiene Marconi che Austin attraverso al Teoria degli atti linguistici volesse raggiungere due obiettivi il secondo dei quali non fu però portato a compimento e che questo segnò il destino della sua eredità filosofica.

I due obiettivi sono:

(a) trattare le asserzioni, oggetto quasi esclusivo del paradigma dominante come nient’altro che un classe di atti linguistici accanto alle altre (comandi, promesse, scuse, etc.); (b) riformulare la dottrina del senso e del riferimento-cioè la teoria semantica dominate-“nei termini della distinzione tra atti locutori e illocutori.48

47 Austin 1962, 1987, p. 88. 48 Marconi 1999, p. 82.

71

Il fallimento del perseguimento del punto (b), secondo Marconi, ha comportato un ridimensionamento delle pretese della Teoria degli atti linguistici che sembrava candidarsi come teoria generale del linguaggio, “di cui la semantica dominante, opportunamente rielaborata, avrebbe costituito un capitolo”.49 Il punto debole della teoria di Austin fu quello di non riuscire, nonostante i tentativi,50 a toccare efficacemente attraverso l’analisi proposta il livello semantico. Questa pecca ha fatto si che la Teoria degli atti linguistici fosse assorbita dal paradigma dominante come teoria della pragmatica. Ritengo però importante sottolineare che gli sviluppi delle teorie pragmatiche, a partire dalla rielaborazione della Teoria degli atti linguistici fino alle teorie contestualiste più radicali, hanno dimostrato che i processi pragmatici che consentono l’individuazione del significato, non sono aspetti secondari che riguardano la comprensione, ma rappresentano l’elemento principale della capacità umana di comunicare e interpretare significati.

Come vedremo, le concezioni pragmatiche più radicali, anche grazie agli aspetti messi in luce da Austin, giungeranno a sostenere una sottodeterminazione generalizzata dei significati linguistici in favore dei processi pragmatici che sottendono e consentono la comprensione, all’interno di un quadro in cui il livello semantico non è semplicemente toccato, ma viene completamente spodestato dal livello pragmatico e in cui l’indagine sul significato spetta alla pragmatica di cui la semantica diviene parte integrante.

Si pensi, per esempio all’opera di Searle che, attraverso la formulazione di una classificazione rinnovata degli atti linguistici,51 ampliando le condizioni di felicità degli atti,52 e introducendo la nozione di atto linguistico indiretto,53 ha dato luogo ad una dissoluzione della distinzione tra semantica e pragmatica. Per Searle, infatti, il significato linguistico ha a che fare con l’illocuzione e quindi con la teoria degli atti

49 Ibid..

50 Austin studiò, per esempio, il fenomeno della presupposizione, se essa è falsa l’asserzione di cui fa

parte, non potrà dirsi né vera, né falsa: l’enunciato «il mio gatto è rosso», detto da qualcuno che non ha nessun gatto, non può dirsi né vero, né falso; secondo il filosofo, in casi come questi, è più opportuno dire che si è compiuto è un atto infelice.

51 In questo testo Searle riprendendo e correggendo Austin, tenta una sistematizzazione più completa e

divide gli atti illocutori in: atti rappresentativi (asserzioni), atti direttivi (ordini), commissivi (promesse), atti espressivi (scuse), atti dichiarativi (nomine), (Searle 1975).

52 Searle 1969, 1976. 53 Searle 1975 b.

72

linguistici che si occupa della forza illocutiva degli enunciati.54 Questa considerazione va però accompagnata da una riserva sul modo in cui Searle tratta la nozione di 'atto linguistico. Egli sembra tralasciare che Austin intende riferirsi all'atto linguistico totale nella situazione linguistica totale in cui la separazione tra i tre diversi aspetti dell'atto locutorio, illocutorio e perlocutorio è solo funzionale all'esplicazione teorica. Searle infatti considerando gli atti come gesti che devono essere distinguibili giungerà a ridurre l'atto linguistico all'atto illocutorio. Qui invece si vuole far propria l'idea di Austin di considerare come oggetto dell'analisi il fatto che ogni proferimento linguistico è un'azione, un atto linguistico totale.