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Dalla convenzione all'intenzione

AUSTIN E L'AZIONALITA' DEL LINGUAGGIO

5. La natura del contesto nella teoria degli atti linguistic

5.3 Dalla convenzione all'intenzione

La relazione tra convenzionalità ed atto illocutorio, forse anche per la sua formulazione non ben definita da parte di Austin, è stata al centro della trasformazione della teoria

105 Si ricorda che le condizioni di felicità degli atti illocutivi sono: il corrispondere ad una procedura

accettata convenzionalmente, la procedura deve essere compiuta completamente e correttamente, il contesto e i partecipanti devono essere appropriati, gli stati interiori dei partecipanti e i loro comportamenti successivi devono essere coerenti con il tipo di atto compiuto. Si vedano le lezioni II, III, IV, XI, di How to do thinks with words (Austin 1962, 1987) e in particolare le pp. 17-19 e 100-102.

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degli atti linguistici ad opera di Searle e rappresenta uno dei punti più controversi della questione sull'azionalità del linguaggio.

5.3.1 Strawson: la convenzionalità come aspetto occasionale

Prima di Searle, a spostare l'attenzione nell'indagine sugli Speech Acts dalla nozione di convenzione a quella di intenzione,107 fu Strawson,collega di Austin a Oxford. In un saggio pubblicato nel 1964: “Intenzione e convenzione negli atti linguistici”, a partire dall'idea del significato del parlante (speaker meaning) di Grice,108 - inteso come: "il concetto di significare qualcosa in modo non naturale mediante un enunciato (someone's non-naturally meaning something by an utterance)"109 - Strawson sostiene che l'atto illocutivo sia innanzi tutto un atto di manifestazione di intenzioni e che questa sia la sua caratteristica precipua, mentre: "gli atti appartenenti a procedure costituzionalmente convenzionali […] rappresentano una parte importante della comunicazione umana. Ma non ne costituiscono la totalità, né presumibilmente la parte più importante la convenzionalità è un aspetto occasionale delle comunicazione umana."110 L'errore di Austin, secondo il collega, sarebbe stato quello di prendere questi atti come modello per comprendere il concetto di forza illocutoria in generale; Strawson però specifica anche che: "[s]arebbe parimenti un errore generalizzare la descrizione della forza illocutoria tratta dall'analisi di Grice; ciò implicherebbe infatti, sostenere, erroneamente, che l'intenzione complessa manifesta rivelata in qualsiasi atto illocutorio racchiude sempre l'intenzione di assicurarsi una certa reazione o risposta definita in un certo uditorio, al di là di quella che viene necessariamente assicurata se viene compresa la forza illocutoria dell'enunciato."111 La conclusione di Strawson, anche se mantiene salda la nozione di atto illocutorio e di forza illocutoria all'interno della Speech Acts Theory, pone le basi per quella che ne sarà poi la rivisitazione in chiave ntenzionale- mentalistica. Egli infatti

107 Searle 1969, 1976.

108 Secondo Grice il significato di un proferimento coincide con la manifestazione dell’intenzione di un

parlante di produrre degli effetti sull’interlocutore mediante il riconoscimento da parte di quest’ultimo, dell’intenzione stessa, (Grice 1957).

109 Strawson 1964, pp. 439-460; Sbisà 1978, pp. 81-102. 110 Strawson 1964; Sbisà 1978, p. 101.

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termina affermando che: "[l]a forza illocutoria di un enunciato è infatti essenzialmente qualcosa che si intende venga compreso. E la comprensione della forza d'un enunciato include il riconoscere in tutti i casi ciò che si può chiamare in senso lato intenzione rivolta verso l'uditorio e il riconoscerla come totalmente manifesta, come intesa a essere riconosciuta."112

5.3.2 Searle: Intenzionalità e convenzionalità linguistica

Da questi stralci dell'articolo di Strawson emerge l'idea di atto linguistico come espressione dell'intenzione comunicativa, idea su cui si svolge la Speech Acts Theory di Searle in Speech Acts, testo in cui il filosofo americano fa coincidere l'atto linguistico con quello che in Austin era solo una aspetto, un'astrazione volta all'indagine di esso e cioè l'atto illocutorio.113 Tale assunzione è collegata all'interpretazione di atto come gesto; essa ha comportato la scomparsa dell'atto perlocutorio in quanto non distinguibile, sotto l'aspetto dei gesti, da quello illocutorio che è fatto ora coincidere con l'atto locutorio. Ciò che resta dopo questa riduzione, che forse agli occhi di Austin sarebbe sembrata una semplificazione della complessità delle sfaccettature di cui l'atto linguistico è dotato, è l'atto illocutorio formato da:

• l'atto enunciativo, che corrisponde all'atto di proferire l'enunciato • l'atto proposizionale, che corrisponde all'esprimere una

proposizione (fare riferimento e attribuire predicati).114

In questo modo l'atto illocutorio diventa l'espressione della proposizione e della sua forza illocutoria tramite gli indicatori di forza. E' nota la formula attraverso cui Searle rappresenta (classicamente) contenuto proposizionale e forza illocutoria: F (p).

Ad una modifica strutturale della teoria di Austin è connessa una modifica sostanziale soprattutto riguardo al modo di intendere l'aspetto intenzionale dell'atto linguistico che

112 Strawson 1964. 113 Searle 1969, 1976. 114 Ibid., pp. 49-55.

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ora viene identificato con la convenzionalità dei mezzi con cui l'atto viene eseguito, piuttosto che come convenzionalità intrinseca nell'atto sociale.

Anche Searle come Strawson recupera l'idea del significato del parlante di Grice e descrive l'interazione linguistica come l'effetto che il parlante vuole produrre sull'ascoltatore, provocato dal riconoscimento da parte dell'ascoltatore delle intenzioni del parlante tramite le regole d'uso convenzionali delle espressioni.115

Inoltre le condizioni di felicità dell'atto linguistico sono per Searle delle regole che governano l'uso degli indicatori di forza e il suo scopo è ricondotto al solo effetto illocutorio che consta della comprensione da parte del destinatario del proferimento del parlante nel suo significato e nella sua forza, ossia a uno degli effetti dell'atto illocutorio di cui parlava Austin: la ricezione.

Un'altra importante differenza tra Searle e Austin risiede nel fatto che, mentre il secondo contemplava tra gli indicatori di forza anche le azioni che accompagnano l'enunciazione e le circostanze dell'enunciazione, Searle riconosce gli indicatori di forza linguistici come espressioni le cui condizioni d'uso appropriato coincidono con le condizioni di felicità dell'atto linguistico.116